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Messaggi Don Orione
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Autore: A. Belano - E.Giustozzi
Pubblicato in: LA MADONNA DELLA GUARDIA, marzo 2002, p.16-18.

Un uomo di Dio è sempre anche un profeta, perché vede e interpreta la vita e i suoi sviluppi dal punto di vista di Dio.

IL CARISMA DELLA PROFEZIA IN DON ORIONE

Alessandro Belano


Tra i doni di grazia concessi da Dio al Beato don Orione non c'è soltanto il discernimento degli spiriti, oggetto della nostra precedente riflessione, ma anche il carisma della profezia, ossia «la capacità di conoscere le cose contingenti future» (San Tommaso). Don Orione, dunque, oltre ad avere il dono soprannaturale di saper leggere le coscienze e i cuori, possedeva anche la straordinaria facoltà di conoscere il futuro relativamente a fatti o situazioni legati al bene spirituale di qualcuno.

Nell'esperienza dei santi la vera profezia è la predizione certa e determinata, anche nei particolari, di avvenimenti futuri e liberi. Non si tratta di previsioni umane, di ipotesi più o meno attendibili, ma di una vera e propria certezza o chiaroveggenza spirituale che Dio concede come dono di grazia.

La letteratura agiografica conosce numerosi esempi di santi, specie tra i nústici, che hanno avuto il dono della profezia: San Giovanni Maria Vianney, San Giovanni Bosco, San Leopoldo di Castelnuovo, San Gerardo Maiella, Santa Giacinta Marescotti, Sant'Alessandro Sauli, San Benedetto da Norcia, Santa Brigida di Svezia e molti altri.

Anche don Orione fu insignito da Dio di questo particolare dono di profezia. Celebri sono le predizioni che egli fece in Argentina, nel 1936. A coloro che gli mostravano le numerose chiese di Buenos Aires egli disse: «Povero cardinale! Prima di morire gli toccherà vedere molte di queste sue chiese saccheggiate, incendiate e distrutte!». In certi ambienti ecclesiastici queste parole provocarono allora meraviglia e scetticismo e perfino sarcasmo. Eppure fu così: durante i disordini che sconvolsero l'Argentina nel 1955 furono incendiate e distrutte una decina di chiese, fra le più belle di Buenos Aires.

In altra occasione un Vescovo, in presenza di testimoni, espresse un giudizio poco favorevole su don Orione. Egli, venuto a conoscenza di ciò, con semplicità e senza rancore esclamò: «Poveretto! Pensare che dovrà ricoverarsi in una delle nostre Case e morire tra noi!». La predizione si verificò a distanza di anni. Quel Vescovo dovette rinunciare al ministero e fu accolto nel Piccolo Cottolengo di Claypole, dove, dopo aver vissuto santamente, morì tra i religiosi orionini.

Un giorno una povera donna venne a cercare di don Orione. Aveva con sé un bambino muto dalla nascita e desiderava una benedizione, nella speranza che il bambino potesse acquistare l'uso della parola. Don Orione acconsenti ben volentieri al desiderio della madre e, dopo aver benedetto il figlio, le disse: «Stia tranquilla: il bambino parlerà». Poi rivolgendosi al piccolo: «E tu, bambino, verrai sulla mia tomba a recitare una preghiera». Al fatto era presente Suor Maria della Croce. Alcuni mesi dopo, quando la salma di don Orione giunse al Cottolengo di Milano, quel bambino, che si trovava presente, alzò improvvisamente la voce: «Mamma! mamma!», e seguì con la mamma la salma fino a Tortona.

Il 12 marzo 1939 don Orione si trovava nel refettorio dell'Istituto Divin Salvatore di Roma. A tavola c'era anche don Angelo Zambarbieri che aveva allora appena 5 anni di Messa e 26 anni di età. Era venuto a Roma per l'incoronazione di Pio XII. Durante il pranzo don Orione, rivolgendosi al direttore dell'Istituto, gli disse, indicando don Angelo: «Vede quel giovane sacerdote? Un giorno sarà Vescovo!». Esattamente venti anni dopo, il 12 marzo 1959, Giovanni XXIII al termine del Concistoro consegnava a don Angelo il rocchetto, nominandolo vescovo.

Analoga predizione fece nei riguardi di Mons. Antonio Maria Barbieri, affermando che sarebbe stato elevato alla dignità cardinalizia. Riferì l'interessato nel corso del processi di beatificazione: «Questo avveniva una decina di anni prima che fossi elevato alla porpora e questo fu detto in un momento in cui non c'era nessun indizio né nessuna ragione che potessero giustificare anche una sola speranza in tale senso».

Numerosi sono i casi di previsioni di morte cui don Orione ebbe conoscenza e che rivelò ai suoi vicini o perfino ai diretti interessati. Un giorno del mese di maggio 1931 don Orione si trovava nella sacrestia di Ognissanti, a Roma. Un confratello, don Adaglio, vedendolo un po' soprappensiero gli si avvicina e gli chiede il motivo. Don Orione indugia, poi confida: «Oggi debbo fare un'ambasciata difficile. Prega che il Signore mi aiuti. Debbo andare a dire a Mons. Volpi che fra un mese il Signore lo vuole con Lui». Alla sera, nel rivedere il confratello, don Orione gli dice: «Sai, sono stato da quella persona! Avessi visto come ha preso bene l'ambasciata; davvero è un santo uomo!». Mons. Giovanni Volpi morì il mese successivo (giugno 1931).

Ecco la dichiarazione di un altro testimone, il dottor Romolo Garona Garbia: «A un giovane sacerdote della Piccola Opera della Divina Provvidenza, che io curavo perché era affetto da reumatismo, don Orione raccomandò di tenersi preparato, perché entro breve tempo sarebbe morto. Il sacerdote me ne parlò un po' allarmato. Ma la raccomandazione di don Orione aveva ragione di essere fatta, perché davvero, dopo non molto tempo quel sacerdote morì».

Nel settembre 1939 don Orione stava parlando nell'eremo di Sant'Alberto di Butrio quando, all'improvviso, annunciò ai suoi confratelli una tragica morte che si sarebbe verificata tra i membri della Congregazione entro l'anno. Nel mese di dicembre moriva, schiacciato da una valanga, Fra Redento, uno degli eremiti.

Suor Maria della Croce così riferisce: «Nel 1930, nella Casa Madre di San Bernardino a Tortona era scoppiata una epidemia di febbre maltese e quasi tutte le suore (circa una trentina) ne furono colpite. La Madre generale, che si trovava fra le più gravi, una notte, alle ore 24, sentendosi quasi vicina a morire, mi pregò di chiamarle don Orione: benché l'ora fosse così tarda, non poteri fare a meno di avvertire per telefono don Orione e comunicargli il desiderio della Madre generale. Don Orione venne e, quando uscì dalla camera dell'ammalata, mi raccomandò di chiamarlo in qualsiasi momento. Io scoppiai in pianto e lui mi disse: "State tranquilla che di voi non morirà nessuna. Il giorno della festa della Madonna della Guardia sarete tutte in processione. Dei miei ne moriranno quattro". E così fu. Morirono quattro chierici già vicini ad essere ordinati sacerdoti».

A Voghera don Orione predisse la morte, entro il 193 1, di sette persone ecclesiastiche della città. Nei primi mesi morirono tre sacerdoti (don Antonio Sozzani, il 7 gennaio; don Severino De Stefani, il 14 febbraio; don Ambrogio Costa, il 13 marzo) e tre chierici della nascente Congregazione. Si stava ormai giungendo alla fine dell'anno. 1 morti erano saliti a sei: ne mancava uno. Un canonico della città continuava a far notare che le previsioni di don Orione non erano azzeccate in pieno. Morì lui, pochi giorni dopo, il 28 dicembre di quell'anno.

Don Orione non parlava mai direttamente di questi suoi doni, anzi, appena qualcuno si azzardava a fame un accenno, egli cambiava velocemente discorso. E se proprio era costretto a farvi riferimento lo faceva sempre con quel tono di semplicità e di umiltà, che è proprio dei santi, ossia, come riferiscono i testimoni, «con impressionante semplicità», «con umiltà sincera e commovente».

Fin qui il dono soprannaturale della sua profezia. Ma in don Orione non c'è soltanto questo carisma, seppure straordinario: c'è, in lui, soprattutto l'intuizione profetica dei segni dei tempi e l'azione apostolica che egli espose nelle opere e negli scritti, mettendosi dalla parte dei poveri e dei deboli, degli orfani e dei sofferenti, nella più assoluta fedeltà al Papa e alla Chiesa.
Per questo egli, profeta e, insieme, apostolo, può scrivere: «Ecco Gesù che avanza al grido angoscioso dei popoli; Cristo viene portando sul suo cuore la Chiesa, e, nella sua mano, le lagrime e il sangue dei poveri, la causa degli afflitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli umili, dei reietti. E dietro a Cristo si aprono nuovi cieli: è come l'aurora del trionfo di Dio! Sono genti nuove, nuove conquiste, è tutto un trionfo non più visto di grande, di universale carità, poiché l'ultimo a vincere è Lui, Cristo, e Cristo vince nella carità e nella misericordia».

 

 

 

 

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