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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Incontro di missionari orionini a Bonoua, Costa d'Avorio.
Pubblicato in: Atti e comunicazioni 2005, n.218, p. 243-271.

Lettera Circolare sdel 31 dicembre 2005 ull'impegno missionario della Famiglia Orionina

“FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA”

L'impegno missionario della Famiglia Orionina

 

31 dicembre 2005

Carissimi Confratelli,

Deo gratias! Grazie a Dio per questo anno 2005 che si conclude e per il 2006 che inizia.

Ho avuto di recente un incontro con Mons. Georg Ganswein, il segretario personale di Benedetto XVI. Sono andato a presentare la richiesta per la Festa del Papa . Mi ha detto della calma e serena sicurezza di fede con cui il Papa sta svolgendo il suo ministero “nella vigna del Signore”. Mi ha fatto dono del biglietto augurale natalizio con le parole autografe del Papa: “ Expergiscere, homo: quia pro te Deus factus est homo ”. Sono parole di Sant'Agostino (Sermo 185). Expergiscere : ho dovuto ricorrere al vocabolario per capire bene questa parola. “ Alzati… In piedi… Svegliati , uomo, perché per te Dio si è fatto uomo” .

E' bello questo senso di dinamismo fiducioso datoci dalla presenza del Signore nella nostra vita. Che gusto e intelligenza e intraprendenza nel cammino ci viene dalla fiducia nella Divina Provvidenza, “perché per te Dio si è fatto uomo” .

E' la fiducia nella Divina Provvidenza che ci abitua a frequentare il futuro mediante la preghiera, il dialogo con la Parola di Dio, mediante l'attenzione ai “segni dei tempi”, cioè ai segni di Dio presenti nelle realtà, nei cambiamenti e nelle evoluzioni della storia.

Expergiscere, alzati, svegliati, in cammino! Il passare degli anni e l'esperienza (che qualcuno ha voluto definire “la memoria degli errori commessi”) portano a individuare le passioni inutili e i sentieri interrotti da lasciare a lato per camminare più sicuri verso l'essenziale, la verità, il bene, il futuro, verso Dio.

Expergiscere, alzati, svegliati, in cammino! E l'augurio di fede per ciascuno di voi, cari confratelli. E' l'augurio che risuona oggi, in questo tempo, per la nostra piccola, cara e benedetta Famiglia religiosa. Il coraggio, l'intelligenza, l'intraprendenza verranno dai confratelli che più hanno il senso della presenza di Dio, più fiducia nella Divina Provvidenza e, dunque, anche più fiducia che l'umile impegno umano sia salvato e compiuto dalla Grazia di Dio. “ Dove finisce la mano dell'uomo, comincia sempre la mano di Dio, la Provvidenza di Dio ”, (1) amava ripetere Don Orione; pertanto invitava ad essere “ fattori con la Mano di Dio che edifica, e non disfattisti col diavolo! ”. (2)

 

“FINO AGLI ESTREMI CONFINI DELLA TERRA”

Ci sono due buone “nostalgie” o “desideri” che ogni buon orionino, “ facchino della Divina Provvidenza ” e “ prete di stola e di lavoro ”, dovrebbe periodicamente provare per conservarsi nel suo giusto equilibrio vocazionale: quello di “ farsi eremita ” (per dedicarsi a “ Dio solo ”) e quello di “ partire per le missioni ” (per dedicarsi solo alle “ Anime ”).

In Congregazione, gli “ eremiti della Divina Provvidenza ” e i “ missionari ad gentes ” incarnano nella forma radicale contemplazione e missione , le due componenti essenziali di ogni vocazione consacrata “a seguire Cristo più da vicino” ( Perfectae Caritatis 1).

Questa considerazione mi sorge spontanea nel momento in cui mi accingo a scrivere questa lettera circolare “ Fino agli estremi confini della terra ” che tratterà di missione e di missioni, di missionari e di progetto missionario della Congregazione. I missionari contribuiscono a fortificare il dinamismo spirituale e apostolico della “missionarietà” che “è insita nel cuore stesso di ogni forma di vita consacrata” ( Vita consecrata 25 ) e che dà senso, crescita e movimento a tutta la Congregazione.

Come si colloca questa lettera circolare nel contesto dei contributi per “ravvivare il dono di Dio che è in noi” (2Tm 1,6 ), “ figli di un santo ”? (3)

Come religiosi, siamo posti e dobbiamo restare “ al centro e in prima linea (4) della vita della Chiesa. Guidati dalle domande “ quale amore al Papa (5) e con “ quali opere di carità (6) siamo andati alle sorgenti del nostro carisma orionino per trovarvi energia, luce e creatività nel rispondere oggi a situazioni sociali ed ecclesiali nuove, diverse, mutevoli. In questa lettera, vogliamo riflettere sulla missionarietà che si alimenta dalla “ Charitas Christi urget nos ” e dalla passione per le “ Anime che anelano a Cristo ”. (7)

Senza missionarietà, la vita spirituale, la vita comunitaria, l'amore al carisma e alla congregazione e le stesse “opere di carità” ripiegherebbero su se stesse. La missionarietà è il sale, è il lievito della vita di un consacrato. E' lo scopo, la destinazione, il termine ad quem . Se non si progredisce nella missionarietà si regredisce nella vita religiosa. “ Non progredi regredi est ”.

Anche se oggi, giustamente, si distingue tra missio ad intra (in patria) e missio ad extra o ad gentes (fuori patria), (8) credo che tutti noi orionini dobbiamo essere “ ad gentes ”, nel senso di essere destinati alla “prima linea” dei poveri, dei lontani, di " quelli che non vanno in Chiesa ". (9) Questo è stato l'esempio, l'insegnamento e l'impulso dato da Don Orione alla Piccola Opera che volle fosse marcatamente apostolica, ad gentes. Le stesse opere di carità, che costituiscono il nostro volto visibile in ogni nazione, furono dal Fondatore intese e impostate come “ fari ”, “ pulpiti ”, “ predica ” per evangelizzare Cristo, per “far sperimentare la tenerezza di Dio e la maternità della Chiesa” . (10)

Delle opere di carità e della missio ad intra abbiamo già riflettuto ampiamente nella precedente lettera. In questa, ci occuperemo soprattutto della missio ad gentes , della missione di chi parte, lasciando la propria patria per andare in nuovi paesi, in nuove frontiere di evangelizzazione. “ Fino agli estremi confini della terra ” è stato il titolo del recente Convegno missionario tenuto ad Ariccia (8-11 dicembre 2005).

 

I.

QUATTRO INDICAZIONI DALLA PAROLA DEL PAPA

  Mi sembra utile richiamare, quasi senza commenti, quattro insegnamenti del Papa sull'impegno missionario della Chiesa e della nostra Famiglia orionina. (11)

1. Il mandato di Gesù

Tutti gli evangelisti, quando narrano l'incontro di Gesù Risorto con gli apostoli, concludono riportando il mandato missionario: Gesù parlò loro dicendo: Mi fu dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque, e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto quanto vi ho comandato; ed ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino al compimento del tempo”. (12) “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

Ogni discorso ecclesiale sulla missione parte dal “mandato” di Gesù. In esso troviamo le motivazioni, (13) i contenuti e le modalità della missione.

“L'impulso missionario appartiene all'intima natura della vita cristiana” e “rinnova la Chiesa , rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale ” ( Redemptoris missio [RM] 3).

Il Papa e i Pastori della Chiesa prolungano oggi il mandato del divin Maestro: "Andate... fino agli estremi confini della terra " e ci ricordano che siamo debitori del Vangelo verso tutti: "predicate il vangelo a ogni creatura" (Mt 16,15).

"Dagli anni del Concilio ad oggi, il numero di coloro che non conoscono il Vangelo e Gesù Cristo è raddoppiato” (RM 3). Basta questo dato a far emergere la necessità e l'urgenza della "missio ad gentes".

Situazioni e statistiche sono note a tutti. "Gli uomini che attendono Cristo sono ancora in numero immenso: gli spazi umani e culturali, non ancora raggiunti dall'annunzio evangelico o nei quali la Chiesa è scarsamente presente, sono tanto ampi, da richiedere l'unità di tutte le sue forze. Dobbiamo nutrire in noi l'ansia apostolica di trasmettere ad altri la luce e la gioia della fede, e a questo ideale dobbiamo educare tutto il popolo di Dio" (RM 86).

Gli Istituti di vita consacrata sono sempre stati particolarmente impegnati nella prima linea missionaria. (14) Giovanni Paolo II ha ricordato a noi Orionini che “(L'impegno apostolico) oggi si presenta a voi come l'attuazione del grido accorato del vostro Padre: «Anime! Anime!». Grido che prolunga il «sitio» di Gesù in croce. Grido che andrà sempre ripetuto da ciascuno e da tutti insieme. Non ci può essere vera evangelizzazione senza fervore apostolico. Non esistono scelte per il Regno, se non sono fatte in un contesto, personale e comunitario, di autentico fervore” . (15)

2) L'impegno missionario ad gentes fa maturare e crescere

Lo slancio missionario sviluppa e arricchisce la cattolicità della Chiesa e della Congregazione. "La partecipazione alla missione universale è il segno della maturità di fede e di una vita cristiana che porta frutti. Così il credente allarga i confini della sua carità, manifestando la sollecitudine per coloro che sono lontani, come per quelli che sono vicini: prega per le missioni e per le vocazioni missiona­rie, aiuta i missionari, ne segue l'attività con interesse e, quando ritornano li accoglie con quella gioia con cui le prime comunità cristiane ascoltavano dagli apostoli le meraviglie che Dio aveva operato mediante la loro predica­zione (At 14,27)" (RM 77c).

Senza passione missionaria – di cui i missionari ad gentes sono il segno più chiaro – è facile cadere nell'introversione apostolica, vera asfissia della comunità cristiana e religiosa. Per questo, "esorto tutte le chiese e i pastori, i sacerdoti, i religiosi, i fedeli, ad aprirsi all'universalità della Chiesa , evitando ogni forma di particolarismo, esclusivismo o sentimento di autosufficienza” (RM 85).

Questa indicazione è stata attualizzata per noi orionini da Giovanni Paolo II: “ La vostra Famiglia religiosa troverà, ne sono certo, se saprà aprirsi ad un'autentica consapevolezza missionaria, ragioni ideali e stimoli concreti per una costante crescita ed un vivo rinnovamento evangelico. Fedeli, in tal modo, all'eredità spirituale lasciatavi da Don Orione, voi sarete in questo tempo i prolungatori del suo servizio alla causa di Cristo e del messaggio salvifico ”. (16)

3) La santità è presupposto e condizione fondamentale della missione

La missione "si radica e si vive innanzitutto nell'essere personalmente uniti a Cristo: solo se si è uniti a lui come il tralcio alla vite (cf. Gv 15,5), si possono produrre buoni frutti. La santità di vita permette a ogni cristiano di essere fecondo nella missione della Chiesa” (RM 77, Ad Gentes 36).

A noi religiosi viene chiesto “Il contributo specifico di consacrati e consacrate alla evangelizzazione sta innanzitutto nella testimonianza di una vita totalmente donata a Dio e ai fratelli, a imitazione del Salvatore che, per amore dell'uomo, si è fatto servo” (VC 76).

“La santità deve dirsi un presupposto fondamentale e una condizione del tutto insostituibile perché si compia la missione di salvezza della Chiesa... Non basta rinnovare i metodi pastorali, né organizzare e coordinare meglio le forze ecclesiali, né esplorare con maggior acutezza le basi bibliche e teologiche della fede: occorre suscitare un nuovo 'ardore di santità' fra i missionari e in tutta la comunità cristiana" (RM 90).

Sono parole chiare che vanno al cuore della missionarietà e che ci avvertono di non confonderla con protagonismo umano e attivismo. C'è il rischio di "dare un'immagine riduttiva dell'attività missionaria, come se fosse principalmente aiuto ai poveri, contributo alla liberazione degli oppressi, promozione dello sviluppo, difesa dei diritti umani... I poveri hanno fame di Dio, e non solo di pane e di libertà, e l'attività missionaria prima di tutto deve testimoniare e annunziare la salvezza in Cristo, fondando le Chiese locali che sono poi strumenti di liberazione in tutti i sensi” (RM 83).

Benedetto XVI ha iniziato da meno di un anno il suo ministero petrino, ma non perde occasione per affermare il fondamento mistico ( la Grazia – l'azione provvidente di Dio) di ogni impegno e azione pastorale della Chiesa. Nell'anno dell'Eucaristia, sacramento dell'intima unione con Cristo, ha ricordato che essa “ è il centro propulsore dell'intera azione evangelizzatrice della Chiesa, un po' come il cuore lo è nel corpo umano. Il fuoco dell'amore, che lo Spirito infonde nei cuori, spinge a interrogarsi costantemente sui bisogni dell'umanità e su come rispondervi, sapendo bene che solo chi riconosce e vive il primato di Dio può realmente rispondere ai veri bisogni dell'uomo, immagine di Dio”. (17)

Giovanni Paolo II ha esortato noi orionini a “ Fare di Cristo il centro delle vostre esistenze, il cuore dell'apostolato: questo è l'impegno missionario che vi anima; questo è il programma apostolico che ha guidato Don Orione e che conserva ancor oggi la sua piena attualità ”. (18)

4) La vita fraterna in comunità è contenuto e metodo della missione

Giovanni Paolo II, in Vita consecrata 45, afferma esplicitamente che “per presentare all'umanità di oggi il suo vero volto, la Chiesa ha urgente bisogno di simili comunità fraterne, le quali con la loro stessa esistenza costituiscono un contributo alla nuova evangelizzazione, poiché mostrano in modo concreto i frutti del «comandamento nuovo».

E' la caratteristica che deve ispirare il nostro impegno missionario. Sulla vita comunitaria ha insistito tanto il nostro ultimo Capitolo generale.

E' in Vita fraterna in comunità [VFC] che il tema è trattato con molta aderenza a situazioni e valori della missione dei religiosi.

“Accanto alla missione di predicare il Vangelo ad ogni creatura (cfr. Mt 28, 19-20) il Signore ha inviato i suoi discepoli a vivere uniti, "perchè il mondo creda" che Gesù è l'inviato del Padre al quale si deve dare il pieno assenso di fede (cfr. Gv 17,21). Il segno della fraternità è quindi di grandissima importanza, perchè è il segno che mostra l'origine divina del messaggio cristiano e possiede la forza di aprire i cuori alla fede. Per questo "tutta la fecondità della vita religiosa dipende dalla qualità della vita fraterna in comune” (n.54).

“ La Chiesa si prende a cuore la vita fraterna delle comunità religiose: più intenso è l'amore fraterno, maggiore è la credibilità del messaggio annunciato, maggiormente percepibile è il cuore del mistero della Chiesa… La vita fraterna è altrettanto importante quanto l'azione apostolica. Non si possono allora invocare le necessità del servizio apostolico, per ammettere o giustificare una carente vita comunitaria” (n.55).

Sono pensieri chiari e incisivi. Nella missione della Chiesa ai religiosi è chiesto qualcosa di specifico. VFC 66: “La vita fraterna in comune ha un valore speciale nei territori di missione ad gentes, perché dimostra al mondo, soprattutto non cristiano, la "novità" del cristianesimo, ossia la carità che è capace di superare le divisioni create da razza, colore, tribù… Ma non raramente è proprio nei territori di missione ove si incontrano notevoli difficoltà pratiche nel costruire comunità religiose stabili e consistenti. Elencati altri motivi che possono ostacolare la vita comunitaria, conclude: “L'importante è che i membri degli istituti siano consapevoli della straordinarietà di tali situazioni… e appena possibile, costituiscano comunità religiose fraterne dal forte significato missionario, perché si possa innalzare il segno missionario per eccellenza: "siano (...) una cosa sola, perché il mondo creda" (Gv 17,21).

A conclusione di queste indicazioni, raccolgo ancora due testi di Giovanni Paolo II diretti alla nostra Famiglia orionina.

Il primo è del 1987: “Il vostro Istituto sta mostrando una fervorosa vitalità, piena di promesse, ed io ne lodo il Signore che manifesta in voi la sua potenza”. Tra questi segni di “vitalità”, il Papa poi indicava proprio il “potenziamento dello slancio missionario”. (19) Sei anni dopo: “La vostra Opera, che va allargando le sue tende missionarie in ogni Continente, conservi sempre lo spirito delle origini. Sia sempre come la volle il Fondatore: una famiglia umile, gioiosa, interamente dedicata al servizio dei poveri, per tutti stringere, con amore dolcissimo, a Cristo nella Chiesa. Vi accompagni in tale missione il materno aiuto di Maria, «Madre e celeste fondatrice» della vostra Congregazione, come amava ripetere Don Orione”. (20)

 

II.

LA STORIA MISSIONARIA DELLA CONGREGAZIONE

I Capitoli generali 10° e 11° hanno canonizzato come una nota caratteristica dei sessenni 1992-1998 e 1998-2004 il “ nuovo slancio missionario ”; (21) mentre il Capitolo 12° ha chiesto per il sessennio 2004-2010 “anzitutto” il “ consolidamento delle nuove realtà missionarie ”.

Slancio missionario e consolidamento sono le due parole-chiave dello sviluppo della nostra congregazione. Sono i due passi con cui essa ha camminato nella storia: un passo che poggia sul solido del già realizzato, ma già pronto al distacco; l'altro passo slanciato in avanti, ma già misurando il punto di solidità cui giungere. Guai se la congregazione perdesse il passo, se non camminasse, se non avesse questo movimento fatto di slancio e di solidità!

Per collocare le indicazioni del Capitolo e le scelte da fare ho tentato di ricostruire la storia missionaria della Congregazione. E' poco più di un filo cronologico di notizie essenziali che ci aiuteranno a interpretare il nostro contesto attuale.

1. Il sogno-visione della “ Madonna dal manto azzurro

Fin dalla formazione e dai primi passi come fondatore, Don Orione manifestò un sorprendente slancio apostolico, una forte impronta missionaria in senso specifico. Basti ricordare alcuni eventi precedenti la sua attività missionaria vera e propria.

Come primo evento-simbolo della vocazione missionaria di Don Orione, va considerato il noto sogno della “ Madonna dal manto azzurro ”. Esso ebbe una chiara connotazione missionaria ad gentes . Vide il grande manto della Madonna che “ s'allargava, così che non si distinguevano più i confini ”, “ che copriva tutto e tutti fino all'orizzonte lontano”, “ragazzi di molti diversi colori, il cui numero si andava straordinariamente moltiplicando… la Madonna si volse a me indicandomeli ”. Scrivendo al vescovo Bandi, aggiunse chiaramente: “ ricordando che di cinta non ce n'era, e che erano di varî colori, ho capito che sono le missioni, e l'ho capito in un momento di preghiera come se fosse stato un lume improvviso che N. Signore m'avesse mandato ”. (22)

2. La partenza di Don Orione per la Sicilia , nel 1898 , e la conseguente apertura di attività in quella regione “lontana” - non solo geograficamente - dal suo Piemonte rivela una precoce attitudine missionaria. Fu per Don Orione, appena ventiseienne, il primo grande viaggio con scopi apostolici.

Salpò da Genova il 14 settembre sera, a bordo della nave “Persia”. (23) Partì con i sentimenti del missionario: “ Allora (da Don Bosco) non si sognava che mari da solcare e anime da salvare… Ora finalmente i mari sono venuti e un Angelo (Mons. Blandini) mi chiama a salvare anime nel nome del Signore! ”. (24)

Come fu fruttuosa quell'esperienza missionaria giovanile! Gli lasciò dentro delle precoci impronte di vita che daranno frutti poi ben noti: il coraggio apostolico, la passione per le Anime da salvare, il rispetto di cultura e costumi diversi, l'apertura a orizzonti di vita più ampi.

3. Missionario nel cuore prima che nelle terre lontane

La disposizione missionaria ad gentes di Don Orione è maturata nel cuore e nella volontà prima che nei fatti e nei viaggi, nella preghiera prima che nei progetti.

Nel 1905, scrive a Madre Michel che l'invita: " Sono disposto ad andare in Brasile quando ciò sia necessario per la gloria di Dio. Non conosco la lingua, non so nulla, però la carità parla una lingua sola e tutte le lingue... Non mi pare che si debba abbandonare l'America, ma che si debba salvarla. Mi rallegrerò molto e benedirò il Signore il giorno in cui la Divina Provvidenza mi portasse a piantar le tende in Brasile ”. (25)

4. La sua prima missione fu ad intra , nella Patagonia romana

E' uno degli episodi storici, “da fioretto”, che tutti volentieri raccontiamo. E' emblematico di tanti significati. Don Orione sognava le missioni. “E' quella la tua Patagonia! Là c'è tutto da fare” – gli disse bonariamente il santo Pontefice Pio X. Ad inizio ‘900, la zona di Roma fuori Porta San Giovanni era periferia, povertà e desolazione: nessuna struttura civile o religiosa per le famiglie nelle case o baracche disperse nelle campagne percorse dalla Via Appia fino a Capannelle.

Don Orione fu missionario e aprì la sua prima missione… a tre chilometri dal Vaticano. Fu ricordato girare tra la gente con un campanello in una mano e le caramelle per i bambini nell'altra. Si rimboccò le maniche. Il 25 marzo 1908 venne inaugurata la prima povera cappella; poi nel 1914 si aperse un orfanotrofio, poi la scuola “San Filippo”, poi la grande e bella chiesa. E' il classico sviluppo di una missione “ad gentes” che si ripete ancor oggi in molte nostre missioni.

5. La prima tenda missionaria (1913)

Venne il giorno sognato dell'apertura della Piccola Opera fuori Italia. Il 17 dicembre 1913 partono i primi missionari per il Brasile.

La prima tenda missionaria fu piantata in Brasile a Mar de Espanha, il 2 gennaio 1914. Le notizie e vicende di quella prima spedizione sono ben documentate. Mi limito a sottolineare quanto l'inizio missionario in Brasile sia stato difficoltoso e umanamente povero.

Una nota cronologica sugli sviluppi missionari, vivente Don Orione, sono stati da Don Lanza intitolati ben a ragione “ in spe contra spem ”, cioè nella speranza e contro ogni speranza… umana. Effettivamente fu così in Brasile e altrove: ideali grandi e risorse minime, sogni e delusioni, eroismi e miserie umane, difficoltà d'ogni genere ma anche inattaccabile fiducia nella Divina Provvidenza. (26)

6. Per la prima volta in America (1920)

Alla fine del 1920, vigilia del primo viaggio di Don Orione in America Latina, le Case della Congregazione nelle quali era necessaria la presenza di sacerdoti, erano ben 16 e i religiosi alla fine di quell'anno era 58, dei quali 31 sacerdoti, 20 chierici, 5 eremiti e due fratelli coadiutori. Ebbene, con questa situazione, Don Orione partiva lo stesso per Brasile e America Latina con un suo magnanimo programma, con grande fede nella Divina Provvidenza e contando sullo spirito di adattamento e di generosità dei propri figli.

In Brasile, dopo nove anni dall'arrivo del primo gruppo di missionari, trovò che non s'era fatto un solo passo fuori della prima piccola residenza di Mar de Espanha. Nel giro di due mesi, Don Orione mise in moto altre quattro nuove opere. Dal Brasile, chiese l'invio dei “quattro migliori nostri sacerdoti”; (27) la sola difficoltà fu di scegliere quelli che fossero più adatti allo scopo perché tutti erano disposti a partire.

Di lì a poco fece sapere di aver fatto il passaporto per l'Argentina, perché anche da quella Nunziatura Apostolica erano giunte proposte di attività apostolica. Poi, non solo andò in Argentina, ma anche in Uruguay.

7. Don Sterpi segna il passo del consolidamento

Evidentemente, tutto questo creava tensione tra “ consolidamento dell'esistente ” e “ nuove aperture ”. Don Sterpi scrive a Don Orione: “ Pensate a ritornare al più presto. Ricordate che se le cose qui non vanno bene, sarà un male anche per l'America… E poi lasciate perdere l'Argentina e tutti i bei progetti, altrimenti vengo giù anch'io” (28) .

Quando giunse questa lettera con l'invito a ritornare quanto prima, Don Orione era già in Argentina e, ai primi di dicembre, scriveva: “Aprirò qui due Case: in una vi sono 700 orfani, che a marzo saranno 1.000” (29) .

Inascoltato, Don Sterpi incalzò desolato: “Quantunque le vostre lettere mi siano arcicarissime, vi prego di non scrivermi più perché, dandomi notizie di aperture di sempre nuove Case, mi ammazzate. Sapete in quali condizioni avete lasciato la povera Congregazione quando siete partito. Con tutto l'affetto e il rispetto che vi devo, e in ginocchio, sono costretto a dirvi. Basta! (…)”. (30)

Con le nuove opere però fiorirono anche le nuove vocazioni. Sempre troppo poche per poter parlare di consolidamento. Ma anche sempre sufficienti per dare ragione alla speranza.

8. Sviluppi in America Latina tra 1922 e 1934

Nel giugno 1922, al termine della sua prima visita in America Latina, don Orione, prima ancora di ripartire per l'Italia, aveva programmato un pronto ritorno Oltreoceano, (31) ma la morte di Dom Silverio Pimenta, vescovo di Mariana – nella cui diocesi si trovava la Casa di Mar de Hespanha -, tolse un importante punto di riferimento. Il ritorno da quelle parti potrà realizzarsi solo nel 1934.

Le opere avviate in America Latina tra il primo e secondo viaggio di Don Orione furono tre in Uruguay [il Patronato a Montevideo (1924), La Floresta (1928) e la chiesa di San Carlo a Montevideo (1932)], due in Brasile [Gavea (1924) e Niteroi (1929)] ; sei in Argentina [Puerto Mar del Plata (1924), Victoria (1927), Nueva Pompeya (1927), Lanùs (1930), Tres Algarrobos (1931), Collegio Mar del Plata (1932)] .

Il 7 dicembre 1930, inviò la prima spedizione di 6 Piccole Suore Missionarie della Carità in Argentina; l'anno seguente un nuovo gruppo raggiunge l'Uruguay; altre spedizioni seguiranno a breve distanza di tempo e raggiungeranno anche il Brasile.

9. Don Orione in America Latina dal 1934 al 1937

Nel 1934, il numero dei sacerdoti, dalla trentina del 1921 era salito a 112; c'erano 45 chierici con voti perpetui e 123 di voti temporanei; il numero totale dei religiosi era più che quadruplicato: da 74 era passato a 351. Erano il frutto della “questua delle vocazioni” in Italia.

L'effervescenza vocazionale della giovane congregazione si accompagnava all'esuberanza apostolica. Certo furono determinanti il fervore degli inizi e gli impulsi di una santo. Ma c'è un atteggiamento e anche una dinamica da capire se vogliamo vivere – da figli – le nuove ri-partenze fondazionali oggi.

La brevità di questi appunti rende difficile anche solo annotare l'esplosione apostolica di Don Orione in Argentina (nella regione di Buenos Aires si aprirono Avellaneda, San Fernando, Tigre, Calle Cochabamba, Claypole ; e poi Itatì, Rosario, Saenz Peña, e Mar del Plata. Si recò e diede impulso alle attività in Brasile e Uruguay. Si spinse in Cile con una viaggio esplorativo di 6 giorni. (32) Lasciò aperti altri desideri e contatti con Perù, Bolivia, Mato Grosso.

10. Irradiazione missionaria in altre nazioni

L'America Latina fu la direzione missionaria di gran lunga più sviluppata da Don Orione, ma egli lanciò la congregazione in una irradiazione geografica missionaria che ha del sorprendente pensando all'esiguità numerica dei religiosi: Palestina (1921), Polonia (1923), Rodi (1925), Stati Uniti (1934), Inghilterra (1935), Albania (1936). (33)

E' da ricordare che in questa prima espansione missionaria Don Orione proiettò, corrisposto, anche le Piccole Suore Missionarie della Carità.

11. Missione e vita comunitaria vanno insieme

Pur avendo e inculcando un senso fortissimo della vita comune, di fatto moltiplicò le opere con pochi religiosi a discapito della vita comune. (34) Percepiva però la provvisorietà e la eccezionalità di queste situazioni. Se ne faceva sincera pena e teneva desta la prospettiva di superarle quanto prima. Ma tensione apostolica e spinta fondazionale di fatto prevalevano.

Il tema merita una specifica ricerca. Per ora annoto almeno qualche spunto.

Scrive a Mgr. Pirro Scavizzi, (35) che gli proponeva una nuova opera in Sardegna. “ Iddio sa con che slancio vorrei dire di sì, sempre di sì ai Vescovi e alla Santa Chiesa, ma non ho gli uomini!. Ed ho già impegni forti in Italia e fuori. Come fare? Tra l'altro Ella sa che c'è anche la Palestina e vorrei che fossero almeno in sei, perché formino una vera Comunità come vuole il Diritto Canonico e le Costituzioni; e siano, sotto ogni riguardo, di aiuto l'un l'altro senza più sentirsi uno o due, come dispersi così lontani, e, ad un tempo, rispondano realmente e con soddisfazione al fine per cui sono chiamati laggiù” . E aggiunge un'altra motivazione che rivela come il suo slancio “ al di sopra delle nostre forze ” era poi equilibrato dalla prudenza: Non siamo ancora formati noi ”, e porta ad esempio un caso analogo: “ Sua Eccell. Mg.r Celso Costantini aveva chiesto per la Cina ; e in questo caso m'è proprio rincresciuto, ma come si poteva accettare, che non siamo preparati? ”. (36)

Scrivendo nel 1923, a riguardo della situazione in Palestina, Don Orione mostra che il vivere isolati in posti di missione può essere anche giustificato apostolicamente, ma va considerato come una situazione di passaggio e da superare. “ L'essere noi solo in due o tre a Rafat, e soli in Palestina, in numero insufficiente per costituire una comunità religiosa: essere là come dei dispersi, e così lontani dalle nostre case, è un sacrificio ed una irregolarità che abbiamo potuto incontrare, e poteva essere tollerata in principio, ma che continuare così non si può: saremmo contro lo stesso Diritto Canonico, nonché contro le nostre regole Costituzioni ”. (37)

Insomma, Don Orione amava il pionierismo coraggioso, ma... non senza comunità. In Albania, c'erano vari avamposti di attività: " Vorrei non si tardasse ad iniziare a Devoli una vera Casa religiosa, sia pure umile e povera... Lasciare i religiosi sempre isolati, uno qua e uno la, no, non è possibile. Che se non ci fosse fondata speranza di poter avere, entro un periodo di tempo non remoto, un rifugio missionario, dove far vita di comunità e rifarsi nello spirito, piuttosto direi di ritirarci ". (38)

In Argentina, dovette risolvere situazioni concrete, quali capitano anche oggi. Scrive a Don Zanocchi di avere fermezza a riguardo di un confratello (benemerito) che viveva da solo: " rientri nelle tende della Congregazione, e si metta con spirito di umiltà alla piena obbedienza e vita religiosa. In coscienza non posso più tollerare che un religioso stia fuori di comunità. Non posso ammettere scuse né protezionismi: tutti siete interessati alla vita religiosa ". (39)

Ancora in una lettera a Don Zanocchi , in Argentina, tratta invece di un altro problema che interroga anche noi oggi: gli chiede di avere un particolare riguardo per chi lavora nelle parrocchie, perché " se i religiosi non sono più che ben formati, (la vita parrocchiale) allontana e divaga dallo spirito di regolarità religiosa ". (40) Non era e non è in questione l'apostolato nelle parrocchie: è in questione la vita comune.

12. Intraprendenza, ma con zelo secundum scientiam et prudentiam

Un altro spunto storico può esserci utile nel formarci dei criteri per discernere orientamenti e scelte del progetto missionario oggi.

Passiamo ad un altro contesto: Polonia, 1928. Don Alessandro Chwilowicz è il pioniere orionino in quella nazione. Don Orione gli scrive: “ Iddio ti ha dato tante belle doti, caro don Alessandro, ma il tuo desiderio di lavorare e di abbracciare tante cose, forse troppe cose, con uno zelo che, sovente, è poco considerato e non sempre secundum scientiam et prudentiam , può nuocere al tuo bene spirituale e al bene della stessa Congregazione, per la quale tu hai lavorato e lavori.

Tu mi hai scritto, caro figliuolo, incoraggiandomi ad aprire un'altra casa in Polonia. Dunque vedi: ho lungamente riflettuto e pregato sulla tua proposta, ma sento che non è ancora l'ora di Dio: non è ancora tempo di aprire in Polonia altre case, prima bisogna sistemare bene la Casa di Zdunska Wola, sulla quale l'autorità diocesana mi ha scritto facendo gravi appunti. Dobbiamo, prima, formarci buoni religiosi e preparare un buon personale, tale che, per ispirito, per pietà, studio e attitudini, risponda allo scopo della nostra vocazione e dei nostri istituti, solo allora sarò ben contento che in Polonia si aprano altre case della Congregazione.

Caro mio don Alessandro, tu puoi ben immaginare quanto io desideri che le tende della Divina Provvidenza si dilatino a gloria di Dio e della Chiesa e a salvezza delle anime, e specialmente lo desidero in Polonia, terra di fede, sempre attaccata alla santa Chiesa Romana; ma lo zelo nostro pel progresso della Congregazione deve essere sottomesso e condizionato al bene della Chiesa, alla benedizione dei Vescovi, e deve essere come tu ben comprendi, uno zelo illuminato e discreto, secundum Deum”. (41)

La lettera prosegue su questo tono attuando un discernimento di ampie vedute e di illuminata prudenza.

13. La Piccola Opera della Divina Provvidenza nel 1940

Alla sua morte, nel 1940, il Fondatore lasciò la congregazione dei Figli della Divina Provvidenza che contava 777 membri, dei quali ben 491 chierici (80 di voti perpetui e 411 di voti temporanei); nei probandati erano calcolati 424 aspiranti. Nel 1940, i religiosi erano, oltre che in Italia (626), anche in Argentina (73), Polonia (44), Brasile (11), Uruguay (11), Albania (5), Rodi (5), Stati Uniti (2). Erano sparsi in 82 case e comunità. (42)

14. Don Carlo Sterpi e il difficile compito dopo Don Orione

Dopo il grande slancio fondazionale e missionario di Don Orione, nel 1940 restò a Don Carlo Sterpi (1940-1946) il compito del consolidamento della Congregazione. Ma la Provvidenza volle diversamente: esplose la seconda guerra mondiale togliendo religiosi, disperdendo giovani negli scenari di guerra, rendendo difficile la vita dei seminari e impedendo la comunicazione tra Italia e altri Paesi di presenza orionina.

Altro che consolidamento! Anzi, Don Sterpi – proprio lui, che prima frenava l'esuberanza del Fondatore - fu il promotore dell'apertura missionaria in Cile. Ne scrisse a Padre Giuseppe Zanocchi il 7 marzo del 1941: “Al Cile bisogna andare a qualunque costo. E' casa desiderata anzi voluta dal Direttore. Ne ha parlato tante volte, l'ha pubblicato e quindi a noi eseguire i suoi desideri. La Madonna ci aiuterà”. (43) Il 12 maggio del 1942, i primi tre orionini si stabilirono in Cile.

15. Consolidamento della Congregazione negli anni 1940-70

Don Sterpi, sfinito dalle preoccupazioni e dalle fatiche sopportate durante il periodo bellico, si ammalò e gli subentrò Don Carlo Pensa (1946-1962). E' durante il suo governo che la forma organizzativa e istituzionale della congregazione prese forma e stabilità. Don Pensa può dirsi il Generale del primo vero consolidamento istituzionale. Ma non venne meno neanche con lui lo slancio missionario: infatti, Don Pensa raccogliendo l'invito di Pio XII accettò l'impegnativa missione del Goiàs (1952) e aprì le prime case in Francia, (44) in Spagna (1957) (45) e Australia. (46)

Sostanzialmente prevalse la prospettiva del consolidamento e dello sviluppo interno anche durante i due sessenni di Don Giuseppe Zambarbieri (1963-1975). Nel 1970 si ebbe il primo arrivo in Africa, nella Costa d'Avorio (1970). (47)

16. Nuovo slancio missionario nell'ultimo ventennio del 2000

Negli ultimi decenni, rispondendo agli appelli del Papa in favore della missio ad gentes , c'è stato un grande impegno missionario della Congregazione con molte nuove aperture in Paesi che, fino al 1980, non facevano parte della geografia orionina.

E' con Don Ignazio Terzi (1975-1987) che si può parlare di una vera e consistente ripresa della “spinta missionaria” ad gentes della congregazione. Si concretizzò con aperture a nuovi popoli: Paraguay (1976), Madagascar (1977), Togo (1981), Giordania (1985), Venezuela (1986). Su questa linea continuarono Don Giuseppe Masiero (1987-1991): Cabo Verde (1988), Filippine (1991), Romania (1991) e Don Roberto Simionato : Albania (1992) Bielorussia (1993), Messico (1993), Kenya (1996), Burkina Faso (1999), India (2001), Ucraina (2001), Mozambico (2003).

17. Considerazioni dalla storia missionaria della Congregazione

La prima constatazione storica d'insieme è che consolidamento e slancio missionario hanno sempre camminato di pari passo in congregazione, fin dai tempi di Don Orione. Nei ventenni 1920-1940 e 1980-2000, però, si deve riconoscere che si è “allungato il passo” con notevole slancio.

La seconda indicazione riguarda le modalità delle aperture in nuove nazioni. Lo sviluppo missionario non è avvenuto per spinte individualistiche o per esuberanze improvvisate. La spinta decisionale è venuta dal Fondatore prima, dal Consiglio generale poi (fino agli anni '80), e dai Capitoli generali negli ultimi tempi. (48)

Le nuove aperture missionarie negli ultimi tre decenni sono state realizzate in modo abbastanza organico, cioè come Congregazione, con il diverso e specifico coinvolgimento di Direzione generale , Province , singoli confratelli .

Tutti i Direttori generali , con i loro Consigli, hanno espresso una notevole passione missionaria. (49) E' un fatto da constatare e di cui ringraziare il Signore. Hanno ripreso e attualizzato nello scorrere dei decenni l'impulso dato da Don Orione. Senza questa passione e decisione per le nuove frontiere, la nostra Congregazione sarebbe rimasta “piccola”, e non solo numericamente e geograficamente. Oggi, la Congregazione è e rimane una “Piccola Opera” della Divina Provvidenza, però vive la cattolicità del suo carisma incarnato in popoli, culture, spiritualità e tempi storici diversi.

L'azione delle Province. E' risultata una felice scelta quella di affidare, a partire dagli anni '80, la cura delle nuove missioni alle Province: San Benedetto con Costa d'Avorio, San Marziano con Madagascar, Romania e Ucraina, SS. Pietro e Paolo con Togo e Albania, N.S. di Czestochowa con Bielorussia, N. S. del Pilar con Venezuela, N.S. de la Guardia con Messico, N. S. da Anunciaçâo con Cabo Verde e Mozambico; alla piccola Delegazione N.S. di Westminster è stato affidato l'avvio delle nuove presenze in Giordania, Kenya, India; N.S. de Fatima ha avuto uno sviluppo missionario nel Nord-Est brasiliano e ha dato un considerevole numero di religiosi per le missioni.

L'impegno dei confratelli. La nostra storia missionaria mette in luce la generosità di tanti confratelli che, senza particolare vocazione all'eroismo, ma con fede e sacrificio, si sono trovati ad essere artefici di nuove pagine di storia della Congregazione. Pensiamo alle schiere di giovani sacerdoti, chierici e fratelli coadiutori che con frequenti spedizioni andarono a sostenere la prima linea in America Latina, dai tempi di Don Orione fino agli anni '60. Che carica di fede e di speranza doveva animare chi partì per la Polonia , la Palestina , gli Stati Uniti negli anni di prima fondazione!

E non si tratta solo di storia passata. Questo continua fino ai nostri giorni. Penso – per limitarmi solo a chi ci ha già lasciato - a un Don Mugnai e Don Lo Torto in Costa d'Avorio, a Don Saran in Venezuela, a Don Lazzarin in Romania, a Don Piccoli e Don Falardi nelle Filippine. Molti altri confratelli sono tuttora nel campo missionario “di frontiera” e solo a distanza di tempo, potrà essere riconosciuto e degnamente ricordato il grande servizio reso a tanta gente, bisognosa del pane e del vangelo, nel nome di Cristo e di Don Orione. Penso ai tanti confratelli – una sessantina e di tutte le età – che hanno risposto con prontezza all'ultimo Appello missionario.

 

III.

IL PROGETTO MISSIONARIO PER IL PROSSIMO SESSENNIO

1. Il convegno missionario di Ariccia

Ad Ariccia (Roma), dall'8 all'11 dicembre 2005, si è tenuta l'importante riunione internazionale dedicata al progetto missionario per il prossimo sessennio . Vi hanno partecipato i Consigli generali al completo, i superiori provinciali, i rappresentanti delle missioni e dell'animazione missionaria, dei Figli della Divina Provvidenza, delle Piccole Suore Missionarie della Carità, dell'Istituto Secolare Orionino e del Movimento Laicale Orionino.

“Che meraviglia per la prima volta è presente tutta la famiglia orionina: religiosi, religiose, consacrati e laici: oltre 90 partecipanti dai 4 continenti, dalle Filippine al Cile, dall'Inghilterra al Madagascar”, ha detto Don Enemesio Lazzaris, vicario generale e incaricato delle missioni, introducendo il convegno. “E' la dimostrazione della volontà di camminare insieme per poter rispondere uniti e sempre meglio al perenne appello di Gesù: “Andate… fino agli estremi confini della terra… fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli” .

Di fatto, il Convegno ha espresso una grande passione, vitalità e concretezza nello studio delle linee e priorità per il progetto missionario del prossimo sessennio. Esso resterà un momento qualificante per la vita della nostra Famiglia Orionina, e non solo per l'ambito missionario, sia per la qualità del clima fraterno della collaborazione e sia per i contenuti.

Era la prima volta che si organizzava un convegno “alla pari”, vedendo riunite le due congregazioni religiose e i laici con un obiettivo comune eminentemente pratico: informare, fare discernimento e dare indicazioni per attuare le decisioni dei rispettivi Capitoli generali in ordine al progetto missionario . Abbiamo sperimentato nella comunione dei cuori e nella collaborazione pratica il sostegno per raggiungere gli obiettivi specifici che ciascuna congregazione si propone. Ancora limitata, ma molto significativa è risultata la partecipazione e il coinvolgimento anche di ISO e MLO nel campo missionario.

In altra parte, sono riportate le conclusioni del Convegno che costituiscono le linee essenziali del progetto missionario del prossimo sessennio. (50)

2. Le prospettive del consolidamento e della comunitarietà

La decisione n.7 del Capitolo generale del 2004, dà indicazioni per il Progetto missionario del prossimo sessennio: esso va realizzato “ consolidando anzitutto le nuove realtà missionarie, costituendo comunità consistenti, con maggiore stabilità di religiosi idonei, compreso il formatore delle vocazioni locali”.

Dunque, nel provvedere al “ rilancio del progetto missionario orionino ”, senza escludere la possibilità di aperture in nuove nazioni, il Capitolo ha dato “ anzitutto ” le indicazioni del consolidamento e della comunitarietà .

3. Giungere a missioni “fondate”

Come affermato nel “Progetto missionario orionino” del 1993, (51) una missione in una nuova nazione si può dire fondata , cioè consolidata, e con quanto basta per guardare al suo futuro sviluppo in modo fiducioso, quando comprende almeno tre comunità che uniscano all'attività dell'evangelizzazione, le opere caritative assistenziali e la promozione delle vocazioni del luogo .

Solo quando in un nuovo Paese ci sono tre comunità dedicate a queste tre attività, si può dire che la “pianta orionina” vi è costituita nel suo nucleo germinativo essenziale e sufficiente per svilupparsi e crescere. Poi, la fioritura, i frutti, la robustezza della pianta dipenderanno dalla Divina Provvidenza, dalle condizioni concrete storiche e sociali dell'ambiente e dall'impegno dei Confratelli.

Ebbene, sono ancora molte le missioni della Congregazione che non si trovano ancora allo stato di “consolidamento”, che non si possono ancora dire “fondate” compiutamente, perché manca il nucleo germinativo delle tre comunità, del numero di religiosi e delle attività-opere fondamentali.

Su questa prospettiva del consolidamento, il Convegno missionario ha indicato una serie di scelte operative.

•  Nelle seguenti missioni c'è da costituire almeno la seconda comunità: Mozambico, Ucraina, Giordania, India, Cabo Verde, Burkina Faso.

•  Nelle seguenti missioni c'è da costituire una terza comunità per giungere alla “missione fondata”: Messico, Filippine (entro 2008), Togo (Lomé).

•  Costituzione di comunità formativa (anche edificio) in Messico, India (entro 2007), Costa d'Avorio.

•  Creazione di nuove opere secondo il carisma orionino:

•  socio-caritative: in Madagascar, Burkina Faso, India, Romania, Mozambico, Ucraina; cura AIDS in Africa; mini programmi sociali; gruppi di self-help.

•  educative-scuole: in Cabo Verde, Costa d'Avorio (Korhogo) Kenya (entro 2006).

•  parrocchie-oratorio: in Ucraina, Romania e Togo.

In una nuova nazione, i Vescovi ci chiamano perché vi portiamo il carisma e la Congregazione e noi vi andiamo per impiantare la congregazione e non solo per svolgervi delle attività. La congregazione serve le Filippine se si fa filippina, serve l'Albania o l'Ucraina o l'India se si impianta in quelle Chiese locali, con vocazioni locali, con stile e cultura del luogo. Diversamente, resteremmo sempre dei “collaboratori esterni” o “dei benefattori stranieri”.

Inoltre, realisticamente, dobbiamo considerare, che la presenza orionina in una nazione non avrà futuro se dal nucleo germinativo iniziale ( missione fondata ), essa non cresce con le vocazioni e le risorse del luogo. E' impensabile che le Province possano mandarvi a lungo religiosi da altre nazioni. Ciò vale anche per le nazioni in cui, purtroppo, la Congregazione si trova in fase di prolungata crisi di nuove vocazioni (come USA, Uruguay, Inghilterra).

Questi richiami di valori e di situazioni attuali servono solo a dare l'idea del notevole sforzo missionario richiesto alla Congregazione nel prossimo futuro per arrivare a fondare compiutamente, a consolidare , come dice il Capitolo, molte nostre presenze appena avviate. Anche in questo campo vale il “ non progredi regredi est ”.

Se c'è voluto molto slancio missionario per iniziare nuove missioni ce ne vorrà ancor più per consolidarle. I religiosi non bastavano in patria ai tempi di Don Orione e non bastano oggi nemmeno nelle Province più numerose. Però lo slancio missionario, sappiamo, fa parte della vitalità ordinaria della Chiesa e della Congregazione. Non ci sarà generosità missionaria perché c'è abbondanza di persone e di mezzi economici, ma perché c'è vitalità e buon clima religioso e apostolico nelle singole persone come anche nella Provincia.

4. In missione con la Comunità

Attuare la vita fraterna in comunità : è una linea di fedeltà creativa alla nostra vocazione molto insistita dal Capitolo generale come anche nei documenti della Santa Sede riguardanti la vita consacrata. Rispondendo alle difficoltà che si presentano soprattutto per i religiosi in territori missionari, il documento Vita fraterna in comunità 54 afferma: “ Per qualcuno il fare comunità è sentito come un ostacolo per la missione, quasi un perdere tempo in questioni piuttosto secondarie. E' necessario ricordare a tutti che la comunione fraterna, in quanto tale, è già apostolato, contribuisce cioè direttamente all'opera di evangelizzazione. Il segno per eccellenza lasciato dal Signore è infatti quello della fraternità vissuta: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" ( Gv 13,35)”.

Il Convegno di Ariccia ha messo come parte integrante del progetto missionario proprio la formazione delle comunità e la pratica della vita fraterna. Non poche linee operative riguardano proprio la vita comunitaria.

•  Impegno a dare centralità alla comunità e alla vita fraterna come segno di evangelizzatore, come aiuto reciproco dei missionari, come attrattiva per le vocazioni.

•  Ogni comunità di missione abbia la propria casa distinta dalle sedi di opere e attività.

•  Nelle seguenti missioni ci sono alcune residenze da formare con comunità di almeno tre religiosi: Kenya, Cabo Verde, Costa d'Avorio, Burkina Faso, Paraguay, Ucraina, Bielorussia, Giordania.

•  I direttori e coordinatori delle missioni cureranno l'equilibrio tra attività personali e cammino comunitario dei religiosi.

Il profilo del missionario pioniere, uomo di frontiera, deve includere fin dall'inizio anche l'attitudine comunitaria, quindi attenzione non solo per il lavoro all'esterno, ma anche alla propria comunità. Mi è già capitato di sentirmi dire da confratelli: non mandateci in missione confratelli che non sanno vivere in comunità; portano problemi e non soluzioni.

5. In missione con la Famiglia orionina (FDP, PSMC, ISO, MLO)

E' un aspetto nuovo che entra a far parte del progetto missionario. E' il frutto di un clima di comunione e di collaborazione che va affermandosi sempre più nelle relazioni tra FDP e PSMC, innanzitutto, e con i Laici. Quella fraternità data dall'avere lo stesso Padre fondatore, lo stesso carisma e una storia in gran parte comune, chiede oggi nuove espressioni concrete. Una di queste è la collaborazione missionaria.

Il Convegno congiunto di Ariccia è già stato un segno di collaborazione in se stesso. Unitamente alle linee di progetto missionario delle due singole Congregazioni, è stata formulata tutta una serie di proposte per iniziative comuni della Famiglia orionina.

Rinviando per il testo completo al documento, ne riporto alcune significative.

•  Nelle nazioni in cui sono presenti FDP e PSMC si elaborerà congiuntamente il modello di inculturazione orionina in quella nazione.

•  Nelle missioni si confronta il progetto apostolico di ciascuna presenza individuando possibili iniziative comuni.

•  Cercheremo di promuovere nel prossimo sessennio presenze congiunte e collaborazione di comunità nello stesso luogo: sia dove la presenza già avviata (es. Payatas-Filippine), sia dove si è ai primi inizi (es. Lima-Perù o Ucraina) e sia dove si sta progettando l'apertura (es. Corea). C'è una quarta tipologia da tenere presente: quella che vede la presenza di una congregazione e non dell'altra.

•  Quando una congregazione progetta una nuova comunità di missione, informa subito l'altra per suggerimenti, aiuti, eventuale collaborazione.

•  Organizzare almeno un incontro per confronto e formazione ecumenica soprattutto in contesto missionario.

•  Iniziative di formazione al carisma nelle singole missioni per la Famiglia orionina.

6. In missione con i Laici

Che i laici siano impegnati nella testimonianza cristiana in patria è un frutto del rinnovamento e della coscienza ecclesiale dopo il Vaticano II cui ci siamo abituati un po' in tutte le nazioni, missione.

Che i laici condividano il carisma “ dentro e fuori delle nostre opere (52) è il risultato di un cammino di Congregazione che ha portato alla costituzione del Movimento Laicale Orionino.

Che i laici orionini partano per le missioni è un segno nuovo di maturazione della vocazione e dei rapporti all'interno della Famiglia orionina. Le opere caritative e secolari, oltre a quelle pastorali, proprie dei laici, non solo accompagnano l'azione missionaria, ma sono in se stesse missionarie. Insomma, in una missione orionina c'è posto per tutti. Un posto specifico è riservato anche ai laici. Per questo, recentemente, ho rivolto un appello missionario anche ai laici. (53)

Sono già giunte numerose risposte. Al Convegno di Ariccia, ha commosso la discreta testimonianza di Rita Orrù, dell'Istituto Secolare Orionino, che oltre a dare voce alla propria esperienza missionaria ha fornito alcune notizie sui laici disponibili per le missioni. Angela Salaroli ha invece informato delle iniziative di cooperazione missionaria sostenute dall'AINA.

Attualmente, incaricati di gestire le disponibilità dei laici per le missioni sono Don Enemesio Lazzaris con Don Alessio Cappelli: raccolgono una scheda con i dati essenziali, elaborano delle proposte concrete, seguono personalmente chi si offre e chi parte.

E' un'evento nuovo nella vita della Congregazione. Che consistenza numerica e di continuità avranno i laici missionari nel futuro? Non è dato prevederlo. Comunque, nel progetto missionario si è parlato di loro e sono state date delle indicazioni.

•  Laici nelle missioni: curare come un valore il loro coinvolgimento nelle missioni integrandoli per quanto possibile nel progetto apostolico e in qualche momento della vita della comunità.

•  Coordinare i laici che si offrono per periodi prolungati nelle missioni: schede delle offerte da parte dei laici, raccolta delle richieste delle missioni che possono accoglierli, iniziative di preparazione.

•  Promozione del MLO e ISO in ciascuna nazione di presenza missionaria.

•  Come famiglia promuoveremo la formazione dei laici collaboratori nelle missioni e per le missioni.

•  Costituire un Volontariato stabile che intervenga in caso di grandi eventi di Chiesa e Congregazione, catastrofi, epidemie, cicloni…

7. Un fronte missionario aperto: il Progetto per l'Asia

La congregazione, con il Convegno missionario per l'Asia del 7-11 maggio 2001, ha promosso il Progetto per l'Asia , che è “progetto” in senso pieno, cioè strategico, organico, progressivo, con obiettivi a breve e a lungo termine, e della Congregazione come tale.

L'Asia non è una nazione, non è una cultura, non è una frontiera. L'Asia è la metà della popolazione della terra. L'Asia è il futuro. C'era anche prima, ma isolata. Ora è aperta commercialmente.

L'Asia poco conosce Cristo e la sua salvezza. Nel 1995, Giovanni Paolo II ha invitato i Vescovi dell'Asia riuniti a Manila a « spalancare in Asia le porte a Cristo ». (54) “Confidando nel mistero della comunione con gli innumerevoli e spesso sconosciuti martiri della fede in Asia e confermati nella speranza dalla costante presenza dello Spirito Santo, i Padri sinodali hanno coraggiosamente chiamato i discepoli di Cristo in Asia a un nuovo impegno nella missione ( Ecclesia in Asia 4) .

Un poco enfaticamente, ma con verità, nel nostro Progetto per l'Asia leggiamo: “ E' l'ora dell'Asia! Prendiamo il treno della storia ”. Come il mondo emergente al tempo di Don Orione fu l'America Latina e Don Orione stabilì un rapporto privilegiato con quei popoli, così oggi il mondo emergente è l'Asia.

Il Progetto per l'Asia – leggiamo nel documento del 2001 – non soffoca e nemmeno diminuisce l'attenzione della Congregazione verso gli altri continenti ”, ma mentre in Europa dell'Ovest e dell'Est, in America Latina, Africa, la congregazione è impiantata - e ora si tratta di sostenerne lo sviluppo e l'espansione -, in Asia si tratta di iniziare, di radicarsi. Non è in questione avere una presenza in più in Asia, si tratta di far sì che la congregazione sia impiantata e sviluppi anche in Asia.

La Provvidenza ci sta stendendo la mano “ in spe et contra spem ”. Tra mille difficoltà ha resistito e sta decollando la missione nelle Filippine . (55) Un seme, fragile e promettente, è posto in India ; ha bisogno di molto tempo di maturazione prima di esplodere e portare frutto, come è avvenuto per altre congregazioni. (56)

L'apertura di una comunità in Corea era già programmata dal Progetto missionario di Montebello 1999. Perché Corea? “ Sto a vedere che carta mi gioca la Provvidenza ”, diceva Don Orione per esprimere un atteggiamento pratico di discernimento. La Provvidenza ci ha mandato due confratelli coreani ( Bernardo Seo e Andrea Kim) che rendono meno problematico pensare a una comunità in quel paese asiatico.

E poi la Provvidenza ci sta dando segnali per il Vietnam : sono il confratello Don Quan Dang (un salvato dalle acque dei boat people ), Padre Joseph Ngujen, postulante in attesa del noviziato, Francis , seminarista di filosofia attualmente a Manila e alcuni giovani in Vietnam che sono seguiti da un parroco con prospettiva vocazionale orionina.

E poi il Nunzio Apostolico, Emil Paul Tscherrig , incontrato nell'ottobre scorso a Seoul, ci ha indicato la Mongolia , “vicina” alla Corea e soprattutto ha rilanciato anche a noi un appello che sta circolando in tutta la cristianità: prepariamoci per la Cina . Ora ci si potrebbe andare solo con iniziative di laici e un domani potremo giungervi anche noi religiosi e religiose, e compiere così un desiderio che fu già di Don Orione. (57)

Nel Convegno di Ariccia tutto questo è stato riassunto così:

E' da realizzare il Progetto per l'Asia. Prossimi passi, oltre a quanto detto per India, Filippine e Giordania sono:

•  seminario per l'Asia

•  nuova comunità in Corea,

•  relazioni con Vietnam,

•  attenzione per iniziative soprattutto laicali in Cina e Mongolia.

8. E ora, avanti!

L' impegno missionario ci ha convocati nel convegno di Ariccia ; dal convegno sono venute le linee del progetto missionario per il sessennio ; (58) dal progetto missionario ora deve nascere la programmazione-esecuzione missionaria che Direzione generale e ciascuna Provincia devono decidere e realizzare.

A conclusione, riandiamo ancora una volta al sogno profetico di Don Orione quando, “ in spe e contra spem ”, aveva chiuso l'oratorio ponendo le chiavi nelle mani della Madonna. Vide sotto il grande manto azzurro gente d'ogni razza e colore, “ ricordando che di cinta non ce n'era, e che erano di varî colori, ho capito che sono le missioni”. (59) La nostra Congregazione, dai tempi di Don Orione, non ha messo “cinta” e oggi si trova in 32 nazioni e – se la Provvidenza vorrà – allargherà ancora il suo orizzonte.

Maria, Madre della Divina Provvidenza, protegga la nostra Famiglia Orionina “che è opera sua fin dall'inizio” e benedica questo convegno missionario.

 

IV.

VITA DI FAMIGLIA

1. Convegno amministrativo-economico

L'attenzione data al tema delle missioni e del convegno missionario ci permette solo un accenno ad altri importanti eventi di Congregazione. Sempre ad Ariccia, dal 12 al 15 dicembre, si è tenuto il convegno internazionale dei confratelli e collaboratori laici impegnati nell'amministrazione. Il titolo del convegno è stato “Mediazioni amministrative per una conduzione apostolica delle opere” .

Abbiamo condiviso esperienze e preso orientamenti su alcuni temi amministrativi molto importanti per il raggiungimento degli obiettivi dell'ultimo Capitolo generale:

•  distinzione tra comunità religiose e istituzioni, secondo il nuovo modello di gestione e animazione pastorale delle opere da parte dei religiosi (dec. 1 e 16).

•  costituzione dei consigli d'opera con apposito regolamento in tutte le nostre istituzioni (dec. 19);

•  realizzazione di netta separazione tra la cassa fiscale e la cassa della comunità religiosa per una responsabile amministrazione dell'opera e per un impegno della comunità più centrato sull'aiuto alle emergenze e sulle risposte alle povertà (Dec. 32); i travasi da bilancio istituzionale a bilancio fiscale devono essere trasparenti e autorizzati dal Consiglio di comunità;

•  coscienza e pratica del fondamentale concetto di autonomia economica di ogni opera ; bilancio preventivo come strumento gestionale che individui le priorità, le disponibilità e gli utilizzi previsti; auditing periodico come sistema di verifica e ottimizzazione della gestione (Dec. 32c);

•  coscienza e pratica del fondamentale concetto di comunione delle risorse a livello locale, provinciale e generale; la cassa comune esprime la priorità del principio solidale;

•  équipe di nuove risorse provinciale e generale (ENRis) con la finalità di trovare linee operative per il reperimento di nuove risorse presso istituzioni pubbliche e private a sostegno dei progetti già intrapresi e di altri che si possano presentare (Dec.31f),

•  promozione di una adeguata identità di rapporti nelle comunità con responsabilità parrocchiali, definiti anche mediante le convenzioni (Dec. 33, 14°).

Anche di questo Convegno uscirà un documento operativo, ma questi accenni richiamano alcuni principali orientamenti per una buona amministrazione che sia allo stesso tempo efficace e al servizio del nostro specifico apostolato in situazioni che sono in continua evoluzione.

2. Nuovi Superiori provinciali in America Latina

Il cammino della nostra vita di Congregazione prosegue con i suoi ritmi di avvicendamenti, di programmazione e di eventi. Con il 1° di gennaio 2006, inizia il mandato triennale dei Superiori e Consiglieri provinciali delle Province di America Latina. Vada l'augurio e l'incoraggiamento a P. Oscar Pezzarini (Argentina), P. Joao Inacio de Assis Gomes (Brasile Nord), P. André Scaglia (Brasile Sud) e P. Roberto Simionato (Cile). A P. Eduardo Pasteris (Argentina) e a P. Gustavo Valencia (Cile), che hanno concluso il triennio, va il riconoscente ringraziamento.

Con il 1° di gennaio 2006, è divenuta effettiva anche l'integrazione delle comunità dell'Uruguay nella Provincia N. S. de la Guardia. L 'Uruguay ha una lunga e gloriosa tradizione orionina che tutti auspichiamo possa ulteriormente crescere.

3. Prossima Visita canonica

Nel nostro calendario generale è prevista per il 2006 la Visita canonica del Superiore generale in America Latina. (60) Daremo inizio ufficiale e comunitario alla visita canonica il 4 marzo 2006, a Montevideo, dove saranno riuniti il Consiglio generale e i Consigli provinciali di America Latina (Formazione permanente, 1-4 marzo). La visita poi si prolungherà fino a metà aprile successivo nelle Province N. S. de la Guardia (Buenos Aires), N. S. de Fatima (Brasilia), N. S. da Anunciaçao (Sao Paulo) e nella Vice-Provincia N. S. del Carmen (Santiago de Chile). Assieme a me saranno impegnati contemporaneamente tutti i Consiglieri generali e alcuni co-visitatori: P. José Deboita, P. Eldo Musso, P. Pablo Salvatierra, P. Lucio Felici.

Una scheda di preparazione offre elementi specifici per “questa visita canonica”, del 2006, per attuare le decisioni del recente Capitolo generale.

Sappiamo che un evento come questo non si realizza solo nei 2-3 giorni di presenza dei Visitatori. Comporta mettersi in un “atteggiamento di visita canonica”: coscienza della propria vocazione, revisione di vita, conversione spirituale e scelte personali, comunitarie e apostoliche. E' un atto di amore a Dio per il quale viviamo. Invito tutti alla preghiera per il buon esito della Visita canonica.

4. Ricordiamoli nelle preghiere

Vi chiedo una preghiera per tutti i confratelli malati , sono tanti e qualcuno ha limiti stabili che fanno parte della croce e dell'offerta quotidiana. Vorrei ricordarne uno per tutti: Don Salvatore Palmas. Sta a Camaldoli – Genova, in carrozzella da molti anni… e ne ha solo 57. Ma quanta vivacità d'anima, interesse di vita, generosità di offerta passano dai pochi gesti e difficoltose parole che riesce a esprimere.

E poi ci sono gli anziani . A Natale ho visitato i due veterani 97enni che stanno a Monte Mario: Don Fausto Santella e Don Giovanni D'Attilia, ancora esuberanti di ricordi e capaci di molta preghiera. Sono 15 gli ultra 90enni in congregazione.

Affidiamo alla misericordia del Signore i nostri defunti . I confratelli: Fra Edoardo (Gatti Luigi), l'eremita semplice e buono, Sac. Ettore Limonta , l'apostolo dei giovani in Cile, Sac. Stefan Batory , veterano polacco cresciuto alla scuola di Don Orione, Fr. Marcello Froli (Fra Corrado), sempre sereno e in preghiera, e Sac. Gino Pasinato , religioso discreto, fedele e operoso.

Sono morte alcune Suore PSMC : Sr. Maria Clotilde del Volto Santo (Sacramentina), Sr. Maria Modesta, Sr. Maria Santa, Sr. Maria Nadir e Sr. Maria Romana.

Ricordiamo Gabriella Gori vicina alla Congregazione da sempre e attiva protagonista della parrocchia di Ognissanti-Roma e consacrata dell' Istituto Secolare .

Tra i parenti defunti: il Papà di P. Eduardo Daniel Pasteris, P. Michael Moss, Don Giampiero Congiu; la Mamma di P. Daniel Bouza, Pe. Rafael Caldera Barreto, Don Achille Morabito, P. Ryzard Szurek, Pe. Tarcisio Gregorio Vieira, Don Alessandro Belano.

Trai Laici , una menzione particolare vada a Sofia Molinari Francescotti (Sanremo), e all'aggregato Giovanbattista Moro (Fubine).

Concludo la lunga conversazione rinnovando a tutti gli auguri di un sereno e fruttuoso Anno 2006. A tutti assicuro il ricordo nella preghiera e su tutti invoco grazie e benedizioni da Dio. Ave Maria e avanti!

 

Don Flavio Peloso, FDP

(superiore generale)

 

 

Note =================================================

1. Scritti 62, 128.

2. Scritti 32, 244.

3. Lettera circolare “ Siamo figli di un santo: avanti! ” del 7.10.2004, Atti e comunicazioni , 58(2004), n.214, pp. 91-103.

4. Lettera circolare “ Vita religiosa: al centro, in prima linea” del 9.1.2005, in Atti e comunicazioni , 58(2004), n.215, pp. 283-310.

5. Lettera circolare “ Quale amore al Papa?” del 1.5.2005, Atti e comunicazioni , 59(2005), n.216, pp. 3-15.

6. Lettera circolare “ Quali opere di carità? ” del 29.8.2005, Atti e comunicazioni , 59(2005), n.217, pp. 111-132.

7. "Mi pare che il nostro Signore Gesù Cristo vada chiamandomi ad uno stato di grande carità, per cui in certi momenti il Signore mi preme il cuore e allora bisogna che pianga o rida di carità grande e corra ed è una cosa che non si può ben dire, ma è fuoco grande e soave che ha bisogno di dilatarsi e di infiammare tutta la terra... Sento un grandissimo bisogno di gettarmi nel Cuore del nostro caro Signore Crocifisso e di morire amandolo e piangendo di carità"; Lettera al card. Perosi, del 4.4.1897, riportata in Sui passi di Don Orione, p.158.

8. Capitolo 12°, decisione 5. "Le differenze nell'attività, all'interno dell'unica missione della Chiesa, nascono non da ragioni intrinseche alla missione stessa, ma dalle diverse situazioni in cui si svolge, per cui essa si presenta come: missio ad gentes : rivolta a popoli tra i quali Cristo e il suo Vangelo non sono conosciuti; cura pastorale della Chiesa: presso le comunità cristiane già formate e ferventi di fede e di vita; nuova evangelizzazione : abbraccia la situazione intermedia di interi gruppi e popoli che, pur battezzati, hanno perduto il senso vivo della fede" (RM 33). C'è da riconoscere che oggi i confini geografici sono insufficienti a definire il tipo di missione in cui siamo impegnati.

9. " Nella luce di gloria del divino Risorto e sotto la guida dei legittimi pastori, dobbiamo promuovere forte opera di pene­trazione cristiana specialmente tra il popolo lavoratore, lavorate a riportare a Gesù Cristo e alla Chiesa le classi degli umili, le masse dei lavoratori… "; Scritti 94-258.

10. L'espressione è contenuta nella Colletta della Messa propria di San Luigi Orione. “ I discorsi sono ormai inutili. Gesù dimostrava la sua celeste dottrina guarendo gli uomini e moltiplicando i pani. Noi, se vogliamo essere creduti e fare del bene, dobbiamo guarire i popoli, seminando a piene mani l'amore di Dio e degli uomini e moltiplicando la vita di Cristo in tutta l'umanità con opere di carità e seminando la nostra vita e spingendoci fino al sacrificio di noi stessi per far rivivere Cristo nella sua divina Carità "; Scritti 55, 165-166.

11. Il n° 117 di “Messaggi di Don Orione”, 37(2005), raccoglie tutti i discorsi di Giovanni Paolo II alla Piccola Opera della Divina provvidenza.

12. Mt 28,16-20; cf Mc 16, 15-18; Lc 24, 46-49; Gv 20, 21-23.

13. L'importante documento Redemptoris missio approfondisce le motivazioni teologiche, spirituali e pastorali dell'impegno missionario. Esso risponde a interrogativi e obiezioni che possono attenuare la carica missionaria della Chiesa. “A causa dei cambiamenti moderni e del diffondersi di nuove idee teologiche alcuni si chiedono: È ancora attuale la missione tra i non cristiani? Non è forse sostituita dal dialogo inter-religioso? Non è un suo obiettivo sufficiente la promozione umana? Il rispetto della coscienza e della libertà non esclude ogni proposta di conversione? Non ci si può salvare in qualsiasi religione? Perché quindi la missione?” (RM 4).

14. “La storia missionaria testimonia il grande contributo da essi dato all'evangelizzazione dei popoli: dalle antiche Famiglie monastiche fino alle più recenti Fondazioni impegnate in maniera esclusiva nella missione 'ad gentes', dagli Istituti di vita attiva a quelli dediti alla contemplazione, innumerevoli persone hanno speso le loro energie in questa «attività primaria della Chiesa, essenziale e mai conclusa», perché rivolta alla moltitudine crescente di coloro che non conoscono Cristo” (RM 78; cfr RM 69, AdG 40).

15. Udienza al X Capitolo Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza, 16 Maggio 1992.

16. Ibidem.

17. All'Angelus del 2.10.2005.

18. Omelia nella Parrocchia di Ognissanti, Roma, 3.3.1991. Bella e sintetica anche un'altra espressione: “ Don Orione volle fare di Cristo il cuore del mondo dopo averne fatto il cuore del suo cuore ”; Lettera nel 50 ° della morte di Don Orione, 12.3.1990.

19. Al IX Capitolo Generale FDP, 20.5.1987.

20. A l X Capitolo Generale FDP, 16.5.1992.

21. CG 10°, mozione 16, e nn.165 e 196: “Il Capitolo conferma la spinta missionaria data da don Masiero, conforme agli orientamenti del Papa, ma chiede che siano consolidate le nuove basi con comunità che possano esprimere compiutamente il nostro carisma”. “ Nuovo slancio missionario ” è il titolo della mozione n.4 del CG 11° che, contemporaneamente, da anche molto spazio ed enfasi alla solidità di “Comunità luogo di condivisione fraterna” che “sostiene la fedeltà ed orienta il lavoro apostolico di tutti” (8 a Mozione).

22. Scritti 45, 60.

23. “Ci siamo imbarcati a Genova per Siracusa. Dormivamo sul cordame, fuori, alla luce delle stelle, fermandoci a Livorno, a Napoli, a Messina ” ( Annali II, 374).

24. DOPO II, 372-373. Al suo vescovo Bandi scrive: “ Vado a cercare le anime da portare al Cuore di Gesù ”.

25. Sui passi di Don Orione , p.215.

26. Anche recenti aperture missionarie sono avvenute “in spe contra spem”; si pensi, ad esempio, a Filippine, India, Ucraina.

27. Scritti di Don Carlo Sterpi IV, 226.

28. Lettera di Don Sterpi in data 21 novembre 1921; IV, 218.

29. Lettera a don Risi, 1 dicembre 1921; Scritti 6, 188. La prima era la Casa di Marcos Paz e la seconda quella di Victoria.

30. Lettera di don Sterpi, 25 dicembre 1921; IV, 226.

31. “Spero Dio mi concederà di tornare in Brasile, in novembre”; a Silverio Pimenta, Scritti 64, 130.

32. “Ho accettato due Case nella capitale del Cile: una per le Suore e una per noi. Andrò a vederle nel viaggio al Perù. Intanto che sono qui, è necessario che veda bene tutto e pianti i picchetti, come dice don Zanocchi”; 9 settembre 1935, Scritti, 18, 143 .

33. Cfr R. Simionato, Ragioni e atteggiamenti dell'abbraccio dei popoli , in Don Orione e il Novecento , Ed. Rubbettino, Soneria Mannelli, 2003, pp.179-198; F. Peloso, Don Orione, "un vero spirito ecumenico", Ed. Dehoniane, Roma, 1997.

34. Mentre Don Orione curò sempre che le Suore vivessero in comunità, e anche abbastanza numerose, con i Figli della Divina Provvidenza andò diversamente.

35. Il Servo di Dio Mons. Pirro Scavizzi (1884-1964), fu personaggio di spicco del clero italiano, benemerito assistente spirituale dell'UNITALSI.

36. Lettera del 9.1.1934; Scritti 115, 156.

37. Scritti 53, 48.

38. All'abate Caronti, 20.9.1937, Scritti 50, 36.

39. Lettera del 19.7.1929, Scritti 1, 97.

40. Lettera del 26.1.1934, Scritti 1, 160.

41. Lettera del 20 marzo 1928; Scritti 32, 122.

42. Nel 1942, le Piccole Suore Missionarie della Carità erano 250 con 50 case.

43. Scritti di Don Sterpi, 33, 171-172.

44. In Francia, ci furono piccole presenze a Casseneuil (1952-1958), poi a Saint Ouen (1956-1993), Plailly (1978-1992), Annecy, Persan, ma senza che, con vocazioni locali, si giungesse a sviluppo consistente e autonomo.

45. Dopo la prima tenda orionina del 1931 a Valencia, drammaticamente spazzata via con il martirio di P. Ricardo Gil e Antonio Arrué (3.8.1936), gli inizi veri e propri si ebbero nel 1956, a Posada de Llanes, cui seguì Dicastillo e Cascante (1957) e le altre comunità fino a divenire Provincia nel 1988.

46. In Australia alcuni confratelli polacchi si dedicarono soprattutto alla pastorale tra gli emigrati polacchi; Don Wladimir Michalski vi giunse nel 1959. Fu sempre una presenza molto esigua e non organizzata in comunità e opere religiose.

47. Fenomeno analogo di rallentamento delle aperture missionarie in favore del consolidamento istituzionale hanno avuto le Piccole Suore Missionarie della Carità che, dopo il 1949, aprirono una nuova missione solo nel 1978, quando Madre Maria Caterina Preto, accogliendo l'appello di Paolo VI in favore dell'Africa, portò la Congregazione in Kenya.

48. Cfr mozione n.16 del 10° Capitolo generale (1992); la n.4 del 11° (1998) e la decisione n.7 del 12° (2004).

49. Don Pensa e Don Zambarbieri hanno aperto poche nuove missioni, però sono stati molto sensibili e propositivi nei confronti delle missioni; hanno promosso soprattutto la loro crescita e consolidamento istituzionale, apostolico, vocazionale. Per esempio il decollo definitivo della Congregazione in Brasile si deve alla spinta missionaria negli anni '50 e 60; Padre Valdastico Pattarello ne fu il riferimento.

50. Cfr. in questo fascicolo a p. (pagina interna del fascicolo).

51. Cfr. il criterio n.4, p.85. Il Progetto missionario del 1993 non ha formulato solo un “programma” missionario, ma anche ha delineato un quadro di valori, una identità, una dinamica della missio ad gentes orionina.

52. Lettera del Venerdì Santo del 1923, Scritti 71, 46-47.

53. Cfr. Appello Missionario ai Laici orionini , in questo fascicolo a p. (pagina interna del fascicolo).

54. Discorso alla sesta Assemblea plenaria delle Conferenze Episcopali dell'Asia, Manila (15.1.1995).

55. Attualmente nelle Filippine ci sono 15 religiosi (di cui 9 chierici), due postulanti e 6 seminaristi di filosofia; la parrocchia di Payatas ha avuto un notevole sviluppo pastorale e caritativo; a Montalban c'è il seminario e un Piccolo Cottolengo con una quarantina di disabili gravi.

56. In India, ci sono 4 confratelli, 3 novizi e un buon numero di seminaristi di filosofia. Il Vescovo ha detto: cominciate, formate vocazioni, quando avrete 3-4 religiosi e sacerdoti indiani venite e vi assegnerò un campo di lavoro.

57. Con sorpresa ho trovato che il tema di un'apertura della Congregazione in Cina ricorre più volte negli Scritti di Don Orione: “ Abbiamo chiamate per due nuove case in Cina, da un Vescovo e dallo stesso Monsignor Celso Costantini Delegato Apostolico per la Cina ”; Scritti 73, 156. In una minuta senza data: “ La Cina era inaccessibile; ora la muraglia dell'impero celeste è caduta: il Giappone era chiuso allo straniero: ora non più. I popoli si sono avvicinati: l'umanità non solo cammina ma corre, ma viaggia, vola”; Scritti 56, 167.

58. La parte delle decisioni è presente in questo fascicolo di Atti ; nei prossimi mesi sarà pubblicato un più completo e dettagliato Dossier .

59. Scritti 45, 60.

60. Cfr Lettera di annuncio, in questo fascicolo a p. (pagina interna del fascicolo).

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