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Messaggi Don Orione
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Autore: Card. Giuseppe Siri

Il Card. Giuseppe Siri (1906-1986) divenne vescovo a 38 anni e cardinale a 47; arcivescovo di Genova, per 40 anni fu una delle figure più significative dell’episcopato italiano. Conobbe, stimò e divulgò l’opera e l’insegnamento di Don Orione che egli incontrò personalmente.

CHI SONO GLI INUTILI?

Nel 1944, 16 marzo, il cardinale Siri, allora Vescovo ausiliare di Genova, commemorando Don Orione, difendeva il suo apostolato cristiano a favore dei più piccoli figli di Dio, i “buonifigli”, e stigmatizzava le teorie razziste allora in voga.

“Se si dovesse fare una scelta, io credo che prima di eliminare gli inutili bisognerebbe eliminare i nocivi. Ma chi sono gli inutili? Forse quelli che non possono valersi da soli eppure riescono per sé e per chi li aiuta fonte di ricchezze eterne? E non sono più inutili, quando non sono nocivi, coloro che accumulano ricchezze per questa vita, quelli che non ammassano capitali per il Cielo, quanti dimenticano le cose più importanti: Dio, l’anima, l’eternità, e si danno alla caccia delle caduche e misere cose di quaggiù?
Non è facile dare la dimensione del volontario in questi esseri umani, ma possiamo ben essere certi che stessono essi offrono una corrispondenza assoluta e totale al movente della Grazia che opera e dà vita, mentre a volte i soggetti normali chiudono la mente e il cuore alla mozione di Dio. ‘Quelli che noi chiamiamo ritardati – dice Don Orione – talvolta ci sopravanzano nel cammino della semplicità, dell’umiltà, della dedizione’.
In questi 25 anni sono passati dalla scena del mondo uomini che sembrava lo tenessero in mano e ne potessero fare quanto volevano. Quante favole che si passavano di bocca in bocca e volevano fare epoca ormai non si raccontano più, se non con disprezzo ed esecrazione, mentre questi figliuoli, né nocivi né inutili, sono rimasti indisturbati e fedeli al loro umile posto di battaglia, in preghiera e generosa sofferenza, davanti al Re della pace, al Re dei cuori”.




IL GRAZIE A DON ORIONE

Genova, 18.11.1972. Commemorazione di Don Orione a Palazzo S. Giorgio. La relazione principale fu tenuta dall’On. Roberto Lucifredi, Vice Presidente della Camera. Il Card. Siri intervenne con un breve saluto. Testo trascritto dalla registrazione.

Quest’oggi Genova ha voluto ringraziare Don Orione, perché, nel nostro secolo, non c’è stato nessuno che abbia avuto un tale arco, ampio, di imprese nell’assistenza. Per questo ricordiamoci che migliaia e migliaia di persone hanno sofferto meno, perché c’è stato lui. Lo ringraziamo perché ha fatto un miracolo notevole, cioè è riuscito a infondere nella sua Opera e nelle Congregazioni da lui fondate uno spirito di resistenza, di consistenza e coerenza, che rimane immutato. Che, dopo decenni, rimangano immutate certe opere è un miracolo. E credo che, se pur non è tale da poter essere presentato canonicamente per la sua beatificazione, questo sia il miracolo suo. Noi vogliamo ringraziarlo.
Ma io vorrei sottolineare che Don Orione è un indicatore per noi, è un’antenna, perché con tutta la sua opera ha insegnato che non ci sono soltanto gli affamati a questo mondo. A questi è facile che si pensi; ma ci sono anche i disgraziati, quelli ai quali la natura è stata avara. È questa l’indicazione: non ci sono solo gli affamati, ci sono i disgraziati. E se è facile andare incontro agli affamati, perché basta aprire il portafoglio, per andare incontro ai disgraziati ci vuole l’anima, la mente, il cuore, la dedizione.
Credo che Don Orione entri in un grande disegno. Noi abbiamo il benessere, abbiamo la tecnica: stiamo per soffocare. Il benessere ha fatto una cosa, alla quale non si pensa: ha aumentato le distanze con quelli che stanno male e sono disgraziati: non le ha ravvicinate le distanze, perché il fatto che è cresciuto per molti lo stare bene è diventato più evidente per gli altri lo stare male ed essere disgraziati.
Don Orione mette il dito su questo, e voi capite che il discorso potrebbe continuare. Ma se le distanze non si sono ravvicinate, e si sono allontanate, ciò significa che bisogna imparare a chinarsi di più, non a chinarsi di meno, a dare di più, a offrire, di noi, di più.
Però, se questa figura di Don Orione ha ancora la potenza di fare scattare, è segno che il linguaggio della carità, dell’amore, della dedizione è ancora capace di superare tutte le barriere e di fondere tutti gli uomini.

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