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Messaggi Don Orione
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Pubblicato in: Pubblicate in Messaggi di Don Orione, n.113, 2004, p.77-86.

Le prime Regole manoscritte furono elaborate da Don Orione subito dopo l’approvazione canonica del 1903. La versione integrale del prezioso documento.

PRIME  REGOLE  MANOSCRITTE  DEL  1904

 

 

Don Orione, nei primi giorni del febbraio 1903, si dedicò a elaborare alcuni pochi articoli – 7 in tutto - per definire lo spirito e la finalità della Congregazione. Questi 7 articoli, che egli definì “sommi principi”, preceduti da un’ampia presentazione e seguiti da un altrettanto abbondante commento, formarono la parte centrale della lettera con la quale, l’11 febbraio 1903, chiese al vescovo Bandi l’approvazione diocesana.[1] Il 21 marzo 1903, Mons. Igino Bandi firmò il Decreto con il quale “approvava e confermava  l’Opera della Divina Provvidenza come Congregazione di voti semplici”.[2]

Don Orione riteneva i 7 punti dei Principi come “vere Costituzioni summatim”[3]. Però le Normae emanate dalla S. Congregazione dei VV. e RR., articolate in ben 325 punti, non potevano trovare il completo riscontro, anche “summatim”, nei soli 7 articoli dei “Sommi principi”. Si doveva pertanto elaborare un nuovo corpo di costituzioni, tanto più che la prima condizione posta da Mons. Bandi, perché il Decreto di approvazione avesse il suo valore, era che fosse sottoposto alla sua approvazione il testo delle Costituzioni "finito in tutte le sue parti"[4]..

Per la loro compilazione Don Orione prese ispirazione dalla regola benedettina[5] e rimandò alle Costituzioni dei Salesiani;[6] trovò un valido aiuto in don Carlo Perosi e, almeno per la traduzione del testo in latino, in Don Gaspare Goggi.[7] Furono approvate da Mons. Bandi nel 1904[8] e rimasero allo stato di manoscritto.

Queste prime Regole sono giunte a noi manoscritte - nella forma italiana e nella versione latina - per la diligenza di Don Gaspare Goggi e di Don Carlo Sterpi.[9] Portano il titolo: "Regole[10] della Congregazione 'L'Opera della Divina Provvidenza". La materia è distribuita in 26 articoli.  Ne riportiamo il testo italiano integrale come appare in una copia manoscritta con grafia del Servo di Dio Don Gaspare Goggi.

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Instaurare omnia in Christo!

(S. Paulus ad Eph. 1 – 10)

REGOLA DELLA CONGREGAZIONE

“L’Opera della Divina Provvidenza”

1 – La Congregazione l’ ”Opera della Divina Provvidenza” dedicata al Nostro Redentore Gesù Cristo, alla beata sempre Vergine Maria, a S. Giuseppe – Patrono della Chiesa -  al Beato Arcangelo Michele, ai Beati Apostoli Pietro e Paolo e a tutti i Santi, si compone di fedeli cristiani, che accesi di ardente desiderio del discepolato dello stesso Divino Maestro e Signor Nostro Gesù Cristo, confortandosi e aiutandosi a vicenda attendono alla propria santificazione.

2 – Per la qual cosa i Membri, facendo vita comune, sotto l’ubbidienza del legittimo Superiore, coi tre voti di povertà, di ubbidienza e di castità, da emettersi prima ogni anno per tre anni, poi in perpetuo, attendono con cura alla propria santificazione.

3 – Il fine della Congregazione è questo: “unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore il popolo cristiano alla Sede Apostolica nella quale, secondo le parole del Crisologo, il Beato Pietro vive, presiede e dona la verità della fede a chi la domanda (Ep. Ad Euntes 2°) per mezzo delle opere di misericordia e principalmente coll’informare l’animo dei giovanetti al puro spirito della fede cattolica coll’evangelizzare i poveri e confortare per la carità di N. S. Gesù Cristo gli affaticati e gli aggravati”.

Niente perciò sta più a cuore ai Congregati che accrescere ognor più negli animi dei fedeli, specialmente dei piccoli e dei poveri, i sensi della divozione e dell’ubbidienza verso il R. Pontefice, quanto più accanita è la guerra che contro di lui si combatte, e niente cercano con maggiore impegno, che ritornare quando piacerà al Signore, alla primitiva unità della Chiesa coloro i quali, pure conoscendo e confessando essere G. Cristo Signor Nostro, Figlio di Dio e il Salvatore dell’uman genere, pure vanno errando lontano dalla sua Sposa: la S. Madre Chiesa.

4 – I Membri di questa Congregazione sono o Laici, o Sacerdoti: i Laici si chiamano “Fratelli”; i Sacerdoti “Figli della Divina Provvidenza”.

5 – Quei Sacerdoti poi, che emessi i voti perpetui, come sopra, saranno creduti degni dal Superiore, potranno far parte di una sezione speciale, avente speciale obbligo, senza voto però, di servire in tutto e per tutto al R. Pontefice e avuti siccome servitori fino alla morte e figli del Papa. Questi debbono aver fatto un sacrificio continuo e totale di se stessi alla volontà dei Superiori: non vivano che per la S. Chiesa, pronti per essa sempre a morire.

6 – Chi chiede di essere annoverato tra questi Congregati si interroghi accuratamente sui vincoli da cui potrebbe essere legato per ragione di giustizia o di carità, sia per patto che per naturali condizioni di stato, di guisa che altri avesse diritto a qualche parte della libertà o dell’opera sua, ed egli dovesse  prestare questa a vantaggio altrui, nel qual caso nessuno si ha da ammettere alla professione dei voti della Congregazione.

7 – Ciononostante, affinché coloro che sono legati dai predetti impedimenti non siano privati di quel vantaggio che loro potrebbe provenire nel Signore dall’ascrizione alla Congregazione, e siano di aiuto alla medesima nell’esercitare le opere di carità, parve ottima cosa lo stabilire che questi fedeli cristiani, quelli cioè che lo desiderano e lo domandano venissero stretti alla Congregazione col vincolo dello spirito e colla comunione dei beni spirituali, e che quelli fra essi che bramano con tutto l’animo di seguire la perfezione e sarebbero disposti di fare i voti, se fosse loro dato, si tenessero come “Figli adottivi”; che tutti gli altri poi che hanno buon nome si chiamassero Ascritti all’Istituto, ossia “Terziari”.

8 – La prima prova di quelli che credono di entrare in questa Congregazione, consta di esame, di istruzione e di esercizio. Perocché il Postulante vuol essere primieramente esaminato per conoscere se abbia qualità e doti che convengono a chi entra in questa Congregazione secondo la diversità dei gradi ed uffizii della medesima. Quindi deve essere istruito sulla natura di questa Congregazione, e le obbligazioni che contrae in essa, perché ci entri con piena cognizione e di sua libera volontà. E finalmente vuol essere esercitato alcun poco nelle opere di pietà, acciocché entri nel Noviziato colla coscienza purificata, o trovato degno, sia ricevuto nel numero degli Ascritti.

9 – Quelli poi che dalla prima probazione passano alla seconda, che è il Noviziato, affinché possano sempre perseverare e crescere sempre più in virtù e coll’aiuto di N. Signore Gesù Cristo essere promossi alla perfezione, e in essa raffermati, riescano indifferenti ad ogni cosa di questo mondo, solleciti di un solo affare, cioè di servire Dio nella carità secondo l’ubbidienza per tutta la loro vita ed eziandio nella stessa morte, abbisognano di molte cure e di santa disciplina, che li adduca soavemente nel Signore a purgarsi  vieppiù di giorno in giorno da ogni difetto, a ornarsi di virtù ed unirsi più intimamente a Dio.

10 – Quantunque il Superiore sia il Padre Spirituale di tutti quelli che vivono in Casa, sotto pia disciplina, e sia il loro Maestro, siccome quegli che fa le veci del Signore e quindi debba amare nel Signore i novizi con singolare dilezione; tuttavia, perché occupato e distratto da altre cure, non può ad ogni istante essere presto a dar loro quella direzione e quegli aiuti che si richieggono, sarà necessario avere in casa un uomo fedele e di tutti il più degno, a cui il Superiore possa affidare queste sue viscere, perché tenga sue veci, conversando sempre coi novizi, ammaestrandoli in ogni tempo della regola di loro vita sì interiore che esteriore, esortandoli a praticarla, riducendola loro a mente e con ogni dolcezza ammaestrandoli.

11 – Siavi alcuno in Casa che sopravvegga a tutto che concerne la salute del corpo, sia per conservarla nei sani e specialmente in quelli che per l’età o per altre cause sono più deboli, sia per restituirla agli ammalati; e lui rendano avvisato tutti quelli che si sentono male fuori del solito, affinché come vuole la carità, si provvegga l’opportuno rimedio.

12 – Per ciò che riguarda la conservazione dei beni temporali, oltre la cura a tutti imposta dalla carità e dalla ragione, sarà bene che quest’ufficio sia ad uno peculiarmente commesso, affinché ne abbia cura come di beni di G. Cristo Signor Nostro. È anche da costituire il numero conveniente di persone destinate agli altri  uffici necessari, specialmente a quelli che più acconciamente si eseguiscono in casa che fuori.

13 – Conviene poi, anzi è necessario, che ognuno abbia l’arte sua, in cui lavori assiduo ed indefesso, anche per amore della parola di Dio: “Mangerai il pane nel sudore della tua fronte” (Genesi 3) la quale può dirsi legge costitutiva del genere umano decaduto, e altresì per dare buon esempio agli esterni.

14 – I chiamati agli studi ecclesiastici devono essere tali, che ragionevolmente si possano credere idonei a coltivare coll’esempio e colla dottrina la vigna di Cristo N. S. i quali, quanto più saranno di buon ingegno e sani di corpo a sostenere la fatica degli studi, ma principalmente quanto più daranno segno di avere indole contemplativa, tanto più saranno idonei alla vita Sacerdotale.

15 – Importa assaissimo che nulla si faccia in questa Congregazione per pura forma od apparenza, perché le vane apparenze non hanno alcun valore e quel che è più, tal maniera di fare si oppone all’Eterna ed Onnipotente Verità; e però coll’aiuto di Dio e di N. S. vuolsi con ogni cura provvedere, perché ad onore e gloria Sua, posta da parte ogni accettazione di persone ed ogni fallace speranza di vantaggi maggiori, niuno venga mai ammesso nella Congregazione che non sia stato dinanzi a Dio giudicato veramente degno del grado al quale si assume e che non abbia in qualche modo la perfezione che a quel grado si addice. Ché per fermo andrebbe ingannato chi pensasse che per accrescere il numero dei Membri della Congregazione, se ne dovessero ammettere di non bene formati ancora al grado a cui si destinano. È meglio di certo e deve credersi più conforme alla divina volontà, perché più conforme all’eterna verità e giustizia, che questa Congregazione, la quale vuole formarsi unicamente sulla bontà della Divina Provvidenza, si componga anche di pochissimi, o al tutto non esista, anziché riempirsi di religiosi di solo nome, i quali colle opere e collo spirito punto non corrispondano alla vocazione e perfezione proposta loro a professare nella Congregazione.

16 – La facoltà di ammettere alunni nella Congregazione risiede principalmente nel Capo della Congregazione. Ma perché il Superiore Generale non può in ogni luogo trovarsi presente, perciò egli potrà delegare ad altri della Congregazione quella porzione di sua autorità che parrà meglio condurre al bene di tutta la Congregazione.

17 – Siccome la perfetta povertà evangelica consiste in questo, che ognuno rinunzi a quanto possiede per seguire Cristo, secondo l’esempio degli Apostoli, che dissero: “Ecco noi abbiamo abbandonato tutto, e ti abbiamo seguito” (Matteo 19) perciò appunto questa povertà illimitata è quella a cui si volge l’animo e l’intenzione dei Membri di questa Congregazione e che abbracciare vogliono ed abbracciano di modo che ciascuno tutto intento, per quanto è possibile in questa vita, alla contemplazione, e sciolto da ogni altra cura mondana, possa dire con verità a Gesù, suo Dio e Suo Salvatore: “O Signore, porzione di mia eredità e di mio calice, Tu sei quegli che mi restituirai la mia eredità (Salmo XIV).

18 – Ma professano benissimo la povertà evangelica anche quelli che con voto semplice di povertà rinunciano al dominio delle cose temporali per tal guisa che a tempo ritengono ancora la sostanza di questo mondo, non per affetto ad essa, né per loro propria volontà (colla quale dettero l'addio a tutte le cose), ma puramente per obbedienza e solo per quanto riguarda l'esterno dominio. Il perché i Membri di questa Congregazione si persuasero che, considerata la natura e lo scopo del loro Istituto, giovi meglio che sia data al Superiore Generale la facoltà di determinare quali membri e fino a quando abbiano a ritenere il legale dominio di alcuni beni, senza però poterne usare e disporre a loro talento come di proprii, acciocché giusta l’obbedienza del Superiore Generale li distribuiscano in opere pie secondo il consiglio evangelico e come beni di Gesù Crocifisso a cui donarono ogni cosa. Quindi per ubbidire potranno pure disporre per testamento dei beni di cui godono il legale dominio, ma tali disposizioni si dovranno rivocare e commutare al cenno dello stesso Superiore.

19 – I Membri poi nella stessa professione abbracciano collo spirito e colla volontà tutti i gradi della povertà evangelica, e si professano pronti non solo a mendicare per amore di Dio, ma anche a rinunciare al dominio legale e di fatto, obbligandosi a ciò anche con voto semplice, quando così paresse al Superiore.

20 – Ma oltre a ciò vi sono alcune cose che sempre si devono osservare riguardo alla povertà, contro le quali niuno può operare e neppure il Superiore Generale dispensare senza violazione di voto, le quali sono comprese in questi cinque capi:

  1. La Congregazione stessa non potrà possedere nulla da cui tragga frutto; ma solo accettare beni che le verranno dati o legati, con questa condizione, che, mentre essa li ritiene, non ne percepisca alcun frutto; ma subito li trasferisca in dominio di un membro del Corpo della Congregazione o di una Chiesa, o di qualche opera di carità, come le scuole, gli Spedali e simili, divise dal Corpo della Congregazione, quantunque abbia l’amministrazione di tutti questi beni e ne goda l’uso ed il frutto, tuttavia avrà cura che i beni stabili vengano inscritti nei pubblici registri, non in proprio nome, ma in nome dei predetti proprietarii.
  2. I Membri, che per ubbidienza al Superiore della Congregazione possono possedere a tempo, non accetteranno, dopo pronunciati i voti perpetui, beni di sorta, a qualunque titolo potessero loro toccare, eccetto che non fosse loro ingiunto dal Superiore: e tutti i beni da loro in tal modo posseduti per dominio civile, si amministreranno in comune e ne disporrà la Congregazione.
  3. Nessun Membro potrà possedere per più di un anno alcun bene che porti frutto, senza che questo frutto venga applicato al sostentamento di qualche membro o ad altra opera di carità.. Il Superiore Generale poi, determinerà la rendita necessaria al sostentamento dei singoli Membri, tenuto conto dei luoghi, tempi, ed altre circostanze. Ma quando i predetti beni ed i loro frutti siano stati una volta per decreto del Superiore generale applicati a qualche opera di carità, a questa debbono rimanere stabilmente applicati, fintantoché dura l’opera stessa, a meno che qualche urgente e manifesta ragione non persuada il contrario al Superiore Generale e a tre altri dei suoi quattro più prossimi Consiglieri, il voto dei quali in questo caso particolare, è necessario sia conforme al suo, perché l’autorità di lui in ciò valga.
  4. Non siavi nelle Case o nei luoghi della Congregazione oggetto prezioso in materia solida di oro o di argento, che sia di nostra proprietà, eccetto i vasi sacri e quelle cose che servono immediatamente al SS. Sacramento dell’Eucaristia, o a custodire le reliquie dei Santi, salvo pure ciò che dal Superiore Generale sarà reputato necessario per uso dei forestieri, o per aiuto degli studi, o per altra cosa.
  5. Ogni cosa, per quanto spetta all’uso, si abbia come comune, né alcuno possa fare uso di nulla, che non abbia ricevuto dal Superiore.

21 – E i Superiori tutti, nella casa di loro pertinenza, osservino con amore la povertà, sicché nulla appaia di superfluo nelle case e sconvenevole ai poveri di Cristo, ma che tutto a chi entra predichi: “Morituro satis”. Tutti poi i Membri amino la povertà come saldo muro della Congregazione e quanto è possibile, aiutando la divina grazia, la osservino perfettamente.

Ma poiché il nemico dell’umana natura per far cadere questo propugnacolo e rifugio eretto,, per consiglio di lui e degli altri nemici della perfezione, suol fare ogni sforzo perché i buoni ordinamenti dei primi fondatori svigoriscano mediante dichiarazioni ed innovazioni punto consentanee al loro primo spirito; noi volendo provvedere per quanto ci è dato, anche in questa parte al bene della Congregazione, stabiliamo che ogni Membro della medesima, che viene ascritto alla speciale sezione, nell’atto che viene ascritto a questo grado, prometta davanti al Superiore Generale, o a chi ne tiene le veci, ed a quelli che saranno presso di lui, e protesti al Cospetto del Creatore e Signor Nostro che non darà mai assenso, perché si rilassi nulla di quanto la Regola stabilisce circa la povertà, né procurerà ciò per niuna ragione né da solo, né nel Capitolo della Congregazione.

22 – Il voto di castità che i Membri di questa Congregazione emettono, in quanto alla materia, vogliamo sia inteso nella stessa maniera che la Chiesa intende il voto di quelli, a cui nella Sacra Ordinazione ha proibite per legge le nozze, affinché in avvenire mantengano animo e corpo sacrati a Dio Solo.

23 – Poiché lo stato che i Membri di questa Congregazione si eleggono e amare debbono sinceramente, è uno stato privato nella Chiesa, né deve alcun fedele mettersi da sé in nessun pubblico grado, sempre abbiano dinanzi agli occhi che essi appartengono e vogliono appartenere, fintantoché rimangono in quello stato, alla Chiesa discente, e quindi non vogliono mai arrogarsi nella Chiesa l’Ufficio di maestri, ma umili si sottomettono in tutto ai maestri e giudici stabiliti da Gesù, Dio e Salvatore Nostro, ed ai Pastori della Chiesa.

24 – Quelli poi che nella Congregazione tengono il luogo di sudditi, vengono a conoscere con certezza la volontà e la missione di Dio, ogni qual volta ricevono l’ubbidienza dai Superiori coll’intenzione di riceverla da Gesù, Dio e Signor Nostro, che sempre onoreranno nei Superiori, e questa via dell’ubbidienza costantemente è chiamata dai Padri la via più sicura e regia.

25 – Se mai desiderassero qualche cosa, la domandino al Superiore, né alcun privato senza la facoltà o l’approvazione di lui o direttamente o indirettamente chiegga o faccia chiedere ad altri, fuori della Congregazione qualche grazia per uso proprio od altrui; e si persuada che quando per mezzo del suo Superiore, o col consenso di Lui, non ottiene quello che desidera, quella cosa non gli conviene in ordine al divino servizio, e che se gli conviene, la otterrà col consenso del Superiore, come quello che tiene verso di lui luogo di Cristo Signore Nostro.

26 – Il Membro che entra in questa Congregazione propone a se stesso, e col voto della S. Ubbidienza promette a Dio e a tutta la Congregazione, di essere indifferente a tutti gli uffici di carità che i Superiori gli comanderanno di esercitare, gravi o lievi che paiano, o siano, in guisa che sia disposto colla divina grazia a spendere anche la propria vita ove lo richiedesse la maggior gloria di Dio e il servizio del prossimo, ad imitazione di G. C. Redentore e Signore Nostro: i Superiori infatti lo hanno ricevuto ed aggregato alla Congregazione dopo che si sono persuasi per via di esperimenti, che egli davvero si è procacciato animo sì forte da osservare fedelmente coll’aiuto della Divina Misericordia l’indifferenza promessa.

*  *  *

Solo dopo la professione perpetua, emessa davanti a Pio X il 19 aprile 1912, Don Orione si accinse alla revisione delle Regole manoscritte del 1904. Mutò ben poco del testo primitivo, tanto da definire, anche quelle del 1912, "primitive Costituzioni",[11] ma dedicandovi il solito laborioso e meticoloso impegno,[12] specialmente per tradurre con fedeltà le "correzioni" suggerite di Pio X.[13] Le prime "Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza a stampa poterono così uscire ai primi di ottobre del 1912.

 

 


[1] Questa lettera è di fondamentale importanza per conoscere identità e carisma; presente in Lettere I, 11-22.

[2] Cfr. A. Lanza, L’approvazione canonica della Congregazione nel 1903, “Messaggi di Don Orione” 35(2003)  n.110, pp.5-38; F. Peloso, Alcune questioni sulle origini della Piccola Opera della Divina Provvidenza, “Messaggi di Don Orione” 35(2003)  n.110, pp.39-61.

[3]  Scritti 30, 60.

[4]  ADO, Epistolario di Mons. Bandi.

[5]  "La nostra Regola è la Regola di San Benedetto" (Verbale delle Riunioni, pag. 70).

[6]  "Per una deliberazione presa (settembre 1902), si è stabilito, finché l'Opera della Divina Provvidenza non abbia Regole proprie approvate, di adottare le Regole e le Costituzioni della Società Salesiana" (Scritti 87, 39).

[7]  Cfr. DOPO III, 436ss.

[8]  Riunioni, 70. Non se ne conosce la data precisa.

[9] Don Sterpi le trascrisse in un suo taccuino, unitamente al Formulario della Professione Religiosa e alla Formula dei Voti.

[10]  Nella versione latina il titolo è al singolare, "Regula". Il n. 32 delle Normae però disponeva che il termine 'Regola' fosse riservato per gli Ordini di voti solenni, mentre le Congregazioni di voti semplici dovevano usare 'Costituzioni'.

[11]  Parola,  XI, 64.

[12]  Oltre a cinque frammenti di minute, ci sono giunte nove Bozze di stampa col testo completo: tre con la materia distribuita in 26 articoli, come nel 1904, e sei con la distribuzione nei 30 articoli, che compariranno nell'edizione finale del 1912.

[13]  Particolarmente elaborata fu la dizione dell’aggiunta suggerita da Pio X, contenuta al n.VIII, riguardante la sezione speciale di “guardie giurate della Fede e della dottrina cattolica: servitori fedeli sino alla morte e figli del Papa” che dovranno essere “pronti, per la sua infallibile dottrina e divina costituzione: per la effettiva libertà di Essa, e per ogni diritto spirituale o temporale, reclamato dal Papa, sempre a morire”.

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