REBORA CLEMENTE (rosminiano), Don Orione e gli Orionini

CLEMENTE REBORA, DON ORIONE E GLI ORIONINI

“Santità soltanto compie il miracolo”



Pierino Montini

 

Tra le anime grandi, grandi in Dio, esistono meravigliose corrispondenze ed intese, non percepibili se non da loro stesse. Gli altri né sanno né si rendono conto di ciò. Eppure tra loro intercorrono contatti spirituali, sintonie inspiegabili razionalmente sulla base di un’esperienza di santità vissuta da ciascuno in modo personale e secondo il carisma a lui partecipato da un identico fondamento.
E’ come se tra loro si attuasse un gioco basato sull’unica regola della carità e dell’amore: dove si vive nell’amore e nella carità si respira l’Amore e la Carità che sono solo da Dio. E, se sono da Dio, perché solo Dio è Amore e Carità, tutti coloro che vivono per l’amore e per la carità sono uniti nel solo progetto di attuazione che li rende possibili. Per questo sono vicini nell’animo, perché in sintonia con l’unico, infinito emittente del loro essere nella carità e nell’amore. E ciò si verifica, anche se sono lontani nello spazio e distanti nel tempo: è l’effusione dello Spirito a ricapitolare tutto di loro.(1)
Di tal genere è la corrispondenza, ancora tutta da approfondire, relativa al rapporto spirituale intercorso tra il sacerdote rosminiano Clemente Rebora e don Orione.(2)


Clemente Rebora, una vita tra tormento ed estasi

Clemente Rebora, (3) nato a Milano nel 1885, fu educato secondo una rigorosa moralità laica; rivelò ben presto grande sensibilità e intelligenza. In un primo tempo, fu affascinato dal nihilismo (lesse Nietzsche) per la sincerità dei processi spirituali proposti; ben presto seguì il rifiuto e cercò nutrimento in altri personaggi più rispondenti alla sua ricerca interiore: Budda, Cristo, Bruno, Alfieri, Mazzini, Leopardi.
La crisi del nihilismo passivo l’aveva portato, giovane laureato nel 1909 preso dal “male di vivere”, ad una grave crisi esistenziale. Si risollevò nel contatto con Prezzolini, con il quale collaborava alla rivista Voce. Questi lo sollecitò a comporre le prime poesie e, nel 1913, gli pubblicò i Frammenti lirici. Una seconda crisi esistenziale lo provò duramente durante la prima guerra mondiale quando nel 1915, sottotenente sul fronte del Carso, una scheggia di bomba gli provocò un trauma cranico e lo portò vicino alla follia. A farlo tornare alla normalità fu determinante la sua relazione con Lidia Natus, pianista russa, che, nei quattro anni di convivenza, lo confortò e riaprì al gusto della vita. Nel 1920, Rebora cominciò a dedicarsi ad una “attività di bontà costruttiva”: l’educazione praticata con lo spirito di “missionario laico”. Nel 1922 pubblicò i Canti anonimi. Cominciò anche un periodo di intensa ricerca mistica e religiosa (1919-1928), in cui l’impegno etico di Mazzini si fuse con l’ascetismo del Buddismo (yoga) e con il misticismo indiano di Tagore.
Cominciò anche l’avvicinamento al cristianesimo del quale cominciò ad accettare la trascendenza, la personalizzazione di Dio nella Trinità e la Chiesa come comunione universale e ultraterrena, mediazione e non ostacolo alla vita religiosa. Seguì la conversione esistenziale vera e propria, la cui fondamentale “folgorazione” avvenne nel 1928, durante una conferenza al Lyceum di Milano sui Martiri scillitani.
La sua ansia religiosa e la sete di verità trovarono pace nella fede cattolica, favorita dall’amica Adelaide Coari, che lo presentò al cardinale Schuster di Milano. Questi, nel 1929, gli conferì la prima comunione e poi la cresima; lo affidò a Don Angelo Portaluppi per la preparazione al sacerdozio. Clemente Rebora fu ordinato nel 1936 a Domodossola, nell’Istituto dei del Monte Calvario dei Rosminiani. In lui credente, avvenne un vero capovolgimento del nihilismo: ciò che in esso era nulla divenne tutto, ciò che era tutto divenne nulla, con una lucidità e passione che mai vennero meno.
Dopo un periodo di silenzio, anche la poesia cominciò a rifiorire in lui, incoraggiata da C. Betocchi, G. Contini e C. Bo ed espressa in Poesie religiose, Curriculum vitae e Canti dell’infermità.La critica letteraria gli riconobbe un posto originale nel panorama del ‘900. Rebora sacerdote, invece, svolse una intensa attività di apostolo del pensiero, ricercato predicatore e saggio maestro di spirito.
Gli ultimi anni della sua vita, colpito da paralisi, furono una via crucis dolorosa, fisica e psichica, nella notte oscura dei mistici. Morì a Stresa, il 1 novembre 1957.


L’amicizia con Don Orione nell’anima più che nella carta

Dallo studio di alcuni scritti indirizzati da Rebora ai primi seguaci di don Orione e da alcune riflessioni che lo stesso Rebora ha rivolto in circostanze particolari a gruppi o comunità di don Orione, siamo in grado di ricavare spunti interessanti che, in futuro, potranno essere ulteriormente approfonditi. L’Archivio dell’Opera Don Orione(4) ha custodito scritti di Rebora a Orionini, mentre non siamo fino ad oggi in possesso di scritti o minute indirizzate da don Orione e dai suoi primi amici al Poeta.
Insostituibile ponte di unione tra i due deve essere considerata Adelaide Coari.(5)
Dal tipo di materiale posseduto fino ad ora si può dedurre che il suddetto rapporto spirituale fu improntato dalla più profonda amicizia e venerazione. Se Rebora riservò un tale rispetto per i figli di un tale padre, quale sarà stata la relazione, sia manifestata che nascosta, intercorsa tra don Orione e don Rebora? Un rapporto di figliolanza autentica nello spirito. Andando avanti negli anni e mutando i tempi, il rapporto Orione - Rebora venne prolungato nel rapporto Rebora – Orionini. E’ un rapporto di discendenza e di continuità, di fedeltà e di arricchimento, che va oltre le scansioni temporali ed occasionali. Rebora stesso in una lettera indirizzata al fratello Piero scrive: ”Ma le reti stradali del nostro pensiero comunicano, là dove cammina il viandante invisibile”.(6)
Ci chiediamo a questo punto: don Orione e don Clemente si sono conosciuti veramente? Dove e perché? Quali prove possiamo addurre? Chi ha incoraggiato il loro incontro? Tale rapporto è limitato al solo don Orione, morto nel 1940, oppure è proseguito oltre, fino alla morte del poeta-sacerdote (1957)?
. Convinti della profonda amicizia tra i due, anche noi ci siamo prefissi di rintracciare le tracce concrete del loro rapporto. Non abbiamo una testimonianza diretta da parte di loro due, ma documenti di altre persone che attestano il fatto.
Infatti, non esiste alcuna minuta, lettera o cosa del genere, diretta da don Orione a don Rebora e viceversa. Ciò è facilmente comprensibile se si considera che Rebora era solito stracciare tutto, ogni qualvolta era immerso in un cambiamento spirituale: per lui un cambiamento spirituale non necessitava un semplice cambiamento di luogo. Egli sentiva che il Signore esigeva di più: bisognava operare un taglio netto e senza equivoci sia col passato, sia con quanto quel passato gli ricordava.(7) Più tardi scriverà, ad imitazione analogica del canto dantesco dedicato a Paolo e Francesca: “Riamato l’amor, l’Amor vuol tutto”.(8)
Il suo più fedele biografo, anche egli rosminiano, il padre Umberto Muratore, scrive: “Delle lettere che riceveva teneva solo quelle strettamente necessarie, le altre le distruggeva”(9), ricavando questa affermazione da alcune lettere dello stesso Rebora.(10)
Eppure tutto non è andato perduto.
Il 24 marzo 1940, Clemente Rebora scrivendo ad Adelaide Coari commentò la notizia della morte di Don Orione con le parole dirette ai Colossesi: «Si consurrexistis cum Christo, quae sursum sunt quaerite, ubi Christus est in dextera Dei sedens: quae sursum sapite, non quae super terram, alleluja».(11)
In una cartolina postale indirizzata al “Rev. D. Carlo Sterpi – Tortona”, datata 6 maggio 1940, pochi giorni dalla morte di don Orione e spedita da Napoli-Ferrovia, si legge:
“Effusione del mio cuore in preghiera a lei che continua, nella meraviglia del Signore, Don Orione ch’io ebbi la grazia di avvicinare nel Segno del Preziosissimo Sangue, e riceverne la benedizione, come chiedo la Sua. Don Clemente Rebora”.
In verità l’appunto è stato spedito da Napoli – Via Palizzi 20 - Vomero, il 20 giugno 1941 da Adelaide Coari, perché:
“Da più d’un anno, Reverendo D. Sterpi, avrei dovuto spedire queste parole di D. Clemente Rebora, col quale avevo parlato con commozione e devozione di Lei. Chissà come è rimasto tra mie carte! E proprio stamani, in cui più intimamente cerchiamo l’unione col Cuore Divino, nel quale solo è la salvezza dell’umanità, mi viene tra le mani! Perdoni il ritardo… L’umilissima Adelaide Coari”.
Anche da parte di don Orione questo silenzio è abbastanza comprensibile se si pensa ai suoi molteplici e differenti impegni e soprattutto al fatto che dal 1934 al 1937 si reca in Sud America (Brasile, Argentina, Uruguay), dove suscita un’onda impressionante di santità e di opere di carità. Al rientro di don Orione, Clemente è sacerdote da appena un anno e don Orione morirà quasi tre anni dopo. E’ in questo periodo che bisogna scavare per riportare alla luce le tracce di un’amicizia sorta nel Cristo.


L’incontro del 10 ottobre 1939

Il filo nascosto del rapporto d’amicizia tra Don Orione e Don Rebora si annoda nel 1939, ma risale fino al cuore della Prima Guerra Mondiale ed oltre. Date imprescindibili e significative risultano essere il 1911, subito dopo il terremoto di Messina,(12) e il 25 dicembre 1915, uno degli anni più terribili per i soldati italiani schierati sul fronte del Carso. Queste date sono accomunate, per così dire, da un personaggio che fa da ponte tra i due. Luoghi diversi, uno al Sud, l’altro al Nord; tempi diversi, ma identica l’anima del problema: dramma, desolazione, non-senso, dolore, morte, terremoto. Guerra degli elementi della natura e dell’uomo.
Eppure la storia di don Orione, che soccorse in tutti i modi possibili i terremotati di Messina, e la storia di un soldato in prima linea, che fu aiutato da una donna con la medesima carità riconosciuta da tutti in don Orione, esiste come un dipanarsi provvidenziale che fa convergere la stessa storia in un unico evento di riscatto e di perfezione. E’ come se una donna ripercorresse simbolicamente l’itinerario della gestazione della Vergine Maria nei confronti dell’umanità. Infatti una donna, la stessa donna, era presente sia a Messina che sul fronte. A Messina conobbe e cooperò con don Orione; sul Carso conobbe, aiutò e poi cooperò con don Clemente. Ma chi era questa donna? Adelaide Coari.
Adelaide fu colei che fece da tramite tra don Orione e don Clemente e tra costui ed alcuni tra i primi seguaci di don Orione: don Sterpi, don Pensa, don Zambarbieri e don Rizzi.
Già nel 1927, la Coari scrisse a Don Orione auspicando un suo incontro con Clemente Rebora. Da ricordare che non era ancora avvenuta la “conversione” di Rebora al cristianesimo, ma era già sensibile ai temi della fede cattolica e agli stimoli della Coari, amica e collaboratrice.(13)
S. Mamete 17.11.927
Caro D. Orione,
Grazie: mi viene tanto bene da Lei: in primavera andrò a S. AlbertoL(14) Ella non ci sarà? Vorrei condurvi un’anima carissima, un giovane che cammina nella via del Signore…un giovane mazziniano.
Vorrei potesse incontrarsi con Lei: Clemente Rebora. Lo tenga presente nelle Sue intenzioni.(15)

Non si sa se poi l’auspicato incontro ebbe effettivamente luogo. Non si è in possesso di altri riscontri nei documenti e quindi non si è in grado di stabilire se Don Orione abbia avuto un ruolo diretto. Certo una qualche relazione con Rebora dovette instaurarsi se, tra le lettere e cartoline della Coari indirizzate a Don Orione, c’e n’è una, datata “Luglio 1938” e scritta “ Dal Calvario di Domodossola”, firmata oltre che dalla Coari anche da Don Clemente Rebora.
Ma veniamo a parlare dell’incontro tra Don Orione e Don Rebora del quale abbiamo sicura documentazione.(16) E’ quello che si svolse sei mesi prima della morte di don Orione a Milano, al Cottolengo, il 10 ottobre 1939.
L’11 settembre 1939, un mese prima dell’incontro a Milano, la Coari aveva scritto a Don Orione annunciando quale era il motivo particolare dell’incontro: il progetto di erigere a Milano un santuario al Preziosissimo Sangue.
“Maternità di Maria V. 11.9.’939
Reverendo e caro Padre D. Orione,
Come oggi 11 anni or sono Clemente Rebora sentì parlare della S. Messa e del S. Rosario senza sdegnarsi. Quale cammino in 11 anni! Umile sofferenza esercitata sulle anime, ora l’è intimamente unito a Gesù Cristo e in Lui opera!
1° Metto ai piedi di Maria l’idea del Santuario che Milano dovrà erigere al Preziosissimo Sangue…
L’umilissima figlia Adelaide Coari”.(17)


Don Orione e Don Rebora effettivamente parlarono del santuario e della convenienza che i Rosminiani possedessero una casa nella città. Don Orione promise il suo incondizionato appoggio. Nel ritorno dall’incontro germinò in Rebora l’idea “di un Piccolo Cottolengo spirituale – pronto soccorso - per anime e intelligenze particolarmente provate e in crisi”(18).
Un prezioso commento a quell’incontro del 10 ottobre è di Don Rebora stesso che, in una cartolina postale timbrata “Milano, 14.10.1939” – dunque dopo soli quattro giorni – scrive a Don Orione:
“In silentio ac spe erit fortitudo vestra. Riconoscente in Gesù e Maria. Don Clemente Rebora”.(19)

Su quell’incontro tornò invece col ricordo più volte Adelaide Coari. Ai primi di novembre di quel 1939, in una sua minuta leggiamo:
“Ottava dei Santi ‘939
Reverendo e caro Padre, voglio essere alla sua ubbidienza. Mi dica Lei come. -Tener presente G. P. (Via Filangeri 2, Milano). Si può arrivare per lui al Ministro di Grazia e Giustizia?
Fui da Lei con P. Clemente Rebora la vigilia dell’11 ottobre: Mater DeiL20) alla Maternità della Madonna affidammo l’idea del tempio da costruirsi per divozione del Preziosissimo Sangue. Dall’ultimo numero della sua rivista apprendo che la festa patronale della Piccola Opera D. P. è Mater Dei. Oh Signore!
Desidero che Ella scriva una parola sui due libretti di preghiera che Le ho passato il 10 ottobre: dovrebbe ricordare il progetto espressole da P. Clemente e la sua adesione.”(21).


Quel “Reverendo e caro Padre” è sicuramente don Orione, come la Coari è solita chiamarlo. Addirittura, in un momento supremo ed alto, don Orione diventa per lei “Padre dell’anima mia”, usato in apertura e chiusura di lettera:
(Domodossola) Finero 15.7.’939
Padre dell’anima mia,
In febbraio il Signore mi condusse a Stresa a pregare sulla tomba di Rosmini; in marzo mandai la mia domanda d’aggregazione all’Istituto della Carità: giorni sono qui al Calvario di Domodossola. Lei ricorderà P. Clemente Rebora, che fu uno degli amici della Voce e del Rinnovamento.(22) Io mi trovo a Finero presso le Suore Rosminiane, dove la Provvidenza mi ha condotto: ho bussato anche altrove...
Mi accompagni con le sue benedizioni, Padre dell’anima mia.
Umilissima Adelaide Coari”.(23)


Nella lettera di Informazioni dell’8 settembre 1941, indirizzata a Don Carlo Sterpi, primo collaboratore e successore di Don Orione,(24) la Coari fornisce più precise informazioni del colloquio intercorso tra Don Orione e Don Rebora.
“Tortona – Natività di Maria SS. - Dalla culla dell’Opera di Don Orione.
Dopo averlo posato sulla tomba di Don Orione e presentato alla Madonna della Guardia, affido alla Sua carità, Rev. D. Sterpi, questo promemoria nella speranza ch’Ella possa, entro l’11 ottobre del corrente anno, comunicare il contenuto a S. E. il Cardinale Schuster.(25)
L’11 ottobre “Maternità di Maria” del 1939 D. Orione si incontrò con D. Clemente Rebora il convertito che la Provvidenza mandò a lavorare nel campo dei Rosminiani.
A D. Orione – pur Esso da decenni, come Egli affermò – inscritto all’Istituto della Carità fondato da Antonio Rosmini(26) –, D. Clemente mostrò il desiderio di veder consacrata al Preziosissimo Sangue una chiesa, un Santuario: “A Milano, aggiunse D. Orione, dove Voi possiate ufficiare: non siete ancora a Milano!?… all’ombra della Madonnina del Duomo?… proprio dove Antonio Rosmini ideò il Suo Istituto e s’incontrò con Manzoni!”(27).


In una lunga lettera indirizzata a don Orlandi, postulatore della causa di beatificazione di don Orione, la Coari annota tra i suoi numerosi ricordi:
“S. Francesco di Sales –1959(28)
(…) Le dirò che il Signore mi ha fatto incontrare con tante anime privilegiate: fin dal 1903 con Mons. Radini Tedeschi, Padre e Maestro del Venerato nostro Buon Pastore Giovanni XXIII e poi col Card. Ferrari – prof. Toniolo – Giulio Salvadori – D. Gustavo Russilillo – D. Sterpi – D. Clemente Rebora… e tante altre anime di primissimo piano. Ne dovrò render conto. (…)
Sì i primi passi della vita di D. Orione nell’ampio mondo sono della massima importanza. Prima che per i corpi ha vissuto in pieno per le anime. Con D. Clemente Rebora rosminiano ha parlato (su iniziativa di D. Cl.) d’un Piccolo Cottolengo spirituale (un pronto soccorso) sempre pronto a inserirsi in chi cerca Via, Verità, Vita. L’incontro che avevo preparato, sul quale contavo e ancor conto, dev’esser avvenuto (ero presente anch’io) nel maggio del 1939 al Piccolo Cottolengo di Milano.(29)
Sa che nei Suoi primi tempi d’apostolato ogni anno si prefiggeva d’incontrarsi con certe anime lontane dalla Chiesa e che ogni incontro era preparato in preghiera e in studi particolari?
Certo Ella sa, che Rosmini fu uno dei Suoi più validi maestri-amici: dall’Epistolario Ascetico Egli attinse direttive fondamentali…”.(30)


Il desiderio di don Orione “d’incontrarsi con certe anime lontane dalla Chiesa” è in perfetta sintonia con la speranza di don Clemente di ‘fondare’ Cottolenghi spirituali per le anime in crisi. Sappiamo che don Rebora, proprio dopo l’incontro con don Orione presso il Piccolo Cottolengo di Milano, ebbe l’idea di istituire nella stessa Città una sorta di Piccolo Cottolengo spirituale nel quale le anime e le intelligenze in crisi potessero trovare aiuto per le loro difficoltà.


Il progetto del santuario al Preziosissimo Sangue

Ancora più interessante può essere considerato il fatto che don Clemente abbia partorito, a partire da quella circostanza, il progetto di edificare un santuario al Preziosissimo Sangue. Scrive il Rosminiano p. Muratore:
“Per promuovere a largo raggio la devozione del sangue di Gesù aveva progettato qualcosa di grandioso: la costruzione in Milano di un tempio dedicato al Preziosissimo Sangue. L’idea gli era venuta nella casa del Cenacolo di Milano, il 29 ottobre del 1939, presente Adelaide. Gliela suggerirono la lunga esperienza personale dei benefici influssi di tale devozione, gli insegnamenti ricevuti da Rosmini, la conoscenza delle Opere di don Orione. Man mano che i mesi passavano si andava infervorando sempre più del progetto. Nel 1940 un industriale milanese si disse disposto a cedere il terreno per il santuario, con annessi una casa religiosa ed edifici destinati ad opere adeguate di carità”(31).

Don Orione appoggiò il progetto di don Rebora. La Coari, proprio nel novembre 1939, aveva parlato di questo progetto con Padre Bozzetti, perché, come lei stessa scrive nelle Informazioni, don Clemente Rebora era più che mai infervorato alla realizzazione di questo tempio da dedicarsi al Preziosissimo Sangue. Sempre la Coari informa:
Ai primi di novembre del 1939 in un’indimenticabile udienza data alla persona che aveva curato l’incontro delle due anime (cioè la Coari stessa), in modo diverso, eccezionale, (Don Orione) ripeté, con un calore ancor più infuocato del solito: ‘Dica a D. Bozzetti che io voglio lavorare tanto, tanto, tanto, per l’effettuazione dell’idea: glielo dica, che son tutto a sua disposizione’. Ora dal Cielo assiste”.(32)

Il padre Bozzetti, pur approvando questo progetto, suggerì di attendere tempi più propizi. Egli, in data 21 luglio 1941 risponde così alla Coari:
“Egregia Sig.na, grazie della Sua del 4 corrente. Quanto al Santuario del Preziosissimo Sangue a Milano, la fede e la preghiera lo farà sorgere, e se così a Dio piace lo farà affidare a noi. Forse qualche segno che ciò dovrà realizzarsi mi pare di averlo all’orizzonte. Ancora lontano: ma potrebbe avvicinarsi in un baleno. Il Signore ama chi sa aspettare con fede.
Per la domanda di inserire nelle divine Lodi il “Sia benedetto il Suo Preziosissimo Sangue” credo che al mio ritorno a Roma potrei iniziare qualche cosa (in ottobre). Prendo nota, e prego il Signore che mi aiuti.(33)
In un periodico pubblicato dalla Congregazione del Preziosissimo Sangue (fondato dal beato Gaspare del Bufalo) ultimamente comparve uno scritto di P. Pusineri intorno alla devozione di Rosmini al Preziosissimo Sangue. Mi rincresce che non so più l’indirizzo, che mi procurerei facilmente se fossi a Roma.
Intanto preghiamo il Signore che ci risparmi altri flagelli e che tanto sangue già versato ottenga, unito a quello di Gesù Cristo, le Sue misericordie per tutti noi.
Con tutto l’affetto, suo dev.mo in X° sac. G. Bozzetti”.


Nella speranza che un giorno tale idea potesse essere realizzata, don Rebora aprì addirittura un conto in banca. Infatti, il progetto sembrava concretizzarsi. Don Rebora aveva scritto alla Coari, il 13 agosto 1940, informandola che un industriale milanese era disposto a donare il terreno necessario per la costruzione. In seguito, purtroppo, il suddetto signore ritirò l’offerta per vari motivi: la seconda guerra mondiale in corso, la difficoltà della grande somma,… e infine l’orientamento dell’Arcivescovo, il Card. Ildefonso Schuster.(34) Lo veniamo a sapere da una lettera della Coari a Don Sterpi dell’8.9.1941, nella quale chiede di interporre i suoi buoni uffici presso il Cardinale.
“L’undici ottobre del 1940, Biagio Gabardi andò al Cenacolo di Milano (via Monte di Pietà) per incontrarsi con D. Clemente Rebora, che ivi predicava un ritiro per maestre. Biagio Gabardi disse a D. Clemente e ripeté per telefono alla terza persona interessata: Sono impegnato per il Comitato delle nuove Chiese, ben volentieri lavorerei per i Rosminiani che tanto apprezzo; bisognerebbe che S. E. il Cardinale affidasse una delle nuove Chiese ai Padri che ci stanno a cuore.
Non ho pregato Biagio Gabardi di parlarne a S. E. il Cardinale, perché si riteneva di sapere che Egli non desiderava affidare parrocchie a nuove Congregazioni, ma la Provvidenza ha le sue vie…”(35).


Per tale motivo la Coari affida il Promemoria per la chiesa del Preziosissimo Sangue a Don Sterpi, affinché sia lui a presentarlo al Card. Schuster. Compito che Don Sterpi adempirà con la lettera del 28.10.1941.(36)

Le difficoltà non soffocò il progetto di bene che nel cuore di Don Rebora continuava a crescere e precisarsi. Il 1° luglio 1944, festa del Preziosissimo Sangue, don Clemente ebbe una “visione” o “concezione” del tempio dedicato al Sangue di Cristo, che doveva essere costruito a Milano. Ne parlò così alla Coari:
“Gesù Maria Giuseppe
Nel ringraziamento, a piè dell’altare, dopo la S. Messa per la Festa del Preziosissimo Sangue del 1944 nella nostra chiesa di Stresa, mi si è delineato il Tempio o Santuario del Preziosissimo Sangue, che parrebbe dovesse sorgere a Milano: a forma di Cuore, sotto un’unica cupola dominata dalla SS. Trinità l’altare di marmo candidissimo (in alto: DEUS CHARITAS EST) con lavoro di grazia in pietre verdi, e tutto gocciolante di rubini o pietre purpuree.
Sopra l’altare, nel mezzo del saliente della forma del Cuore (le due parti rientranti farebbero il Coro), un grandissimo Gesù Crocifisso con Maria e Giovanni, e più in là la Maddalena.
A sinistra, l’Annunciazione-Incarnazione; a destra, Gesù nel Getsemani.
Nel mezzo del tempio, un’elevata effigie dell’Immacolata (dell’Immacolato Cuore dell’Addolorata: aggiunta del 20 maggio 1953) cinta di Angeli (e Angeli, un po’ dappertutto nella Chiesa).
Nella parete destra, la figurazione vasta del Giudizio Universale, e sotto i confessionali.
All’entrata con unica porta ( e due laterali poi) figurante la punta del Cuore, da parte a parte la figurazione della morte – della nascita e fine terrena – in due riquadri, figuranti l’uno l’Angelo della morte che falcia il grano e la zizzania, e l’altro l’Arcangelo Michele che schiude con una chiave a forma di (Crocifissi) Croce la porta del Regno di Dio Paradiso sotto aspetto di una Reggia nuziale.
Sul pavimento e intorno l’architettura, ma in modo visibile, diciture: Deus Charitas… In hoc cognovimus et… In hoc cognoscent omnes… Diligite alter… grandeggiante: Ut omnes unum sint et nos”.(37)



L’amicizia verso la congregazione di Don Orione

Il 12 marzo 1940 morì don Orione. Don Clemente morirà il 1° gennaio 1957: 15 anni di silenzio significativo e costruttivo, durante i quali si stabilì tra la Congregazione della Divina Provvidenza di don Orione e padre Rebora un rapporto non abitudinario e superficiale, ma carico di spiritualità.
E’ possibile riscoprire in questo senso una frequentazione quasi continua con i primi diretti figli di don Orione. Possediamo, infatti, lettere dirette da don Clemente Rebora ad alcuni di loro: don Zambarbieri, don Sterpi, don Pensa e don Rizzi. Siamo in possesso, inoltre, di altri utili riferimenti indiretti in almeno quattro lettere indirizzate alla Coari, comprese tra il 20 febbraio 1941 e l’11 febbraio 1943.
Questo vincolo di amicizia tra don Rebora e i figli di don Orione è descritto in modo, diremmo, quasi lapidario dalla Coari stessa in una lettera indirizzata a don Giuseppe Zambarbieri,(38) datata 14 gennaio 1959, per chiedere informazioni su Don Rebora. Erano già trascorsi due anni dalla morte di don Clemente e 19 da quella di don Orione. La Coari riannoda la stima e l’affetto verso gli attuali “figli di Don Orione” all’incontro Rebora – Orione.
“14.I.’959
La penso, caro D. Giuseppe…
Ho bisogno, caro Amico, d’aver da Lei notizie intorno alla prima chiamata avuta da D. Clemente perché venisse a tenere nelle loro case gli esercizi ai Sacerdoti. E’ venuto da Lei, lo ha chiamato?
D. Orione e D. Clemente s’erano incontrati al Piccolo Cott. di Milano un martedì dell’aprile o del maggio del 1939: all’incontro cordialissimo fui anch’io presente. Vedo di ricordare ciò che può interessare intorno ai rapporti delle loro opere con quello di D. Clemente attaccatissimo a D. Orione. All’amabilità “soave” di D. Sterpi, al “sapiente relatore” che è il “nostro Zambarbieri”…
Confido che il venerato D. Pensa vada riprendendosi…(39)
L’umile Adelaide C.”(40)


Si faccia attenzione all’uso di aggettivi tra virgolette con i quali la Coari intende evidenziare le note caratteristiche di quei sacerdoti.
Possiamo rintracciare notizie sinottiche, relative alle informazioni riferite dalla Coari, anche in lettere che Rebora ha indirizzato ai vari orionini, oppure alla Coari stessa. Un contributo insostituibile è anche quello apportato dal rosminiano p. Muratore nell’opera citata precedentemente e dagli organi di stampa orionini.
Dalla morte di don Orione fino al 1952 c’è un susseguirsi di interventi epistolari di don Clemente indirizzati ai figli di don Orione a proposito di notizie relative a incontri, predicazioni, momenti di ospitalità. Unica eccezione: in una minuta presente nell’archivio orionino di Via Etruria, in Roma, nella quale il rosminiano “raccomanda” un orfanello a don Orione. Solo dall’insieme delle notizie si può dedurre che la lettera è indirizzata ad Adelaide Coari, in quanto si fa riferimento a Giulietta, sorella dell’Adelaide. Il brano che ci interessa è il seguente:
“E’ poi una cosa che mi sta a cuore: da tempo mi è stato raccomandato un buono e intelligente orfanello, del Trentino, di ani 9, da una pia maestra che cerca un rifugio, un collegio o Istituto benefico, onde assicurare non solo l’esistenza, ma l’anima di questa cara creatura. La zia di questo orfanello – che ha a carico altri tre figlioli se non erro – lavorando giorno e notte potrebbe contribuire mensilmente con una quarantina di lire: è possibile parlarne a Don Orione?…”(41).

Adoperando in contemporanea fonti rosminiane e fonti orionine possiamo dedurre che gli anni compresi tra il 1940 ed il 1952 furono molto vantaggiosi spiritualmente sia per Rebora che per la famiglia di don Orione.
La ragione profonda di questo mutuo scambio nella Carità e nella Provvidenza sta nella devozione verso il Fondatore che continua nei suoi discepoli e continuatori. La troviamo esplicitamente in una cartolina spedita da Adelaide Coari al “Rev. D. Carlo Sterpi – Tortona”, a qualche mese dalla morte di don Orione. La Coari scrive così:
“S. Luca 1940
Quanto Vi sono grata, caro Padre! Come vi sento continuatore fedele del nostro venerato santo! Dio vi benedica. Ad. Coari “.(42)


Nella stessa missiva Don Clemente Rebora aggiunge di suo pugno, in modo verticale a quanto scritto dalla Coari:
“Maternità della Beata Vergine Maria,
con riverente ricordo del santo Fondatore in charitate Sanguinis Jesu Mariae
Don Clemente Rebora”.



Predicatore di esercizi spirituali agli Orionini

Nell’estate del 1941 don Clemente predica gli esercizi spirituali ai sacerdoti di don Orione a Montebello, dal 18 al 27 agosto.(43) Ne accenna in una lettera già pubblicata: “dal 18 al 27 agosto devo dettar gli esercizi ai sacerdoti di Don Orione a Montebello”.(44) Purtroppo, non si hanno appunti delle meditazioni e prediche. Il giorno 28.

Terminati gli esercizi, il 28 agosto 1941, padre Clemente fece sosta a Tortona, nella Casa madre, e, “nella cappella, parlò a noi chierici – ricorda Don Giovanni Venturelli -, rievocando la memoria benedetta del nostro Padre Don Orione. Nel pomeriggio, doveva recarsi al “Groppo” per incontrare e parlare alle nostre Suore Sacramentine cieche. Venni incaricato di accompagnarlo. Lo ascoltai e presi appunti della sua predica che, poi, completai con quanto aveva scritto qualche altra suora. Il testo poi lo inviai a Venezia, dove si stampava La Piccola Opera della Divina Provvidenza, e venne pubblicato”.(45)
“Il Signore ha detto: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. E ancora: Beati coloro che non videro e credettero. E la santa Chiesa ci fa cantare: Vitam praesta puram / Iter para tutum, / Ut videntes Jesum, / Semper collaetemur.
Il vedere fisico è certo un grande dono naturale del Signore. Egli ce lo ha dato perché, scorgendo la bellezza delle cose create, il nostro essere – capace di Dio e che solo quindi in Dio può compiersi e appagarsi – s’invogliasse a scoprire il suo Creatore, a conoscere le meraviglie che la sua carità tiene in serbo per coloro che desiderandolo, facendone stima infinita, mirassero a rispecchiare le sue perfezioni nel Creato, unicamente a piacergli, a unirsi a Lui. E così glorificarlo. (…)
Per Gesù come morte è solo l’inferno, così vedere è solo di chi ha l’occhio semplice, di chi ha in sé la grazia, la vita vera eterna; i Farisei sono per Lui dei veri ciechi e tutto il mondo che adopra la vista secondo le tre concupiscenze è cieco, ed è tanto più cieco, quanto più crede di vedere e di potersi fare guida altrui. Notiamo per esempio, che Simeone dichiara di aver veduto veramente solo quando ebbe Gesù come cosa sua.
Per questo Gesù, e con Lui Maria e dietro loro i santi, fu poverissimo di ogni vedere umano, perché fosse luminoso il vedere il Padre: essi hanno preferito non vedere che Dio sulla terra, rinunciando ad ogni altro vedere, per aprire gli occhi interiori della Fede, che dà la Vita eterna, per la carità, la quale unisce a Dio in Cristo, fino alla visione beatifica. E poiché Egli ricava sempre bene dal male e a chi lascia uno, per amor suo, dà il centuplo… e la vita eterna, ha permesso che alcune creature, nascessero – conseguenza del peccato originale e non attuale - con la cecità fisica, sia per mostrare agli altri quale dono sia il vedere fisico, e quale figura sia dell’altro Vedere, sia per mostrare come torni meglio non vedere fisicamente, piuttosto che usar la vista a peccare, a fare e a scorgere tante offese a Dio, che dimora in noi ed è improntato nella creazione.
Tra questi ciechi, che il mondo cieco considera degli infelici, o disgraziati, o poveri incapaci di far qualcosa, ed ora inutili e da sopprimere…perfino, Gesù ne elesse alcuni a sublime vocazione.
Or non ci vogliono che i Santi, che gli uomini tutti di Dio, come Don Orione, portati a scegliere le cose che non sono, per confondere quelle che sono o credono di essere, per far intendere quale pregio e fecondità si racchiuda in questa sciagura come in ogni altra, se accettata e portata con grande fede, in Domino.
Il Signore chiamando voi, sorelle cieche, a vita religiosa, a vita di perpetua immolazione e preghiera ha reso religiosamente volontaria la cecità vostra: perciò voi testimoniate che mette conto di vedere e guardare e contemplare Lui solo a prezzo di rinunciare interamente a questo mondo: voi siete chiamate a impetrare che il mondo si renda conto come sola vera inesprimibile disgrazia e male sia la cecità proveniente dal peccato, che conduce individui e nazioni a cader nell’abisso: voi siete chiamate a ottenere da Dio che le anime vedano.
Il grande sacrificio della cecità fisica è solo transitorio, ed è rivolto a un mondo guasto e che spesso non si vorrebbe vedere (e Dio voglia che il mondo non cominci da noi): poiché alla risurrezione dei corpi tutti coloro che saranno morti nel Signore acquisteranno, in un modo trasfigurato, ma reale, un corpo di gloria con occhi splendenti di una veggenza impensabilmente perfetta e beatificante.
E ricordiamo insieme che in Gesù c’è questa graduatoria del vero lavorare: primo, il patire in Cristo, e Cristo continua a patire nelle anime generose, che si lasciano crocifiggere in Lui; secondo, il pregare, e chi patisce in Cristo prega necessariamente e veramente e senza interruzione; terzo, l’agire, che ritrae il suo valore solo se deriva dalla vita interiore, di Cristo in noi.
Anche nel Getsemani, anche sulla Croce stiamo uniti a Gesù e glorifichiamo il Padre con l’amoroso Fiat di ardentissima carità: cerchiamo di sentire che ci dimostra la sua suprema predilezione tenendoci avvinti al legno trionfale della vita, alla Croce con la quale Egli vince in noi e con noi il demonio il peccato e per mezzo della quale ci apre la via alle nozze di vita eterna.
Pregate perché diveniamo tutti ciechi al male e veggenti al Bene, alla Carità, alla Santità, alla Vita eterna e così possiamo condurre alla Pace, al Padre i fratelli in Cristo. Amen.”(46)


Ritornato, poi, a Domodossola, Don Rebora scrisse a Don Carlo Sterpi per esprimere i suoi sentimenti di gratitudine e di stima verso gli Orionini incontrati in quella sosta spirituale di agosto.
+ Gesù Maria Giuseppe
Domodossola, 2 sett. 1941.
Pongo nel cuore di Gesù e Maria ogni ringraziamento per la benevolenza e degnazione dolcissima usata a me poveretto.
Mi permetto inviarle in omaggio alcune pubblicazioni tratte dalle opere del nostro Padre Fondatore così caro al loro santo Fondatore, Don Orione, e a tutta la sua famiglia religiosa. La Scienza dei Santi del P. Pagani (che successe al Rosmini) so che era desiderata da uno di loro; e la Dottrina della Carità potrebbe, penso, piacere a quel giovane sacerdote, anima di elezione, che insegna Filosofia nel loro Seminario, e col quale ebbi la gioia di conversare prima di partire.
Abbia la bontà di ricordarmi a Don Pensa, e di abbracciarmi in Domino tutti i suoi figlioli ai quali mi sento unito con intima fraternità, cominciando da Zambarbieri così eroicamente e giudiziosamente buono.
E mi usi la carità di tenermi sempre raccomandato alla Celeste Mamma, e nei meriti di Don Orione, e suoi e dell’Opera santa.
Don Clemente Rebora.(47)


“Il 6 gennaio 1942, giorno del suo 50° compleanno, partecipando al raduno degli Amici di Don Orione, aveva desiderato fare da prete assistente alla prima Messa celebrata al Piccolo Cottolengo Milanese dal nostro Don Zambarbieri”(48).
Da una lettera indirizzata da don Rebora ad Adelaide Coari si desume che l’11 febbraio 1942 fu a visitare don Zambarbieri che si trovava a Villa Moffa di Bra (CN), noviziato della congregazione.
“Stiamo – nel provvidenziale silenzio del Noviziato - con il nostro dolce don Zambarbieri…”(49).

Questo rapporto intenso e lungo pone in evidenza, però, che mai e poi mai don Rebora approfitterà del suo ruolo privilegiato all’interno della famiglia di don Orione. Egli richiede, sì, di essere privilegiato nella carità della preghiera, come detto in una lettera indirizzata da don Rebora alla Coari, in data marzo 1942(50).

Nel luglio del 1943,(51) Don Rebora accettò di tenere un corso di esercizi spirituali ai sacerdoti di don Orione riuniti al Castel Burio di Costigliole d’Asti, affascinandoli tutti con la sua parola straordinariamente ricca e penetrante, e più ancora con la sua pietà e santità.(52)
Don Rebora era diventato ormai figura familiare nella congregazione orionina, quasi un “padre spirituale” straordinario. Anche nell’estate del 1944, come era ormai abitudine, viene invitato a tenere più corsi di esercizi spirituali. Dal Collegio “Rosmini” di Stresa, nel giugno, scrive a Don Sterpi per assicurarlo che potrà essere presente.
Gesù Maria Giuseppe
Ho saputo dalla Sign. Stegagnini un nuovo tratto della sua benevolenza, e cioè che lei desidererebbe venissi anche quest’anno per i SS. Esercizi.
Il mio Superiore me ne dà licenza; solo bisognerebbe sapere in che periodo di tempo si dovrebbero preferibilmente tenere. Et miserere mei.
Mentre crescono gli strazi secondo il mondo cresca la carità secondo Dio, e intercedenti Don Orione e il Padre Fondatore nostro.
Permetta che io mandi a Lei e alla sua grande cara famiglia religiosa l’espressione del mio acceso e riconoscente affetto in Sanguine Jesu Mariae; e mi benedica. Don Clemente Rebora.(53)


Gli vengono comunicate le date. Subito scrive a Don Gino Rizzi, per confermare la sua disponibilità. E’ interessante notare come sempre si preoccupi di chiedere e di manifestare il permesso ricevuto dal suo Superiore.
Gesù Maria Giuseppe
Anzitutto un riverente intenso pensiero in preghiera per il Rev.mo Don Sterpi, che confido provvidenzialmente migliorato dalla sua infermità; e con Lui ricordo Don Pensa.
Il mio Superiore concede che io venga per i SS. Esercizi alle date da loro fissate (24 luglio + 2 agosto; 30 agosto + 8 settembre).(54) Deo volente, arriverei a Tortona il 23 luglio. Per le loro preghiere, ch’io divenga servo inutile ma non disutile; e Don Orione e il nostro Padre Fondatore ci ottengano di volerci e farci tanto bene nella carità che salva e santifica e glorifica. Fraternamente nel Benedetto e nella Benedetta. Don Clemente Rebora(55)


In quell’estate, “predica esercizi spirituali a Costigliole d’Asti ai giovani sacerdoti di Don Orione, a Bra Bandito agli studenti della Piccola Opera della Divina Provvidenza, a Tortona e a Castel Burio nell’astigiano ai sacerdoti di Don Orione…”(56).
Ultimi due documenti dello straordinario tratto d’affetto e venerazione verso il successore di Don Orione, il venerabile Don Carlo Sterpi, l’abbiamo in due cartoline.
La prima è del 18 giugno 1947, scritta in occasione del giubileo sacerdotale di Don Sterpi.
+ Gesù, Maria, Giuseppe
riverente e unito nel Preziosissimo Sangue della Carità di Cristo per la sua aurea Messa, propiziante la provvidenziale Opera di Don Orione; sotto il materno sguardo della Vergine Mamma, con cuore riconoscente, voglia benedirmi.
Don Clemente Rebora
Casa Natale di A. Rosmini Rovereto (Trento)(57)

La seconda cartolina è timbrata il 30.12.1950.
+ Gesù Maria Giuseppe
La ringrazio di avermi reso partecipe della preziosa Benedizione; e voglia accogliere il mio augurio e ricordo affettuosamente reverente.
Don Clemente Rebora.


L’amicizia di Don Rebora continuò nella relazione con alcuni sacerdoti orionini, primo fra tutti Don Giuseppe Zambarbieri. Questi, ad esempio, lo sostenne - “ben lieto di poter dare così il mio sassolino” - nella sorprendente iniziativa di dar vita, nel 1948, a Il fronte degli onesti che si proponeva di combattere l’immoralità e difendere i fondamentali valori umani.(58)


Consonanze d’anime

Per concludere, ma solo relativamente a quanto abbiamo approfondito fino ad ora, possiamo affermare che il rapporto don Orione - don Rebora può inscriversi, fatte le debite eccezioni, all’interno dei tre capitoli, nei quali il Papàsogli tratta del tema Anime in cammino: “i contatti, da anima ad anima non s’interruppero (…), ma continuarono lungo l’arco di anni e decenni e s’ascrissero talvolta entro un apostolato particolare cui Don Orione dedicò le più intime risorse del suo amore: l’apostolato presso i sacerdoti dubbiosi, smarriti o caduti” (59).
Questo contatto “da anima ad anima” tra i due, infatti, pur essendo molto profondo e radicato, anche se non riguardò assolutamente una crisi di identità di don Rebora, fu circoscritto nel tempo. La vita spirituale dei due proseguì in modo parallelo, vale a dire autonomamente entro un carisma di ricerca e di attuazione della propria santità. Talvolta, però, è possibile riscontrare delle inter-relazioni o contatti che ne esaltano il proprium ed il comune.
Uno dei punti che accomuna i due è quello relativo all’apostolato verso i sacerdoti dubbiosi, nel quale anche don Clemente fu impegnato per circa un anno.
Un altro punto d’incontro può essere considerato, in modo inaspettato, nel fatto che anche don Orione scrisse pregevoli pagine poetiche, come è dimostrato nel testo Le più belle pagine di Don Orione(60).
Senza alcun dubbio, però, il punto più in comune può essere riscontrato nell’entroterra culturale dal quale sbocciò quello che potrà essere definito il proprium di ognuno: mazziniano, di idee mazziniane e massoniche il papà di Rebora; garibaldino e di idee garibaldine il genitore di don Orione. Il grande attaccamento che don Orione ebbe per la sua famiglia non sempre ebbe un pari riscontro in Rebora: don Luigi Orione deriva quasi in modo naturale la pacifica relazione di figliolanza; al contrario, don Rebora maturerà il suo rapporto con i propri familiari in modo analogico e a somiglianza del rapporto che instaurerà con Dio. Lunghi anni di ricerca e di sofferta amicizia con i familiari e lunghi anni di annichilente abbandono a quell’amore che egli descrive così: “Riamato l’Amor, l’Amor vuole tutto”(61).
Un ulteriore approfondimento della spiritualità dei due potrà rivelare sintomatiche affinità: l’amore per il Papa, una filiale devozione per Maria, uno spiccato senso ascetico, una tensione ad identificarsi fino alla morte nel Cristo Crocifisso, l’amore per i poveri. Molti devoti di don Orione conoscono il suo amore per il Papa, per Maria, per le anime, per i poveri. Anche don Rebora avvertiva questi reticolati che compongono la raggiera della Carità Totale, in modo altrettanto radicale e denso.
Ricordiamo uno dei detti reboriani riguardo a Maria: “Mia Mamma di Gesù”(62). Un altro riguardo al Crocifisso: “Salvami, crocifisso di Te, o Gesù mio, mio, mio”(63 . Un altro sull’amore mistico: “Afferrato da Lui, non l’afferro: non sono più mio”(64).
Uno studio più approfondito non potrebbe non mettere in luce che la concezione della Provvidenza per Orione corrisponde analogicamente alla concezione della Carità di don Rebora: l’invocazione “Anime! Anime!” e il “Vorrei farmi cibo spirituale per i miei fratelli che hanno fame e sete di verità e di Dio”(65) di don Orione hanno un corrispettivo reboriano in “un bisogno di dilatarmi nel sacrificio della carità”(66), “Sento di scomparire come alimento in altrui”.(67)
Un altro paragone seducente sarebbe quello di operare, inoltre, un raffronto tra l’apertura al travaglio mistico con cui fu vagliato il Rebora ed il fuoco, altrettanto mistico, dell’apostolato e delle missioni che infiammò l’animo di don Orione.
Abbiamo iniziato questa nostra ricostruzione convinti del fatto che esistono nascoste intese tra le anime dedite all’Amore. E non abbiamo tentato il caso, in quanto la cerchia tra don Orione e don Rebora si allarga ulteriormente, allorquando si riflette su un avvenimento che toccò da vicino padre Pio e don Rebora.
I fatti andarono così: “Un roveretano, recatosi a San Giovanni Rotondo, al termine della confessione si sentì dire da padre Pio: “Come mai vieni da me? Non c’è a Rovereto padre Rebora che è un santo?”(68). Passati alcuni anni, il “2-6-1956 giunsero a Vercelli 3 persone, alle quali padre Pio da Pietrelcina, aveva detto: “Non venite da me, voi di lassù: andate a Stresa da p. Rebora”. E dopo la visita l’infermo commentò, piangendo: “Sono diventato la succursale stresiana di P. Pio”(69).
P. Pio conosceva spiritualmente padre Rebora e padre Rebora conosceva spiritualmente p. Pio, pur non essendosi mai incontrati. Nel modo come detto inizialmente: p. Pio conosceva don Orione e don Orione conosceva p. Pio senza essersi mai incontrati.
E’ un ripartire da capo, né da due, né da tre, né da un singolo, ma dalla constatazione che c’è un Uno: “Le anime che Dio sceglie per vivere vicino a Gesù, sono anime silenziose”(70).
“Santità soltanto compie il miracolo”.(71)


N O T E -------------------------------------------

* Il Prof. Pierino Montini è docente universitario e critico letterario, Roma.
1. Un esempio significativo: il rapporto misterioso ed affascinante tra don Orione e padre Pio, al quale è stata dedicata particolare attenzione da don Flavio Peloso nel testo Don Luigi Orione e Padre Pio da Pietrelcina, Jaca Book, Milano 1999, pp.190.
2. Per conoscere don Luigi Orione: A. Gemma, I fioretti di Don Orione, Dehoniane, Roma, 1994; G. Papasogli, Vita di Don Orione. (IV ed.), Gribaudi, Torino, 1994. Nel nome della Divina Provvidenza. Le più belle pagine di Don Orione, Piemme, Casale M., 1994. F. Peloso, Don Orione. Intervista verità, San Paolo, Cinisello B., 1997; F. Peloso, Don Orione, un vero spirito ecumenico, Dehoniane, Roma, 1997; D. Sparpaglione, Il Beato Luigi Orione. (IX ed.). Ed. Paoline, Roma, 1998.
3. Per conoscere don Clemente Rebora: D. Valeri, La poesia di Clemente Rebora, All’insegna del Pesce d’oro, Milano 1961; A. Barile, M. Marchione, Ricordo di Rebora, La Locusta, Vicenza 1989; AA.VV., Poesia e spiritualità in Clemente Rebora (Studi e testimonianze alla Sacra di S. Michele), Interlinea, Novara 1993; U. Muratore, Clemente Rebora. Santità soltanto compie il canto, San Paolo, Cinisello Balsamo; P. Gaia, E l’aspirante suicida scoprì Dio e poesia, «Vita pastorale» n.3, 2000, p.40-44.
4. Per la prima volta, molti testi inediti di Clemente Rebora, appaiono qui pubblicati, grazie all’interesse e alla ricerca di Don Flavio Peloso e di Giuseppe Lo Bianco.
5. Adelaide Coari collaborò conobbe e collaborò con Don Orione durante il triennio 1909-1912 della ricostruzione dopo il terremoto di Reggio Calabria e Messina. Le restò affezionata e devota e continuò il suo aiuto in varie imprese di carità, soprattutto nello sviluppo del Piccolo Cottolengo milanese, nel quale si ritirò poi negli ultimi anni della sua vita.
6. C. Rebora, Lettere ai familiari, All’insegna del Pesce d’oro, Milano 1962, p.25. Per una conoscenza degli scritti di Clemente Rebora: C. Rebora – F. Messina, Via Crucis, All’insegna del Pesce d’oro, Milano 1955; Clemente Rebora, Lettere I e II, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1976 e 1982; Idem, Le poesie, All’insegna del Pesce d’oro, Milano 1961 e 1982; Idem, Saggi, M. Boni, Bologna 1993.
7. In un giorno di ottobre del 1929, dopo che aveva deciso di diventare sacerdote, lasciando l’appartamentino che aveva in affitto, “stracciò e ammucchiò tutto sul pavimento della cucina. Quando questo compito lacerante e insieme liberatorio fu portato a termine, ecco giungere dalla Strada la provvidenziale voce dello straccivendolo. Rebora lo chiamò, contrattò il prezzo, vide portarsi via quei ricordi, quasi assistesse al funerale di un Clemente Rebora ancora in parte caro, ma ormai superato da un nuovo Clemente, più credibile anche se più esigente”; in U. Muratore, Clemente Rebora. Santità soltanto compie il canto, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1997, p. 181.
8. C. Rebora, Le Poesie, Garzanti, Milano 1993, p. 318.
9. U. Muratore, op. cit., p. 293.
10. C. Rebora, Lettere II, Storia e Letteratura, Roma 1982, p. 136, 137, 147.
11. Angela Pensato, Clemente Rebora, Schena Editore, p.333.
12. Adelaide Coari ricorda: “Lo incontrai (Don Orione) nel 1911 quando tornai a Messina. Me ne aveva parlato tanto e tanto bene l’Ing. Aiace Alfieri. Non giungevo a Messina per il Patronato, ma per l’Associazione del Mezzogiorno. Dovevo preparare un progetto per gli Asili. Ero in relazione col Senatore Franchetti, il quale mi aveva appunto inviato a Reggio e Messina con quell’incarico: era, se non erro, il luglio del 1911. Aiace Alfieri, che incontrai a Villa San Giovanni, mi narrò un simpatico episodio.
13. E’ di quel 1927 un interessante episodio raccontato dalla stessa Coari: “Dal 1923, al principio di ogni anno scolastico, tornava di Clemente la domanda: ‘Da dove attinge lei vigore, ispirazione per la sua opera quotidiana?’. Finalmente nel 1927 mi proposi di ‘rispondergli da donnicciola’ se la domanda si fosse ripetuta… In un tardo pomeriggio di ottobre salii le sue scale di via Tadino: la domanda fu subito ripetuta e la risposta data in semplicità: ‘Attingo ispirazione e vigore dalla Messa e dal Rosario!’. Assoluto silenzio da parte sua. Continuai a dire quel che il di dentro suggeriva. In silenzio m’accompagnò all’uscita con un semplice arrivederci; ma i suoi occhi erano umide gemme”, riportato in U. Muratore, op. cit., p.155.
14. Sant’Alberto di Butrio è un paesino dell’alta Val Staffora, nell’Oltrepò pavese, ove si trovava un eremo con una comunità di eremiti, presso la quale spesso Don Orione dava appuntamento a persone desiderose di pace e di elevazione spirituale.
15. ADO, Rebora. La Adelaide Coari indirizzò a Don Orione numerose persone “in ricerca” e inuiete culturalmente. Non meraviglia che vedendo Rebora “disponibile” ad un dialogo sui fondamenti cristiani abbia pensato a lui che univa fede robusta e aperta con la carità, “migliore apologia della fede cattolica”.
16. Riguardo a questa notizia possediamo documenti provenienti rispettivamente dall’archivio dei padri Rosminiani e dall’archivio dei figli di don Orione. Entrambi le fonti risultano essere fino ad oggi ancora inedite. Più modesta e concisa quella reboriana (A. Coari, Incontro D. Orione – D. Clemente Rebora Archivio Storico Istituto della Carità, Stresa, AGR, 39b) più abbondante e dettagliata quella presente nell’archivio orionino.
17. Archivio Don Orione (Via Etruria 6 – Roma), Cartella Clemente Rebora (sarà citato ADO, Rebora).
18. U. Muratore, op. cit., pag. 262.
19. ADO, Rebora.
20. Dovrebbe essere questa la data esatta dell’incontro, perché è ricordata a 20 giorni di distanza. In altri ricordi, la Coari pone l’incontro in diverso giorno.
21. ADO, Rebora.
22. La Voce e il Rinnovamento sono due delle riviste alle quali don Clemente Rebora ha collaborato.
23. ADO, Rebora.
24. Cfr. Ignazio Terzi, Don Carlo Sterpi. Profilo biografico, Edizioni Don Orione, Tortona, 1991. 25. Il promemoria riguardava il progetto del santuario del Preziosissimo Sangue.
26. Cfr. Remo Bessero Belti, Il beato Don Luigi Orione ammiratore del Rosmini. Uno studio con carteggio inedito, «Messaggi di Don Orione», 1989, n.72.
27. ADO, Rebora.
28. Le memorie iniziano così: “Non vorrei, caro D. Orlandi, ch’Ella si facesse illusioni su quel che potrò dire del grande venerato Amico. Molto ho ricevuto da Lui in tempi di groviglio inenarrabile. Egli mi ha aiutato, in circostanze e situazioni non comuni, attraverso l’esempio e le parole colte al volo, a camminare lungo le strade della carità. Sin dal primo incontro (di sfuggita solo e nell’ombra, ben poco so d’originale del primo suo soggiorno messinese) mi disse: “devi tener conto di quanto ti comunico” ma l’avvertimento purtroppo per le condizioni del mio lavoro e, soprattutto per la mia miseria, non è stato accolto. Spero di trovare qua e là qualche nota”.
29. C’è evidentemente un errore nell’indicare questa data, forse dovuto alla lontananza di quasi un ventennio di questo ricordo dalla data dell’evento. La data sicura, anche da altri documenti, risulta essere l’10 ottobre 1939.
30. ADO, Rebora.
31. U. Muratore, op. cit., p. 269.
32. ADO Rebora.
33. E’ da approfondire l’accenno all’introduzione nelle giaculatorie dell’invocazione-ringraziamento e al beato Gaspare del Bufalo, ora canonizzato, definito da Papa Giovanni XXIII “il più grande apostolo del Sangue di Cristo nei tempi moderni”.
34. Cfr. Ignazio Terzi, Don Orione e il Cardinal Schuster. Due anime in sintonia evangelica, «Messaggi di Don Orione», 1996, n.91.
35. ADO, Rebora.
36. Don Sterpi scrive al Card. Schuster: “La Signora Adelaide Coari (già nota, penso, a Vostra Eminenza) che è stata qui a Tortona a fare un po’ di scuola ai nostri Probandi, prima di partire, mi ha lasciarto l’incarico di far avere a Vostra Eminenza l’accluso memoriale. Avrei dovuto presentarlo l’11 del c.m., ma poi la cosa mi è passata di mente. Lo faccio adesso e lo raccomando vivamente a Vostra Eminenza. (…)”.
37. C. Giovannini, Clemente Maria Rebora (1885-1957) – Poeta e sacerdote, in “Calvario” p. 6.,
38. Don Giuseppe Zambarbieri, uno dei discepoli più illustri di Don Orione, all’epoca della lettera era vicario generale della congregazione della quale poi divenne superiore generale. Cfr. Ignazio Terzi, Don Giuseppe Zambarbieri. Un’integrazione carismatica di Don Orione, Barbati Orione Editore, Seregno, 1993.
39. Don Carlo Pensa era il superiore generale. Cfr. “Sarà lampada ardente”. Scritti di Don Carlo Pensa Introduzione di Ignazio Terzi, Edizioni Don Orione, Tortona, 1987.
40. ADO, Rebora.
41. ADO, Rebora torna sullo stesso tema con un altro biglietto ad Adelaide Coari (Corso Sempione – 17 Milano): “Gesù Maria Giuseppe Domodossola, 6 nov. 1939. Avventuro questa mia; ma forse, Adelaide, sarà ancora a Napoli, e nelle cure di là non potrà aiutarmi per quell’orfanello che le avevo raccomandato, se lo potesse accogliere Don Orione; (ha 9 anni; è del Trentino). Se non fosse possibile, cercherei altra via – e vedrei di trovare i sussidi necessari. Grazie sempre; a lei e a Giulietta benedico et gratia in Sanguine Jesu Mariae. Don Clemente.
42. In fondo, in basso a sinistra si firma anche “dev. Giulietta Coari”, sorella di Adelaide. Il timbro postale è “Milano-Ferrovia Corr”, con timbro del 18 ottobre 1940; in ADO, Rebora.
43. In memoria di don Clemente Rebora, grande amico di don Orione e della Piccola Opera, in “Don Orione” 1983, n.2, p.15-16.
44. C. Rebora, Lettere II, op. cit., p. 85.
45. Testimonianza in ADO, Rebora.
46. Beati coloro che credono e non vedono, in “Piccola Opera Divina Provvidenza”, 1 (1942), pp. 3-4. Il testo è pubblicato anche in Clemente Rebora. Scritti spirituali, a cura di C. Giovannini, Ed. Rosminiane, Stresa, 2000, p.12-14.
47. ADO, Rebora. In un’altra cartolina a Don Sterpi, del 4 ottobre successivo, saluta “con effusione riconoscente e riverente in charitate et Sanguine Jesu Mariae. Don Clemente Rebora”.
48. In memoria di don Clemente Rebora, op. cit., p. 15.
49. C. Rebora, Lettere II , op. cit. , p. 90. E’ da ricordare che Don Zambarbieri fu prima ordinato sacerdote nel 1941, poi fece il noviziato e la professione religiosa nel 1943.
50. C. Rebora, Lettere II, op. cit. , p. 91.
51. In una cartolina del 13 luglio 1943, informa Don Sterpi: “Mi permetto e mi è caro avvertire la sua bontà che, volendolo Iddio, io giungerò a Tortona domani, mercoledì, alle ore 18.52, per ripartire, ai suoi ordini, l’indomani verso gli amati fratelli esercitandi. Mi affido alla sua preghiera, e mi benedica. Con effusione riverente Don Clemente Rebora”, in ADO.
52. In memoria di don Clemente Rebora, op. cit. , p. 15. Di questo corso di esercizi ha lasciato ricordo il Prof. Giovanni Marchi: “Alla fine dell’estate del 1943 in un corso di esercizi spirituali conobbi padre Clemente Rebora, che ci ripeteva l’anagramma trinitario del suo nome: Ens, il Padre, Mens, il Figlio, Clemens, lo Spirito Santo. Contini scrisse di lui: “Autore irrimediabilmente originale, tra le personalità più potenti dell’espressionismo europeo, {…} non solo un testimone, ma un interprete poetico adeguato del suo momento”: Il periodo in cui si sentì “torchiato da Dio” cominciò con la prima grande guerra, dovendo fare i conti con l’orrore dei giorni al fronte, tra morte di commilitoni e distruzione immensa. Stordito dallo scoppio di un obice a lui vicinissimo, soffrì a lungo di turbe nervose e un medico militare scrisse del suo male la seguente diagnosi: “E’ malato di mania dell’Eterno”. Mi emozionò la sua parola, mista di profonda interiorità e nello stesso tempo di partecipazione alla vita del proprio tempo. Una frase mi rimase impressa riguardo ai bombardamenti, che allora colpivano le città d’Italia e dell’Europa, facendo innumeri vittime e distruggendo oltre alle case, molte chiese e monumenti d’arte: “Quando una chiesa perde la sua ragion d’essere, quando non è più considerata dai fedeli un luogo di culto,, in cui si va a pregare e a celebrare l’Eucaristia, ma si tende a trasformarla in museo, Dio se ne disfa”; Viaggio nella geografia della memoria. III. L’incanto delle Langhe narrate da Cesare Pavese, “L’Osservatore Romano”, 25.9.1998.
53. ADO, Rebora.
54. Nel Bollettino La Piccola Opera della Divina Provvidenza XXXIX(1944) n.4, p.29 viene riportato: “1-8 sttembre, al Castello Burio, per i novelli Sacerdoti che iniziano il loro anno di probazione. Predicatore, P. Clemente Rebora”.
55. ADO, Rebora.
56. U. Muratore, op. cit. , p. 270.
57. ADO, Rebora.
58. Un articolo propagandistico di Don Rebora, dal titolo “Per un fronte degli onesti” fu pubblicato nel Bollettino La Piccola Opera della Divina Provvidenza, 43(1948) n.7, p.7-8. Cfr. Clemente Rebora. Scritti spirituali, o.c., p.37-39.
59. G. Papàsogli, op. cit,, p. 221.
60. Don Orione, Nel nome della Divina Provvidenza, Le più belle pagine, Ed. Piemme, Casale M. 1995, I Triangoli.
61. C. Rebora, Le Poesie, op. cit. , p. 318.
62. C. Rebora, Frammenti lirici,
Libreria della “Vose”, Firenze 1913, p. 343.
63. Idem, pp. 224-227.
64. AA. VV., Passione di Clemente Maria Rebora, Edizioni Rosminiane Sodalitas, Stresa-Novara L993, p. 57.
65. Nel nome della divina Provvidenza, op. cit., p.81.
66. C. Rebora, ASIC, Quaderno B, 40.
67. C. Rebora, Lettere I, op. cit., pp. 519-520.
68. U. Muratore, op. cit., p. 275.
69. U. Muratore, op. cit. ,p. 346
70. C. Rebora, in “Charitas”, XXXII (1958) p. 86.
71. C. Rebora, Le Poesie, op. cit. , p. 320.