IL TIROCINIO SOCIALE DEL CHIERICO LUIGI ORIONE

La ricostruzione delle forti esperienze sociali vissute dal chierico Luigi Orione tra i 20 e 23 anni.

IL TIROCINIO SOCIALE DEL CHIERICO ORIONE

NEGLI ANNI DELLA TEOLOGIA

 

Don Flavio Peloso


Il chierico Luigi Orione, tra i 20 e i 23 anni, tra il 1892 e il 1895, visse un provvidenziale tempo di tirocinio che lo pose a contatto diretto con i poveri e con i problemi della gente. Fu fondamentale per la sua formazione e la sua ispirazione.

Come custode del Duomo di Tortona, egli godeva di una certa libertà, a differenza degli altri seminaristi. Molto probabilmente su suggerimento di Giuseppe Perosi (padre di Lorenzo), si iscrisse alla Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli e alla Società Cattolica di mutuo Soccorso fra gli Operai “San Marziano” versando la quota annua di lire 5 per la prima e 6 per la seconda prese dalla sua paghetta di custode.[1]

Le due società, delle quali il maestro Perosi era allora presidente e punta di diamante, offrivano con modalità proprie conforto ed assistenza a lavoratori e a poveri in miseria, davano aiuti alimentari, medicinali e finanziari; curavano un po’ di istruzione e di formazione su temi sociali; organizzavano pellegrinaggi, esercizi spirituali, manifestazioni sociali cattoliche. Il chierico Orione entrò in contatto diretto con gli ambienti popolari e poté rendersi conto delle condizioni e dei bisogni del mondo del lavoro.

Nella Società Cattolica di Mutuo Soccorso fra gli Operai

La Società Cattolica di Mutuo Soccorso fra gli Operai “S. Marziano” fu fondata nel 1884, durante l’episcopato di Mons. Capelli. Si era nel clima della Rerum Novarum di Papa Leone XIII che, a Tortona, ebbe nel vescovo Mons. Igino Bandi un convinto e attivo promotore.

Nel 1895, Mons. Bandi scrisse: “Sarebbe nostro desiderio che in tutte le borgate e i villaggi più popolati di questa nostra dilettissima diocesi sorgessero e fossero istituite società operaie cattoliche”. Due anni dopo, redasse e pubblicò il Regolamento per le Società Operaie Cattoliche della Diocesi di Tortona. Alla fine dello stesso anno, la Società inaugurò una nuova Cooperativa di consumo. Tra i soci attivi della “San Marziano” troviamo il giovane chierico Luigi Orione, allora custode e sacrestano del Duomo.

Nella Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli

Don Orione ebbe un ricordo sempre vivo e grato della partecipazione alla Conferenza di San Vincenzo. “Quando ero chierico frequentavo le conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, che si tenevano in una piccola stanza, che è all’ingresso del cortile della Parrocchia di S. Maria Canale. Il presidente di allora era il padre dei Perosi”.[2] Poi, come era consuetudine degli associati, anche Il giovane chierico, nei tempi disponibili, raggiungeva i tuguri dei poveri presso i bastioni del castello, visitava i malati dell’ospedale e avvicinava i carcerati.[3]

Quando era a Tortona, anche Lorenzo Perosi partecipava alle attività della Conferenza con Orione: “Assieme andavano ogni settimana sui bastioni della vecchia città, per le catapecchie, e su, nelle povere stamberghe e nei sottotetti, a cercare i poveri, a confortarli, a distribuir loro i sussidi della Conferenza di S. Vincenzo”. Orione e Perosi, che non era ancora chierico, erano i membri più giovani. [4]

In un foglio autografo di questo tempo, troviamo che Luigi pose fra i primi suoi propositi, la frequentazione dei Paolotti, come venivano apostrofati i membri della Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli.[5]

Si faceva strada allora, in Tortona, lo spirito della Rerum Novarum di Leone XIII. Il vescovo Igino Bandi spronava il “clero fuori sacrestia”, chiedendo una pastorale e un’azione sociale più vicine alla gente. Giuseppe Perosi ne fu un protagonista. «La sua fede (ricordò poi Don Orione) si vedeva specialmente in quella benedetta Conferenza di San Vincenzo che per me, chierico allora, fu una grande scuola ed un esempio di carità e di fede vera; e non posso lasciare di benedirlo, perché mi ha fatto del bene».[6]

Nelle carceri di Tortona

Un altro fatto di vita si rivelò di grande valore formativo per quel giovane chierico studente e lavoratore. Durante il periodo del suo servizio in Duomo, Luigi Orione accompagnava il canonico Ratti che celebrava nelle carceri di Tortona. Fu un forte impatto con una povertà a lui del tutto sconosciuta. Ma avvenne in modo positivo, portando i conforti della fede, scambiando lo sguardo e qualche parola, vedendo in quei reclusi delle persone e dei fratelli da conquistare al bene.

Non stupisce che, dopo qualche tempo, il chierico Orione abbia voluto imparare a suonare il mandolino per andare sotto le finestre del carcere “acciocché – spiegò poi - i poveri condannati mi sentissero, si rallegrassero e fossero distolti dai cattivi pensieri che poteva loro suggerire la penosa solitudine... Fui trattato da matto ed accusato a mons. Vescovo, il quale mi chiamò a sé, ma non mi proibì di andare a suonare”.[7] Non fu un’esperienza superficiale, ne fu coinvolto tanto che, nel carcere, celebrò la sua seconda Messa dopo l’ordinazione sacerdotale e, dopo alcuni anni, “nella nuda e ben squallida Cappella delle carceri, presenti i poveri prigionieri”, rinnovò per la terza volta i voti religiosi.[8]

 

L’Oratorio e il Collegetto per l’elevazione dei figli del popolo

 

In quel tempo, Luigi Orione fiutò l’aria che tirava fuori del seminario. Sapeva delle polemiche sulla scuola e sulla educazione ed egli aprì oratorio e poi un collegio. Intuì che una maggior cultura avrebbe portato i giovani, “sole o tempesta dell’avvenire”, ad una maggiore presa di coscienza civile e religiosa, li avrebbe resi capaci di lottare per affermare i giusti diritti senza sfociare nella inumana e dirompente lotta di classe marxista.

Dalle notizie e dalle manifestazioni dei circoli socialistici di Tortona egli capì che l’unico mezzo per difendersi da essi e dalle loro prevaricazioni era quello di promuovere la giustizia sociale, innalzare il grado di istruzione e riportare la Chiesa tra i poveri. Nella scuola vide un mezzo efficace e a lui confacente di promozione sociale e religiosa.

Pertanto, ancora chierico, si dedicò ai ragazzi e ai giovani, agli “umili figli del popolo”. Luigi Orione aveva vent’anni quando cominciò ad interessarsi dei ragazzi e inventò il primo Oratorio festivo a Tortona, dal Vescovo portato ad esempio di azione pro populo, come richiesto dai nuovi tempi della “Rerum Novarum”. Quell’Oratorio fu improvvisato quanto a mezzi (prima la sua stanza, poi la piazzetta del Crocifisso e infine il giardino del Vescovo) ma ben pensato quanto a fine e modalità educative.

 L’Oratorio “San Luigi” nel cortile del Vescovo e il primo Collegetto di San Bernardino a Tortona

Dopo un anno – intanto aveva 21 anni – Orione divenne padre di famiglia aprendo la sua prima opera, la Piccola Casa della Divina Provvidenza, nel sobborgo di San Bernardino di Tortona. Fu un Collegetto per ragazzi poveri, le cui famiglie non erano in grado di sostenere la spesa degli studi in seminario o in scuole pubbliche. Trascorso un anno, nel 1894, dovette trasferirsi in una ex caserma “Santa Chiara” per poter accogliere 300 allievi.

Subito si intravvide quale fascia sociale privilegiasse nello sviluppo delle sue attività. Voleva offrire la possibilità a ragazzi di umili famiglie di diventare sia sacerdoti nella Chiesa del Signore e sia professionisti “onesti e cattolici” nel mondo e contribuire alla elevazione sociale e cristiana della società.

Nel flusso del rinnovamento dell’Opera dei Congressi Cattolici

Con queste esperienze di vita, Don Orione si trovò immesso nel grande flusso del rinnovamento sociale e pastorale promosso in quel tempo dall’Opera dei Congressi Cattolici, non da spettatore ma da protagonista. Nel 1894 (chierico di 22 anni) il suo Vescovo lo volle con i suoi ragazzi del Collegio della Divina Provvidenza a dare testimonianza durante la riunione della IV Adunanza regionale dell’Opera dei Congressi, tenuta a Tortona e presenti il Paganuzzi, il Ricci, il Perosi.[9]

Mentre in quel tempo si vedeva con sospetto, anche nel mondo ecclesiale, il peso che andavano prendendo nella società le classi più deboli, tra le quali era molto attivo il socialismo, Orione poté avere una conoscenza più diretta ed adeguata dei problemi dei poveri, degli scartati (e perfino dei reclusi), della classe operaia e anche delle tendenze dei movimenti sociali contemporanei, traendone una considerazione più adeguata e serena e, insieme, uno stimolo all’intraprendenza nel nome della Chiesa.

“Noi viviamo in un periodo di transizione dell’umanità - scriveva Don Orione solo qualche anno dopo -. Avviene intorno a noi un rivolgimento radicale nella società, nel metodo dei governi umani, nelle relazioni della vita umana. Queste mutazioni possonsi riassumere in una parola: è l’ora della democrazia, della sovranità dei poteri popolari. Non è qui il luogo di esaminare la ragione filosofica di questa rivoluzione o redenzione che vogliasi chiamare, ci basta di stabilire e di accettare un fatto che non si può più mettere in discussione, e di esprimere la convinzione che questo fatto non è l’opera del caso o del demonio, ma si compie per disegno della Divina Provvidenza; il Vangelo è il seme della redenzione dei popoli. Chiunque apra gli occhi deve riconoscere che il tempo dei governi cosiddetti paterni è finito... Finora la Chiesa trattò con le dinastie, ormai dovrà trattare coi popoli. Ora la democrazia si avanza e la Chiesa, non temiamo, le saprà dare il battesimo”.[10]

Il giovane fondatore aveva, dunque, chiara la visione dell’orientamento del cammino della storia e non se ne intimidì. Un dettaglio significativo: in contrasto col significato deteriore che assunse il colore rosso, che turbava i sonni dei benpensanti laici ed ecclesiastici, egli fece vestire di rosso, nella Tortona di fine ‘800 già molto rossa, i giovani della banda del Collegio. Invece di arroccarsi nella difesa di situazioni ormai superate, paventando la marcia verso il progresso iniziata dalle classi proletarie; si mise in mezzo a queste, dedicandosi, con entusiasmo e concretezza, alla promozione di opere che ne coadiuvassero gli sforzi per una autentica e sana redenzione sociale.

Erano sorti anche nel Tortonese tanti circoli e società operaie atee e anticlericali per opera dei socialisti. Per contrastarle e per mantenere cristiano il popolo, Mons. Bandi incoraggiò a fondare società operaie cattoliche. Usciamo una buona volta di sacrestia, come ci spinge il Santo Padre; poiché anche la Framassoneria è uscita da molti anni dalle sue logge, dai suoi covi per invadere la famiglia, la società tutta… Usciamo di sacristia, per salvare la famiglia e la società, coll’organizzarci insieme, clero e laicato, ad un’azione concorde e ristoratrice per mezzo delle cattoliche Associazioni, della cattolica Educazione ed Istruzione, e della stampa”.[11]

Il chierico Luigi Orione “uscì di sacrestia”. Con la sua partecipazione alla Società Operaia S. Marziano, alla conferenza di San Vincenzo, con l’attività al carcere, con l’Oratorio, il Collegio ed altre iniziative popolari, si inserì subito e praticamente nello scarto tra il ‘piano ideale’, spesso richiamato dal vescovo Bandi, e il ‘piano reale’ rappresentato dalla situazione concreta della pastorale tradizionale delle parrocchie e del Clero tortonese.

13 agosto 2025

 


[1] Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza I, 616s.

[2] Parola di Don Orione XI, 264 

[3] Flavio Peloso, Don Orione e l’apostolato per il popolo delle carceri, “La Pastorale del Penitenziario”, Giugno 2001, p.235-239.

[4] Scritti di Don Orione 61, 192; PODP, luglio 1926, 88.

[5]. Fotocopia dell’autografo di questi propositi si trova in DOPO I, 586-587.

[6] Scritti 40, 122.

[7] Parola IV, 397.

[8] Scritti 97, 5 e 52, 20.

[9] Cfr Relazione della IV Adunanza Regionale Ligure, Tortona 17 e 18 settembre 1894, Tip. Salesiana, 1895.

[10] Rivista La Madonna, 31.3.1905, p. 20. Flavio Peloso, Il tempo di Don Orione. Il contesto storico della vita di Don Orione e della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Ed. Velar, Bergamo, 2024, p. 25-37.

[11] Igino Bandi, Lettera Pastorale N. 33bis, p.1.