TIPOGRAFIA “SAN GIUSEPPE” DI TORTONA

Le vicende che portarono don Orione e don Sterpi a fondare una tipografia presso il Paterno di Tortona.
LA TIPOGRAFIA “SAN GIUSEPPE” DI TORTONA
Sono passati cento anni dalla nascita della prima tipografia della Piccola Opera della Divina Provvidenza. L’articolo ricostruisce le vicende che portarono don Orione e don Sterpi a fondare una tipografia per far conoscere, anche tramite la stampa, le attività e le iniziative della Congregazione.
Michele Busi*
Le vicende della Tipografia “San Giuseppe” sono strettamente connesse con quelle del Paterno. All'origine dell'iniziativa da parte di don Orione di avviare una tipografia vi era la sua passione, ampiamente testimoniata, per la stampa.
La passione per la carta stampata
È stato osservato che "la mente, o la fantasia, tra regoli e martelli, tra macchine stampatrici o piallatrici, Don Orione deve sempre averla avuta fin da giovane"[1]. Lui stesso quando parlava dei suoi anni con i salesiani, affermava: "In collegio da Don Bosco eravamo allora 600 studenti e 500 artigiani, senza calcolare un gruppo di altri che li chiamavamo 'i barba'... Tra il cortile di noi studenti e quello degli artigiani c'era un'ala di fabbricato; al pianterreno erano le officine, i laboratori; al secondo e al quarto le camerate degli artigianelli"[2].
Questo gli affinò senz'altro la sensibilità nei confronti dell’educazione dei giovani e del loro avviamento al mondo del lavoro, che si sarebbe dispiegata nelle diverse iniziative poste in atto, tra cui in particolare le colonie agricole e le scuole professionali, non ultime quelle tipografiche.
A questa conoscenza, si deve poi aggiungere un’indubbia capacità di Don Orione nell'utilizzo dei mezzi di comunicazione per le sue molteplici attività apostoliche e caritative. Don Orione fu uno dei pochi sacerdoti, verso la fine dell’Ottocento, a rendersi conto delle notevoli possibilità offerte dall’impiego non solo della carta stampata[3], ma anche, ad esempio, della radio.
Un ulteriore motivo di apostolato il giovane sacerdote lo ravvisava nel venire incontro ad una preoccupazione che il vescovo Bandi manifestava per l’incessante e spesso violenta propaganda anticattolica esposta su gran parte della stampa laica. È stato osservato come “a Tortona e nei principali centri della diocesi, a fine Ottocento, si ebbe tutto un proliferare di giornali laici, espressione dei più svariati interessi e, in gran prevalenza, attestati su posizioni ostili alla religione e alla Chiesa”[4].
Don Orione si prodigò con entusiasmo per la diffusione della ‘buona stampa’ diffusione della stampa. A soli 23 anni, quando da non molto aveva aperto il suo primo collegio, aveva dato inizio al giornale “La Scintilla”, che ebbe però vita breve[5]. Nel 1898, poi, iniziò la pubblicazione del bollettino "L'Opera della Divina Provvidenza".
Il primo fascicolo uscì con la data del 15 agosto 1898, ed era stampato dalla Tipografia di Francesco Scala di Alessandria, che aveva una sede in piazza Duomo a Tortona.
Nella richiesta di autorizzazione a pubblicare il bollettino, inviata al Ministero degli Interni, don Orione specificava che il giornale era ‘religioso, educativo e letterario, non politico’, e che sarebbe uscito tutte le domeniche incominciando il 30 luglio[6].
Nella prima annata la rivista uscì con 9 numeri: il 15 agosto, il 21 agosto, il 28 agosto, il 4 settembre, l’11 settembre, il 18 settembre, il 25 settembre, il 2 ottobre, e il 10 gennaio 1899[7].
La Tipolitografia Scala aveva anche un grande deposito di stampati, cancelleria per scuole, libri.
Dopo i mesi estivi del 1903 don Orione, che si trovava a Monte Mario presso la Colonia S. Maria, prese la decisione di pubblicare un rivista mariana, intitolata “La Madonna”. L'idea di dare questo nome al periodico – è stato osservato – gli fu suggerita “dal 50° dell’Immacolata di Lourdes e dal desiderio di esprimere, anche in questo modo, la sua traboccante gratitudine alla Madre di Dio per la prima approvazione dell’Opera da parte del Vescovo”[8].
In una lettera del 22 agosto 1903 spiegava: “L’8 gennaio uscirà un periodico mensile intitolato ‘La Madonna’. Porterà in fronte un rescritto autografo del S. Padre, che benedice l’Opera della Divina Provvidenza che lo promuove e a cui beneficio vanno le offerte superiori alle spese”[9].
Anche questa rivista ebbe vita piuttosto breve: durò infatti poco più di un anno.
La nascita della tipografia
Da tempo don Orione coltivava l'idea di impiantare una propria tipografia, che avrebbe potuto contenere le spese e permettere di occupare qualche giovane. Non è escluso che don Orione in questo avesse preso spunto da altri sacerdoti che verso la fine dell’800 avevano impiantato Tipografie per educare al lavoro i giovani. Tra questi ci pare doveroso segnalare padre Giovanna Piamarta, fondatore della Sacra Famiglia di Nazareth[10].
Finalmente sembrò che venisse a crearsi l’occasione propizia.
Uno dei motivi fu certamente la vicenda della Tipografia Francesco Scala di Alessandria.
Dopo che aveva stampato, dal 1898 al 1900, il giornaletto "L'Opera della Divina Provvidenza"[11], l’azienda attraversò momenti di difficoltà rischiando più volte il fallimento[12]. Nell’agosto del 1903 Scala era giunto a citare Don Orione per inadempienza, dopo tre anni di silenzio de “L’Opera della Divina Provvidenza”[13].
Tuttavia, la vicenda non si sarebbe conclusa, perché l’anno seguente don Orione avrebbe iniziato le trattative per rilevare la tipografia e trasportarne i macchinari a Tortona.
Un deciso sostenitore dell’iniziativa della tipografia era don Sterpi, il quale fin dal novembre 1903 al Santa Chiara aveva inaugurato un torchietto, fabbricato da un chierico e disegnato da un illustre canonico, Don Lorenzo Ratti, che era anche un discreto pittore[14].
All’inizio di febbraio del 1905, quando stava avviandosi alla conclusione la sua permanenza a Roma, in una lettera a don Ignazio Goggi, don Orione accennava alla nuova Tipografia che si stava aprendo:
"Andate da Don Ravazzano e fatevi dare l'articolo di Agraria scritto dal Geom. Ivaldi: dite (che è) per fare stampare il giornaletto e mandatemelo subito. Lui dirà (domanderà) se si stampa lì: - dite, si stampa alla tipografia San Giuseppe. Infatti, per stavolta, stampiamo ancora qui, ma porterà scritto Tip. San Giuseppe, per fare la réclam alla nostra Tipografia: ma silentium su questo. Aspetto subito articolo"[15].
Il settimanale di Tortona “Il popolo” all’inizio del 1905 annunciava che Don Orione intendeva quanto prima aprire al pubblico la nuova tipografia: “Nuova Tipografia. Il M.R.D.L. Orione, Direttore della Divina Provvidenza, ha fatto ad Alessandria acquisto della già Tipografia Scala, aumentata e migliorata con nuovi attrezzi e caratteri. Egli ha trasportato il materiale nella nostra città, dove intende aprire quanto prima al pubblico – presso la sede della Congregazione – la nuova tipografia sotto il benaugurante titolo di San Giuseppe. La prima cosa che vi si stamperà sarà ‘La Madonna’, periodico della Congregazione stessa. Noi auguriamo il miglior successo alla nuova iniziativa”[16].
A metà marzo 1905 don Orione rientrava da Roma recandosi a Vigevano, accompagnato sempre dalle preoccupazioni per la rivista e la tipografia.
Nel luglio scriveva a don Zanocchi, vice direttore della casa:
"1) Quando scrivete, scrivete un po' più chiaro – e continuate pure a scrivere di frequente, che mi fate piacere. 2) Chiudete pure la tipografia, se non siete tranquillo, e vigilate bene: svegliatevi, vigilate bene e vigilate tutti e tutto. Con Morazzoni (il tipografo) state un po' serio e non vi fidate. La tipografia chiudetela in bel modo, che quasi non se ne avvedano. State attento che non si rubino i caratteri... Per ora non date denaro fuori: ditemi prima se ne avete ricevuto: – se ne avete ricevuto, ne potete dare un poco..."[17].
Intanto, nel 1904 don Orione era stato costretto ad abbandonare il vecchio casermone del Santa Chiara e a cercare una nuova sede, sempre sulla Via Emilia.
Nel giugno 1905 avveniva la petizione di mons. Bandi per la cessione a don Orione della Casa Oblatizia e della Parrocchia di San Michele (14 giugno). Il 4 luglio Pio X concedeva il passaggio della Casa Oblatizia e di San Michele all’Opera[18].
In agosto cominciavano i lavori di ristrutturazione della casa.
Questo ulteriore impegno finanziario preoccupava il Fondatore, che temeva anche per i costi della tipografia.
Il 1 agosto scriveva a don Sterpi: “In virtù di S. Obbedienza, e con l’aiuto del Signore e della Madonna, fate quello che vi è possibile per avere dai benefattori il danaro per la tipografia”.
Pochi giorni dopo, da Roma confidava al suo collaboratore le proprie preoccupazioni per i lavori di sistemazione del “Paterno” e, di riflesso, le sue titubanze circa la tipografia:
"Non mi so proprio decidere a prelevare danaro per la tipografia. Cosa volete? io penso che domani lì non avrete più un centesimo e che scriverete qui di pensare a provvedersi danaro: - qui non posso fare nulla. Goggi lo sa. I muratori già ne assorbiranno, per di più ci sono urgenze gravi di altri debiti. Voi mi dite che ne raccoglierete, ma io, ve lo dico proprio con molto amore fraterno, io ne dubito molto – e so anzi che vi accasciate, quando vi trovate in angustie materiali, fino a vacillare nella S. Vocazione. Quindi vedete, mio caro Don Sterpi, che non mi so decidere, pure vedendo tutti gli inconvenienti che mi dite. Il Vescovo aveva già detto a me che si poteva fabbricare sulla sacrestia di San Michele: spero non cambierà"[19].
Ancora nell’agosto 1905 don Orione, preoccupato, scriveva a don Sterpi, il quale chiedeva una nuova macchina stampatrice per la tipografia: “Per la macchina aspettiamo ancora un momento. ‘La Madonna’ uscirà per ora qui. Scusatemi, caro Sterpi, è perché temo di non avere poi i danari per fabbricare (il piano nuovo della Casa Madre, n.d.r.)”[20].
Furono necessari quattro mesi di lavoro per sistemare la Tipografia, che fu così la prima dell’Opera.
Gli inizi
È interessante la testimonianza resa nel 1942 da Vittorio Morazzoni, uno dei primi ragazzi apprendisti della tipografia, circa gli inizi: “Venni 38 anni fa a lavorare nella tipografia di Don Orione: nel 1904. Io ero disoccupato, in quel tempo, e mi raccomandai a Don Orione, il quale, proprio allora, aveva acquistata la tipografia Scala. Io ero stato già uno dei frequentatori dell’Oratorio, presso il giardino del Vescovo, e don Orione mi voleva bene e, avendogli detto che io ero rimasto disoccupato, mi accolse. Vi era con me Milanese. Io avevo 21 anni. Si stampava con il torchio. Per quattro mesi abbiamo messo a posto qui, al Paterno, la tipografia – che era posta al primo piano del Santa Chiara –, con l’aiuto di Ferrari e di Cumo. In quel primo anno, abbiamo fatto un lavoro per don Allasia. Direttore della tipografia, o assistente, ci fu prima il Chierico Merlo, poi Don Risi. Prima ancora del lavoro di Allasia, abbiamo stampato un manifesto per Riccardi, il musicista"[21].
Finalmente verso la fine del 1905 don Orione poteva lanciare un appello ai tortonesi, riprendendo la pubblicazione della seconda serie de “L’Opera della Divina Provvidenza”.
Egli, riferendosi alla Tipografia San Giuseppe, scriveva: “Vi lavorano già una decina di ragazzi, i quali speriamo cresceranno tra breve di numero... Voglia procurarci del lavoro, molto lavoro. Facendo così, Ella ci metterà in grado di aumentare il numero dei nostri piccoli artigiani, ci aiuterà a dare loro un mestiere, col quale un giorno potranno procurarsi un pane onorato; avrà i lavori eseguiti con finitezza, e il prezzo sarà mitissimo, non lavorando noi a scopo di lucro”.
Sul bollettino dell’Opera, accennando alle diverse attività del Paterno, faceva menzione anche della tipografia:
"Con l'aiuto del Signore in questo mese pare si sia fatto un po' di bene, qualche passo avanti nel bene. A Tortona si è dato uno sviluppo considerevole (consolante) all'Oratorio festivo: – sono dai cinquecento ai settecento i ragazzi che lo frequentano, e ciò si deve – si capisce – all'appoggio di quel Vescovo che l'ha giovato: - le benedizioni del Signore piovono specialmente dalle mani dei Vescovi... Accompagnato dal nostro caro Prevosto Don Carlo Milanese e dal Segret. Vescov. Teol. Traverso, egli venne a benedire la Fanfare e improvvisò uno splendido discorso. Ma di quella indimenticabile nuova festa, come pure della Tipografia – acquistata dall'Opera –, alla quale venne dato il nome di Tipografia San Giuseppe, parleremo di proposito nel numero prossimo"[22].
L'impegno della Tipografia faceva parte degli impegni per inserire i giovani nel mondo delle professioni[23].
Don Sterpi, che seguiva con attenzione e passione i primi passi del Paterno, era sensibile anche alle necessarie migliorie tecniche della tipografia. Nel 1906, dopo varie insistenze dello stesso Sterpi con don Orione, vi era stato l’acquisto della stampatrice Nebiolo.
Il primo novembre di quell’anno riprendevano le pubblicazioni della seconda serie de "L'Opera della Divina Provvidenza". La dicitura completa era: “Tortona, Tipografia San Giuseppe della Piccola Casa della Divina Provvidenza; Direttore responsabile Sac. Giuseppe Zanocchi. Con permissione ecclesiastica”[24].
La prima pagina riportava la riproduzione, in autografo, della benedizione di Papa Pio X che aveva per due anni, caratterizzato la prima pagina de “La Madonna”. Faceva seguito la lettera di approvazione del Vescovo Bandi, concessa il 18 gennaio 1904. La lettera era preceduta da queste parole di Don Orione: “Questa bellissima lettera di Mons. Vescovo, tutta di suo pugno, non è di oggi, come ognun vede; ma essa venne scritta appositamente per la ripresa di questo caro foglietto, che non poté uscire prima d’ora per mille vicende, non sempre dipendenti dalla nostra buona volontà”[25].
Intanto la Tipografia San Giuseppe cominciava la sua intensa attività. Sullo stesso bollettino veniva accennato anche a qualche innovazione tecnica: “Avendo acquistata la nuova macchina ‘Ideale’ (ditta Nebiolo) a platina perfezionata e a macinazione cilindrica, e uno svariato e copioso assortimento di caratteri, ci terremo onorati di eseguire con celerità e massima accuratezza qualunque lavoro tipografico”.
Il 15 gennaio 1907 usciva il primo numero del bollettino dell’Opera.
Il lavoro in tipografia
Come si svolgeva l’attività presso la Tipografia? Certamente, il primo periodo fu caratterizzato da scarsità di mezzi, ma anche da grande abnegazione e sacrificio da parte del gruppetto di persone che seguivano l’attività della tipografia. Vi erano poi alcune figure che rivestivano un ruolo chiave.
I più noti erano certamente il tipografo Egidio Vezzulli, che nel 1909 divenne direttore della Tipografia. Egli era coadiuvato da Paolino Lazzari e da Domenico Falcone. La maggior parte dei lavoratori apprendevano ed esercitavano l'arte tipografica sotto la guida di questi esperti tipografi.
Questi ultimi erano inoltre "due autentiche colonne delle rappresentazioni teatrali che all'Immacolata, a carnevale e a Pasqua calamitavano l'interesse e gli entusiasmi non soltanto dei convittori ma di una parte eletta della cittadinanza. Ricordiamo Colpa e perdono, Lotta fraterna, due drammoni colossali e la Passione di Cristo. Guido Serventi non era ancora tra noi"[26].
La più alta percentuale dei tipografi era costituita da orfani calabresi e siciliani, che don Orione aveva condotto con sé dopo la drammatica esperienza messinese.
Sede della Tipografia San Giuseppe era lo stanzone a pianterreno con l'entrata a destra del corridoio di comunicazione tra il cortile e l'orto.
Don Sparpaglione ricordava come "il lato sud del cortile, dove pure trovava posto il passo volante, l'altalena e la sbarra fissa, era formato da un alto muro cieco, salvo due finestre sempre sigillate che ne rompevano la tetraggine unitamente alla struttura d'una certa importanza del pozzo che fa da piedistallo alla grande statua della Madonna e la fontanella dell'acqua fresca, limpidissima e leggera servita in continuazione dai camerieri alla mensa. Non esistevano né le stanze del primo piano con la ringhiera d'accesso, né la parte a pianterreno occupata oggi dalla tipografia che si apre sulla Via Emilia”[27].
Al proto Egidio, trasferito al San Prospero di Reggio Calabria, subentrò negli anni della prima guerra mondiale il massiccio e taciturno Paolo Ferrari tortonese autentico e poi, molti anni dopo, Pierino Regalzi. Egli, accolto nella Casa Madre a soli 6 anni, in quanto orfano, divenne prima allievo tipografo e poi, dopo Ferrari, proto della tipografia San Giuseppe, dove vi lavorò per ben 60 anni[28]. A lui succedette Bruno Segotta.
Don Sparpaglione osservava come “la sede tipografica veniva riscaldata d’inverno, anche per consentire di preparare nell’apposito pentolino la pastetta per la legatoria. Gli apprendisti uscivano spesso all’aperto con il soffietto per liberare dalla polvere le cassette dei caratteri, ma se nella scomposizione sbagliavano con eccessiva disinvoltura le collocazioni, poteva arrivare la sberla di Egidio. Perciò attenzione!
Il bollettino della Piccola Opera, dal formato di giornale ma di ridotte dimensioni, si stampava sotto Natale, per la Pasqua ed eccezionalmente in preparazione ai pellegrinaggi della Guardia e di Caravaggio.
Era per noi piccoli rimasti in collegio durante le vacanze natalizie, una festa partecipare alla sua spedizione. Sui tavoli dello studio o della vecchia biblioteca erano disposti i fogli da piegare. Chi accudiva alla ripiegatura, chi incollava gli indirizzi stampati su larghi formati di carta a colore traforata. Erano di numero limitato, ma ogni volta aumentavano. Per applicarli uno per uno sul giornaletto ci servivamo della pastetta. Gli assistenti sorvegliavano il nostro lavoro e vi prendevano parte. Fatto questo si raggruppavano per provincie. Primeggiavano quelle di Alessandria e di Pavia”[29].
I primi tempi furono senza dubbio difficili. Giovanni Venturelli annota che “i galloni di bravura e di benemerenza la San Giuseppe dovette meritarseli con sacrifici annosi di proto e di ragazzi allievi. Più d’un antico alunno di Don Orione e i suo sacerdoti collaboratori ricordano quando passavano in bianco delle notti a girare a mano la vecchia pedalina da stampa o in legatoria a confezionare blocchetti o stampati da consegnare a tempo, per far bella figura e assicurarsi la clientela”[30].
La formazione professionale
La tipografia fu ben presto accompagnata dalla scuola professionale.
Il lavoro in tipografia era infatti concepito da Don Orione anche come importante momento di formazione della personalità dei giovani.
Erano gli anni in cui da più parti, nel mondo cattolico, si stava avvertendo l’importanza delle scuole di avviamento al lavoro, fucina per futuri cittadini e padri di famiglia onesti e cristianamente formati[31].
Nel corso della Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi a Venezia dal 22 al 28 settembre 1912, intervenne anche don Benedetto Galbiati, che presto sarebbe venuto a contatto diretto con Don Orione, sul tema delle “scuole serali, festive, professionali, agrarie, domestiche”. Egli, nell’illustrare le condizioni dell’industria del tempo, affermava: “Mai come oggi – e per le esigenze delle industrie e per il benessere dei lavoratori – è stato vivo e sentito il bisogno di una preparazione tecnica degli operai, in modo che questi, senza bisogno di un lungo e problematico apprendisaggio, divengano e siano skilled o qualificati nella loro professione. Di qui la necessità, da lungo tempo impostasi all’attenzione degli uomini più intelligenti, di scuole professionali apposite per la preparazione di abili lavoratori. In sostanza tocca ora alla scuola adempiere quella funzione che un tempo compivano splendidamente le corporazioni artigiane per i loro associati... Ormai, più che per magistero di legge, per intelligenza di privati e munificienza di enti particolari, abbiamo anche in Italia una confortevole fioritura di scuole professionali per le varie branche dell’attività industriale. Urge che il loro numero sia accresciuto, il loro ordinamento megliorato. Per fortuna in questa parte vige tuttora un regime di libertà: giova profittarne largamente a benefizio della gioventù lavoratrice, come hanno fatto e fanno con tanto onore parecchi istituti religiosi, massime i Salesiani, tanto benemeriti della cultura professionale in Italia e fuori”[32].
Oltre alle scuole salesiane, don Orione conosceva la realtà delle scuole fondate da Giovanni Piamarta a Brescia e Giovanni Bonsignori a Remedello.
In merito ad un ragazzo in difficoltà scriveva don Orione: "Che se tu vedessi che egli potesse rifarsi nello spirito qualora per qualche tempo me lo prendessi vicino, scrivimelo che vedrò di farlo. Quando, invece, tu non ritenessi più di lui alcuna speranza, allora digli che penso sia bene per lui, data anche quella istruzione che egli ha e che potrà facilitargli l'arte, che vada a Tortona, e che si metta con impegno alla tipografia, ché, se ha intenzione di fermarsi ancora con noi, sarà un mio braccio quale fratello coadiutore nell'arte tipografica"[33].
Intanto Mons. Bandi nel 1910 con una solenne cerimonia aveva benedetto la tipografia San Giuseppe sistemata nei locali rinnovati.
Il titolo di Editrice deriverà alla Tipografia alcuni anni dopo, quando il canonico Don Artana cedette a Don Orione l'edicola di giornali della piazzetta di San Michele. Dandone notizia il 25 febbraio 1913, Don Orione scriveva ai parroci tortonesi:
"Col 18 marzo, vigilia di san Giuseppe, si aprirà in Tortona – presso la piazzetta San Michele e in prossimità dell'edicola dei giornali cattolici – una Libreria Editrice... Società amministrata da ottimi signori, di cui mi onoro di far parte".
Tra le finalità Don Orione elencava:
"Offrire al Clero comodità di trovare tutte le novità librarie che presenta giornalmente la stampa religiosa, e quegli articoli religiosi che spesso occorrono al sacerdote; fare del bene con la diffusione, a modico prezzo, di libri morali e di sicura dottrina, e agevolare così la propaganda della buona stampa; dare lavoro e pane onorato a poveri fanciulli ed orfani, da me raccolti, con l'aiuto del Signore, in questa Casa...".
Nel corso degli anni la tipografia avrebbe assunto indifferentemente la qualifica di “Scuola Tipografica (o Litotipografica) San Giuseppe” o semplicemente “Tipografia San Giuseppe”.
La tipografia conobbe, dopo i primi stentati inizi, un’intensa attività. Come abbiamo visto, don Orione vi faceva stampare i propri bollettini. Oltre alle riviste ricordate, L'Opera della Divina Provvidenza[34] e La Madonna[35], avrebbe poi fatto stampare presso la tipografia San Giuseppe anche La Madonna della Guardia[36] e La Piccola Opera della Divina Provvidenza: organo degli "Amici di Don Orione"[37]. Dopo la morte del fondatore la tipografia avrebbe stampato anche gli Atti e comunicazioni della Curia Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza[38]. Gli stessi Messaggi di Don Orione, che presero avvio nel settembre 1969 per impulso di don Giusepe Zambarbieri, erano stampati dalla Tipografia San Giuseppe.
Il catalogo dell’Editrice si arricchì di interessanti pubblicazioni (in appendice riportiamo un significativo elenco dei titoli usciti).
A conferma dell’importanza attribuita da don Orione all’attività editoriale della Congregazione, merita segnalare come alla Tipografia San Giuseppe ne sarebbero seguite nel volgere di pochi anni anche altre, tra cui la scuola tipografica di Vigevano, quella di Borgonovo Val Tidone, ecc., oltre alla gloriosa Editrice Emiliana di Venezia, rilevata da Don Orione su suggerimento dell’amico Patriarca, il card. Pietro La Fontaine.
* Michele Busi, collaboratore dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, è coordinatore dei “Messaggi di Don Orione”. Il contributo fa parte di una recente pubblicazione del Gruppo Studi Orionini della provincia di San Marziano sui 100 anni del ‘Paterno’.
[1] 75° della prima tipografia avviata nel 1905 da Don Orione al Convitto Paterno di Tortona sotto gli auspici di San Giuseppe, Tortona 1980.
[2] G. Venturelli, Umili inizi e generosità di intenti, in 75° della prima tipografia avviata nel 1905 da Don Orione, p. 15.
[3] Avrebbe scritto anni dopo ad alcuni sacerdoti chiamati a formare un piccolo ufficio stampa: “La stampa è una grande forza: è il grande oratore che parla di giorno, che parla di notte, che parla nelle città e parla nelle borgate, fin sui monti e nelle valli dimenticate… Può la nostra Congregazione disinteressarsi di una tal forza? Non siamo noi obbligati a valercene pro aris et focis? Con la stampa popolare porteremo Cristo al popolo e il popolo a Cristo” (lettera del 22 febbraio 1938).
[4] F. Peloso, Il vescovo Bandi, don Orione e il cattolicesimo tortonese intorno al ‘900, in AA.VV., San Luigi Orione: da Tortona al mondo. Atti del Convegno di studi, Tortona, 14-16 marzo 2003, Vita e Pensiero, Milano 2004, p. 96. Significativo che nel 1896 la Lettera pastorale n. 51 era dedicata alla “Società Diocesana della Buona Stampa”.
[5] Dopo il primo numero, uscito il 31 agosto 1895, ne erano seguiti solamente altri due: il 17 settembre e il 25 settembre (cfr. Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, vol. II (1893-1900).
[6] “Quartiere Santa Chiara – Tortona il 20 luglio 1898. A Sua Eccellenza il Ministro degli Interni, Roma. Il sottoscritto, sac. Orione Luigi fu Vittorio, nato a Pontecurone e residente in Tortona, dà regolare denuncia a cotesto Ministero che intende stampare un giornaletto religioso, educativo e letterario, non politico, dal titolo ‘L’Opera della Divina Provvidenza’. Uscirà tute le domeniche, incominciando dal 30 luglio, e verrà stampato dalla tipografia di Francesco Scala, posta in questa città, piazza del Duomo, Casa Ved. Digiorno n. 2. Di detto periodico il sottoscritto ne assume tutta la responsabilità quale proprietario e Direttore responsabile”.
[7] La pausa invernale era dovuta al fatto che Don Orione il 14 settembre era partito per la Sicilia invitato dal vescovo di Noto, mons. Giovanni Blandini. Questi, dopo la lettura di un numero de "L'Opera della Divina Provvidenza", aveva deciso di chiedere a don Orione di aprire un istituto nella propria città.
Il giornale riprese nell’agosto del 1899: “Nuovo giornale in diocesi. Sappiamo che, per la prossima Domenica uscirà dalla stessa nostra Tipografia Scala il brillante foglietto “L’Opera della Divina Providenza, che già usciva nell’autunno dell’anno passato, diretto da Don Orione. Quello che è il Bollettino Salesiano per l’Opera di don Bosco è, nel suo piccolo, il giornaletto di Don Orione per le Opere della Divina Provvidenza. Esce con in fronte la benedizione che monsignor Vescovo gli ha già dato fin da quando uscì in numero unico con i ritratti delle glorie della Diocesi. Si diffonde gratuitamente a migliaia e migliaia di copie fra i Parroci e i giovani studenti e gli amici e benefattori dell’Opera”.
[8] Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, vol. IV (1903-1908), p. 54.
[9] Scritti 54, 8. L’editrice era la Desclèe, Lefebvre e c.i in via Santa Chiara a Roma.
[10] Sulle vicende ci permettiamo di segnalare il recente A. Salini, Educare al lavoro. L’Istituto Artigianelli di Brescia e la Colonia agricola di Remedello Sopra tra ‘800 e ‘900, FrancoAngeli, Milano 2000. Più in generale, cfr. M. Taccolini (a cura di), A servizio dello sviluppo. L’azione economico-sociale delle congregazioni religiose in Italia tra Otto e Novecento, Vita e Pensiero, Milano 2005.
[11] Don Orione vi aveva stampato altro, ad esempio l'opuscoletto Le dame della Divina Provvidenza, Tipografia Francesco Scala, Tortona 1900, pp. 8, [10x14]. Il piccolo opuscolo riproduce il testo di un appello di Don Orione per la collaborazione femminile laica nel campo della carità, con particolare riguardo al bene dei fanciulli.
[12] Il 15 giugno 1903 il proprietario della tipografia scriveva: “M.R.D. Orione, non so quando Lei si deciderà di far stampare il suo Giornale; intanto io ho fatto arrivare, dietro suo ordine, la carta necessaria; ho sostenuto delle spese di porto e, dietro l’intervento di D. Sterpi, anche delle spese sosta. Non mi trovo in condizione, in questi tristi momenti, di poter fare fondo ad altri ed è perciò che ho deliberato di spedirle a mezzo ferrovia… in assegno, la carta commessa per suo conto, lasciando così a Lei poi la scelta del tipografo… per la stampa. Se fossi io, già fin d’ora le faccio le condizioni che le spese di porto le sostengo io per mio conto; come vede io faccio del tutto per avere il suo lavoro… avrei fatto di più, se avessi potuto, ma, come dissi in certi momenti tristi, che Lei pure qualche cosa ne sa, non mi è dato di poter anticipare fondi ed altri” (ADO, Scala).
[13] Il 2 agosto 1903 l’avvocato di Scala scriveva: “Il mio cliente Scala... non intende più oltre aspettare per la definizione della pendenza... diversamente io dovrò dar corso alla pratica...”. Don Sterpi a fine mese scriveva a Don Orione: “Carissimo Direttore, Vi avverto che Anfossi, il quale si recò appositamente in Alessandria per la nota faccenda Scala, non poté concludere niente e (Scala) è ostinato di voler una sentenza, con cui siate condannato a stampare il giornale e a pagare. Quindi è necessario che vi troviate qui almeno per il 4 settembre, se non volete essere condannato in contumacia. Se poi volete tentare altre trattative private e scongiurare il processo in pretura, sarà bene che veniate prima (Scritti Sterpi 1, 257).
[14] “Oggi, festa di San Stanislao, si è inaugurato il torchietto, fabbricato da Demartini su disegno del Ca. Ratti, alla presenza di Don Goggi, di Bergamini, Pasquale e Giovannino il lava posate. 13 novembre 1903”. 75° della prima tipografia avviata nel 1905 da Don Orione al Convitto Paterno, cit.
[15] Lettera del 10.2.1905, scritta da Roma (Scritti 30,52).
[16] “Il Popolo”, 12 febbraio 1905.
[17] Lettera del 6 luglio 1905, Scritti 1.1.
[18] Cfr. P. Clerici, Il difficile acquisto della "Casa Paterno" in AA.VV., La “Casa Paterno” di Tortona. Cento anni di storia (1905-2005), 2006.
[19] Scritti 10, 92, lettera del 9 agosto.
[20] Scritti 10, 102, lettera del 25.8.1905. Il giorno dopo ancora: “E anche alla Tipografia bisognerebbe pensare...” (Scritti 10, 91).
[21] ADO, M.17.III.
[22] “L’Opera della Divina Provvidenza”, 1905.
[23] Nella celebre 'questua delle vocazioni', affermava di aver posto per "tutti quelli che si sentono chiamati e validi a darmi una mano per esercitare l'apostolato della carità nei collegi, oratori festivi, nelle colonie agricole, nelle scuole professionali - tipografie, officine meccaniche, falegnamerie, laboratori d'arti e mestieri -, come pure negli ospizi, case di ricovero, che la mano della Provvidenza va aprendo a salvezza della gioventù o a conforto degli umili...").
[24] Una lettera ci fa capire l’interessamento di Don Orione anche per gli aspetti tecnici del Bollettino dell’Opera. In una lettera da Tortona del 30 dicembre scriveva a don Sterpi che si trovava a San Remo: “Caro Sterpi, sono stato a Milano l’altro ieri e ieri, donde ho scritto a Don Gamaleri. È impossibile avere altri fregi inviati già a Voi – carta però migliore presa a Milano è pronta –, se no, aspettate. Bozze sono già corrette da me. Sono giunto ieri sera da Milano. Non posso fare più di questo. Qui ci furono 3 operai (tipografi) per sera: - non potei averli durante il giorno e a Tortona non si fabbricano. Sto attendendo da Gamaleri il numero delle copie e se, per stavolta, dobbiamo uscire così. Ho già dovuto tardare pel foglietto vostro e nostro ad andare a Roma con grave danno: - qui ho nessuno, si fa presto a gridare, stando a San Remo. Voi vedete quello che ho fatto per far uscire il foglietto nostro così così - io lascio che ne tirino 2000 di più, vado un giorno a Roma, e vengo a casa che la composizione era già sfatta, senza stamparmi i foglietti... Favorite dirmi se per la macchina stampatrice si devono firmare tante cambiali. Nebiolo ha mandato qui tante cambiali pel prezzo, ma di questo so nulla e non mi piacerebbe avere sempre il laccio alla gola... Per la tipografia occorrerà comprare altro carattere” (Scritti 10, 169gh; Scritti 10, 43).
[25] Scritti 30, 104.
[26] D. Sparpaglione, Al ‘Paterno’ quand’ero ragazzo, in 75° della prima tipografia avviata nel 1905 da Don Orione al Convitto Paterno, cit., p. 7.
[27] Ibidem, p. 8.
[28] Un bel ritratto del ‘proto’ Regalzi lo tracciò Serafino Cavazza nel libretto in occasione dei 75 anni della tipografia (S. Cavazza, Si chiamava soltanto Pierino, in 75° della prima tipografia avviata nel 1905 da Don Orione al Convitto Paterno, cit., pp.23-25.
[29] D. Sparpaglione, Al ‘Paterno’ quand’ero ragazzo, in 75° della prima tipografia..., cit., p. 9.
[30] G. Venturelli, Umili inizi e generosità di intendimenti, in 75° della prima tipografia..., cit., p. 18.
[31] Cfr. A. Robbiati, Le colonie agricole e la formazione professionale, in La figura e l’opera di don Luigi Orione (1872-1940), Vita e Pensiero, Milano 1994.
[32] B. Galbiati, Le scuole serali, festive, professionali, agrarie, domestiche, ecc. Condizioni attuali, mezzi di sviluppo, ecc., in La cultura sociale dei cattolici italiani alle origini. Le “Settimane” dal 1907 al 1913, vol. II (1912-1913), a cura di A. Robbiati, Vita e Pensiero, Milano 1996, pp. 99-100.
[33] Lettera del 15 - II - 1923, Scritti 2, 247 s, Lo spirito di Don Orione, 3.
[34] Dopo la prima pubblicazione, dal 1898 al 1900, la rivista riprese le pubblicazioni nel 1906 fino al 1918; 1920; 1924-1925).
[35] Abbiamo visto che la rivista durò solo due anni: 1904-1905.
[36] Nata nel 1918, venne pubblicata fino al 1920, dopo la pausa di una anno uscì ancora nel 1922-1923. Riprese nel 1925 fino al 1969. Riprese poi le pubblicazioni nel 1976.
[37] Il sottotitolo variò nel tempo: periodico quindicinale delle istituzioni di Don Orione, Amici di don Orione (1924-1969).
[38] La pubblicazione ebbe inizio nel 1946.