Lo studio si occupa dell’influsso del contesto socio-ecclesiale italiano e poi in particolare, dell’influsso dell’ambiente tortonese, di fine ‘800 sul giovane Luigi Orione.
L’AMBIENTE ITALIANO E TORTONESE
NELLA FORMAZIONE GIOVANILE DI DON ORIONE.
Flavio Peloso
24 ottobre e 7 novembre 2019
Sappiamo quanto sia importante nella formazione di ogni persona l’influsso degli ambienti, persone, fatti della fanciullezza e della gioventù.
Nel provvidenziale intreccio della sua esistenza, e del tempo della sua formazione in particolare, Don Orione assunse diversi apporti che diedero «corpo» alla sua forte e ricca originalità spirituale. Sono già stati fatti degli studi per rintracciare e, per quanto possibile, descrivere le parentele umane, culturali e spirituali di Don Orione. Egli stesso ne parlò apertamente: l’ambiente della famiglia e della parrocchia di Pontecurone, San Francesco e i francescani di Voghera dove fu accolto tra i 13 e 14 anni, Don Bosco e i Salesiani di Valdocco tra i quali visse tra il 1886 e 1889 e, San Giuseppe Benedetto Cottolengo dalla cui opera fu affascinato nel medesimo periodo.
Qui, noi ci occuperemo dell’influsso del contesto socio-ecclesiale italiano e poi, in particolare, dell’influsso dell’ambiente tortonese di fine ‘800 sul giovane Luigi Orione.[1]
Il periodo storico da noi considerato è caratterizzato dalla fragile unità d’Italia raggiunta tra spinte ideali e interessi economici e dalla frattura tra Stato e Chiesa, aperta politicamente con la presa di Roma (1870) e preparata da idee e atteggiamenti provenienti dal Gallicanesimo francese, particolarmente influente nell’Italia dei Principi di Savoia, dal Kulturkampf tedesco, nonché dalle concezioni dell’illuminismo e dello Stato etico di Hegel.
Questi grandi movimenti culturali e politici che tendono a relativizzare e separare la vita della Chiesa relegandola nell’ambito del privato e dei sentimenti personali. Negli ultimi tre decenni del novecento, due tendenze di fondo animano il difficile rapporto della Chiesa italiana nei confronti dello Stato: 1. la tendenza a difendersi isolandosi; 2. la tendenza all’inserimento nei nuovi sistemi di rapporti sociali.
Lo storico Mario Bendiscioli coglie il nucleo del profondo mutamento dei rapporti tra Stato e Chiesa nel fatto che “Il sec. XIX, con le sue innovazioni nel sistema economico-sociale, con l’instaurazione di nuove forme di amministrazione pubblica, tende a togliere alla Chiesa le ultime sopravvivenze della sua posizione di società privilegiata di diritto comune”.[2]
A questo mutamento radicale si aggiunsero le nuove dottrine e iniziative anti-ecclesiastiche e l’opera di risonanza svolta attraverso il giornale, l’opuscolo, l’associazione, il comizio. Il sapere e l’opinione pubblica, prima tradizionalmente in mano alla Chiesa, passarono in altre mani. La rottura tra Stato e Chiesa era aperta.[3] In questo clima la Chiesa, come dottrina e come istituzione, appare quale una città assediata dal di fuori, dal sistema anti-ecclesiastico, e insidiata dal di dentro dai fermenti innovatori non sempre buoni o non ritenuti tali.
Nell’Italia da poco unificata si era registrato l’avvento dello Stato liberale che con la sua legislazione, con la sua pressione ideologica e con la “presa di Roma”, diede origine alla travagliata “questione romana” che condizionò i rapporti Chiesa-Stato nell’Italia per oltre 50 anni.
Nella sua prima reazione al nuovo stato di cose, nella Chiesa italiana prevalse la tendenza a difendersi isolandosi sempre più rigorosamente dal mondo ostile di fuori, organizzandosi, per quanto possibile, come un corpo chiuso, alternativo, contrapponendosi decisamente alla società moderna, respingendola come una realtà estranea.[4] L’assenteismo politico dei cattolici dalla vita dello Stato, determinato dal “non expedit” (non conviene), permise che la legislazione del nuovo Stato Italiano si svolgesse sotto influssi anticlericali e antireligiosi e che la massoneria controllasse l’amministrazione e ispirasse la legislazione. Si ebbe così la laicizzazione progressiva della scuola, della beneficenza e dell’assistenza fino alla “legge delle opere pie” del 1890 che portarono a compimento la laicizzazione di tutta l’infrastruttura caritativa ecclesiastica.[5]
All’interno della Chiesa, si percepiva un clima di persecuzione liberal-massonica. Si viveva un atteggiamento di competitività - conflittualità tra popolo di Dio e organizzazioni statali (liberal-massoniche) e popolari (socialiste). Si affermava a livello di popolo cristiano “una psicologia di far parte della Chiesa paziente nel secolo”, che si salva arroccandosi intorno al capo visibile, successore di Pietro, il Papa.[6] Ciò favorì un coinvolgimento vivo del laicato all’azione e all’impegno per l’esistenza della Chiesa. Pellegrinaggi, convegni di massa presso Santuari, grandi manifestazioni religiose erano momenti privilegiati per il formarsi di questa coscienza popolare di “Chiesa perseguitata” e “da salvare”. Si sviluppò una “coscienza di crociata”, di combattimento per la Chiesa, per il Papa. Si verificò un “fatto nuovo sensazionale: in soccorso del Pontefice si muovevano i popoli – rileva il Bellò – e non più i prìncipi”.[7]
Tendenza all’inserimento
Sul finire del secolo XIX, si sviluppò nella Chiesa italiana anche un secondo movimento di rapporto verso lo Stato: la tendenza all’inserimento nel sistema sociale ed economico, sia per trovare in esso una possibilità di esistenza alle istituzioni religiose e sia per poggiare sugli elementi problematici delle nuove strutture statali allo scopo di ridare alla Chiesa la sua funzione tipica anche nella realtà nuova.[8]
Questa seconda tendenza, pur presente quasi contemporaneamente alla prima, restò a lungo di minoranza. Essa fu seguita solo in un secondo tempo dalla gerarchia della Chiesa e divenne prevalente a partire dall’Enciclica “Rerum novarum” di Leone XIII (15 maggio 1891), rilanciata in Italia dal IX Congresso nazionale dell’Opera dei Congressi (Vicenza, 14-17 settembre 1891). Nell’ultimo decennio dell’Ottocento, la questione romana e il conflitto tra Stato e Chiesa, irrisolti, costituivano ancora lo sfondo dell’impegno dei cattolici, però diventava ora centrale la questione sociale e l’elaborazione di nuovi modelli di soluzione a matrice cristiana. Leone XIII prese a intervenire, e per la prima volta in modo sistematico, su tutta la problematica sociale, invitando i cattolici a un impegno mai prima considerato come elemento costitutivo del credere.[9]
Tale prospettiva provocò mutamenti profondi nel pensare e agire del clero e del laicato attivo, pervadendo lentamente tutti gli ambiti della vita della Chiesa, dalla formazione impartita nei seminari alla organizzazione della parrocchia. In questo contesto va visto anche il coraggioso sorgere di numerose Congregazioni religiose dedite all’assistenza, all’educazione e all’azione sociale. Si moltiplicarono le forme di inserimento dei laici in quelle istituzioni statali prima contestate, come la rappresentanza parlamentare, l’associazionismo operaio, valorizzando il principio della libertà religiosa.[10]
Da una parte di esponenti di spicco del cattolicesimo, sia ecclesiastici che laici, si cercò di valorizzare talune istituzioni liberali, pur non condividendone i principi. Si trattava ora di far leva sulla forza sociale delle masse cattoliche per agire dal di dentro sulla legislazione e sui governi. Ridotta infatti nell’ambito del diritto comune, la Chiesa, facendo appello alle coscienze dei fedeli, andò riconquistando quell’influsso che prima esercitava attraverso i governi. “Finora la Chiesa trattò con le dinastie; ormai dovrà trattare con i popoli, e non ammette intermediari”, scrisse Don Orione nel 1905.[11] Però la mobilitazione popolare in senso cristiano andava preparata e conquistata nel campo sociale e non solo nel tempio.
Questo nuovo atteggiamento della Chiesa si affermò lentamente e non senza resistenze. Il popolo italiano, cristiano sì, ma pigro politicamente e ecclesialmente, non era preparato, era lento a “prendere posizione” per la Chiesa e per una società più cristiana. Similmente, anche il clero necessitava di “conversione” per rispondere all’esigenza dei nuovi tempi.[12]
L’opera fervorosa di Leone XIII, dei Vescovi, del clero, e dei leaders laici[13] nell’ultimo scorcio del secolo XIX, riuscì a mobilitare le masse popolari alla “causa di Cristo, della Chiesa e della Patria”. “Pro aris et focis certamen”, "per i nostri altari e i nostri focolari". È questo un momento assai vivo ed esuberante della vita della Chiesa italiana. Asse portante di questa “mobilitazione delle coscienze” è l’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici.[14]
Anche nella diocesi di Tortona, nell’ultimo decennio dell’800, sotto l’impulso del vescovo Bandi, prevale una mentalità e un’attività sociale più aperte.
Principali caratteristiche ecclesiali e pastorali
A fine Ottocento, giunge a compimento l’evoluzione storica, accentuata in Italia dalla Questione romana e dall’asprezza anticlericale, che ha portato alla separazione della civitas dall’ecclesia, delle loro competenze, finalità, strutture organizzative e di potere. Il periodo che va dall’Enciclica “Rerum Novarum” di Leone XIII a tutto il pontificato di Pio X è caratterizzato dal profondo travaglio di rinnovamento che riguardò tutti gli ambiti della vita ecclesiale, dalla formazione nei seminari, all’organizzazione pastorale, al rapporto sociale e politico. Pionierismo illuminato, resistenze acritiche, ambiguità dottrinali e pratiche convissero e si confrontarono portando all’elaborazione di nuove forme di organizzazione pastorale e di presenza della Chiesa nella società.
In particolare, per quanto riguarda la situazione del popolo cristiano e della pastorale della Chiesa in Italia, sono riconoscibili tre principali linee di trasformazione, presenti anche nella specifica realtà tortonese.
In questo valico tra un mondo ormai trascorso, e non più recuperabile, e un divenire già intravisto ma ancora immerso nelle nebbie dell’indistinto, per dare risposta alle “res novae” erano necessari “homines novi”. Mons. Bandi e Don Orione, a Tortona, furono tra questi. La Chiesa tortonese ne beneficiò durante una delle più belle stagioni della sua storia. La novità portata da entrambi, pur con modalità d’intervento diverse, non consistette tanto in nuove dottrine o in progetti intellettuali – ancorati com’essi erano alla più viva tradizione cattolica – quanto piuttosto in un nuovo atteggiamento di responsabilità, appassionata e fiduciosa, di fronte alla storia e ai suoi percorsi percepiti come “vie della Provvidenza”.[15]
II. LA SITUAZIONE DI TORTONA A FINE ‘800
Don Orione giunse al seminario di Tortona il 16 ottobre 1889; non aveva ancora 18 anni e vi trascorse tutta la sua gioventù. La gioventù, passato il tempo della «semina» dei sentimenti e degli ideali, è il periodo dei progetti di vita, delle scelte, delle vie operative, delle prime vere esperienze di rapporto oblativo.
A Tortona, Don Orione trova un ambiente e un vescovo, Mons. Igino Bandi, fervido di iniziative, ricco di stimoli pastorali; trova un ambiente diocesano dove si iniziano vie nuove di apostolato con vivacità e incisività, ancor più emergenti sulla scena tortonese perché precedentemente piuttosto immobile e stanca.[16]
La Diocesi di Tortona ha una configurazione geografica piuttosto singolare: ha molte zone collinari-montagnose, moltissimi piccoli paesi e manca di un vero centro vitale del territorio, dal punto di vista politico, economico e religioso. Tortona, alla fine dell’800 è cittadina di 15.000 abitanti, è sede antica e gloriosa del Vescovo che governa una delle Diocesi più estese d’Italia.[17] Il numero delle parrocchie (275 con 26 succursali) risulta eccessivo in rapporto ai 120.000 abitanti; per di più, come riferisce il Rognoni, biografo di Mons. Bandi, «le file del clero erano molto diradate. Molte parrocchie, da anni, erano prive di Pastore, ed assistite dai parroci più vicini».[18]
Nel fine ‘800, il clero costituisce, nel suo insieme, un gruppo conservatore che reagisce più con parole di condanna che con iniziative concrete allo spirito e all’azione di forze antireligiose, liberal massoniche e socialiste, assai attive e operanti in quel tempo. Anche a Tortona si vivono le tendenze di fondo del difficile rapporto della Chiesa italiana nei confronti dello Stato dopo la presa di Roma (20 settembre 1870) che aprì la famosa «questione romana»: 1) la tendenza a difendersi isolandosi e isolando; 2) la tendenza all’inserimento nelle nuove realtà e istituzioni sociali.
Proprio nell’ultimo decennio dell’800, a Tortona, si va sviluppando una mentalità sociale più aperta. Il Vescovo Bandi, a Tortona, ne è intelligente e intraprendente protagonista, traducendo in direttive pastorali le indicazioni delle Encicliche sociali di Leone XIII. Ricordiamo per tutte l’Enciclica Rerum novarum del 1891. Tra il clero, però, non trova molta corrispondenza. Chi si dedica a far opera di penetrazione sociale viene fortemente sospettato e criticato… compreso il vescovo.
Dalla prima «visita pastorale» di Mons. Igino Bandi (1891-1897) – studiata da Elisa Varvello - emerge una fisionomia di clero che «crede e difende ancora con accanimento la vecchia struttura sociale, del tipo “ancien régime”, in cui la società si organizza in modo ben strutturato e gerarchico attorno al trono e all’altare; dove l’autorità civile collabora con l’autorità religiosa, ne accetta i principi e si adopera perché la religione non subisca attacchi da parte di atei o cattivi cattolici ».
I parrocchiani sono ancora quasi tutti praticanti per quel che riguarda le grandi tappe sacramentali: tutti battezzati e comunicati, quasi tutti cresimati e sposati religiosamente e accompagnati dal prete all’ultima dimora. Le eccezioni sono quasi irrilevanti. Poi, però, la pratica religiosa abituale risulta assai in diminuzione.
Il clero sente di avere meno incidenza socio-religiosa e i laici cristiani vivono un cristianesimo che oggi sarebbe definito «sociologico» o di costume. Nella Tortona di fine ‘800 incontriamo più attese che iniziative pastorali, più chiusure rassegnate che fermenti di novità, più stanca ripetitività che creatività apostolica.
Dal 1874, nella Sede Vescovile tortonese fu vescovo Mons. Vincenzo Capelli, zelante ministro di Dio, restìo a immischiarsi in faccende riguardanti la politica.
Il Prefetto di Alessandria, nella sua «Relazione sullo spirito pubblico» del 1874, così scrive: «Nel circondario di Tortona dove l’inerzia in gran parte regna e spegne ogni vigorìa, per antiche tradizioni e tendenze si obbedisce ad influenze di preti i quali sono numerosi in quel circondario e non sempre di umili famiglie. Ma anche ad essi difettano i mezzi pecuniari e nei nuovi apostoli usciti dai seminari sono quasi nulli gli studi, sì che il partito clericale ivi si appaga di fare pianti platonici, ma non macchina e non opera…».[19]
Il Prefetto, liberale, annota dunque come positivo allo «spirito pubblico» questo stato sonnacchioso di Tortona, «diocesi alquanto tenera dei preti». Anche il Sottoprefetto di Tortona, nel 1876, riferisce circa lo «spirito pubblico» di grande bonaccia sul fronte clericale: «Il partito clericale è qui per il fatto numeroso, ma non si è mai compromesso; il clero seniore è ossequiente all’Autorità e se quello juniore sarebbe per tendenza meno corretto è infrenato dall’autorità di Mons. Vescovo il quale occupandosi esclusivamente del suo ministero ed essendo persona colta ed onesta gode della generale estimazione…».[20]
Anche il Sottoprefetto di Novi Ligure, scrive: «I clericali qui si limitano a raccomandare l’obbedienza al Sommo Pontefice, l’osservanza delle pratiche religiose. Ad ogni modo vogliono essere e sono attentamente sorvegliati».
Anche se l’attenzione di questi osservatori laici è di tipo politico-amministrativo, è interessante vedere il loro giudizio sulla realtà religiosa locale in evoluzione.
Già nel 1880, 1° luglio, il Sottoprefetto di Novi Ligure così annota: «Partito clericale. Esso è il più serio, il più compatto e sebben sfugga alle estrinsecazioni, pure da qualche tempo va rialzando la testa…».[21]
In quegli anni, infatti, in Diocesi andava prendendo i primi timidi e stentati inizi l’organizzazione dei cattolici. Il Comitato diocesano dell’Opera dei Congressi venne costituito da Mons. Capelli già nel luglio 1879, ma non ebbe allora seguito.
Il rinnovamento di Mons. Bandi
Il 25 aprile 1890 muore Mons. Vincenzo Capelli e viene eletto vescovo di Tortona Mons. Igino Bandi. Ha 43 anni. Resterà alla guida della Diocesi di Tortona fino al 7 settembre 1914, giorno della sua morte.
«Quando Mons. Bandi assunse il governo della Diocesi di Tortona – osserva il Rognoni -, vi trovò una borghesia imbevuta di liberalismo con elementi radicali e massoni anticlericali. Un popolo in cui fermentavano i germi del socialismo sovvertitore… I cattolici disorientati, senza legami e senz’armi né d’offesa, né di difesa. Anche il clero figlio del suo tempo, per quanto buono, pio e zelante, aveva subìto, senza comprenderne la perfidia, l'influenza della tattica, in apparenza elegante e nobile, che insinuava la massima: ‘Il prete stia in chiesa, battezzi, confessi, comunichi, ma non si interessi della vita esteriore’».[22]
Mons. Bandi non perse comunque tempo nell’iniziare a dare vigore e incidenza pastorale all’azione sua, del clero, del laicato cattolico.
Il fine ‘800 è un periodo assai difficile e burrascoso per la Chiesa italiana.
L’anticlericalismo, da fatto di élite culturale e politica, diviene costume che intacca le masse, ampliato dalle cronache dei giornali e delle chiacchiere della «piazza» e dei «caffè», fucine di opinione pubblica. Per di più, andava affermandosi l’anticlericalismo socialista che prendeva ampie fasce di popolo.
Le euforie anticlericali percorsero anche la vita pubblica di Tortona appartenente a quell’area piemontese dei Savoia, tra le più ostili verso Roma e il Papato.
Mons. Bandi, ancor prima di essere nominato Vescovo, era conosciuto come un intransigente papalino. La sua nomina non fu gradita al Governo liberale il quale solo dopo 6 mesi diede l’«exequatur».
I timori liberal-massonici da una parte e socialisti dall’altra non erano infondati perché, in effetti, il nuovo Vescovo fece subito emergere la sua anima e azione papalina. Già nella Lettera pastorale n. 5 denunciò: «…la guerra costante e pertinace che vien mossa dalla rivoluzione alla Chiesa e al Supremo suo Capo, il Romano Pontefice, la miscredenza trionfante, la generale indifferenza in materia di religione».[23]
Ruolo anche sociale della Chiesa
Oltre e più che la denuncia, Mons. Bandi promosse una serie di iniziative d’azione per «scendere in campo» in nome della fede e del Papato. «Il socialismo invade; muoviamoci per carità! Operiamo, parliamo, resistiamo, combattiamo, salviamo la società colla parola del Papa, che è parola di vita, di luce, di salute» (Lett. past. n.5).
Nel 1893, commentando la «Lettera del Papa al popolo italiano» di Leone XIII, invita a leggere, diffondere e attuare la parola del Papa. Ed esprime un auspicio: «La intendesse una buona volta questa parola quella turba di liberali, che nel Papa non sanno veder altro, a traverso le lenti del Corriere della Sera e di altri consimili e peggiori giornali, che un ambizioso politicante vestito di stola» (Lett. past. n.33).
Mons. Bandi non fa politica, ma rivendica il ruolo anche sociale della Chiesa portatrice e garante di valori che vengono da Dio, che liberano ed elevano l’uomo e la vita sociale. Proprio per questo è attento ad ogni direttiva del Papa, ad ogni sua parola. E sprona clero e popolo a fedeltà attiva: «…agire pubblicamente in favore del Papa con tutti quei mezzi umani, civili, legali e sociali che sono in poter nostro, procurando di fare tutto quello che è ordinato, non solo, ma desiderato dal Papa, e tralasciare di fare tutto ciò che esso condanna o disapprova» (Lett. past. n.4).
Il giovane Luigi Orione viveva questi avvenimenti, leggeva queste parole del Vescovo «dal di dentro», da seminarista, da chierico-sacrestano che ascoltava molte omelie e discorsi del Vescovo. L’amore al Papa, già attinto da Don Bosco a Valdocco, crebbe in quegli anni di seminario a contatto di un tal Vescovo «papalino» che, tra l’altro, a riguardo dei chierici scriveva: «Corona suprema della pietà e della virtù clericale è un grande amore, una inalterabile devozione alla S. Sede, al Papa” (Lett. past. n.29).
Convintone della validità, Mons. Bandi volle attuare il programma dell’Opera dei Congressi nelle sue varie direttive: religiosa, culturale, caritativa e sociale.
Egli si prese cura innanzitutto del clero per animarlo a maggior zelo apostolico e per prepararlo a nuova intraprendenza pastorale come la mutata situazione sociale richiedeva. Lo fece con attente «visite pastorali» in tutte le parrocchie, fondando il nuovo seminario di Stazzano e dando nuova e più formativa impostazione alla vita e agli studi ecclesiastici.
Qualcosa di nuovo si muove
In questo periodo il movimento cattolico conobbe uno sviluppo eccezionale, uno dei più importanti dell’Italia del Nord. Così ne dà relazione il Vescovo Bandi nella sua autorevole Relatio ad Apostolicam Sedem in occasione della Visita ad Limina del febbraio 1895. [24]
«Penso sia da riferire qualcosa a riguardo di iniziative promosse e di altre da promuovere tra i laici in favore del cattolicesimo. Nella città di Tortona e di Novi Ligure, già da dieci anni e più fu fondata e prospera la Società Cattolica degli operai per il mutuo soccorso alla quale fu dato uno statuto approvato dall’autorità ecclesiastica; parimenti la Società di S. Vincenzo de’ Paoli che ogni settimana viene in aiuto dei poveri soprattutto durante il tempo invernale e in occasione di speciali urgenze e necessità, la quale osserva le regole prescritte dai fondatori parigini. (…) Una Società Cattolica degli Operai fu istituita ugualmente sotto gli stessi statuti più o meno, con i quali è retta quella tortonese, è perciò approvata dall’Ordinario, precisamente nelle città di Broni e Borghetto Borbera, e nelle parrocchie di Mezzanabigli, Stazzano, Molino de’ Torti, Corana. Casse rurali furono costituite a Tortona e Broni, soprattutto in aiuto dei contadini, affinché questi, in caso di necessità non siano costretti a chiedere un mutuo con gravi usure; ora si tratta di fondarne altre anche in altre città.
Ugualmente i circoli cattolici in favore dei giovani per la divulgazione di buone stampe e di libri sono stati introdotti nella città di Tortona, Novi, Voghera, anche nelle parrocchie di Molino de’ Torti, Campoferro, Oriolo, da dove si pensa possano essere costituiti anche nei paesi circostanti. Pochi finora sono i Comitati parrocchiali, i quali dipendano come conviene rispettivamente dal Comitato diocesano esistente nella sede episcopale, o dai sottocomitati di Voghera e di Novi. In alcune parrocchie in realtà già sono fondati e in molte altre confido vengano fondati dopo la lettera pastorale, che prossimamente mi propongo di divulgare per comunicare a tutta la Diocesi le determinazioni e i voti espressi nel Convegno regionale cattolico, tenuto presso di noi in questa stessa città, nel passato mese di settembre; raccomanderò fortemente la loro esecuzione secondo le varie circostanze affinché si promuova ovunque nella Diocesi l’azione, la prosperità e l’incremento del cattolicesimo».
Tra le iniziative a favore del popolo, Mons. Bandi, sempre nella sopracitata Relatio ad Apostolicam Sedem sulla Diocesi di Tortona presenta anche il primo Oratorio festivo e il primo Collegio, fondati dal giovane chierico Luigi Orione, allora solo chierico di 22 anni: «Da due anni a Tortona fu istituito un nuovo collegio cattolico dovuto alla cura e all’attività di un certo chierico che sarà ordinato al più presto (Luigi Orione), il quale, già alunno dell’Oratorio torinese di S. Francesco di Sales fondato dal celeberrimo e benemerito sacerdote Don Bosco, sembra avere assorbito molto del suo spirito in favore della educazione cristiana degli adolescenti; a lui si offrono, quali assistenti e zelanti aiutanti, alcuni chierici e laici, e volentieri parecchi cittadini cattolici nel vero senso gli affidano per l’educazione i giovani il cui numero è già giunto a centoventi. Questo istituto, fondato soprattutto sulla fiducia nella Divina Provvidenza, che benedissi con tutto il cuore e che sostengo con tutte le forze possibili, è destinato a riparare i cattivi effetti delle scuole civili, alle quali spesso sono preposti maestri più o meno ostili alla Religione e ai diritti della Chiesa».
Sorprende e dice la stima di Mons. Bandi il fatto che parli di Luigi Orione e del suo collegetto di San Bernardino al Papa e in modo così esteso in un documento tanto importante e ufficiale.
«Clero fuori di sacrestia!»
Mons. Bandi nella sua Lettera pastorale del 24 agosto 1894 scrisse: «Usciamo una buona volta di sacrestia, come ci spinge il S. Padre; poiché anche la frammassoneria è uscita da molti, molti anni dalle sue logge, dai suoi covi, per invadere la famiglia, la società tutta. Usciamo di sacrestia, per opporci ai satanici attentati, per salvare un numero grande di anime, che nel turbinìo di tanti errori e di tanta immoralità trionfante corre a rovina. Usciamo di sacrestia, per salvare la famiglia e la società, coll’organizzarci insieme, clero e laicato, ad un’azione concorde e ristoratrice per mezzo delle Cattoliche Associazioni, della Cattolica Educazione ed Istruzione, e della buona stampa» (Lett. past. n.33bis).
E, al Congresso nazionale dell’Opera dei Congressi, il 12 settembre 1894, il battagliero e illuminato vescovo ripeté lo stesso incitamento ai cattolici affinché scendessero più direttamente e praticamente nella lotta: «E’ tempo che usciate di sacrestia: l’opera vostra è reclamata dalle popolazioni, è voluta dal Papa».[25] Le iniziative in Diocesi si moltiplicarono.
Il “fuori di sacrestia” è una espressione cara e ricorrente nel vocabolario e soprattutto nell’azione di Don Orione. Viene dal suo vescovo Bandi, il quale la riprese da una lettera del Papa Leone XIII al Paganizzi, presidente dell’Opera dei Congressi.
Il nostro Luigi Orione lo vediamo ben presente e attivo nel clima infuocato di ardore e zelo cristiano voluto dal vescovo Bandi. La provvidenziale necessità di pagarsi la retta del seminario lo costrinse a lasciare i solenni saloni del seminario per lavorare in duomo e affacciarsi alla “piazza”, conoscere la gente e i suoi problemi. Troviamo, il chierico Luigi Orione, già inserito in due Società cattoliche molto dinamiche in Tortona. Si tratta della Conferenza di San Vincenzo, i «paolotti» - così venivano apostrofati – con finalità caritative generiche e la Società Operaia San Marziano, società di mutuo soccorso, più specificatamente rivolta al mondo operario.[26]
A 20 anni, 1892, fonda il primo Oratorio festivo e al X Raduno dell’Opera dei Congressi, tenuto a Genova il 4-8 ottobre, è additato da Mons. Bandi quale esempio di come si attua il programma della Chiesa.
A 21 anni, nel 1893, in circostanze che davvero mostrano come la Provvidenza di Dio aiuti gli inermi, fonda il primo collegio convitto e scuola interna per ragazzi poveri nel rione San Bernardino, con la benedizione ma non con i soldi del Vescovo.
A 22 anni, nel 1894, sempre chierico, viene applaudito esuberantemente in un discorso ufficiale nella IV Adunanza regionale dell’Opera dei Congressi, tenuta a Tortona e presenti il Paganuzzi, il Ricci, il Perosi.
L’anima «popolare» di Don Orione, il suo senso delle «anime» in quanto società e in quanto Chiesa, di certo si formarono in questo momento storico della Chiesa tortonese e alla scuola di Mons. Bandi in particolare.
A Tortona c’è tutto un fiorire di testate di giornali, una trentina solo in quest’ultimo decennio di secolo, in genere ostili fino all’ingiuria e alla calunnia contro il clero e la Chiesa, contro la religione e i suoi insegnamenti.
Mons. Bandi per ottenere quella mobilitazione delle coscienze, che sola avrebbe permesso alla Chiesa di riprendere la sua funzione di guida nella società, coltiva e confida nell’opera della stampa. La Società della buona stampa fu fondata a Tortona nel 1895. La realizzazione più considerevole in questo settore fu la pubblicazione del nuovo giornale diocesano: “Il Popolo. Corriere settimanale della Diocesi di Tortona”. Esso venne annunciato con una Lettera pastorale di Mons. Bandi che ne sottolineava l’urgente necessità: «Mirate o fratelli, come gli avvenimenti precipitino e come il nostro buon popolo cristiano si trova impreparato affatto a ciò che dagli avversari potrebbe essere disposto. I partiti vanno sempre più rafforzandosi, i programmi si delineano ogni giorno più netti, e tutto fa prevedere che grandi battaglie sociali siano imminenti» (Lett. past. n.51).
Di qui l’esigenza di formare, attraverso un giornale per il popolo, coscienze cristiane adulte. Chiama le più belle intelligenze e penne giornalistiche a collaborare. Il popolo viene distribuito capillarmente in Diocesi e diventa un giornale cattolico di riferimento in Italia.
Don Orione, concretizzò l’«opera della stampa» in una grande e qualificata mole di pubblicazioni con l’unico scopo di «condurre, far ritornare le anime alla religione». Già nel 1897 (aveva 25 anni, 120 ragazzi cui provvedere e tanti debiti) pubblicò il primo giornale La scintilla[27] e, nel 1898, L’Opera della Divina Provvidenza.
Un altro aspetto caratteristico dell’ambiente ecclesiale tortonese è costituito dalla corresponsabilizzazione e collaborazione del laicato. Se restò famoso lo slogan più volte ripetuto da Mons. Bandi «preti fuori di sacrestia», altrettanto innovatore fu il suo «laicato in sacrestia».
Esuberante e concreto, Mons. Bandi motiva e indirizza con la sua lettera pastorale del 20 agosto 1897 su l’«Azione Cattolica»: «E usciti che noi saremo in campo, o venerabili fratelli, troviamo già dei combattenti… dei laici. Noi affermiamo che la cooperazione del laicato all’azione cattolica è non solo utile, ma necessaria… Il pericolo che oggi corriamo è comune, lasciate adunque che tutti si levino alla difesa, uomini e donne, nobili e plebei, professionisti e laici. E voi, venerabili fratelli, teneteveli cari, cotesti laici, che si sentono di romperla con l’andazzo dei tempi» (Lett. Past. n.56).
Effettivamente in Tortona si formò una presenza molto attiva di laici nelle Società cattoliche per la formazione religiosa e culturale della gioventù, nella fondazione di Casse rurali, nelle Società di mutuo soccorso, nelle Società operaie. A quest’ultime Mons. Bandi diede un nuovo Statuto il 19 marzo 1897.[28]
Il giornale “La Tribuna” di Roma, in una corrispondenza da Tortona del 31 dicembre 1897, titola «Il lavorìo dei clericali» e riferisce: «Giorni or sono… si è inaugurata una nuova vasta cooperativa di consumo. Si contano già un migliaio di soci. In breve tempo sono sorte società operaie cattoliche, circoli di giovani, casse rurali, leghe per il riposo festivo, scuole femminili: tutte opera del locale comitato diocesano e degli innumerevoli comitati parrocchiali. Domani cominceranno a funzionare le cucine economiche, sempre si intende a cura dei clericali. E il partito liberale? Se ne sta colle mani alla cintola».
Quale cambiamento della situazione rispetto al ventennio precedente descritto nelle relazioni dei Prefetti sullo «spirito pubblico» della città di Tortona!
La «democrazia cristiana»
Mentre a Tortona si procedeva su questa strada di azione cattolica, scoppiarono i moti del maggio 1898 e sopravvennero le leggi di repressione.[29] La fitta rete delle opere sociali fu stroncata. La ripresa successiva fu assai lenta.
Mons. Bandi restò ancora per qualche anno alla ribalta della scena ecclesiale italiana. Ad animare a fervore organizzativo giunse la sua importante e «storica» Lettera pastorale n.79 del 6 marzo 1901, intitolata «La questione sociale, il socialismo e la democrazia cristiana». In essa egli prese netta posizione a favore della partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, mostrando le gravi conseguenze derivanti dalla loro non partecipazione al voto. Indicò, inoltre, con chiarezza dottrinale e pastorale cosa doveva essere la «democrazia cristiana» rifacendosi ai principi della Rerum Novarum: «…democrazia non è e non vuol essere altro che un’azione a pro del popolo, per riabilitarlo», perché, come aveva precedentemente scritto, «il cristianesimo non consiste solo nella recita di qualche preghiera o nelle penombre del tempio o nell’offerta di un mazzo di fiori alla Madonna, ma nell’occupazione di tutto l’uomo» (Lett. past. n.86).
Rivolto ai sacerdoti aveva chiaramente indicato stile e azione che, in quell’epoca, era a loro chiesto: «Sta bene che voi innanzitutto siate uomini di preghiera e di pietà profonda; ché sarebbe vano lo sperare un’azione quale è voluta dal Papa, quale è richiesta dalla lotta che si combatte, forte costante energica, da chi non è uomo di preghiera e di pietà. Sì, io voglio dal Sacerdote che ogni mattina faccia la sua mezz’ora di meditazione, che celebri ogni mattina con fervore la Santa Messa, ma voglio pure, e si vuol pure dal S. Padre, che il Sacerdote dall’Altare, dalla meditazione, dal Confessionale, dal tempio insomma, si porti in piazza, in mezzo al popolo, nei Circoli e dovunque v’è da operare, da agire, da agitarsi santamente. (…) Usciamo adunque di sacrestia, dopo aver attinto dalla pietà e dalla preghiera e lumi e coraggio» (Ibidem).
Luigi Orione «figlio di Tortona»
Questo era l’ambiente, queste le idee, le iniziative della Tortona in cui Luigi Orione si trovò nei suoi giovani anni di chierico e sacerdote.
In un quartino di quaderno, in cui il chierico Orione aveva raccolto appunti, citazioni, frasi celebri, troviamo scritto: «L’uomo ha bisogno di essere stimolato dalla necessità, svegliato dall’emulazione, infiammato dal contrasto».
Tutte queste situazioni, necessarie per la formazione di una forte personalità (necessità, esempi e contrasti), furono consistentemente presenti nel prezioso tempo della formazione tortonese del giovane Orione, nel fine ‘800 tortonese.
L’intreccio dell’esistenza (le vie della Divina Provvidenza) volle che in questo ambiente ed in questo tempo, fortemente educativo, il giovane Orione giungesse per attingervi progetti di vita, scelte, vie di azione pastorale. La sua originalità spirituale vi prese consistenza e identità, per cui autenticamente si definì «figlio di Tortona».
La carità, la carità sociale, via per “Instaurare omnia in Christo” e “in Ecclesia, in Papa” - aggiungerà Don Orione -, vi trovò stimolo, accoglienza e sviluppo, tanto che la sua Opera, da quel primo timido inizio dell’Oratorio festivo – nel giardino del Vescovo, il 3 luglio 1892 –, giunse ad espandersi rapidamente, in attività e persone, e ad ottenere, già il 21 marzo 1903, l’approvazione canonica diocesana.
Non si dirà mai abbastanza della meravigliosa precocità spirituale e apostolica di Luigi Orione, unico caso di Fondatore a 21 anni. Ma grande fu il merito del Vescovo Bandi che capì e benedisse l’opera sorprendente di un chierico-fondatore. Ma l’uno e l’altro erano opera di Dio.
N O T E
[1] Dedicai a queste tematiche uno studio pubblicato come Don Orione figlio di Tortona. L’influsso di Mons. Bandi e dell’ambiente tortonese di fine ‘800 sul giovane Luigi Orione, “Messaggi, 63, 1986; ripreso in «L’ambiente di Tortona nella formazione giovanile di Luigi Orione, “Iulia Dertona” 49 (2001), 27–36.
[2] Mario Bendiscioli, Chiesa e società nei secoli XIX e XX in Nuove questioni di storia contemporanea, Marzorati, Milano, p. 325.
[3] Daniel Rops, Storia della Chiesa del Cristo, Marietti, Torino 1968, Vol. VI/2, Una battaglia per Dio. 1870-1939, p. 12-18. Silvio Tramontin, Un secolo di storia della Chiesa. Da Leone XIII al Concilio Vaticano II. Studium, Roma 1980, Vol. I, p. 12-19.
[4]Mario Bendiscioli, Chiesa e società nei secoli XIX e XX in Nuove questioni di storia contemporanea, Marzorati, Milano, p. 325.
[5] Su questo importante capitolo della storia italiana si veda il già citato Mario Bendiscioli, p. 325-447; Carlo Bellò, Società ed evangelizzazione nell’Italia contemporanea. Queriniana, Brescia, 1974, p. 9-32.
[6] In questo contesto storico concreto ben si comprendono le parole di Don Orione scritte per il Numero Unico distribuito ai 1300 pellegrini da lui guidati al Santuario della Madonna di Caravaggio (Bergamo): “La vittoria rimarrà non alla prepotenza della forza o dell’empietà, ma alla fede operosa, alla Chiesa Santa di Dio, che è la Chiesa di Roma e del Papa, come promise il Signore quando disse: le porte dell’inferno non prevarranno giammai! Se così pregheremo, e se così lavoreremo da figli umili della Chiesa, sarà abbreviato il tempo delle nostre prove, sicuramente… e domani troveremo volta dal soffio di Dio un’altra pagina del volume della nostra storia, e vi leggeremo come fatto di cronaca, quelli che al presente ci sembrano i problemi più ardui del tempo: la libertà della Chiesa e la redenzione economica degli umili”. Riportato in DOLM, cit., p. 1061-64.
[7] Carlo Bellò, cit., p. 25-29.
[8] Mario Bendiscioli, cit., p. 326.
[9] Cfr. Maurilio Guasco, Storia del clero in Italia dall’ottocento a oggi, Laterza, Bari 1997, pp.110-118.
[10] Gregorio Penco, Storia della Chiesa in Italia, Jaka Book, 1978, vol. II, p. 390-410 e 451-462. E’ un momento di grande fervore animato e organizzato dalla “seconda sezione economico-sociale”, diretta da Medolago Albani, dell’Opera dei Congressi. Tra il 1891 e il 1892 vengono fondate ben 102 nuove Società Operaie cattoliche. Nello stesso anno, venne fondato da Filippo Turati e Anna Michajlovna Kulisciòff il Partito dei Lavoratori Italiani, che tre anni dopo assumerà il nome di Partito Socialista. Dopo il fronte, sempre aperto, con lo stato liberale e massonico per la questione romana, la questione sociale diventò il nuovo campo di battaglia della Chiesa cattolica in Italia. Cf. Marco Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), Piemme, Casale M. 2002, p.60-64.
[11] “La Chiesa dovrà trattare con i popoli”, testo commentato da Ignazio Terzi, “Messaggi di Don Orione”, n.6, 1974. Cfr. Gregorio Penco, cit., p. 347-359; Daniel Rops, cit., p. 163-224.
[12] Cfr. Aldo Del Monte, La scelta sociale di Don Orione in Don Orione nel centenario della nascita, cit., p. 92-100. Ignazio Terzi annota come Don Orione comprese questa indispensabile ‘conversione’ e attuò uno stile e un apostolato “in parziale reazione con un certo andamento ‘castale’, conservatore, del Clero di allora, originalmente evangelico, per dire una parola efficace a un mondo in dinamico mutamento sociale”, Spiritualità di Don Orione, “Rassegna di Ascetica e Mistica” 23 (1972), p. 209-210.
[13] Non pochi di questi leaders laici morirono in fama di santità, come ad esempio il beato Giuseppe Tovini, il venerabile Giuseppe Toniolo, il servo di Dio Giovanni Acquaderni.
[14] Sull’Opera dei Congressisi veda lo studio di Angelo Gambasin, Il movimento sociale dell’Opera dei Congressi (1874-1904). Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Aedes Universitatis Gregorianae, Roma 1958. Cfr. Silvio Tramontin, L’intransigentismo cattolico e l’Opera dei Congressi (vol. I, pp. 1-229) in Storia del movimento cattolico in Italia, Il Poligono, Roma 1981; la voce Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia in Dizionario storico del Movimento Cattolico in Italia (1860-1980), vol. 1/2, I fatti e le idee, Marietti, Torino, 1981, pp.336-347; Gregorio Penco, cit., p. 359-376.
[15] Commentando la lettera di Pio X al card. Svampa di Bologna sui democratici cristiani autonomi, Don Orione esprime il proprio atteggiamento in questi termini: “Ora la democrazia si avanza e la Chiesa, non temiamo, le saprà dare il battesimo, lei sola sa dare il battesimo ai popoli, lei sola ha quanto è necessario all’alta e divina missione, non chi a lei si sottrae o si ribella. Essa sola è sicura di battere le vie della Provvidenza, e solamente seguendo lei possiamo essere tranquilli che sebbene queste vie possano sembrarci oscure sono sempre rette”; in «La Madonna», anno II, n.3, del 31 Marzo 1905, ADO.
[16] Per delineare il contesto storico della Diocesi di Tortona: Giuseppe Rognoni, Il profilo di un Vescovo insigne Mons. Igino Bandi, Vescovo di Tortona, nei suoi scritti e nelle sue opere. S.A.G.S.A., Como 1948; Clelio Goggi, Per la storia della Diocesi di Tortona. Raccolta di notizie storiche. Tortona, Tip. Rossi, 1965; Elisa Varvello, La visita pastorale di Mons. I. Bandi nella Diocesi di Tortona (1891-1897), Università di Torino, Facoltà di lettere e Filosofia, 1969-1970; Renato Lanzavecchia, Opera dei Congressi e movimento sociale cattolico nella Diocesi di Tortona (1874-1904), Centro studi Faà di Bruno, Alessandria 1981; Vittorio Moro, La situazione socio-economica tortonese: intuizioni e risposte di don Orione in Aa. Vv., San Luigi Orione: da Tortona al mondo. Atti del Convegno di studi. Tortona 14-16 marzo 2003, Ed. Vita e Pensiero, Milano, 2004, p.27-68.
[17] Cfr. M. Brutti, Politica ed amministrazione a Tortona dal 1870 al 1910, tesi di laurea, Università di Pavia, 1957-1958; Ugo Rozzo, Tortona nei secoli, Tipografia San Lorenzo, Tortona 1971.
[18] Giuseppe Rognoni, cit., p.33.
[19] Relazione sullo spirito pubblico. 1874 in Archivio di Stato di Alessandria, cartella Prefettura di Alessandria n. 61. Cfr. Giuseppe Rognoni, cit., p.98-100.
[20] «Relazione sullo spirito pubblico», 1876; in Archivio di Stato di Alessandria, cartella Prefettura di Alessandria, n. 61.
[21] «Relazione sullo spirito pubblico». 1880. In Archivio di Stato di Alessandria, cartella Prefettura di Alessandria, n. 63.
[22] Giuseppe Rognoni cit., p. 100. Cfr. anche Elisa Varvello La visita Pastorale di Mons. Bandi nella Diocesi di Tortona (1891-1897) cit., p. 218-32.
[23] Lettera pastorale n. 5, 1892, p. 14 e anche Lettera pastorale n. 19, 1892, p. 5-6.
[24] Nostra traduzione dall’originale latino conservato nell’Archivio Segreto Vaticano, Diocesi di Tortona 3; Relazioni di Mons. Igino Bandi, Vescovo di Tortona, sullo Stato della Diocesi (Visita “ad Sacra Limina” del Febbraio 1895 e del Gennaio 1900), “Julia Dertona” 2/1987, p. 69-91.
[25] Discorso di Mons. Bandi del 12 settembre 1894. Tip. Roberti, Bassano 1894, p. 7.
[26] Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza I, 616-629.
[27] Il primo numero è del 31 agosto 1895; cinque anni dopo, nel 1900, Lenin pubblicò la sua Scintilla (Iskra), primo giornale socialista; Flavio Peloso, Le due Scintille, “Don Orione oggi”, 2017, 8, p.5.
[28] Cfr. Vittorio Moro, L’esperienza delle Casse Rurali a Tortona, “Julia Dertona” 2/1995, p. 63-92; Idem, Le Società di Mutuo Soccorso a Tortona e nel Tortonese, “Julia Dertona” 2/1996, p. 123-175.
[29] Moti di protesta e di ribellione percorsero tutte le regioni d’Italia. Alla base c’era la tragica situazione economica su cui soffiava il vento socialista, nonché l’ottusità del governo che pensava di risolvere tutto con la forza. Il generale Fiorenzo Bava Beccaris, a Milano, l'8 maggio, fece sparare con i cannoni contro la folla e l'esercito sparò contro la folla con centinaia di morti e oltre mille feriti. Poi, il governo fece sciogliere associazioni e circoli ritenuti sovversivi, soppresse la stampa d'opposizione.