FLORIAN GIULIO: Don Micio, i Micetti e il suo Galletto.

Ricordo del primo sacerdote di Don Orione da me conosciuto.
DON MICIO, I MICETTI E IL SUO GALLETTO
Una figura emblematica di vocazionista fu Don Giulio Florian (1911-2003). Risiedeva all'Istituto Marco Soranzo di Campocroce di Mirano (VE) e alternava il ministero sacerdotale nelle parrocchie con iniziative di animazione per ragazzi e contatti personali nelle famiglie.
Con la sua Moto Guzzi “Galletto” gialla, girava per i paesi delle province del Veneto, spingendosi in Valsugana e nella sua Val di Fassa e persino in Carnia. Quanta strada e quante strade ha fatto!
Giunse anche nella mia casa, ad Almisano.
A tutti i ragazzi che incontrava faceva giungere un giornaletto, dal titolo “E POI?”, da lui scritto e stampato con un ciclostile ad alcool.
Ebbi la grazia di conoscere Don Florian anch'io.
Veniva per mio fratello Tarcisio che, di fatto, entrò al Soranzo.
Io avevo 8 anni. Conquistò la simpatia mia e il cuore della mia famiglia. Parlava di povertà, di bontà, di Provvidenza, di Chiesa, di carità come ascoltavo dai miei genitori.
Io, che già quando avevo 4 o 5 anni dicevo che sarei diventato "prete", dopo aver conosciuto lui, presi ad aggiungere "di Don Orione".
Avevo un mio fratello sacerdote diocesano, i novizi gesuiti che mi facevano il catechismo alla domenica, mia mamma del Terz'Ordine Francescano, eppure fu chiaro che sarei diventato "prete orionino", come Don Micio, il nome che Don Florian si era dato per conquistare la vicinanza del linguaggio e dell'affetto dei ragazzi (i Micetti) che andava incontrando.
Don Giulio Florian ha lasciato un grande repertorio di foto e di filmati dell'attività di vocazionista tra gli anni '50 e '60. Ogni tanto appare il suo Galletto, compagno e testimone della sua ricerca di "buoni fanciulli da avviare all'altare".
Il video è un omaggio a Don Giulio Florian, Don Micio, e a tutti i suoi Micetti.
DON GIULIO FLORIAN, CON L’ANIMA NELL’OBIETTIVO DEL BELLO
A Tortona, fu per 30 anni una presenza familiare, discreta e premurosa. Per chi non ne conosceva il nome era "il prete della macchina fotografica” o “della cinepresa", perché così vedevano Don Giulio Florian ad ogni avvenimento religioso importante, alla Madonna della Guardia o a Sant'Alberto di Butrio, a Tortona o negli altri paesi del Tortonese. Fu un orionino che ha fatto della fiducia nella Divina Provvidenza, dell'umiltà, della semplicità, del distacco dalle vanità, cui normalmente tutti soccombiamo, e dell'attenzione delicata verso le persone le virtù con cui meglio imitare il fondatore Don Orione.
Don Giulio Florian è morto l’8 novembre 2003, a Bergamo, nella casa orionina che l'ospitò negli ultimi due anni di vita, quando la salute divenne sempre più precaria. Aveva 92 anni e da 59 era sacerdote. Era nato a Pozza di Fassa, nel Trentino, il 14 maggio 1911. A 25 anni, lasciò la casa e il lavoro di fotografo per raggiungere il "Paterno" di Tortona. Vi incontrò Don Orione e ne rimase affascinato. Studiò nel seminario di Tortona e fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1944.
Don Orione non solo gli permise, ma valorizzò il suo talento fotografico, purché messo a disposizione della congregazione. Per lui divenne una missione. E' di Don Florian una delle più belle foto di Don Orione, in primo piano, dal sorriso un po’ stanco e buono, tuttora esposta al "Paterno" di Via Emilia 63. Ha lasciato un prezioso archivio video-fotografico che documenta 50 anni di vita della Congregazione cui voleva tanto bene.
Considerava come epoca d'oro della sua attività sacerdotale quella trascorsa, tra gli anni '50 e '60 come "vocazionista" nel Veneto e altrove. Alternava il ministero sacerdotale nelle parrocchie con iniziative di animazione per ragazzi e con tanti contatti personali nelle famiglie. Si spostava da un luogo all'altro con la sua moto, una Guzzi "Galletto". A tutti i ragazzi che incontrava faceva giungere una specie di giornaletto, dal titolo E poi? da lui scritto e stampato con un ciclostile ad alcool. Ebbi la grazia di conoscerlo anch'io. Avevo 8 anni. Conquistò la simpatia mia e il cuore della mia famiglia. Parlava di povertà, di Divina Provvidenza, di Chiesa, di carità come ascoltavo dai miei genitori. Io, che già quando avevo 4 o 5 anni dicevo che sarei diventato "prete", dopo aver conosciuto lui, presi ad aggiungere "di Don Orione". Avevo mio fratello sacerdote diocesano, i novizi gesuiti che mi facevano il catechismo alla domenica, mia mamma del Terz'Ordine Francescano, eppure fu chiaro che sarei diventato "prete orionino", come "Don Micio", il nome che Don Florian si era dato per conquistare la vicinanza del linguaggio e dell'affetto dei ragazzi che andava incontrando.
Dopo questi anni di fruttuosa "questua di vocazioni", fu padre spirituale nel seminario di Buccinigo d'Erba (CO), vicino ai giovani seminaristi, ma anche alla gente della parrocchia che sapeva accostare con tratto semplice, ricco di umanità e di fede. Nel 1972, fu mandato all'eremo di Sant'Alberto di Butrio (PV) come direttore e anche maestro dell'unico novizio che vi era allora, Fra Edoardo. Non restò per molto tempo a Sant'Alberto di Butrio, ma quell’eremo divenne il suo luogo di ministero e sua "oasi felice". Da Tortona vi saliva settimanalmente, con la piccola 500, per le confessioni, per conferenzine e ritiri agli eremiti, per incontrare la gente. Ideò e curò lui il Richiamo di Frate Ave Maria, la rivistina dell'eremo.
Al "Paterno" di Tortona risiedette fino al 2001, offrendo il suo servizio sacerdotale di celebrazioni e ancor più di confessioni soprattutto nella parrocchia di San Michele, ma ovunque fosse richiesto, prediligendo i posti umili e meno curati, come i pensionati per anziani, le malate del Piccolo Cottolengo di Milano, i buonifigli della Calvina, le poche famiglie del Maghisello.
Godeva come un bambino di tutto ciò che era bello e buono. Aveva animo e qualità di artista che espresse con la fotografia, la parola, la pittura, la capacità contemplativa del bello. Sempre mite e positivo nel valutare le persone, scrisse: “Il senso dell’utilitarismo è molto forte anche in mezzo a noi, cultori di anime, assieme al protagonismo”. A Don Orione lui chiedeva solo un miracolo: “quello di volerci tutti un grande e vero bene”.
Ebbe sempre a tribolare con la salute, dopo quell'epoca d'oro come vocazionista, ma tutto sopportò con pazienza e dignità, senza smobilitare nel fare quel bene che gli era possibile. I suoi anni si accumularono, "settanta, ottanta per i più robusti" dice la Bibbia: lui arrivò ai 92. Avendo bisogno di un sostegno adeguato alle sue condizioni di salute, dal 2001 fu destinato alla casa di Bergamo. Qui, limitato nel corpo ma ancora sveglio nella mente, si è spento - è il caso di dirlo – l’8 novembre.