Questo sito utilizza cookie per le proprie funzionalità e per mostrare servizi in linea con le tue preferenze. Continuando a navigare si considera accettato il loro utilizzo. Per non vedere più questo messaggio clicca sulla X.
Messaggi Don Orione
thumb

Nella foto: L'Istituto di Acandia, Rodi, a fine anni '20.
Autore: Flavio Peloso - Pietro Stefani

Il 12 luglio 1942, al Santuario di Fumo (PV) fu una giornata indimenticabile. Il vescovo Egisto Melchiorri consacrò un gruppo di sacerdoti orionini. Tra di essi due sono Armeni. Don Flavio Peloso parla dei Chierici armeni con Don Orione. Don Pietro Stefani ricorda quella gioiosa festa di Chiesa.

1. I CHIERICI ARMENI CON DON ORIONE


Flavio Peloso

Fu Mons. Fr. Cirillo J. Zohrabian, su consiglio del senatore E. Schiaparelli, ad affidare nel 1924 all’Istituto orionino di Rodi un gruppo di orfanelli della terribile persecuzione turca contro gli armeni-cristiani.
Otto di quegli orfanelli, in seguito, manifestarono vocazione al sacerdozio. Su desiderio di Don Orione, quegli otto giovani giunsero in Italia, il 3 luglio 1928. Li attendeva, a Via delle Sette Sale 22, Don Orione stesso.“Ci espresse la sua contentezza di avere nella sua Congregazione degli orientali nella persona di noi armeni, ci parlò dell’Armenia martire e della recente persecuzione. A pranzo ci fece cantare nella nostra lingua”, ricordò poi uno di quei giovani, Pietro Sciamlian.
Don Orione celebrò la vestizione di 7 di questi giovani, il 4 aprile del 1929. “L’abito sacro era secondo il costume armeno, con fascia rossa. Ci disse tutta la sua gioia – questa volta è Giovanni Dellalian a ricordare - per un gruppo di chierici armeni che iniziavano a realizzare la sua brama di riportare in Congregazione l’universalità dei riti della Chiesa Romana e quel senso di cattolicità, di cui aveva pieno lo spirito”.

Di quel periodo è ricordato un altro episodio che rivela lo “spirito di cattolicità” di Don Orione. Nel maggio 1929, Don Orione volle partecipare con gli armeni alla beatificazione del martire armeno Komurgian. Seguì l’udienza particolare. Don Orione presentando a Pio XI i suoi chierici armeni commentò: “Padre santo, in questo momento sono anch’io armeno”. Ed allora il Papa a lui: “Eh, lo sò: Don Orione omnibus omnia factus ed ora s’è fatto anche armeno”.

Un altro momento rivelativo del sentire ecumenico di Don Orione è del maggio 1933. Siamo nella cappella dello Studentato di Via delle Sette Sale 22. Don Orione celebra la vestizione di un altro chierico armeno, l’ottavo. L'emozione del rito gli dà occasione di diffondersi in una catechesi e in una visione ecumenica della vita della Congregazione.
"Non è una semplice vestizione di un armeno... Dell'unione degli scismatici alla Chiesa come scopo della Congregazione si parla nel primo Decreto d'approvazione della Congregazione. In quel Decreto c'è il desiderio dei Figli della Divina Provvidenza di riunire l'Oriente, che si è staccato da Roma, di riunirlo al Papa.
Per riunire i fratelli separati d'Oriente la Provvidenza ci ha mandati questi figli, perché, fatta dai latini, l'opera di persuasione riesce più difficilmente.
Questo trovarci qui, con un numero di persone di rito diverso, ci dice quello che sarà un giorno la Congregazione, in cui vi saranno tutti i riti e tutte le razze. Il bello viene definito: unitas in varietate. In una sola Congregazione vedrete copti, greci, armeni e si diranno le messe in tutti i riti approvati dalla Chiesa e vi saranno tutte le razze.
Noi questa sera abbiamo sentito cantare il Pater noster in armeno. Pensate! Quando, nella piccola Congregazione, vi saranno confratelli di tutti i paesi, sentiremo cantare il Pater noster in tutte le lingue del mondo...
Questo è il voto che depongo ai piedi della Madonna, nella gioia di quest'ora. Dobbiamo pertanto vivere vita di santità...".

Queste parole di Don Orione hanno eco nell’attualità della Congregazione aperta a nuovi popoli e che annovera tra le sue file confratelli di rito orientale, come ad esempio il vescovo ucraino M. Mykycej, e altri dei paesi dell’Europa dell’Est, rumeni soprattutto.

I Confratelli di quei tempi ricordano ancora l'entusiasmo con cui Don Orione parlava dell'Oriente e di quanto riguardava la vita di quelle Chiese. Egli rispettava e, anzi, ci teneva che i Chierici armeni, esprimessero la loro indole orientale in gesti, preghiere e anche nel vestire la talare con fascia rossa. Tale atteggiamento di rispetto è manifestato anche in un’altra lettera di Don Orione indirizzata ad un aspirante sacerdote greco-albanese: “Uno dei migliori chierici per pietà e scienza, che tengo in Argentina, è greco-albanese, ed ha già i Minori. Voi dunque riterrete il vostro abito e il vostro Rito... Anche alcuni Armeni, nostri Chierici, ritengono il loro abito e saranno ordinati nel loro rito” (Lettera del 21.10.1938).

Tre anni dopo, dovendo provvedere all’ordinazione di due chierici armeni, Giovanni Dellalian e Pietro Schamlian, desiderava che ciò avvenisse nel rito armeno e perciò scrisse a Don Sterpi in questi termini: "Per gli Armeni rivolgetevi a Mgr. Rossum, alla S.Congregazione degli Orientali, esponete il caso, sentite cosa vi dirà, riferitemelo. Io vorrei che stando in Congregazione siano per il loro Rito, e si tengano pronti ad andare, quando la S.Sede crederà, a lavorare in Oriente pei loro Armeni, tanto martoriati. Saranno un vincolo con Roma, tanto più che la maggior parte degli Armeni sono scismatici: ce n'è molti anche qui, Armeni, ma scismatici coi loro Sacerdoti scismatici. Ossequiatemi Mgr. Rossum, è uno dei capi della Congr. per gli Orientali" (Lettera del 15.10.1936).
L’ordinazione poi avvenne a Fumo (PV) il 12 luglio 1942. Su quest’evento prende la parola Don Pietro Stefano, presente all’evento.
Concludo osservando come l’impegno ecumenico di Don Orione non fu occasionale e che la sua sensibilità nel trattare con gli Armeni faceva parte di una visione e di progetto più ampi. Proprio in quei tempi, il 2 luglio 1934, scrivendo a un Vescovo che chiedeva notizie della giovane congregazione, Don Orione dichiarò: "L'umile e giovane congregazione detta Piccola Opera della Divina Provvidenza (...) ha pure per scopo precipuo di pregare e di lavorare in caritate Christi a ricondurre alla Chiesa madre i fratelli separati".



2. L’ORDINAZIONE DI DUE SACERDOTI ARMENI AL SANTUARIO DI FUMO


Pietro Stefani

La conversione al cristianesimo dell’Armenia, collocata nell’anno 301 e recentemente ricordata da Giovanni Paolo II con una Lettera Apostolica in occasione del 1700° anniversario del battesimo di quel popolo, mi porta ad un personale ricordo di una singolare ordinazione sacerdotale nel Santuario di Fumo, il 12 luglio del 1942. È questa la data in cui furono ordinati dal Vescovo di Tortona due sacerdoti armeni, insieme ad altri presbiteri italiani e polacchi (dei presbiteri italiani faceva parte chi rievoca questa ordinazione sacerdotale). E poiché la storia, ed anche la memoria, non fanno salti, torniamo un passo indietro per raccontare come e perché facevano parte di quel gruppetto europeo anche due seminaristi del Medio Oriente, che erano orionini come gli altri.
Negli anni a cavallo del XIX e XX secolo, le popolazioni dell’Armenia subirono non pochi massacri da parte dei turchi, massacri che culminarono nei tragici eventi del 1915 quando “il popolo armeno (annota il Papa nella sua Lettera Apostolica) dovette subire nuove violenze inaudite, le cui dolorose conseguenze sono visibili nella diaspora alla quale sono stati costretti molti dei suoi figli”.
Don Orione, nel 1924, si impegnò a ospitare 50 figli di armeni cristiani massacrati, e mandò un suo sacerdote, Don Gatti, d’intesa con il principe Ghigi, Gran Maestro dell’Ordine di Malta, a prelevare ad Atene e a Costantinopoli i 50 orfani da ospitare nelle sue case (Rodi e Roma).
Dopo che nel 1929 ben sette di quegli orfani ricevettero da Mons. Grassi l’abito clericale, Don Orione informò compiaciuto: “Tutti contenti. Gli armeni stanno tutti bene, pregano, studiano, lavorano che è un piacere e tutti in fascia rossa”. La “fascia rossa” era il simbolo che li distingueva e suscitava in molti di noi loro compagni una certa curiosità, in quanto quel simbolo era riservato ai Monsignori.

Chiusa questa parentesi storica, torniamo al luglio 1942, in piena guerra, alla cerimonia nel Santuario della B. V. di Caravaggio di Fumo, quando di quel manipolo di chierici Pietro Sciamlian (nato ad Ankara nel 1914) e Giovanni Dellalian (nato ad Ankara, nel 1915) furono ordinati sacerdoti dal vescovo Mons. Melchiorri.
Sotto il semplice motivo della cronaca, c’è da dire non si era mai vista in quella vasta zona della provincia di Pavia e della diocesi di Tortona un’ordinazione sacerdotale e quindi il Santuario era al pieno.
La cerimonia dell’ordinazione sacerdotale in cui erano presenti i due Chierici armeni, figli del popolo armeno, martire per la fede perseguitato dai turchi, aveva fatto affluire al Santuario moltissimi fedeli. Furono spinti non tanto dalla semplice curiosità, ma da un vivo sentimento di fede e da quel senso di Chiesa universale e martire che la presenza di quei due sacerdoti armeni rendeva in qualche modo visibile. Le parole dolci e penetranti del Vescovo suscitarono una grande commozione e non pochi visi, di donne e di uomini, erano rigati da calde lacrime.
Resta da dire che quei due miei compagni armeni fecero onore alla Chiesa e alla Congregazione. Don Giovanni Dellalian, particolarmente efficace tra i giovani, dopo alcuni anni in Italia, partì missionario per il Cile, ove morì nel 1982; Don Pietro Chamlian svolse il suo ministero in Italia e poi in Francia, ove morì nel 1993.
E qui finisce la mia paginetta di storia, forse dimenticata, in quanto ben pochi sono rimasti a ricordare la data del 12 luglio 1942.

Lascia un commento
Code Image - Please contact webmaster if you have problems seeing this image code  Refresh Ricarica immagine

Salva il commento