Testo di Flavio Peloso, tratto dagli Atti degli Apostoli e dalle Lettere di San Paolo. Rievocazione in cinque atti del viaggio di San Paolo da Gerusalemme a Roma, passando per la Via Appia Antica, nel territorio dell'attuale Parrocchia di San Paolo Apostolo di Via dei Cinque Archi 273, a Velletri.
Rievocazione in cinque Atti
Testo di Don Flavio Peloso
PRIMO ATTO
PAOLO A CESAREA
CRONISTA: Siamo tra l’anno l'autuno del 60 e la primavera del 61 dopo Cristo. A Cesarea, in Palestina, Paolo di Tarso è stato messo in prigione per salvarlo dalla furia degli ebrei che volevano ucciderlo come traditore della legge dei Padri, essendo egli divenuto discepolo e apostolo di Cristo.
Il Governatore Felice siede a giudizio. Ci sono i suoi consiglieri e gli ebrei accusatori. Davanti a lui sta Paolo con due soldati al fianco.
Il governatore Felice legge la lettera del tribuno Lisia (At 23, 26-30)
«Claudio Lisia all'eccellentissimo governatore Felice, salute. Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano. Ho trovato che lo si accusava per questioni relative alla loro legge, ma che in realtà non c'erano a suo carico imputazioni meritevoli di morte o di prigionia.
Un araldo annuncia: Siano ammessi gli accusatori ebrei.
Si presentano Anania, il sommo sacerdote, insieme ad alcuni anziani.
Anania si fa avanti e comincia l'accusa (24, 5-9):
“Quest'uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della setta dei Nazorei. Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l'abbiamo arrestato”.
Anche gli altri anziani intervengono confusamente:
Il Governatore fa cenno a Paolo di parlare (24, 10-21).
«So che sei giudice giusto e perciò parlo con fiducia. Sono passati 12 giorni da quando mi sono recato a Gerusalemme per il culto. Essi non mi hanno mai trovato nel tempio a discutere con qualcuno o a incitare il popolo alla sommossa, né in sinagoga né in città. Costoro non possono provare nessuna delle accuse.
Io, dopo molti anni, ritornai a Gerusalemme a portare elemosine per mio popolo e per offrire sacrifici. È per questo che essi mi hanno trovato nel tempio dopo che avevo compiuto le purificazioni. Non c'era folla né tumulto.
Io adoro il Dio dei miei padri, come loro, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti. Anch’io ho in Dio la speranza. Ad irritarli fu una frase che dissi ad alta voce: “Credo nella resurrezione dei morti!”. Insorsero contro di me. È a motivo della resurrezione di Cristo che vengo giudicato davanti a voi!».
Altri accusatori intervengono confusamente:
Il Governatore fa cenno a tutti di tacere e fa parlare Paolo:
Per loro è inconcepibile che Dio risusciti i morti e dia la vita eterna. Anch’io pensavo come loro ed ero persecutore dei cristiani. Ma poi avvenne che, mentre andavo a Damasco per imprigionare i cristiani, Gesù stesso mi apparve. Vivo, vivo, risorto! E mi ha detto “Saulo, Saulo perché mi perseguiti?”. Va’, ti farò mio ministro e testimone. Vai dai pagani perché anch’essi passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana all’amore di Dio, ed abbiano la vita eterna.
Gli accusatori incalzano:
Paolo (25, 11): «Non ho commesso alcuna colpa, né contro la legge dei Giudei, né contro il Tempio, né contro Cesare. Mi trovo davanti al tribunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu, o Governatore, sai perfettamente. Io mi appello a Cesare».
Il Governatore, consultati i consiglieri, dice ad alta voce (25, 12. 25-26):
«Ti sei appellato a Cesare e a Cesare andrai. Cittadini qui presenti, ascoltate. Io mi sono convinto che egli non ha commesso alcuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all'imperatore ho deciso di farlo partire per essere giudicato a Roma».
Poi, rivolto a Paolo, con la mano e il dito indice alzato, sentenzia:
«Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai».
(si percorre un tratto di cammino)
SECONDO ATTO
PAOLO A MALTA
CRONISTA: Dopo un lungo viaggio avventuroso per mare, a causa di un uragano la nave fece naufragio. Paolo e gli altri passeggeri giunsero, stremati ma salvi, sugli scogli dell’isola di Creta, nel Mediterraneo. Paolo fu accolto benevolmente nella casa di Publio, a Malta.
Nella casa di Publio ci sono alcune persone, donne, qualche ragazzo. Paolo racconta quanto gli successe nel viaggio (At 27) e l’arrivo a Malta (At 28)
Publio gli offre da bere:
Siamo contenti di averti qua, con noi. Raccontaci cosa ti è accaduto.
Paolo: Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, mi consegnarono, insieme ad altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio e partimmo su una nave. Facemmo scalo a Sidone e poi navigammo al riparo di Cipro per evitare i venti contrari. Giungemmo a Mira e qui il centurione trovò una nave in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo. Navigammo lentamente parecchi giorni e costeggiammo l’isola di Creta fino a una località chiamata Buoni Porti.
Un ragazzo: Chissà che bello, tanti giorni, sempre sul mare.
Paolo: Non era tanto bello, perché si avvicinava l’inverno, faceva freddo, il vento scuoteva la nave; molti avevano mal di stomaco e stavano male. Io cercai di convincere l’equipaggio a non continuare. Però il capitano della nave decise di proseguire ugualmente.
Dopo un po’ si scatenò un vento d'uragano, detto allora Euroaquilone, e la nave fu travolta nel turbine, cominciò a imbarcare acqua, non riuscivano più a dirigerla e andò alla deriva senza sapere dove. Cominciarono a gettare a mare il carico. Ogni speranza di salvarci sembrava perduta.
Tutti erano terrorizzati. Io feci loro coraggio: «Ve l’avevo detto di non salpare! Però non perdetevi di coraggio, perché mi è apparso un angelo del Dio che servo e ha detto: Non temere, Paolo; tu devi andare a Roma, da Cesare, e Dio ha fatto grazia a te e a tutti i tuoi compagni di navigazione. Dunque, mangiate, prendete forza, fate quel che potete».
Per qualche giorno, andammo alla deriva nel mare, senza sapere dove. Un mattino, la nave urtò contro qualcosa di duro. Terra, terra! Il centurione diede ordine che si gettassero in mare per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra; poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti siamo arrivati in salvo a terra.
Publio: Fantastico! Gli dei vi hanno aiutato. Che meraviglia!
Paolo: È stata la bontà di Gesù a salvarci. L’angelo del Dio che servo me l’aveva detto. Dalla spiaggia, sfiniti, vedemmo alcune case.
Donna: E siete arrivati, qua a Malta (At 28). Noi subito abbiamo preso paura perché sembravate briganti, ma poi ci siamo resi conto che eravate solo dei naufraghi ed avevate bisogno di tutto.
Paolo: Voi ci avete accolti con rara umanità. Accendeste un grande fuoco e ci radunammo tutti attorno per scaldarci e asciugarci perché pioveva e faceva freddo.
Un giovane: E voi, avete avuto paura di noi?
Paolo: No, anzi cominciammo a raccogliere legna con voi. Ricordo che mentre raccoglievo un fascio di rami, una vipera, forse risvegliata dal calore, mi morse e mi si attaccò alla mano. Vedendo quel serpente attaccato alla mia mano, gli abitanti di qui rimasero inorriditi e uno gridò: “Gli dei già ti avevano fatto naufragare e ora muori col veleno della vipera! Devi essere un grande assassino”. Però io scrollai dalla mano la vipera e non ebbi alcun danno. La gente, che si aspettava di vedermi gonfiare e morire sul colpo, cambiò subito e cominciò a dire che ero un dio.
E infine, eccomi giunto qui al tuo podere, Publio. E tu mi hai accolto e ospitato con benevolenza già da tre giorni.
Publio: Era il minimo che potessi fare anche perché, arrivando, hai pregato e hai steso le mani sul mio vecchio padre ed egli è guarito dalla grave malattia che pensavamo ce lo portasse via. Noi vediamo che Dio è con te. Vogliamo conoscere il tuo Dio che ti ha reso forte e buono. Fermati qui a Malta con noi.
Paolo: Come vedi, Publio, io devo andare, sono in buona compagnia (accenna ai due soldati lì presenti), ma manderò qui qualche fratello cristiano a portarvi il Vangelo e il Battesimo.
(si percorre un tratto di cammino)
TERZO ATTO
PAOLO AL FORO APPIO
CRONISTA: Dopo tre mesi a Creta, Paolo e gli altri naufraghi salparono su una nave di Alessandria che aveva passato l’inverno nell'isola. Approdarono a Siracusa, rimanendovi tre giorni. Di qui, costeggiando la Sicilia, giunsero a Reggio di Calabria. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivarono velocemente a Pozzuoli. Qui incontrarono alcuni fratelli, presso i quali restarono per una settimana (At 28, 11- 15). Dopo, iniziò il viaggio a piedi, lungo la Via Appia, per raggiungere Roma.
Paolo al Foro Appio incontra un gruppo di cristiani venuti da Roma.
Licia Paolo, Paolo, è Paolo.
Crispo L’apostolo Paolo, è proprio lui.
Paolo: Chi siete, fratelli? Come conoscete il mio nome?
Cornelio Siamo cristiani, veniamo da Roma. Alcuni fratelli di Pozzuoli ci avevano detto che eri in arrivo a Roma, incatenato, e siamo venuti per salutarti.
Paolo: Dove siamo qui?
Marzio Siamo al Foro Appio, a 43 miglia da Roma.
Licia Ti abbiamo portato una tunica nuova e nuovi calzari.
Soldato Fate vedere, fate vedere.
Il soldato controlla. I cristiani gli stanno tutti attorno, lo toccano, sono ammirati. Paolo siede su una pietra. Gli indossano la tunica e gli mettono i calzari ai piedi. Danno da bere a lui e ai soldati.
Paolo: Grazie fratelli, io sono povero servo di Cristo. Grazie, prego che la vostra carità vi arricchisca sempre più verso Dio e verso i fratelli più poveri.
Cornelio (si rivolge al soldato) Suggerisco di proseguire altre 10 miglia per arrivare fino alle Tre Taverne. Lì c’è una locanda, un posto di sosta e di ristoro per i viaggiatori.
(si percorre un tratto di cammino)
QUARTO ATTO
PAOLO ALLE TRE TAVERNE
CRONISTA: Fatto ancora qualche miglio, la comitiva arrivò alla locanda delle “Tre Taverne”.
Arrivano alla locanda delle Tre Taverne. C’è qualcuno seduto; c’è un cuoco che fa girare il mestolo in un grosso pignattone. Due uomini parlano ad alta voce.
Lavinio: Tempi duri per Roma. Nerone è un imperatore che pensa solo al lusso, alle feste, ma il popolo è in miseria, vive in luoghi malsani. A Roma, non regna l’ordine, ma la delinquenza.
Lucio: E tratta i cristiani da delinquenti perché non onorano gli dei.
Lavinio: Nerone è crudele. Pensa che fa portare i cristiani al Colosseo e fa entrare leoni e tigri a sbranarli… Che tempi! Che tempi!
Lucio Io conosco di persona alcuni cristiani. Fanno del bene sempre, del bene a tutti. Del male mai, a nessuno.
Arriva il corteo con Paolo, i soldati e la gente che accompagna.
Crispo (Si rivolge all’oste) Buon uomo, avete zuppa e pane per tutti. Pago io (e mostra un sacchetto facendo risuonare le monete).
Paolo: E voi, fratelli cristiani, siete in tanti a Roma? Come state?
Cornelio: Non sappiamo quanti siamo. Ci vediamo in piccoli gruppi nelle case, alla Domenica, per il Memoriale di Gesù. Ci vogliamo bene, ci aiutiamo. L’imperatore Nerone scarica su di noi la responsabilità dei mali di Roma e siamo perseguitati. Ma noi continuiamo a crescere con la preghiera e facendo del bene. E Dio ci aiuta con la sua Provvidenza.
Prisca Paolo, Paolo, raccontaci di te, di Gesù.
Paolo: Sapete che io ero un povero peccatore, un bestemmiatore, un persecutore dei cristiani. Poi il Signore – benedetto Egli sia! – mi ha usato misericordia. (1Tm 1,12-13) Ed ora io, Paolo, l’infimo tra gli eletti da Cristo, sono il prigioniero di Cristo per voi, perché anche a Roma arrivi l’annuncio della resurrezione di Gesù. Io sono in catene, ma la Parola del Vangelo non è incatenata. (Ef 3, 1ss)
Tertullo: Noi ti saremo vicino, qualunque cosa accada a Roma.
Paolo: La vostra premura mi commuove. (Dopo un silenzio, pensieroso) Ho imparato ad essere povero e ho imparato ad essere ricco; ho provato di tutto nella vita: sazietà e fame, abbondanza e miseria, ingiurie e tribolazioni d’ogni genere… Tutto posso in Colui che mi dà la forza. (Fil 4, 11-13)
(Il corteo di Paolo e dei cristiani prosegue per un tratto di cammino)
QUINTO ATTO
PRESSO L’ALTARE
La gente si dispone nella piazza, ove è preparato l’altare, e si fa silenzio. Paolo sale sull’altare e si mette nel posto del sacerdote. Guarda, guarda lontano, assorto, profetico, illuminato.
PAOLO: Ecco, Roma! La mèta.
Il Cristo mi aspetta là!La si compirà il mio sacrificio.
Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso
in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele.
Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede.
Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno.
E non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione.
Il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo Regno eterno.
A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen. (2Tm 4, 6-8 e 18)
Detto questo, Paolo si piega, si posa sull’altare con la faccia e le braccia larghe abbandonate.
Così resta, mentre si esegue il canto di offerta che segna anche l’inizio della Messa.
Il Sacerdote sale all’altare, in piedi.
Paolo si alza dritto e, con le braccia larghe, quasi a combaciare con quelle del sacerdote, forma il segno della Croce.
Paolo se ne va e resta il sacerdote, il quale intona "Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen".
Inizia la Messa.
Si celebra la Messa