Il Card. Giuseppe Siri (1906-1986) divenne vescovo a 38 anni e cardinale a 47; arcivescovo di Genova, per 40 anni fu una delle figure più significative dell’episcopato italiano. Conobbe, stimò e divulgò l’opera e l’insegnamento di Don Orione che egli incontrò personalmente.
Genova, 18.11.1972. Commemorazione di Don Orione a Palazzo S. Giorgio. La relazione principale fu tenuta dall’On. Roberto Lucifredi, Vice Presidente della Camera. Il Card. Siri intervenne con un breve saluto. Testo trascritto dalla registrazione.
Quest’oggi Genova ha voluto ringraziare Don Orione, perché, nel nostro secolo, non c’è stato nessuno che abbia avuto un tale arco, ampio, di imprese nell’assistenza. Per questo ricordiamoci che migliaia e migliaia di persone hanno sofferto meno, perché c’è stato lui. Lo ringraziamo perché ha fatto un miracolo notevole, cioè è riuscito a infondere nella sua Opera e nelle Congregazioni da lui fondate uno spirito di resistenza, di consistenza e coerenza, che rimane immutato. Che, dopo decenni, rimangano immutate certe opere è un miracolo. E credo che, se pur non è tale da poter essere presentato canonicamente per la sua beatificazione, questo sia il miracolo suo. Noi vogliamo ringraziarlo.
Ma io vorrei sottolineare che Don Orione è un indicatore per noi, è un’antenna, perché con tutta la sua opera ha insegnato che non ci sono soltanto gli affamati a questo mondo. A questi è facile che si pensi; ma ci sono anche i disgraziati, quelli ai quali la natura è stata avara. È questa l’indicazione: non ci sono solo gli affamati, ci sono i disgraziati. E se è facile andare incontro agli affamati, perché basta aprire il portafoglio, per andare incontro ai disgraziati ci vuole l’anima, la mente, il cuore, la dedizione.
Credo che Don Orione entri in un grande disegno. Noi abbiamo il benessere, abbiamo la tecnica: stiamo per soffocare. Il benessere ha fatto una cosa, alla quale non si pensa: ha aumentato le distanze con quelli che stanno male e sono disgraziati: non le ha ravvicinate le distanze, perché il fatto che è cresciuto per molti lo stare bene è diventato più evidente per gli altri lo stare male ed essere disgraziati.
Don Orione mette il dito su questo, e voi capite che il discorso potrebbe continuare. Ma se le distanze non si sono ravvicinate, e si sono allontanate, ciò significa che bisogna imparare a chinarsi di più, non a chinarsi di meno, a dare di più, a offrire, di noi, di più.
Però, se questa figura di Don Orione ha ancora la potenza di fare scattare, è segno che il linguaggio della carità, dell’amore, della dedizione è ancora capace di superare tutte le barriere e di fondere tutti gli uomini.