DON FAUSTO CAPELLI
Umile e solerte come Don Sterpi
Don Flavio Peloso
Ricordo di averlo visto solo alcune volte. Don Fausto Capelli era piccolo di statura, dal volto mite e quasi timido, sguardi rapidi e attenti. Mi faceva pensare a Don Sterpi. Ero a Roma, nel 1975, quando alla vigilia dell’inizio del VII Capitolo Generale, il 28 febbraio, al termine della Messa, un malore improvviso arrestò la sua carità premurosa dopo che, in quei giorni, aveva già provveduto all’accoglienza in curia generale di tanti confratelli giunti da tutto il mondo.
Don Fausto Capelli nacque il 6 giugno 1911 a Sant'Oreste (Roma), un paese tanto caro a Don Orione che qui trovò sempre accoglienza calorosa e generosa. Qui gli fu offerto un antico monastero ove le sue Piccole Suore Missionarie della Carità vi aprirono l’Istituto Bambino Gesù (15 ottobre 1927) e poi l’Eremo della Madonna delle Grazie, sul monte Soratte, che riprese vita con gli Eremiti della Divina Provvidenza (2 maggio 1931). Ben 16 figli di Sant’Oreste entrarono nella Congregazione, 7 religiosi e 9 religiose.
Fausto Capelli era un bambino di 11 anni quando lasciò Sant’Oreste per raggiungere Tortona dove, nell'ottobre del 1922, Don Orione, da poco ritornato dal viaggio in America Latina, lo accolse.<
Si inserì con naturalezza nel cammino di formazione essendo di indole mite, riflessiva e religiosa. Dopo il Noviziato a Villa Moffa (CN), professò i voti nel 1929. Don Orione notò le sue qualità d’animo e l’intelligenza e lo indirizzò agli studi nell’università Gregoriana (1930-1935) ove si laureò in teologia dogmatica. Divenne sacerdote a Tortona, il 29 giugno 1935.
Don Fausto Capelli fu subito destinato dal Fondatore stesso al nascente Piccolo Cottolengo Milanese, al “Restocco”. Con la sua modestia e umiltà, la discrezione e la saggezza, con l’integra testimonianza della sua vita religiosa riuscì a conquistarsi gli animi di confratelli, assistiti, collaboratori di Milano. Per quindici anni, fu un buon padre di famiglia con squisite attenzioni verso i più umili, le vecchierelle del Piccolo Cottolengo, le buone figlie, verso quanti lavoravano in cucina, in lavanderia e in guardaroba.
Aveva la medesima attenzione verso i benefattori e i notabili della città che tanto si affezionarono al Piccolo Cottolengo. In lui e nelle buone Suore vedevano il simbolo di una carità fatta di silenzio e di opere, di fiducia nella Divina Provvidenza e di solerzia per il conforto dei più poveri e bisognosi.
Don Fausto Capelli visse una pagina di carità e di sacrificio tutta speciale durante la seconda guerra mondiale (1940-1945) non solo per l’estrema penuria di risorse con cui doveva provvedere a tanti bisogni, ma anche per l’aiuto generoso e rischioso che egli, con suor Maria Croce Manetti, diede a tante persone in pericolo di vita per le ostilità razziali e le contrapposte ideologie. Le pagine del Diario del Piccolo Cottolengo Milanese ci hanno lasciato notizie discrete e precise.
“2 maggio 1944. Vari partigiani, nascosti nelle fogne dei dintorni, la notte bussano nostra la porta per chiedere da mangiare e qualcosa c'è sempre anche per loro”.
“Nei primi di luglio 1944 – scrive suor Maria Croce -, nella caccia che gli amici facevano agli ebrei siamo capitati dentro Don Capelli ed io e anche il portinaio. Don Orione bisogna dire che ci protegge continuamente… Don Capelli usciva dalla parte della cucina in camioncino e dall’altro cancello erano venuti per prenderlo. Deo gratias!”.
“8 Agosto 1944. Don Capelli deve abbandonare la sede di Milano perché ricercato dai tedeschi. Avevamo ospitato al Piccolo Cottolengo delle persone ebree perseguitate ed alcune di esse molto ammalate. Si vede che qualcuno è venuto a saperlo. Fortunatamente i tedeschi arrivarono qui a ricercarlo quando il direttore era a Induno Olona, per il raduno amici milanesi colà sfollati”.
12 Agosto 1944. Il giornale "Avanguardia" sotto il titolo "Giudei nei conventi di Milano" parla oggi del Piccolo Cottolengo e del suo direttore Don Capelli, che viene additato con altri religiosi al disprezzo dei lettori, preconizzando, per questi "collaboratori d'Israele", il campo di concentramento. Se chi ha scritto sull' "Avanguardia" sapesse che il Piccolo Cottolengo, come qualunque altro Istituto Religioso di Milano, è disposto ad ospitare domani anche i persecutori di oggi, crederebbe e inneggerebbe con gratitudine alla carità cristiana, che è superiore a qualsiasi spirito di parte”.
“26 aprile 1945. La guerra è finita. Come prima l’Istituto aveva aperto la porta agli ebrei e agli antifascisti perseguitati, oggi la va aprendo ai fascisti e ai tedeschi che si trovano nelle medesime necessità”.
“30 aprile 1945. Torna a Milano Don Capelli dopo circa un anno di latitanza. Ci racconta d'essere stato più volte protetto in maniera provvidenziale. A Genova, ad esempio, ove è stata segnalata la sua presenza, la persona che deve arrestarlo, gli telefona di allontanarsi subito dalla città prima che egli debba eseguire l'ordine ricevuto”.
“La Carità non serra porte”: il Piccolo Cottolengo Milanese è nato in questo clima.
Nel 1950, Don Fausto Capelli lasciò Milano per Roma, ove inizialmente fu direttore dell’Istituto San Filippo e poi, nel sessennio 1952-1958, fu segretario generale, accanto a on Carlo Pensa. Dopo un altro mandato come direttore a Milano (1958-1964), ritornò definitivamente alla Casa Generalizia. Chiunque e a qualunque ora giungesse in curia lo trovava pronto all’accoglienza e premuroso negli aiuti necessari. Qui, il 28 febbraio 1975, “Se n'è andato in silenzio per non recar disturbo: all'ite missa est, posando il capo sul cuore del Maestro che l'attendeva sulla soglia dell'eterno giorno, della suprema gioia infinita”, come ha commentato Piero Compostela.