TORINO: Le sorelle Comoglio, Pio Perazzo, e altri laici santi a inizio Novecento.

Nella capitale piemontese, Don Orione ebbe contatti e progetti con laici santi. Conobbe le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio, le sorelle Fogliano, Agostino Balma, il venerabile Pio Perazzo, e molti altri. Fu convinto sostenitore dell’Opera dell’Adorazione quotidiana universale. A Torino nacque il progetto delle 'Dame della Divina Provvidenza' (1899), prima associazione laicale orionina, e degli Eremiti adoratori (1900).

DON ORIONE E LAICI SANTI
NELLA TORINO DI INIZIO NOVECENTO

Concetta Giallongo, ISO


Bisogna ardere di divino fuoco per infiammare le anime dello stesso amore di cui si vive. Don Orione lo ha fatto silenziosamente ma efficacemente, non solo nella sua Tortona dove fondò la sua Congregazione, ma ovunque è passato. Anche a Torino.
Il beato don Luigi Orione si inserisce nell’orizzonte piemontese, già costellato di astri luminosi per virtù e santità. Nei secoli XIV – XVI: i Beati serafici Angelo Carletti da Chivasso, Pacifico Ramati da Cerano, Candido Ranzi da Vercelli, Giovanni Demostene, Bernardino Caimi, Giorgio Baldassarre Oppezzi, Paola Gambara Costa. Nei secoli XIX e XX: Murialdo, Cafasso, Allamano, Cottolengo, Don Bosco, Frassati, e l’elenco non si esaurisce qui.
Torino vide Don Orione ragazzo, a Valdocco, esemplare studente ginnasiale nel Collegio salesiano; lo rivide, poi, sacerdote, quando decise di mandare i suoi giovani chierici studenti, da Genova, nella capitale piemontese[1] perché vi continuassero gli studi. A Torino, provvidenzialmente, raccolse preziose amicizie, anche tramite Madre Michel[2] e non mancò di seminare nei solchi di questa città, capitale della santità italiana nell’800, opere di carità, relazioni e stimoli di santità, soprattutto tra persone laiche.

L’Associazione delle Dame della Divina Provvidenza

La presenza di Don Orione a Torino si caratterizza per la generosa collaborazione di laici. Giuseppina Comoglio, Giuseppina Mazzone di Casale, le sorelle Boasso di via Po 2: sono nomi che richiamano tutto un poema di carità attenta ed operosa. E poi le sorelle Maria, Delfina e Severina Fogliano: entrarono in una tale comunione di intenti con Don Orione da offrirgli la loro stessa casa, in Corso Principe Oddone 24, con la possibilità di adattarla per l’attività a favore dei poveri fanciulli; la casa fu poi denominata “ S. Fogliano”.
Don Orione trovò, in queste anime tutte di Dio, una grande disponibilità; le trattò con molta fiducia e delicatezza, frenando talvolta il loro ardore e orientando le loro aspirazioni apostoliche. Con queste, e con altre “pie e buone figliole”, istituì le Dame della Divina Provvidenza, nel 1899.
La loro carta di identità è contenuta nell’Appello che, il 1° settembre 1899, Don Orione lanciò in vista della costituzione dell’Associazione delle Dame della Divina Provvidenza: “O buone Signore e madri che sentite, o voi anime pie, donne a cui Dio ha largito tanta gentilezza e tanta abbondanza di carità cristiana, a Voi tutte, io mi rivolgo, povero prete, a voi che sentite battere il cuore al nome di Gesù Cristo, e a voi grido: le anime dei fanciulli sono nelle vostre mani, è tempo di pronunciare la loro sentenza! Attorno ai nostri Istituti sorgano le dame della Divina Provvidenza, un’associazione grande dove tutte le anime si trovino unite nel campo della carità, e in uno stesso pensiero di abnegazione e di sacrificio: quest’associazione sarà l’Opera della salute dei fanciulli!”.[3]
Sensibili al richiamo della carità con la quale Don Orione spendeva i suoi giorni nel soccorrere ed aiutare i più bisognosi, queste donne si affiancarono alla Piccola Opera. Condivisero soprattutto lo spirito di interiorità, l’aspirazione alla santità personale e quel bisogno di seminare a piene mani l’amore di Dio e della Chiesa tra i più piccoli e poveri, tra i bisognosi di luce e di sostegno.
Esse si adoperarono, come api industriose, nel silenzioso campo della carità, per tutta la loro vita. A loro Don Orione affidò il chierico Gaspare Goggi, debole e di malferma salute, ma di belle speranze per virtù e intelligenza, e i giovani aspiranti della Congregazione.[4] Alle Dame della Divina Provvidenza Don Orione chiedeva “un grande amore a Dio, la donazione nella carità, il silenzio nel sacrificio”. Ed esse non restavano davvero inerti davanti allo zelo con cui Don Orione penetrava in ogni settore della società e lo corrispondevano nella sua sete di anime e nel suo desiderio di arrivare a quanti si trovavano nel bisogno, soprattutto se giovani senza guida e senza futuro.[5]
Don Orione faceva tale affidamento su tale Associazione laicale da includerla nell’elenco delle “famiglie religiose che costituiscono l’Opera della Divina Provvidenza”, dopo quella degli Eremiti, già avviata, e prima ancora di quella delle Suore.[6]

Le sorelle Teresa e Giuseppina Comoglio

È stato citato sopra il nome di Giuseppina Comoglio[7] tra le Dame della Divina Provvidenza. Questa aveva una sorella maggiore, Teresa,[8] vera perla di santità, che le fu di modello. Teresa ebbe, fin dalla più tenera età, trasporti mistici e ardori di carità indicibili e, pare, che alcuni momenti della sua vita fossero accompagnati anche da prodigi.[9] Teresa, appena dodicenne, ottenne di far parte della Pia Unione delle Figlie di Maria ed era tanto esemplare che, per suo merito, anche la sorella, benché piccola, fu ammessa a far parte della stessa Associazione.
Le due sorelle si alzavano alle quattro e mezza per partecipare alla Santa Messa, ricevere Gesù Sacramentato e tornare in tempo per il lavoro. Teresa faceva la modista; Giuseppina era un’abile fioraia. La gente accorreva alla casa Comoglio come ad un santuario. Le due sorelle pregavano molto e con fervore; sovente ottenevano autentiche e strepitose grazie dalla SS.ma Vergine per quanti si raccomandavano alle loro preghiere.
Innamorate dell’Eucaristia, anelavano adorare e riparare dalle offese il Divino Prigioniero d’amore e, nel 1882, Gesù si fece vedere da Teresa lamentandosi dell’abbandono e della solitudine in cui era lasciato nelle chiese.[10] Le due sorelle, fisicamente difettose e culturalmente limitate[11], erano anime semplici e profondamente evangeliche. Non si risparmiarono nelle iniziative per far sorgere l’Associazione della Adorazione quotidiana. Giuseppina scrisse lettere a Sacerdoti e Vescovi per raccomandare l’Opera dell’Adorazione; Teresa pregava molto. Sovente ebbero a soffrire dileggi e vere persecuzioni, ma non desistettero.
Nel dicembre 1890, ebbero il coraggio di indirizzare una supplica al Papa Leone XIII perché favorisse l’Opera dell’Adorazione a Gesù Sacramentato. E il Papa concesse l’approvazione. Ben presto si formò una schiera di anime veramente eccezionali, strettamente unite, generose nella collaborazione per l’incremento dell’Associazione.

Don Orione, “anima eucaristica”,[12] pur sovraccarico di impegni e di lavoro, entrò in comunione di ideali con la schiera di quelle anime fervorose facenti parte dell’Adorazione quotidiana. Partecipava – appena poteva – alle loro iniziative e aggiungeva consigli e proposte. A lui ricorrevano per averne aiuto e collaborazione. “Fate la volontà del Signore, o fratelli! - scriveva ad alcuni di essi - Come un figlio quando china la testa dice di sì, di fare la volontà di suo padre e di sua madre, così il primo passo e l’atto stesso dell’Adorazione è già una rinuncia continua quotidiana, universale e perpetua della nostra volontà nella volontà del Signore”.[13]

Il Signore largheggiò con Teresa Comoglio in celesti comunicazioni e la esaltò con fatti straordinari come fece coi più grandi santi.[14] Tutti la stimavano una santa; il Venerabile Paolo Pio Perazzo aveva scritto di lei: “Mi pare di poter dire che ella fosse ornata delle più belle virtù cristiane quali: profonda umiltà, candore verginale, pietà e fervore non comuni, rara semplicità, dolcezza, pazienza, abnegazione accompagnata da spirito di sacrificio… fu una vera vittima dell’amor di Dio e del prossimo, la quale, ispirandosi agli esempi di Gesù, di Maria e dei Santi, passò l’intera vita facendo a tutti il maggior bene possibile.”

Don Orione conobbe appena Teresa Comoglio, poiché ella si spense il 2 giugno del 1891. Ebbe invece maggiori contatti con la sorella Giuseppina che, dopo la morte di Teresa, dovette trasferirsi vicino alla Chiesa di San Donato, dove dimorò otto anni.
Per le sue condizioni fisiche, furono otto anni di martirio. Come la sorella Teresa, anche Giuseppina fu favorita da Gesù di rapimenti mistici, ebbe accordate grazie straordinarie per sua intercessione[15]. Nonostante i medici le avessero diagnosticato la fine nel giro di un mese, ella assicurò che il Signore l’avrebbe lasciata sopravvivere per consolidare l’opera dell’Adorazione quotidiana. Visse infatti ancora sette anni tra sofferenze indicibili.
Come la sorella, anche Giuseppina ebbe il dono dei segni della passione del Signore: l’inverno del 1899 fu un’agonia continua. Saliva il Calvario col corpo tutto piaghe ma con l’anima robusta ed assetata di patimenti, sostenuta solo dalla Comunione quotidiana. Morì il 2 maggio 1899, all'età di 52 anni.

Don Orione ebbe grande stima di Giuseppina Comoglio che conobbe bene e dalla quale ricevette collaborazione. Condivise l’amore all’Eucaristia ed era felice della pratica dell’Adorazione perpetua, alla quale prese parte anche il suo figlio spirituale Gaspare Goggi e altri giovani dell’Istituto S. Fogliano.
In una lettera con la quale invita Alvigini a consigliare all’amico Balma[16] una pausa di silenzio e di preghiera a San Remo, scriveva: “Io sono sicuro che se la Comoglio vivesse, gli direbbe la stessa cosa. Egli, fatto sacerdote, potrà fare un gran bene all’Adorazione”.[17] Nel giorno anniversario della morte di Giuseppina Comoglio, Don Orione chiese alla stessa una prova della sua beatitudine e della sua potenza in Dio e ne ebbe conferma.[18]

Il venerabile Paolo Pio Perazzo : “il ferroviere santo”

L’opera dell’Adorazione quotidiana si affermò ed ebbe incremento per opera delle sorelle Comoglio. Poi fu la tenacia, l’umiltà, lo spirito di sacrificio del venerabile Paolo Pio Perazzo a farla prosperare.[19]Egli benedisse per tutta la sua vita, il giorno in cui, nel 1890, l’amico Carlo Barbero lo fece incontrare con le sorelle Comoglio. Da allora consacrò tutte le sue energie all’opera dell’Adorazione che ritenne, con convinzione, sorta per ispirazione divina.

Anche gli amici del Perazzo che collaborarono alla diffusione dell’Adorazione quotidiana, si convinsero che i fatti e le circostanze che accompagnarono l’inizio e lo svolgimento dell’opera dell’Adorazione evidentemente dimostrassero l’intervento soprannaturale in questo pio sodalizio. All’appello del Perazzo infatti risposero prontamente numerose persone, a cominciare da quelli che avevano conosciuto le Comoglio: il dottor Francesco Bonelli[20], il commendatore Carlo Alberto Dematteis[21], il figlio di questi, l’ingegnere Filippo Dematteis; il cavaliere Luigi Gullino[22], promotore dell’Opera dell’Adorazione e poi presidente, apostolo indefesso della santissima Eucaristia con la parola incisiva e con lo scritto efficace; Virginio Gallo[23], grande ammiratore e devoto delle Comoglio: scrisse la biografia della loro mamma.

Col Perazzo, nel lavoro più nascosto e impegnativo per la diffusione dell’opera dell’Adorazione, collaborarono alacremente il negoziante Agostino Balma,[24]che mise a disposizione dell’Opera la sua abilità nel trattare gli affari economici, e Giovanni Caneparo, amico del Perazzo fin dagli anni 80, quando era presidente dell’Unione operaia cattolica in Sant’Alfonso.
Impossibile elencare tutti gli altri esponenti dell’Associazione, erano un migliaio, e si davano da fare per incrementare e far fiorire l’Opera dell’Adorazione quotidiana.

Di un buon numero, di tali apostoli dell’adorazione eucaristica, venne a conoscenza Don Orione, felice di poter infuocare sempre più se stesso e gli altri agli ideali della pietà eucaristica e dell’amore alla Chiesa.
Agostino Balma, già menzionato, lo volle come direttore dell’Istituto San Fogliano. Incontrò Paolo Pio Perazzo quando questi, recatosi a Tortona presso Monsignor Bandi, che simpatizzava per l’Opera dell’Adorazione, volle passare dal Collegio Santa Chiara, proprio per conoscere di persona Don Orione, di cui aveva sentito tanto parlare e tessere particolari elogi.
Quella conoscenza stabilì una collaborazione relazione fraterna, profonda perché radicata nei comuni ideali di santità.

Don Orione poteva parlare a Perazzo a cuore aperto: “Anch’io sento un grande desiderio di amare il Signore, e di consumare la mia vita davanti a Lui, con me mi pare che ci debbano essere altri tanti, ma io non è questo che cerco, ma Lui che mi preme e mi soffoca, e di cui ho bisogno di vivere e di morire: della Sua vita e della Sua morte. Io vi dichiaro che non so nulla, e non vado cercando null’altro che Lui Lui! Lui! Ho deposto la mia vita ai Suoi piedi per restare sempre là, e anche il sollevare la mente a pensare ma poi come sarà, sarà così o sarà così non lo posso più fare, fiat voluntas Tua sicut in coelo et in terra: ecco l’unica cosa che io posso dire al Signore”.[25]

Con il venerabile Perazzo, Don Orione soprattutto condivise attivamente l’iniziativa dell’Adorazione quotidiana. Gli scriveva: “Sento che l’Adorazione Quotidiana Universale, come è voluta da Nostro Signore Gesù, e raccomandata dal Santo Padre e dai Vescovi, deve assorbire – da oggi fino all’ultimo momento della povera vita, che piacerà al Signore di lasciarci – tutte le nostre forze, e che tutte le nostre forze ed attività dobbiamo vivificare e consumare nella Carità di Gesù Sacramentato.
Allo sviluppo universale e alla perpetuità dell’Adorazione Quotidiana Universale a Gesù Sacramentato io devo lavorare […] E siccome è ben vero che la pia Associazione dell’Adorazione Quotidiana Universale è anche detta “perpetua” – ma il Signore, a perpetuarla, vuole, secondo le mie meschine vedute, che alcuni, più di proposito di quello che non hanno fatto sin qui nell’Associazione – si consacrino in modo da vincolare a Gesù Sacramentato anche la loro vita, e non solo un momento della giornata, però vi dico che – avendo io sentito nel mio cuore questa ispirazione di provvedere alla perpetuità, per quanto è in me, dell’Associazione - , inizio in questo Anno Santo la famiglia degli Adoratori Perpetui di Gesù Sacramentato, che avranno per fine di adorare e amare Gesù perpetuamente e di farlo adorare e amare ogni giorno universalmente e in perpetuo da tutti gli uomini.
La pia Associazione dell’Adorazione a Gesù Sacramentato deve essere Quotidiana Universale, ma anche “perpetua”. Nel breve del S. Padre 21 agosto 1894, è detto chiaramente che detta pia Associazione, oltreché essere “quotidiana universale”, deve pure essere “perpetua”; e così anche il Card. Richelmy, nel decreto di approvazione del 23 marzo di quest’anno. A parte ciò che il Signore ha rivelato, certo che a noi basterebbero questi due documenti della Santa Chiesa per dimostrarci che è volontà del Signore che l’Adorazione Quotidiana Universale non deve essere un’Associazione momentanea.
Come Gesù ha detto che rimarrà usque ad consummationem saeculi, sino alla fine dei secoli, così sino alla fine dei secoli, perpetuamente prostrata davanti a Gesù, vi deve essere la Associazione dell’Adorazione quotidiana universale…” [26]

Appare chiaro, da questa minuta, come Don Orione tema che i fervori dell’inizio sfumino col tempo e, con sapienza di pastore, citando fonti autorevoli della Chiesa, insiste sul carattere di perpetuità che deve assumere l’Associazione perché ogni aderente, consapevolmente e generosamente, assuma un ruolo stabile – quasi una consacrazione – nei confronti di Gesù Sacramentato, quale adoratore e riparatore.

Intimi del Perazzo furono i discepoli di Don Orione che risiedevano al S. Fogliano. Oltre alle loro attività nella Casa, essi partecipavano alle iniziative apostoliche e religiose della città e, non ultima all’Adorazione quotidiana. Primi, tra questi, i due chierici Giovanni Battista Alvigini e Gaspare Goggi.

L’Alvigini quando risiedeva a Torino prestava la sua opera presso la parrocchia di San Donato e frequentava la “Casa dell’Immacolata” attratto dall’incanto che emanava dalla figura di Giuseppina Comoglio. Lo stesso aveva fatto Gaspare Goggi, ancora studente universitario. Paolo Pio Perazzo seguì con l’affetto e la preghiera i due chierici lungo il cammino verso il sacerdozio.
Nel 1899 l’Alvigini scriveva al Perazzo: “E l’Adorazione: sapesse quanto mi sta a cuore! Lei ha già fatto tanto per essa, ma non si stanchi e non si lasci abbattere tra tante lotte e tanti nemici. E’ Dio che la vuole e ci basti! Preghi, lavori e non si stanchi e vedrà le sue fatiche, i suoi sudori coronati di celesti benedizioni. […] Venga a trovarci spesso ed animi sempre più al bene questi poveri figli della Divina Provvidenza, li protegga, mentre essi non aspettano altro che quel giorno in cui Ella potrà essere tutto dell’opera”.[27]
Ben a ragione l’Alvigini esorta il Perazzo a resistere, nonostante le contrarietà: egli era oggetto di soprusi, di ingiurie, di vere persecuzioni. Paolo Pio Perazzo, non ancora ventunenne, era stato trasferito, dalla stazione di Pinerolo, a quella di Porta Nuova, in Torino.

In un periodo di feroce opposizione liberale al cattolicesimo e alla Chiesa, Paolo Pio Perazzo, fu "un sindacalista" modello per tutti coloro che si impegnano nel sociale. Fu anche giornalista e scrittore. Dimentico di sé era tenace nel difendere i diritti altrui. Trascorsero ben 25 anni prima che gli fosse riconosciuta una promozione, quella di sotto capo-ufficio, ma il suo stipendio rimase sempre molto basso. Si dedicò ad offrire aiuti e sostegno alla povera gente; svolse opera di apostolato nel suo stesso luogo di lavoro. Tutto ciò gli attirò anche notevoli avversioni e, a volte, fu trattato male dalle stesse persone che erano state da lui beneficate.
Il suo tenore di vita fu sempre austero. Dei suoi risparmi si serviva per aiutare i poveri. Digiunava e riposava poco per pregare; partecipò a tante attività apostoliche e caritative: la Conferenza di San Vincenzo, l’Opera dei Congressi, le Unioni Operaie Cattoliche; si dedicò all’Oratorio dove poi sorse la Parrocchia di S. Secondo; fu anche scrittore e soprattutto si consacrò tutto all’Opera dell’Adorazione quotidiana universale.

Il progetto degli Eremiti adoratori

Don Orione non solo aderì all’Opera dell’Adorazione quotidiana, sorta a Torino, ma pensò di istituire tra i suoi Eremiti, di recente aggregazione, un ramo di Eremiti adoratori.
L’11 ottobre 1900, con una lettera al Perazzo e al Balma, chiedeva, tramite questi, il benestare al Consiglio centrale dell’Adorazione. “Il sottoscritto – scriveva - , parendogli sia desiderio di Nostro Signore Gesù che alcuni poveri uomini, a lui ricorsi, si uniscano con abito religioso a vita comune – siccome già usano gli Eremiti lavoratori dell’Opera della Divina Provvidenza, – al fine precipuo di amare e adorare N. Signore Gesù nel SS. Sacramento per crescere la carità e la misericordia del Signore sulle terra, e risarcire Sua Divina Maestà delle bestemmie e sacrilegi e dell’abbandono degli uomini; – e parendogli pure desiderio di Nostro Signore che si abbia a fare cosa conforme allo spirito e allo Statuto dell'Adorazione Quotidiana Universale, avente Sede Primaria in cotesta città di Torino, – denominando gli adunati Eremiti Adoratori perpetui dell’Adorazione quotidiana universale: si rivolge alla bontà Loro perché vogliano comunicare la cosa al Consiglio Centrale dell’Adorazione, e Li prega di richiederne umilmente la necessaria autorizzazione, le norme e i consigli, e quanto nella Loro saggezza stimeranno opportuno…”.

Il pensiero che tante anime, sentendo tedio delle vanità della terra, e volendo vivere totalmente nell’amore di Cristo, potessero trovare rifugio e sostegno in una vita più regolare e perfetta, tra gli Eremiti adoratori, era divenuto per Don Orione una ispirazione e un progetto da realizzare.
Volendo passare rapidamente dall’idea ai fatti, sollecitò la collaborazione dei due amici adoratori, di cui aveva profonda stima.[28]
Per illustrare più chiaramente il suo pensiero circa la struttura degli Eremiti adoratori, Don Orione scriveva ancora al Balma: “Gli Adoratori – che piacendo al Signore sorgeranno avanti termini l’anno – pur restando figli dell’Opera della Divina Provvidenza – perché nati da lei, non possono rifiutarne la maternità – saranno i veri Adoratori Perpetui di Gesù Sacramentato, uniti non in Confraternita o Arciconfraternita, ma in Istituto avente forma e regola religiosa. Ma, siccome avranno la vita dell’Adorazione quotidiana universale, una volta istituiti si porranno in piena regola col Consiglio centrale dell’Adorazione, di cui saranno docili esecutori…”[29].

L’idea che il Consiglio centrale dell’Adorazione avrebbe accettato la sua proposta era così avanzata nella sua mente che già programmava la cerimonia: “Piacendo al Signore, gli Adoratori Perpetui dell’Adorazione Universale Quotidiana saranno vestiti a mezzanotte di Natale e saranno 7 a ricordare i sette doni dello Spirito Santo, che è quasi dimenticato e che Papa Leone XIII ricordò al mondo istituendo la Novena di Pentecoste”[30].
Avendo disposto ogni cosa secondo il programma fissato, Don Orione si riteneva sicuro dell’iscrizione. Il 20 novembre, in una lettera a don Sterpi, includeva il ramo degli Eremiti Adoratori fra le Famiglie religiose dell’Opera[31].

Il 28 settembre del 1901, alle ore 21, aveva avuto luogo un incontro nell’Arcivescovado di Torino tra Don Orione, il Perazzo, il Balma, il Gullino ed altri dirigenti dell’As­sociazione. Seguirono poi altri incontri per “trattare al riguardo”. Purtroppo l’esito di tali incontri fu negativo e lo stesso Paolo Pio Perazzo ne dava comunicazione a Don Orione in data 6 novembre 1901.
Probabilmente, per non fare confusione di nomi, non accordarono parere favorevole affinché all’istituendo gruppo di Eremiti di Don Orione si aggiungesse il titolo dell’Adorazione quotidiana universale perpetua [32].

Caduta la possibilità di aggregazione, Don Orione, desistette dal chiedere oltre ed accettò con umiltà il diniego, coltivando però in cuor suo il progetto di un ramo di Adoratori tra i suoi Eremiti. Anche il Perazzo, da parte sua, ne provò profondo rincrescimento, ma l’uno e l’altro si sottomisero alle disposizioni dell’Autorità Ecclesiastica.
Don Orione, fortemente preso dall’amore all’Eucaristia, realizzerà il suo progetto soprattutto con le Suore Sacramentine non vedenti. Il Perazzo continuò per tutta la vita, da laico, la sua piena donazione all’Opera dell’Adorazione.
Don Orione gli conservò affetto e stima di santo, come risulta da una lettera indirizzata alle sorelle Fogliano: “C’è stato qui il Sig.r Perazzo della Adorazione, quello è veramente un santo uomo, pieno della spirito di Dio”.[33]
Don Orione era un buon intenditore e non si sbagliò.
Dopo poco più di un mese, il 22 novembre 1911,[34] il Perazzo morì il in concetto di santità, acclamato dal popolo come il Santo di Porta Nuova o il Santo della stazione. Recentemente, il 5 aprile 1998, la Chiesa ne ha riconosciuto le virtù eroiche, proclamandolo “venerabile”.


NOTE
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[1] Tra le ragioni pare vi sia quella di dubitare della ortodossia di alcune conferenze, che si tenevano agli studenti, nel capoluogo ligure; infatti scrive, al dott. Buffa di Bolzaneto:”…I giovani di Genova non li ho più, li ho tolti, perché alcune conferenze potevan far loro male, le conferenze di chi non manca d’ingegno, ma di altro…”; Doc. Goggi p. 66; Scritti 68, 287.

[2] Fondatrice dell’Opera della Divina Provvidenza in Alessandria: essa ebbe Don Orione come direttore spirituale e grande sostenitore della sua opera. A. Gemma, La Madre. Profilo biografico della beata Teresa Grillo Michel, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998; R. Lanzavecchia, Teresa Grillo Michel, La figura, le opere, Rusconi, Milano 1991; C. Torriani, La Signora Madre... Madre Teresa Grillo Michel, Tip. Viscardi, Alessandria 1988.

[3] Scritti di Don Luigi Orione, 61, 25-26. Qualche mese dopo, il 18 febbraio 1900, Don Orione fece preparare “100.000 copie dell’Appello”.

[4] Egli frequentava l’Università nel capoluogo piemontese e a lui Don Orione aveva detto: “Per le Anime e per il Santo Padre!… Fatti iscrivere in più facoltà che ti sia possibile, in teologia anche, […] Preparati a lavorare per le anime. Accendi bene la tua anima alla carità soave ed operosa di Gesù e fa di comunicarla a tutti quelli che potrai avvicinare e influenzare…”; Lettera del dicembre 1897. Postulazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, Il Servo di Dio Don Gaspare Goggi, dei Figli della Divina Provvidenza. Roma, 1960. Elio Ferronato, Il Servo di Dio don Gaspare Goggi. Splendore di santità e di dottrina, “Messaggi di Don Orione”, n. 41, 1978.

[5] Ne danno notizia i Bollettini dell’Opera orionina: “L’Opera della Divina Provvidenza” e quello del settembre 1899 che porta il titolo: “Le Dame della Divina Provvidenza di Don Orione”.

[6] Scritti 10, 14.

[7] Nata a San Vito, collina del Torinese, il 17 maggio 1847.

[8] Nata a Tetti Cavalloni di Piobesi Torinese il 27 giugno 1843.

[9] A sette anni si alzava tutte le mattine all’Ave Maria per andare alla Messa al Monte dei Cappuccini. Fece la Prima Comunione a 10 anni e quando ebbe la sacra Ostia sulle labbra, con meraviglia sua e dei circostanti, si udirono queste parole: “Tu sarai mia sposa”.

[10] Aveva detto loro Gesù: “Io sono un prigioniero nel SS. Sacramento! Non bastò per me il patire ed il morire sulla croce, il dare la vita fino all'ultima goccia del mio sangue, o sono ancora bestemmiato ed oltraggiato e, per la mancanza di fede, finite le funzioni, sono chiuso solo nelle chiese come in una prigione, la più gran parte della giornata. Io voglio che sia raccomandato in generale a tutti i cristiani affinché facciano tutti i giorni in riparazione, la visita al SS. Sacramento del mio amore e si lascino sempre aperte le chiese di giorno, perché tutti i cristiani possano venire in qualsiasi ora a visitarmi”.

[11] Teresa a 47 anni non aveva superato il metro e trenta di altezza e presentava evidenti i segni del rachitismo e della cifosi. Benché abile e stimata nel suo lavoro di modista, aveva ricevuto una scarsa istruzione per cui si esprimeva con ingenuità e talvolta veniva considerata come visionaria. Giuseppina, nel fisico e nello spirito somigliava moltissimo alla sorella maggiore. Una forte deviazione ossea alle estremità inferiori e alla colonna vertebrale, le rendevano difficile il camminare. Soffriva di frequenti attacchi cardiaci. Ebbe un’istruzione elementare e si esprimeva con maggiore correttezza della sorella.

[12] Andrea Gemma, Don Orione anima eucaristica, “Messaggi di Don Orione”, n. 55, 1983.

[13] Da una lettera del 19 settembre 1900, ai membri dell’Adorazione.

[14] Una mattina, accasciata dal male non poteva levarsi per attendere ai suoi doveri. Le apparve Gesù, come dopo la flagellazione e le disse:“Vedi in quale stato mi trovo per aver amato gli uomini. Nel vedere me in questa condizione non dovrà più sembrarti gravoso il vincerti, ed offrire volentieri per mio amore, la violenza che devi farti nell’alzarti dal letto e attendere ai tuoi doveri”. Una volta, mentre faceva orazione, si vide avvolta da una grande luce e trasportata in Paradiso. Suffragava con grande zelo le anime del purgatorio. Le apparve il suo confessore, poco tempo dopo la morte, dicendo che stava benissimo e le mostrava il Cuore di Gesù soggiungendo: “Sono a goderlo in Paradiso”. Leggeva nel fondo delle coscienze. A una donna che si lamentava di non ottenere aiuto dalla Madonna, disse senza averla guardata: “Se lei è in peccato mortale, come vuole che la Madonna l’aiuti?”.

[15] In un pomeriggio del 1897, mentre si trovava il dottore Bonelli in camera di Giuseppina, una donna entrò con in braccio un bimba ammalata per un flemone alla testa. La serva di Dio fece un segno di croce con l’acqua benedetta sulla testa della bambina. Dopo alcuni giorni si seppe che la bimba era guarita.

[16] Agostino Balma, terziario francescano, in Torino, ancora vivente nel 1932. Ardente di amore eucaristico, fu amico e compagno dei santi che diedero incremento all’Adorazione quotidiana.

[17] Scritti 36, 20.

[18] Don Orione stesso, scrivendo ad Agostino Balma il 4 maggio 1900, diceva di aver sfidato la Comoglio, nel suo anniversario dalla morte, che se era santa doveva farsi sentire e che se veramente il Signore le aveva rivelato il desiderio dell’Adorazione, doveva farlo sentire in qualsivoglia maniera purché non gli facesse del male: egli voleva essere certo che fosse stata una rivelazione di Gesù... Scriveva dunque Don Orione: “Mi ero appena coricato sul sofà che un grande vento e un grande tuono passò sopra di me dai piedi alla testa: io lottavo nella mia incredulità e quel vento e quel tuono – più io aprivo gli occhi e volevo alzare le braccia e il corpo – e più mi soffocava sul sofà; per cui io più non potevo neppur muovere la lingua e parlare e gridare e quel vento mi soffocava e spingeva tanto nello stomaco che tutto ieri e ancora adesso ho il cuore che mi fa male. Ieri mattina non ho potuto alzarmi a dir Messa ai figli, ma oggi non c’è paragone, tanto sto meglio.[…]la lotta è durata mezz’ora giusta; non potendo più aver forza di staccar la lingua dal palato e non potendo nemmeno gridare, allora l’ho pregata che non mi facesse morire e ho creduto, e finalmente e in un momento m’è venuta ancor la forza e ho potuto mettermi a gridare e a chiamare forte forte”; Scritti 36, 20.

[19] Nacque a Nizza Monferrato il 5 luglio 1846 e seguì a Villafranca, Moncalvo e Pinerolo lo zio Don Carlo prof. Perazzo. Nel maggio 1861 dovette troncare gli studi di filosofia a causa di una malattia; ottenne un posto in ferrovia e continuò la sua vita nella pietà e nel lavoro. Rimase al suo posto per 47 anni, ebbe diversi incarichi ma quando divenne palese la sua devozione al Papa e alla Chiesa, fu letteralmente perseguitato nel senso che , sotto l’ingiuria di “papalino” gli vennero negati diritti e promozioni, fu adibito a orari inconsueti senza compensi adeguati. Davanti a tutto egli ripeteva: Sia fatta la volontà di Dio!

[20] Nato a Villanova di Mondovì, si laureò a Torino e frequentò corsi di specializzazione a Roma, Parigi e Bruxelles. [21] Nato a Revello (CN) il 31 luglio 1848. Conseguita la laurea in medicina e chirurgia a Torino esercitò la professione a Revello e a Benevagienna. Nel 1883 conseguì a Genova la laurea in scienze naturali con uno speciale diploma di merito. A Torino prese parte alle varie iniziative cattoliche; fu presidente della Lega per il riposo festivo e dell’Unione operaia cattolica. Terziario francescano, fu scelto dal Perazzo come vice presidente dell’Opera dell’Adorazione.

[22] Nato a Chieri il 22 febbraio 1853. Fu presidente dell’Unione operaia cattolica.

[23] Nato a Torino nel 1851. A vent’anni entrò come impiegato nel ministero delle finanze dove fece una brillante carriera.

[24] Nato a Torino nel 1864. Conobbe le Comoglio prima del Perazzo; apparteneva alla fraternità francescana secolare in San Tommaso, ammiratore e amico di Don Orione.

[25] Lettera del 18.9.1900; Scritti 36, 25. [26] Brani di lettera di Don Orione inviata a Balma e agli altri adoratori; Scritti 72, 92.

[27] Cartella: Corrispondenza con religiosi. Evidentemente i chierici di Don Orione avevano motivo di sperare di avere il Perazzo tra di loro. Dopo l’ordinazione sacerdotale (Sanremo, 15 marzo 1902) Don Alvigini tornò a Torino prestando servizio presso la Casa dell’Immacolata. [28] In una minuta, dice al Balma: “La ringrazio di quanto mi dice di fare per gli Adoratori, ed unisco a questa mia, una lettera al Sig. Perazzo pregandolo vivamente di voler fare le veci mie presso il Consiglio centrale dell’Adorazione….”, Scritti 36, 28b. Altra minuta, in data 12 ottobre 1900, rivolta sempre al Balma dice: “Ieri ho scritto una lettera a Lei e al Signor Perazzo, lettera che mi faranno la carità di presentare al Consiglio Centrale dell’Adorazione, l’ho scritta, benché mi paresse che non fossi io che la scrivessi, ma che mi venisse dettata”; Scritti 36, 28.

[29] Scritti 36, 34.

[30] Lettera del settembre 1900: Scritti 36, 29.

[31] Scritti 10, 14.

[32] Ecco la lettera: “Rev.do Signore, nella sua ultima adunanza, questo consiglio ebbe comunicazione della preg.ma Sua del 7 scorso ottobre. Non è a dire quanto conforto, ed insieme quanto buon esempio, abbia arrecato ai componenti il consiglio, lo zelo ardentissimo di cui è animata V.S.R. per la più santa tra le cause; quella del Divino Prigioniero d’amore. Comprenderà quindi, con quanto piacere annoveriamo V.S.R. tra i Superiori Generali di Ordini Religiosi, facenti adesione direttamente alla Primaria per il che trascriviamo il disposto dell’articolo 8° dello Statuto organico generale… Siamo poi dolentissimi doverle comunicare che questo Consiglio, dopo maturo esame, non può aderire alla 2.da Sua richiesta di aggiungere il titolo dell’Adorazione Quotidiana Universale Perpetua agli Eremiti Adoratori, come già ebbe a pronunciarsi lo scorso anno, dopo di aver provocato apposito responso dall’Autorità Ecclesiastica locale. La sua carità ci assicura che V.S.R. comprenderà il nostro rincrescimento e non avrà quindi a male la nostra risposta negativa su questo punto, mentre, d’altra parte, essa non ostacola per nulla il fervido zelo di V.S.R. e di tutti i Suoi Religiosi Confratelli nel caldeggiare alacremente la diffusione della salutarissima pratica in mezzo al popolo cristiano, a gloria di Dio ed a bene delle anime…”.

[33] Lettera di Don Orione da Tortona del 4.10.1911; Scritti 41, 19.

[34] Alla sua morte, Don Orione si trovava a Messina, come Vicario generale dopo il terremoto e seppe in ritardo della morte di Pio Perazzo. Ne scrive a Don Sterpi il 4.12.1911: “Non sapevo che fosse morto Perazzo. Oh quanto me ne rincresce! Prego per lui!”; Scritti 11, 117.