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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Vaccari Alberto nel suo studio con la foto di Don Orione.
Autore: Flavio Peloso

Pubblichiamo qui un articolo apparso su L'Osservatore Romano. Per l'occasione è stato pubblicato un volumetto, poi riedito e aggiornato nel 2010, dal titolo: Padre Alberto Vaccari S.J. Religioso esemplare e dotto cultore di scienze bibbliche. Raccoglie un profilo biografico e documenti inediti; particolarmente preziosa è la Bibliografia completa della sua produzione di studio. Il volume, di 244 pagine, è stato curato ed edito dai nipoti Vittorio, Mariangela ed Enrica Vaccari.

PADRE ALBERTO VACCARI

Grande biblista, compagno di seminario e amico devoto di Don Orione[1]

 

Don Flavio Peloso

             Ha avuto la stima e l’ammirazione di Papi e Vescovi, di studiosi illustri e della una schiera innumerevole di discepoli durante gli oltre 50 anni di insegnamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Fu un «maestro innamorato della Parola di Dio», il padre nobile dell’esegesi moderna”. Lasciò la sua impronta sulla costituzione conciliare Dei Verbum.

            “Rievoco con grato e commosso pensiero la figura di religioso esemplare e di dotto cultore delle scienze bibliche, che per lunghi anni ha prestato con fedeltà la sua preziosa opera alla Santa Sede”, scrisse nel suo messaggio Paolo VI, all’annuncio della morte di Padre Alberto Vaccari, gesuita, avvenuta il mattino del 6 dicembre 1965, all’età di 90 anni. Era nato a Bastida de’ Dossi (Pavia), il 4 marzo 1875.

Prima di morire, scrisse una dedica sui Vangeli: “Perché dalle parole e dagli esempi del divino Maestro tutti attingiamo ‘luce intellettual piena d’amore / amor di vero ben pien di letizia, / letizia che trascende ogni dolzore’ (Paradiso XXX, 40-42)”. Veramente egli riuscì a trasformare la scienza in sapienza: dono e impegno per chiunque si avvicini alle Sacre Scritture.

            “Chi conosce la fisionomia dell’Istituto Biblico durante il primo mezzo secolo di esistenza – commentò invece il Card. Agostino Bea – non saprebbe immaginarlo senza la tipica figura del P. Vaccari”.

            Il Card. Carlo Maria Martini, sapendo delle iniziative a Bastida de’ Dossi in onore del suo confratello e professore, inviò un Messaggio, datato 8 luglio 1999.  

“Sono stato vicino a lui per parecchi anni, e ricordo molto bene che mi parlava con affetto del suo paese natale e ricordava in particolare il Seminario nel quale aveva vissuto insieme con il beato don Luigi Orione. Padre Vaccari è stato un grande filologo e un grande esegeta. Le sue conoscenze erano vastissime. Era un po’ un genio della filologia e della critica testuale. Ricordo che molte volte veniva a trovarmi nella mia camera, che era abbastanza vicina alla sua, nel corridoio del Biblico, e mi faceva parte delle ultime scoperte o mi regalava qualche articolo importante su problemi sottili di critica testuale. Debbo certamente anche a lui se sono stato introdotto un po’ nei misteri di questa scienza, anche se poi non ho potuto coltivarla con quella perseveranza con cui l’ha fatto Padre Vaccari”.

            Chi fu Padre Alberto Vaccari e cosa rappresentò per il mondo degli studi biblici?

            Alberto Vaccari entrò ancora giovanissimo nel seminario di Tortona. Dei primi anni, oltre alla straordinaria intelligenza, poco è ricordato di lui. Egli stesso invece ricorda bene il 1891, “l’anno della svolta spirituale” dovuta alla nascita della sua fraterna amicizia con Don Orione, anche lui allievo nel medesimo seminario.

“Oh felice anno 1891, quello, dei miei anni, che più volentieri ricordo e più benedico in cuor mio! Ero di condotta e di tendenze – Dio me lo perdoni – ben diverse dalle sue. Però, a poco a poco, la costante e soave azione della sua virtù, della sua affabilità, della sua conversazione gioconda e spirituale, mi guadagnò, mi trasformò; ed a lui devo quello che sono, cioè se porto questo santo abito, se servo a qualche cosa nella Chiesa”.[2]

            Don Orione in una conversazione ricordò:

“(Vaccari) si convertì e, con l’unghia del pollice, si fece un segno di croce sulla fronte da tagliarsi la pelle, tanto che gli rimase la crosta e la cicatrice per qualche tempo. Io poi andai a casa, in occasione della morte di mio padre, e allora portai con me un teschio da morto che mi tenevo sul tavolino; e Vaccari mi disse: “Portamene uno anche per me!”. Ed io glielo portai; ed il giorno di San Luigi, abbiamo fatto la consacrazione al Signore scritta con il nostro sangue. Lui forse la deve tenere ancora la sua copia; e due anni fa, a Sant’Ignazio, nel giorno della festa di San Luigi, mi disse: “Ti ricordi, Orione, la consacrazione di trent’anni fa e la gara fatta chi di noi due si sarebbe fatto più santo?”.[3]

          Nell’Archivio Don Orione, è conservata ancora la copia del testo di quella consacrazione e si intravedono le firme con il sangue sbiadito. Vaccari si firmò già con le sigle “d.C.d.G.” (della Compagnia di Gesù) e Orione con la qualifica “Luigi di Gesù e del Papa”.

“San Luigi, 1891: A nome e gloria di Dio, ad onore di Maria Santissima Immacolata. I sottoscritti Orione Luigi di Gesù e Vaccari Alberto, si danno il seguente appuntamento in Paradiso ai piedi di Maria Santissima. Si vedrà: 1° Chi avrà salvato più anime in causa prima; 2° Chi sarà più santo”.[4]

 

            La verifica, in Paradiso, sarà già stata fatta tra i due. Certo, si impegnarono assai ambedue per vincerla.

           L’anno seguente a quella scommessa, nel 1892, Vaccari lasciò il seminario ed entrò dai Gesuiti, a Chieri (TO). Fu ordinato sacerdote il 30 luglio 1905. I superiori, conoscendo lo straordinario talento di quel giovane sacerdote, lo inviarono per un biennio all’Università S. Giuseppe di Beyrut. Dopo un breve periodo di insegnamento, dal 1909 al 1911 a Chieri, fu destinato, nel 1912, all’insegnamento nell’Istituto Biblico di Roma, dove trascorse tutta la sua vita. Aveva una preparazione linguistica eccellente: parlava il latino correntemente, il greco gli era del tutto famigliare (i compagni di seminario lo ricordano pregare in greco), aveva perfetta conoscenza di ebraico, aramaico; dell’arabo scrisse addirittura una grammatica; anche le altre lingue bibliche gli furono note.

            “Il suo insegnamento non era tanto metodico – ricordò ancora il sopra citato Card. Agostino Bea – quanto piuttosto personale e sempre improntato a quel suo irresistibile istinto di erudito e ricercatore, da cui è segnato ogni suo lavoro. Proprio per questa vivacità erudita della mente egli esercitava un profondo ascendente sui suoi alunni”. Schiere numerosi di professori di scienze bibliche, poi sparsi in tutto il mondo, si sono formati alla scuola di Padre Vaccari.

            La trasmissione dei frutti dei suoi studi si estendeva attraverso le sue numerose pubblicazioni. Aveva profondità e sicurezza nello scrivere. Don Giuseppe De Luca raccolse, sotto il titolo “Scritti di erudizione e filologia” ben 450 titoli della bibliografia di Padre Vaccari. Forse, l’opera più impegnativa e tuttora di grande valore, fu “La Sacra Bibbia, tradotta dai testi originali”, iniziata nel 1925 e conclusa nel 1958, pubblicata da Salani. Fu il primo in Italia ad affrontare una simile impresa.

            Non solo fu studioso e professore, ma fu animatore dell’ambiente delle scienze bibliche in Italia. A lui si deve la coraggiosa e qualificata iniziativa di fondare la Rivista Biblica; a lui si deve la costituzione della Associazione Biblica Italiana; a partire da lui vennero promosse le Settimane Bibliche per la formazione permanente dei professori di Sacra Scrittura. Fu un «maestro innamorato della Parola di Dio», il “padre nobile dell’esegesi moderna”. Lasciò la sua impronta sulla costituzione conciliare Dei Verbum.

            La sua competenza scientifica e lo spiccato “sensus Ecclesiae” furono posti anche al servizio della Santa Sede. Fu nominato qualificatore del Sant’Uffizio già nel 1924 e consultore della Pontificia Commissione Biblica nel 1929. Durante la fase preparatoria del Concilio Ecumenico Vaticano II, Papa Giovanni XXIII lo volle membro della Commissione Teologica e successivamente Perito conciliare. Mentre diede un importante apporto nella fase preparatoria, praticamente non partecipò ai lavori conciliari, impedito dalla sua precaria salute in rapido declino. Morì il 6 dicembre 1965.

            “Negli ultimi anni, a causa della salute ormai declinante, si ritirò sempre più nella solitudine e nella preghiera”, ricorda Padre Pietro Boccaccio, confratello gesuita, discepolo ed amico che l’assistette fino agli ultimi giorni. “La sua vita era ricca di unione con Dio, di fede nei misteri cristiani, soprattutto in quello dell’Eucarestia. Chi l’assistette negli ultimi momenti vide quanto fosse attenta la sua partecipazione alle preghiere suggeritegli”. Prima di morire, scrisse una dedica sui Vangeli: “Perché dalle parole e dagli esempi del divino Maestro tutti attingiamo ‘luce intellettual piena d’amore / amor di vero ben pien di letizia, / letizia che trascende ogni dolzore’ (Paradiso XXX, 40-42)”. E veramente egli riuscì a trasformare la scienza in sapienza: dono e impegno per chiunque si avvicini alle Sacre Scritture.

           Padre Vaccari mai dimenticò l’amicizia con Don Orione. Alla sua morte, avvenuta il 12 marzo 1940, inviò un accorato telegramma esclamando “Che perdita per la vostra Congregazione e per tutta la Chiesa!”.[5]

Scrisse una preghiera che tenne e recitò come segno di comunione.

O anima eletta, che ora ti affisi in Dio,

da te tanto amato e glorificato quaggiù,

e godi il meritato premio delle tue eroiche fatiche,

ottieni a noi di premere costanti le tue orme

e in uno zelo non troppo inferiore al tuo,

immolarci anche noi per il Regno di Dio nel mondo”.[6]

 
            Affidò i suoi ricordi di Don Orione ad alcuni articoli.[7] Fu testimone per la sua Causa di canonizzazione.[8] Sempre tenne sulla sua scrivania della stanza al “Biblico” la foto grande e sorridente del suo antico “amico di seminario”. Quanti entravano da lui non potevano non notarla. Lo stesso P. Vaccari ha lasciato un simpatico testo autografo in cui egli stesso ricostruì il dialoghetto che solitamente seguiva con i sorpresi visitatori della sua stanza.

Lo riportiamo per intero come omaggio all’amicizia santa tra il grande “biblista” e il “santo della carità”. [9]

Non saprei contare quante volte da qualcuno che tra i fatti di Don Orione aveva sentito risuonare anche il mio nome, ovvero ne aveva notato il ritratto pendente alle pareti della mia camera, mi fu rivolta la domanda: ha conosciuto Lei Don Orione? Era toccare un punto dei più sensibili al mio cuore, e ne seguiva allora un dialoghetto, che teneva sempre, in grosso, le linee seguenti:

Se l’ho conosciuto? E come! Fui suo compagno di camerata in Seminario per un anno, un anno solo, ma che bastò per molti a lasciarmi ricordi indelebili e i più benefici effetti per tutta la vita.

  • E vuol dire?

I suoi esempi di virtù ammirabili e il caldo soffio della sua santa conversazione mi fecero tanto bene all’anima che mentre prima ero tentato a deporre l’abito ecclesiastico e tornarmene a vita secolare, dopo mi decisi a ritirarmi in un ordine religioso, dove ora vivo da quasi settant’anni con mia indicibile consolazione.

  • Ma perché Lei non è rimasto in diocesi con Luigi Orione, per fare poi parte della sua Congregazione?

Veramente io mi dicevo fin d’allora che quel sant’uomo, ordinato sacerdote, farebbe qualche cosa di straordinario per Gesù Cristo, per la Chiesa, per le anime. Ma non potevo allora (nel mio primo anno di filosofia, ossia di liceo!) immaginare come si sarebbero concretati i grandi progetti di bene, che egli già mulinava nel suo accesissimo zelo. E poi, molti anni dopo, guardando indietro come andarono le cose, vidi chiaro, ch’era proprio la sapiente e potente mano di Dio a condurre L’uno e l’altro per vie così diverse a servire Lui in uffici conformi all’indole di ciascuno. Il primo, Luigi Orione, tutto azione e forza motrice, Dio lo sorresse in un multiforme apostolato a far sorgere come d’incanto Oratori, Collegi, Chiese, Congregazioni religiose, Ospedali, lontane Missioni, e via dicendo; il secondo, incapace di far altro che studiare a tavolino, Dio lo condusse dritto dritto, senza quasi che se n’accorgesse, a una cattedra di Sacra Scrittura, che occupa ormai da cinquant’anni, di cui quarantasette nel Pontificio Istituto Biblico.

  • Le pareva dunque il chierico Orione stoffa da Santo?

Io me ne feci allora questo concetto: costui se nelle vie di Dio continua, come c’è tutto da credere, del medesimo passo, va a finire sugli altari con l’aureola dei santi. E i fatti stanno per darmi piena ragione. Da vivo, Don Orione con le sue così numerose e grandiose opere, superò di molto la mia stessa aspettazione. Morto lui cominciarono i processi per la sua beatificazione, che sono già a buon punto.

  • E Lei ora gli presta già qualche atto di culto?

S’intende; ogni giorno; poco, ma costante. Alla mattina prima di mettermi al lavoro recito tre Gloria alla SSma Trinità e poi tre Oremus per l’invocazione di tre Santi: 1° S.Pio X; 3° il mio speciale patrono per l’anno corrente, che nel 1960 è S.Roberto Bellarmino; in mezzo ai due per Don Orione ho adottato l’ Oremus liturgico di S.Guglielmo Abate (25 Giugno), che mi pare tanto bello, così: “Deus qui infirmitati nostrae ad terendam salutis viam in Sanctis tuis exemplum et praesidium collocasti, da nobis ita venerabilis servi tui Aloysii merita venerari, ut eiusdem excipiamus suffragia et vestigia prosequamur. Per Dominum ecc.”.
Mi sembra che dica tutto o almeno il meglio che si poteva nel breve spazio consueto negli Oremus della Chiesa. Nella prima parte le parole “terenda salutis via” mi ricordano l’ardente zelo di Don Orione per la salute delle anime; l’exemplum mi presenta Luigi Orione quale modello d’ogni virtù, con la pratica delle quali si accumulò immensi meriti per la vita eterna; il praesidium mi fa pensare quanti e quanto egli aiutò a salvarsi con la parola, con l’azione, con le sue ferventi preghiere.
La seconda parte dell’Oremus ci fa chiedere tre grazie per riguardo del servo di Dio già passato ai grandi eterni: 1°) venerarlo con religiosa devozione; 2°) ottenere col pio ossequio e con la preghiera che si facciano nostri avvocati presso Dio e al banco della Sua beneficenza depongano i loro voti (suffragia) in nostro favore; 3°) la più bella grazia, emularne le virtù, premendo le loro orme. C’è materia appropriata per un panegirico del Santo (1° parte) e una predica o esortazione ai suoi clienti (2° parte).


            Concludo questi cenni sulla stima tra i due antichi compagni di seminario con un’osservazione fatta dal cardinale Angelo Sodano nella sua relazione al Convegno della Federazione tra Associazioni del Clero in Italia (FACI) a Montecatini, nel 2005.[10]

“Eravamo nella primavera del 1952 ed avevo fatto visita al Padre Vaccari, S.J., noto biblista sui cui testi tanti di noi stavamo studiando. Ormai anziano, egli mi parlava con tanta nostalgia della terra da cui proveniva, la Diocesi di Tortona in Piemonte. Il discorso si spostò poi su un’altra grande figura della sua terra, Don Orione, ora San Luigi Orione, concludendo poi così: “Quello sì che ha fatto del bene, quello sì che ha servito davvero la Chiesa d’oggi. Invece io ho dovuto sempre lavorare fra le carte, con l’ebraico, il greco e il latino senza il contatto diretto con i fedeli.
Le sue parole mi colpirono perché poco prima io avevo letto nella vita di Don Orione una frase diversa nei riguardi del grande Padre gesuita. Il Santo di Tortona diceva, infatti, parlando del suo conterraneo ed amico: «Quanto bene può fare il p. Vaccari con il suo insegnamento nel Pontificio Istituto Biblico. Quanti possono così conoscere meglio la Parola di Dio e viverla. Io, invece, devo occuparmi ogni giorno di cose ben più pratiche, al servizio di tanti ragazzi e di tanti poveri!»”.

            Quel patto di santità e di impegno apostolico, firmato con il sangue dai chierici Orione e Vaccari, fu onorato in modo diverso e fu sostenuto dalla stima reciproca, secondo l’esortazione dell’apostolo “gareggiate nello stimarvi a vicenda” (Rm 12, 10).

 

[1] Riprendo in parte il mio articolo P. Alberto Vaccari, religioso esemplare e dotto cultore delle scienze bibliche in “L’Osservatore Romano”, 13 ottobre 1999, 6.

[2] Positio super vita et vitutibus, 607.

[3] Parola del 4 giugno 1934, VI, 121; anche in Parola del 15 febbraio 1938, VIII, 115-117.

[4] Il testo è riportato in Don Orione e la Piccola Opera I, p.532.

[5] Aa. Vv., Don Luigi Orione, Libreria Emiliana Editrice, Venezia, 1940, p. 109.

[6] Riportata in Aa. Vv., Padre Alberto Vaccari S.J., Religioso esemplare e dotto cultore di scienze bibliche, Bastida de’ Dossi, 1999, 38.

[7] Un apostolo della carità: Don Luigi Orione», “La Civiltà Cattolica 91 (1940), 90–104; Dopo cinquant’anni, in Don Luigi Orione, Libreria Emiliana Editrice, Venezia, 1940, 56-58.

[8] Positio super vita et vitutibus, 606-608.

[9] È pubblicato in Aa. Vv., Padre Alberto Vaccari, cit., p.43-46.

[10] “L’Osservatore Romano”, 3.12.2005. p.5.

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