RINALDI Massimo (vescovo, servo di Dio):

Viene ricostruita l’amicizia tra il beato Luigi Orione e il servo di Dio Massimo Rinaldi, missionario in Brasile, procuratore degli Scalabriniani e infine vescovo di Rieti.

IL SERVO DI DIO MASSIMO RINALDI,
“AMICO FIDATO” DI DON ORIONE



GIOVANNI MACERONI*



«MIO AMICO FIDATO»

Scrisse il beato Luigi Orione del servo di Dio Massimo Rinaldi: «Padre Massimo, il Procuratore degli Scalabriniani, mio amico fidato» (1).
Chi trova un amico trova un tesoro, recita un noto proverbio. Don Orione trovò, in Massimo Rinaldi, un tesoro, un «amico fidato». La stima di don Orione per Massimo Rinaldi era nata già prima che i due si conoscessero personalmente, alimentata dalla forza di un ideale comune: la salvezza delle anime e un amore di predilezione per gli emigrati italiani in America. Don Orione fu spinto ad incontrare padre Massimo per quanto aveva sentito parlare della sua azione missionaria in Brasile. Lo contattò nel 1910, quando lo Scalabriniano era da poco tornato in Italia dal Brasile, per partecipare, nel settembre, al Capitolo generale degli Scalabriniani. Massimo Rinaldi così rievoca quell’incontro: Don Orione «ci tempestava di interrogazioni per sapere da noi i bisogni degli Italiani all’estero» (2). Il Fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza apparve subito, a Padre Massimo, un apostolo dei tempi nuovi, «conoscitore profondo dei tempi suoi e dell’avvenire, ammiratore del Cottolengo e di Giovanni Bosco, nonché del nostro Padre e Maestro Mgr. Scalabrini (3). Persuaso che l’infermità predominante della società contemporanea era il naturalismo e il materialismo, comprese la necessità di curarlo con opposti rimedi, cioè con quell’apostolato di bene scaturiente solo dalla fede soprannaturale e che sa produrre quei prodigi di carità anche materiali, indispensabili per ricondurre le turbe e gli stessi materialisti al soprannaturale» (4).
Don Orione, in quel periodo, incontrò più volte il Procuratore degli Scalabriniani non solo personalmente ma anche tramite i suoi sacerdoti e collaboratori per preparare le sue missioni in America latina (5). Troviamo traccia di tali contatti nelle seguenti parole di Don Orione: «Se il P. Rinaldi vi dice di andare subito da Monsig. Arcivescovo e Voi andate subito; se Vi dice di aspettare e Voi ubbidite e aspettate: abbandonatevi come un bambino nelle mani del Signore, lasciando alla Divina Provvidenza di fare il resto» (6).
Don Orione rievoca un avvenimento importante, un incontro di Orionini con il Santo Padre nella chiesa di Sant’Anna; tra le personalità era presente anche: «Padre Massimo, il Procuratore degli Scalabriniani, mio amico fidato» (7).
I Missionari di S. Carlo, nel celebrare il 25° anniversario della loro fondazione, inaugurarono, il 14 novembre 1912, un monumento a Giovanni Battista Scalabrini nella chiesa di S. Carlo al Corso, a Roma. Il comitato delle manifestazioni era composto, oltre che dal presidente mons. Laurenti segretario di Propaganda Fide, «da vari personaggi, fra i quali ricordiamo — scrive Mario Francesconi — il futuro card. Caccia Dominioni, due sacerdoti destinati agli onori degli altari, don Guanella e don Orione, un missionario scalabriniano, P. Massimo Rinaldi, destinato a divenire vescovo di Rieti, dove morirà in concetto di santità» (8).
Padre Massimo Rinaldi aiutò l’opera di Don Orione per impiantare le missioni in Brasile, come si evince dalla seguente lettera, datata Roma 2. 1. 1920: «Don Orione e Don Casa carissimi, fedele alla promessa mando loro la mia unita da portarsi in Brasile e da farsi avere al destinatario» (9).
L’amicizia e la stima reciproca, tra Mons. Rinaldi e Don Orione, attestate da brevi ma significativi documenti, furono vive per tutto l’arco della loro esistenza. I loro rapporti e i loro incontri furono più frequenti di quanto registrano gli scritti.
La santa amicizia tra i due era nota. Fernando Rossi dichiara, nel processo di beatificazione di Massimo Rinaldi: «Nel 1923 una mia cugina Sr. Maria Agata entrò a farsi Suora tra le Figlie di Don Orione, vestita dalle Mani del Beato Padre: è rimasta per 50 anni fino alla sua morte. Mi ha raccontato quanto Don Orione stimasse Mons. Rinaldi ritenendolo fin da allora un Vescovo esemplare» (10).


SINTONIA DI VEDUTE APOSTOLICHE

La sintonia di vedute apostoliche tra i due si manifestò in un amore incondizionato verso i sacerdoti che per vari motivi si trovarono in difficoltà o per la loro condotta o per dissensi con la gerarchia ecclesiastica. Don Orione fu un centro di attrazione non solo con le sue istituzioni ma anche con la sua azione personale. Ebbe l’equilibrio di coniugare (11) le direttive della gerarchia ecclesiastica con l’amore evangelico verso gli erranti e gli emarginati, specialmente se sacerdoti. La Santa Sede affidò a don Orione la risoluzione di casi difficili, per lo più irrisolvibili, soprattutto di sacerdoti accusati o rei di modernismo, per i quali don Luigi espletò tutta la sua carità evangelica. Fu amico fidato sia della Santa Sede sia dei sacerdoti che, avvertitamente o inavvertitamente, si trovarono in discordanza con le autorità ecclesiastica. Fu l’amico fidato di ogni persona caduta nella disperazione.
Il vescovo Massimo Rinaldi (vescovo di Rieti dal 1924 al 1941), amico fidato di don Orione, fu ugualmente amico fidato sia delle persone in disperazione che della Santa Sede. La sua carità l’aveva spinto ad aprire, nel 1926, in una zona dell’episcopio reatino, un pensionato (12) per il clero, dove accoglieva anche i giovani sacerdoti diocesani e gli extradiocesani che tratteneva, sotto la sua direzione, per non meno di cinque anni, per prepararli all’apostolato diretto. Il vescovo scriveva nella relazione ad limina del 20 luglio 1938: «Ai primi (ai giovani sacerdoti diocesani) con Decreto della Sacra Congregazione del Concilio ho data la Bolla ad nutum Episcopi per costringerli più facilmente a portarsi bene, ad amare lo zelo e lo studio, tanto più che sono appena usciti dal Seminario Regionale. Agli extradiocesani ho data la Bolla ad nutum Episcopi per tenerli maggiormente in prova, sapendo essi di perdere il Beneficio qualora non espletano bene il proprio dovere» (13).
Il funzionamento del pensionato è descritto anche dai testimoni del processo di beatificazione del Rinaldi. Dichiara la teste suor Angela Risa: «Il servo di Dio, per venire incontro ai sacerdoti bisognosi di cure aveva aperto, a pianterreno dell’episcopio, un pensionato che era formato da sei camerette, da una sala da pranzo e da una cucina. Il pensionato era diretto dalle Suore Piccole Discepole di Gesù, e nel periodo 1936-’39, tra esse c’ero anch’io. Non c’era una quota fissa da pagare, ma si lasciava tutto alla iniziativa degli ospiti. Il vescovo accettava anche sacerdoti di altre diocesi e raccomandava alle suore di trattarli bene. Accettava tutti, ma per tutti trovava anche un lavoro pastorale» (14).
Sullo stesso argomento dichiara il teste Ferdinando Scafati: «Il servo di Dio aveva sempre il pensiero rivolto a Dio e, di conseguenza, non poteva che amare il prossimo, soprattutto i poveri […]. Mons. Rinaldi ha ospitato gratuitamente anche me, dal 1936 al 1940; così anche dei sacerdoti che erano ospiti alla sua mensa e poi aveva […] preparato al pianterreno dell’episcopio dei dormitori e un refettorio […] anche per quelli che da altre diocesi chiedevano di voler lavorare nella diocesi di Rieti» (15).
Il teste Fernando Rossi conferma: «Mons. Rinaldi ospitò Sacerdoti giovani e studenti […]. Sacerdoti e giovani mangiavano e dormivano in Vescovado gratuitamente, alcuni per più anni fino a 5» (16).


UNITI DALLA CARITÀ VERSO I SACERDOTI

Riportiamo alcuni casi di sacerdoti extradiocesani per i quali gli organismi della Santa Sede interpellano la carità sia del beato Orione (17) che del servo di Dio Massimo Rinaldi.
Don Salvatore Sapienza, sacerdote della diocesi di Acireale, ebbe a vivere giorni tragici nella sua giovinezza, con sentenze giudiziarie, non solo per sue leggerezze ma soprattutto per invidie e cattiverie dei suoi confratelli sacerdoti. Una lettera di S. E. Mons. Fernando Cento, nunzio apostolico in Venezuela, al vescovo Massimo Rinaldi, datata Caracas 16 dicembre 1926, fa conoscere quanto segue: «Del caso avevo informato personalmente il Santo Padre, il quale mi consigliò di proporre a Don Orione che accettasse come ospite il povero Sacerdote tra i suoi figli. Don Orione aderì ed egli andò a stabilirsi nella casa di Venezia, dov’è tuttora. Se non che quel clima, rigido ed umido nell’inverno non gli conferisce […]. Ma conquistato da un cuore di apostolo e di padre, come quello dell’Eccellenza Vostra potrebbe fare del gran bene nella Chiesa di Dio» (18). Mons. Cento aveva preparato, in pari data, anche un biglietto per il Sapienza in questi termini: «S. E. il Vescovo di Rieti, cui io all’uopo mi sono rivolto, le apre le sue grandi braccia. In lui ella troverà un padre buono e generoso, così lei, non ne dubito, darà tante consolazioni» (19).
Un padre francescano, Costantino Pernicoli, con l’autorizzazione dei suoi superiori, viveva fuori del convento, al fine di poter assistere sua madre malata, residente nel territorio della diocesi di Rieti. Non era in grado, per la sua instabilità mentale, di assumere responsabilità pastorali. Intervenne, per alcuni suoi atti inconsulti, direttamente la Sacra Congregazione Concistoriale con la sospensione a divinis. Il cardinale Raffaello Carlo Rossi, allora segretario della medesima congregazione, si rivolse a Mons. Massimo Rinaldi il 23 maggio 1934, nei seguenti termini: «Eccellenza Rev.ma, il Sac. Costantino Pernicoli dopo la sospensione a divinis ha inviato alla S. Congregazione alcune lettere dalle quali apparisce un qualche indizio di pentimento, misto ad una impressionante ignoranza. Tutto considerato prego V. Ecc. Rev.ma di non abbandonarlo: veda nella Sua carità di adoperarsi per ricondurlo ad bonam frugem. Lo raccomandi magari a qualche buon sacerdote, meglio a qualche Istituto adatto a ciò: p.e. Don Orione. Pentito, fatta riparazione, gli si potrebbero dare le facoltà, in luogo dove fosse vigilato» (20).

Don Innocenzo Bonaventura fu un altro sacerdote che sperimentò la carità di don Orione e di mons. Rinaldi. Egli (21) era nato a Frasso Sabino il primo settembre 1871. Aveva emesso la professione di passionista; era stato consacrato sacerdote a Viterbo; aveva ottenuto l’esclaustrazione il 30 settembre 1901 per essere aggregato alla diocesi di Poggio Mirteto dove aveva retto la parrocchia di Pratoianni fino al 1923, data in cui, passato alla diocesi di Rieti, fu parroco di S. Filippo di Contigliano fino al primo luglio 1939, quando si ritirò presso Don Orione.
«Monsignor mio — scriveva don Innocenzo, da Tortona, al vescovo Rinaldi, il primo agosto 1939 –, lo ringrazio anche per quella parte che finalmente s’è degnato prendere di farmi seguire il molto Reverendo Don Orione, insigne Atleta di Cristo, come Vostra Eccellenza […]. Come sempre fui religioso Passionista, così ora v’aggiungo d’essere devoto Orionista» (22).
Il Bonaventura così informava, dall’Orfanotrofio Card. La Fontaine di Lido-Venezia, il vescovo Rinaldi nel gennaio 1940: «Mi sono finalmente e sufficientemente ben collocato nell’Istituto Orionista il che è vera consonanza per l’Anima mia Passionista […]. Principale mia occupazione datami dal Fondatore ed omai Generale dell’Istituto è quello di Cappellano ed ho cura spirituale d’un 60 fanciulli, dai 3 agli undici anni circa» (23).


«ANIME E ANIME!»

Ci sembra opportuno riportare per intero gli scritti inediti sia di don Orione che di Massimo Rinaldi, ai fini di approfondire le due personalità di cui è in atto, per don Orione, la causa di canonizzazione, per il Rinaldi, la causa di beatificazione.
Il motivo di un loro rapporto epistolare del 1928 nacque dall’interessamento di ambedue per una certa Gioconda Brugnoli, della diocesi di Rieti, la quale era alla ricerca della sua vocazione religiosa e si era rivolta (24) al Rinaldi per aiuti e consigli. Don Orione aveva preparato una dichiarazione sulla Brugnoli e si era ripromesso di consegnarla a mano al vescovo con una lettera di accompagnamento ma circostanze impreviste glielo impedirono. I due documenti, datati ambedue 25 marzo 1928, furono spediti (25) al Rinaldi da don Risi, da Roma, il 18 luglio 1928.
Riportiamo di seguito, prima, la lettera di accompagnamento di don Orione al Rinaldi, poi, la dichiarazione allegata. Così scriveva il beato: «Anime e Anime! Rev.mo Monsignore, la speranza e la pace di Nostro Signore Gesù Cristo siano sempre con voi! Le chiedo scusa di averLe fatto ritardare così tanto le notizie che Ella ha chiesto sulla Gioconda Brugnoli. Mi ero incaricato io, da mesi, di portargliele, e stesi anche, fin da quel tempo, una buona dichiarazione, dopo aver sentito la Superiora di qui e anche il Canonico Perduca, Direttore Spirituale di questo Seminario Vescovile, che poteva completare le informazioni, perché si cura della Casa di S. Bernardino. Ella troverà le informazioni richieste in foglio qui unito. Contemporaneamente scrivo alla Aspirante, al paese suo, per confortarla, chiederle scusa e assicurarla. Rinnovo le mie scuse, e mi raccomando alle Sue orazioni. Con particolare ossequio, di Vostra Signoria Rev.ma umile servitore, Sac. Orione» (26).
Così riferiva don Orione nella dichiarazione sulla Brugnoli: «Sono ben lieto di potere, in coscienza, dichiarare che la pia giovane Brugnoli Gioconda da Santa Giusta di Amatrice Collemoresco (prov. Rieti) per tutto quel periodo di tempo che rimase presso le Case della Piccola Opera della Divina Provvidenza, tenne condotta buonissima; e dimostrò sempre desiderio di voler essere Religiosa. Non fece mai voti, né ebbe abito religioso. È di buona salute, ma impedita ad una mano o paralizzata, onde non poteva essere gran che utile alla Comunità; ma ciò anche perché venne qui con sua Madre, a cui era tutta dedicata, e che ritengo sia stata la causa vera per cui, con la scusa o ragione della malattia la abbia indotta ad andare via. La detta giovane fu a Tortona solo per brevi giorni; ma poi qui la madre non voleva stare, né voleva vivere divisa dalla figlia; allora furono mandate in Riviera, a Quarto dei Mille, presso Genova, in una Casa di Carità detta il Piccolo Cottolengo Genovese, e là la Brugnoli Gioconda rimase dall’8 Gennaio al 10 giugno del 1927. Credeva a certo sogno o visione, per cui riteneva che Dio la chiamasse a certa vita religiosa speciale. Comunque sia, è una brava figliuola. in Fede, Sac. Luigi Orione dei Figli della Divina Provvidenza» (27).


STATURA MORALE E SPIRITUALE

Ci sia consentito riportare testimonianze pubblicate da Autori, quali mons. Publio Jacoboni e don Vittorio Giusto, che vissero a fianco del vescovo di Rieti, perché rivelano aspetti della personalità di uomini della statura di Massimo Rinaldi e di Luigi Orione, di una profonda ricchezza spirituale che va al di là del contingente. Mons. Publio Jacoboni descrive da testimone oculare un incontro tra Massimo Rinaldi e don Luigi Orione, avvenuto nel marzo 1931, a Roma all’aurora, in Piazza S. Pietro. «Ci si fece incontro — scrive lo Jacoboni —, un sacerdote, dal cappello un po’ liso ed a sghimbescio, una sottana più verde che nera, con scarpe alla montanara, il quale si inginocchiò dinanzi a Mons. Rinaldi, che di solito non portava nessun segno del suo grado, dicendo: Eccellenza, mi benedica. D. Massimo si affrettò a rialzarlo e tutti e tre c’incamminammo verso S. Pietro. I due ragionavano insieme di orfanotrofî, di colonie agricole, di tipografie […]. Era D. Luigi Orione» (28). Lo stesso Jacoboni ricorda che «D. Massimo aveva mandato a D. Orione un sacchetto di castagne, il dono di un povero ad altro povero per i poveri» (29).
Riteniamo significativo — per tentare di conoscere la personalità e l’azione apostolica di uomini come mons. Massimo Rinaldi e don Luigi Orione, i quali, sotto tanti aspetti, sembrano sfuggire all’indagine storica — riportare due brevi brani di testimonianze che mostrano non solo l’amicizia e la frequentazione fra i due ma anche realtà indicative del loro intimo spirituale che oltrepassano l’esperienza sensoriale ordinaria.
Don Vittorio Giusto, nel novembre 1980, rievocò un altro incontro tra il servo di Dio e il beato, in data non precisata. Mons. Rinaldi si presentò all’Opera di Don Orione a Roma con gli usuali stivaletti rotti e senza fondo. «Le suore — scrive don Giusto — pensarono di sostituirli con un paio di scarpe nuove. Mons. Rinaldi era riluttante ad accettare quell’offerta, cedette alle insistenze del Beato Orione, giunto in tempo per ossequiare il suo illustre amico. Per convincerlo gli fece osservare che tutto ciò che era in casa, era dono della Provvidenza ai suoi poveri. Mons. Rinaldi, felice di essere annoverato tra i poveri di Don Orione, prese le scarpe e tentò d’infilarle ai piedi, ma per quanto facesse, non riusciva a farle entrare.
Il Beato Don Orione dopo aver guardato sorridente quegli inutili tentativi, si prostrò e con mirabile semplicità e disinvoltura infilò ai piedi del Vescovo le scarpe, tra lo stupore dei presenti. Terminata l’opera scherzosamente disse: “Eccellenza, infilare le scarpe non è mestiere da Vescovo, mi prenda per suo cameriere”» (30).
Il Rinaldi depose sotto il suo letto, a Rieti, le scarpe di Don Orione, che restarono famose in episcopio. «Una mattina si presentò a Mons. Rinaldi un parroco di montagna, aveva i piedi gonfi, camminava faticosamente appoggiato ad un bastone sebbene non fosse ancora vecchio, veniva con l’idea di recarsi in pellegrinaggio a Lourdes. Mons. Rinaldi […] si fece portare le scarpe e le offrì in dono al sacerdote […]. Consegnando le scarpe gli disse, “Prendi queste scarpe, dono del santo Don Orione, così potrai riprendere il cammino per assistere le tue due parrocchie”. Il sacerdote accettò il regalo, ma si trattenne dal calzare le scarpe perché aveva i piedi gonfi […]. Allora Mons. Rinaldi non ebbe esitazione, come già aveva fatto Don Orione, prese le scarpe e ripeté la stessa manovra del Beato: in pochi minuti, dolcemente, con estrema facilità, infilò le scarpe al suo sacerdote. Il Vescovo si alzò felice, come se avesse vinto una battaglia, capovolgendo la frase scherzosa del suo santo amico Don Orione, sorridendo esclamò: “Anche i Vescovi sanno infilare le scarpe senza bisogno di camerieri” […]. Avvenne una cosa incredibile, meravigliosa: il sacerdote si alzò per provare le scarpe, era sparito il gonfiore e cessato ogni dolore» (31).


STIMA E VENERAZIONE RECIPROCA

Don Orione documenta i suoi contatti con Massimo Rinaldi in alcune sue comunicazioni all’orionino don Carlo Sterpi (32). Il 13 aprile 1929 scrive (33) da Roma a don Sterpi che dopo essere stato a Cascia si incontrò a Rieti con mons. Rinaldi che lo accompagnò in visita ai santuari francescani di Greccio e di Fontecolombo. Don Orione dava tanta importanza a quell’incontro che lo ricordò anche il 13 dicembre 1933 «nel discorsetto di “Buona notte”, aggiungendo che mons Rinaldi era «grande amico della Congregazione» (34). Il beato don Orione aveva scritto a don Sterpi, da Roma, Sette Sale, il 7 febbraio 1933: «È la prima che vi scrivo. L’ultima ricevuta da voi è quella contenente la lettera dell’Arcivescovo (sic!) di Rieti» (35)
Don Carlo Sterpi, il 22 marzo 1940, rispose a monsignor Rinaldi, che aveva inviato le condoglianze per la morte di don Orione, nei seguenti termini: «Eccellenza Reverendissima, commossi e confusi dalla viva parte presa al nostro lutto dalla paterna bontà di V. Ecc. Rev.ma non sappiamo trovare parole che possano esprimere la nostra gratitudine e riconoscenza. Porgiamo il nostro semplice: Deo gratias! L’eredità spirituale lasciataci dal nostro amatissimo Padre, se ci è di conforto in tanto dolore, è pure sgomento nella conoscenza della nostra debolezza e incapacità. Pertanto prego l’Ecc. Vostra Rev.ma di continuarci il Suo valido aiuto con benedire ancora noi poveri Figli di Don Orione e le sue Opere. Con profonda venerazione bacio il Sacro Anello. Di Vostra Ecc.za Rev.ma umilissimo servitore in Gesù Cristo e Maria SS.ma. Sac. Carlo Sterpi, F. D. P.» (36).
La stima e la venerazione del vescovo Rinaldi per il suo amico don Orione si coglie nel rapporto epistolare diretto. Il servo di Dio, in data non precisabile, svela se stesso al beato, con il quale aveva identità di vedute nel correre in soccorso dei bisognosi. Scrive il Rinaldi: «Il Rag. Versari Arnaldo, qualche tempo fa, dal Carcere di Rieti, ove trovavasi in espiazione di pena per peculato di lieve entità, commesso in particolari e pietose contingenze di famiglia ebbe a rivolgerVi una domanda per poter essere sistemato alla sua uscita dal carcere stesso. Tale domanda fu seguita da calde raccomandazioni del Procuratore del Re e del Padre Provinciale delle Scuole Pie di Rieti, ma non ottenne alcuna risposta. Vi sarò vivamente grato se vorrete e potrete fare qualcosa per il giovane in parola, intelligente, operoso e meritevole di aiuto perché possa conseguire la sua riabilitazione. Ha moglie e non desidera altro che di ricostruirsi un avvenire con il lavoro onesto e proficuo. Il Versari è uscito dal Carcere il 25 decorso mese a seguito di decreto di amnistia ed indulto, e tuttora non riesce a trovare alcun mezzo di sostentamento. Riconoscente mando alla P. V. R.ma la mia povera benedizione con preghiera vivissima che lei ne mandi a me un’efficacissima a santificarmi per santificare. + Massimo Rinaldi Vescovo» (37).
Il vescovo Rinaldi, nelle sue lettere a don Orione, manifestava la necessità di incontrarlo, di invitarlo a Rieti, di chiedere preghiere. Così si esprimeva il 23 dicembre 1937, negli auguri natalizi: «Gode ricordarsi al venerato carissimo D. Orione e di pregarlo a gradire i suoi auguri fervidissimi e la preghiera di tenerla sempre presente nelle orazioni e di confortarlo di una sua visita, almeno per visitare la culla dei presepi, Greccio. Riconoscente La ringrazia e benedice» (38).
Il 27 dicembre 1939, il Rinaldi dichiara che è una gioia potersi rivolgere con confidenza e amicizia alla «bella anima» del suo amico don Orione per raccomandare un suo diocesano, Gerolamo Pezzotti, dimorante a Genova: «Ill.mo Rev.do e carissimo mio D. Orione, in primis et ante omnia prego la sua bella anima ad aiutarmi a ringraziar Dio benedetto delle numerose consolazioni che a volta a volta mi usa. Il poter scrivere alla Paternità Vostra Rev.ma tra i monti diocesani di Pratoianni dove oggi mi trovo, parrocchia anche questa priva di Sacerdote perché non ne ho, sino ad aver 40 e più parrocchie ancora scoperte, il poter presentare alla P. V. Rev.ma il mio carissimo diocesano Ing. Girolamo Pezzotti residente a Genova, quale gioia per me! Mi aiuti dunque Padre carissimo per quel bene che tuttora mi nutre, mi aiuti a giovare a questo mio carissimo raccomandato, anima tutta di Dio, difficile assai a trovarne l’eguale tra la gioventù presente.
Le ragioni per le quali il mio carissimo concittadino Pezzotti abbia desiderato questa mia presentazione le ignoro. La P. V. Rev.ma le conoscerà da Lui medesimo, meglio ancora se da tutta la sua numerosa famiglia composta tutta di vere anime angeliche. Così ne avessi l’eguale nella mia povera Rieti! …
Padre carissimo, quando sarà che potrà regalarmi una visitina laggiù? Quanto bene ne avrei, e quali meriti si potrebbe fare la P. V. Rev.ma avanti a Dio e agli uomini. Potrò sperar tanta grazia? Dopo che a Dio affido la cosa al buon cuore della P. V. Rev.ma cui mando la mia benedizione per meritarmi più facilmente quella tanto desiderata da me, la benedizione della P. V. Rev.ma» (39).
Gerolamo Pezzotti, che si firmava familiarmente «Momo», aveva già incontrato don Orione, come risulta dalla seguente sua lettera del Pezzotti al Rinaldi, datata Genova 5 settembre 1939, in cui viene confermata l’amicizia di don Orione verso il servo di Dio considerato santo: «Eccellenza carissima, abbiamo avuto occasione di essere ricevuti da Don Orione che ci ha detto di avere a Rieti un caro amico, più che fratello. Capii subito che eravate voi e potete immaginare la mia gioia! Non potevate essere che voi, il Santo di cui lui parlava! Spero ancora di poterlo avvicinare il caro Don Orione per chiedere a lui il conforto che potreste darmi voi con la vostra presenza. Vi sarò grato se appena possibile mi farete avere un biglietto per lui come pretesto per chiedergli la sua benedizione per i miei figli […]. Momo Pezzotti» (40).
Massimo Rinaldi scrisse il biglietto a don Orione da recapitargli attraverso il Pezzotti, il quale ringraziò il vescovo con la seguente lettera, datata Genova 1 gennaio 1940: «Eccellenza carissima, ho avuto con la vostra carissima il biglietto per Don Orione e vi ringrazio tanto della vostra benevolenza e della vostra grande carità che mi rivestono di quelle virtù che vorrei davvero possedere. Giovedì prossimo spero di potere andare da Don Orione per portargli il vostro carissimo biglietto e per vantare con lui la vostra protezione […]. Momo» (41).


LA SANTITÀ DI MASSIMO RINALDI TESTIMONIATA DA DON LUIGI ORIONE

L’amicizia tra don Orione e Massimo Rinaldi è testimoniata anche dopo la morte dei due. Don Vittorio Giusto così scrisse nel 1981: «L’ingegnere Gerolamo Pezzotti dell’Istituto Idrografico della Marina, partecipando ad una festa nel collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Genova, s’incontrò con il Beato Don Luigi Orione il quale saputo che era di Rieti gli disse: “Avete un santo Vescovo, lo vedrete sugli altari”» (42).
Organtino Di Genova, teste nel processo di beatificazione del servo di Dio Massimo Rinaldi, informa: «Io sono un orionino, ossia, dell’Opera di Don Orione, che era amico del Vescovo di Rieti Mons. Massimo Rinaldi [… ]. Nel 1938 mi trovavo a Tortona (Alessandria), nel probandato dell’Opera Divina Provvidenza di don Orione. Don Orione, di ritorno dall’America latina, venne ad incontrare noi giovani. Egli volle conoscere ciascuno di noi, con nome, cognome e diocesi di provenienza. Quando fu il turno di Antonio Di Francesco, di Fiumata, successivamente parroco di Petrella Salto, della diocesi di Rieti, don Orione esclamò con grande entusiasmo e calore: “Voi avete un santo! un santo vescovo, già missionario in Brasile dove ho avuto modo di constatare le opere di santità da lui lasciate!” […]. Da Livorno mi trasferii a Rieti nel 1961. Venendo a Rieti, città di Massimo Rinaldi, avevo desiderio di conoscere i luoghi dove era vissuto il servo di Dio, del quale il beato don Orione mi aveva lasciato nell’animo l’immagine di un santo […]. Io, sulla parola di don Orione, ritengo mons. Massimo Rinaldi santo. Nelle mie preghiere associo i due santi Luigi Orione e Massimo Rinaldi» (43).

DOCUMENTO

MONS. RINALDI RICORDA DON ORIONE

Mons. Massimo Rinaldi, saputo della morte di Don Orione avvenuta a Sanremo il 12 marzo 1940, in uno scritto da Sant’Anatolia di Borgorose (Rieti), il 15 marzo 1940, ne rievoca non solo la vita e le opere ma anche l’origine della loro amicizia. Lo scritto venne pubblicato sul giornale “L’Unità Sabina” del 24 marzo 1940.


UN NUOVO SANTO IN PARADISO

Non avremmo mai potuto menomamente pensare che quell’umile instancabile apostolo di bene qual fu il venerato Don Orione ci avesse preceduto nella tomba!
Mai avremmo potuto immaginare di rendere alla sua bell’anima pubblico e doveroso omaggio di venerazione e di suffragio tra questi monti vicini a quelli altissimi della Duchessa e del velino coperti di neve e ricchi di superbi faggi e perciò adattissimi per aiutarci a rievocare dell’apostolo scomparso una forza di volontà ed una santità non comune.
Santità e forza di volontà esercitate da Lui non con umana potenza, ma con quella sua fede, pura come la neve di questi monti, con quella sua volontà robusta come gli annosi faggi di queste montagne.
La forza della sua volontà e soprattutto quella della sua fede soprannaturale furono il segreto delle sue meravigliose opere, da Lui iniziate prima ancora di salire l’altare.
Nato a Tortona nel 1872 da un povero operaio selciaiolo, ancor giovinetto sentì un’attrattiva potente e una volontà indomita di consacrarsi al sollievo degli infelici e dei colpiti dalla sventura.
Conoscitore profondo dei tempi suoi e dell’avvenire, ammiratore del Cottolengo e di Giovanni Bosco, nonché del nostro Padre e Maestro Mgr. Scalabrini, persuaso che l’infermità predominante della società contemporanea, era il naturalismo e il materialismo, comprese la necessità di curarlo con opposti rimedi, cioè con quell’apostolato di bene scaturiente solo dalla fede soprannaturale e che sa produrre quei prodigi di carità anche materiali, indispensabili per ricondurre le turbe e gli stessi materialisti al soprannaturale.
Noi oggi, impediti a scrivere quanto vorremmo dell’amico e del Maestro perduto, dobbiamo limitarci solo a ricordare al nostro Clero che cosa possa la santità della vita e la forza della volontà frutto di un forte amore verso Dio e il prossimo. Amore che, se tutti i cattolici debbono nutrire, in particolare il Sacerdote, tenuto a seguire il suo Divino Maestro Gesù Cristo che passò sulla terra beneficando (pertransivit benefaciendo et sanando omnes).
Faccia Dio che nel dolore che tutt’ora ci aggrava per la morte del beneficentissimo Don Orione, ci conforti la speranza che il suo Spirito beato possa giovarci dal Cielo, dove noi oggi lo rimiriamo tra le anime gloriose e beate dei Santi, nuovo astro luminoso della Chiesa e della Patria.

Il Sacerdote e il Santo Per quanto la penuria del tempo ci stringa, tuttavia per meglio giovare i nostri lettori e soprattutto i nostri Sacerdoti ci piace di ricordare loro di aver conosciuto Don Orione fin dal 1910, quando reduci dal Brasile egli, ammiratore sincero dell’opera Scalabriniana, ci tempestava di interrogazioni per sapere da noi i bisogni degli Italiani all’estero.
E ci consola oggi, meglio di ieri, il ripensare che anche quelle liete conversazioni abbiano aumentato in Lui il desiderio di estendere il suo apostolato tra gli emigrati.
Infatti non sono ancora molti anni, egli, recandosi in Argentina, vi apriva case e ricoveri con tale successo da sbalordire qualsiasi potente della terra.
I prodigi di bene operati da Lui in quella vasta regione, gli meritarono dal popolo il nome di Santo. E noi abbiamo di che affermare che tale lo proclamerà la Chiesa anche prima del prevedibili.
Intanto noi, soprattutto Sacerdoti, ripensiamo a quell’Uomo che vedemmo sempre dimesso, anche nel vestire, ma sempre sorridente e giulivo. Nel ricordo del suo disprezzo di se stesso, non potremmo dimenticare la sua capigliatura, talmente incolta da formare di lui un vero novizio francescano.
Eppure un Uomo quale egli era, sul tipo dell’altro suo contemporaneo e fratello di bene nell’apostolato, D. Luigi Guanella, era stimato e ricercato dalle persone più illustri cattoliche e non cattoliche.
Queste anche al solo scambiare con Lui poche parole, capivano che sotto quell’umile dimessa persona vi era qualche cosa superiore alle forze umane e ammirandone l’umiltà e la fede vedevano in Lui un’orma di Dio assai più vasta che in altre persone.
Altra prova questa per dimostrare che le opere, meglio che la dottrina, riescono a far conoscere Dio e amarlo.
Chi desiderasse ammirare almeno qualcuna delle grandi opere lasciate dall’Uomo della Provvidenza, e compiute senza mezzi personali di ricchezze e di straordinario sapere, ma di fede, bontà e volontà, recandosi a Roma, visiti le sue case di carità a Monte Mario e sulla Via Appia Nuova; ovvero si spinga fino a Genova, a Milano, a Tortona; si porti nelle lontane regioni dell’Argentina e del Brasile, e riconoscerà in esse l’indice più sicuro dei portenti della Fede, delle prove del soprannaturale e dei prodigi della santità dello Scomparso.
E dinanzi a tante meravigliose opere compiute da un Uomo guidato e sorretto da un indomito amore di bene, possano laici e Sacerdoti, seguirlo sul cammino, ove oggi fedelmente lo seguono i figli del suo magnanimo cuore, decisi, anche a costo della vita, di contribuire ad illustrare sempre maggiormente il nome ben meritato dal loro venerato Fondatore, di Apostolo e di Santo; nome già registrato a caratteri d’oro non solo nelle pagine del suo fiorente Istituto, ma in quelle altresì immortali della Chiesa e della Patria».

S. Anatolia di Rieti, 15 marzo 40
+ Massimo Rinaldi


Note:
* Mons. Giovanni Maceroni è storico, archivista e presidente del tribunale ecclesiastico di Rieti.

1. Archivio Don Orione, Roma (sarà citato ADO), Scritti di Don Orione (sarà citato Scritti) 72, 171. Massimo Rinaldi nacque a Rieti il 24 settembre 1869 da Giuseppe e Barbara Marinelli, terzo di quattro figli; restò orfano di madre a soli 4 anni. Studiò presso lo zio paterno Mons. Domenico Rinaldi e fu consacrato sacerdote il 16 luglio 1893, dal Vescovo di Rieti. Svolse il ministero nelle parrocchie di Ornaro e Greccio, fu poi segretario dello zio diventato Vescovo di Montefiascone. Da qui, avendo conosciuto l’Opera dei Missionari di S. Carlo per gli emigrati in America, fondata da Mons. Scalabrini, si unì a loro a Piacenza e quindi partì per il Brasile. Qui si prodigò per i poveri e fu nominato Superiore provinciale dal suo fondatore andato in visita in Brasile. Al Capitolo generale, poco dopo, fu nominato procuratore ed economo generale, in un secondo tempo anche Vicario. Costruì a Roma la Casa generalizia dei Scalabriniani, in via Calandrelli. Pio XI lo nominò Vescovo di Rieti. Egli seguì sempre con interesse gli Salabriniani, tanto da essere considerato il secondo fondatore. Morì a Roma il 31 maggio 1941. Nel 1966 il suo corpo fu trovato incorrotto e il 25 gennaio 1991 venne aperto il processo diocesano per la causa di canonizzazione.
2. G. MACERONI, Il vescovo centrale nella storia della Chiesa reatina. Lo scalabriniano Massimo Rinaldi, prefazione di S. E. Mons. Delio Lucarelli, presentazione di Aldo Gorini, Editoriale Eco, S. Gabriele (TE) 1997, p.39
3. Ivi, p.40. Don Orione fu un devoto estimatore di Mons. Scalabrini. Depose alla sua Causa di beatificazione; la sua testimonianza è riportata in P. Borzomati, Giovanni Battista Scalabrini. Il vescovo degli emigrati, Rubbettino, Soveria Mannelli 1997, pp.161-168. Don Orione, scrivendo a Don Casa il 29.3.1922, dice:“Dirai a Padre Faustino (Consoni), che lo porto nel cuore e sull’altare ogni mattina. Tu devi dare molto conforto e tutto l’ajuto che puoi a P. Faustino come a P. Marco - essi sono i veterani e gli eredi dello spirito di Mg.r Scalabrini, un Vescovo che, se fosse vissuto ai primi secoli della Chiesa, sarebbe stato un Padre della Chiesa o un martire. Noi dobbiamo sostenere e aiutare dapertutto gli scalabriniani, ai quali, Iddio serba una grande missione; più che oggi non appaia”; Scritti 29, 147-148.
4. G. MACERONI, Il vescovo centrale…, p. 40.
5. Cfr. A. S. Bogaz, Don Orione incontra il Brasile in AA.VV., Don Orione e il Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2003, pp.115-142; A. Lanza e A.A. Da Silva, Per le vocazioni dei figli d’Africa in Brasile, “Messaggi di Don Orione” 33(2001) n.103, pp.29-48; V. Pattarello, Gli inizi della missione di Don Orione in Brasile, “Messaggi di Don Orione” 26(1994) n. 84; R. Scano, O homem dos impossíveis. Dom Luís Orione, Ed. Orionópolis, São Paulo 1984.
6. ADO, Scritti 100, 62, minuta, senza indicazione del destinatario e senza data.
7. ADO, Scritti 72, 171.
8. G. MACERONI, Il vescovo centrale…, p. 38.
9. ADO, dagli scritti di Massimo Rinaldi, lettera di Massimo Rinaldi a don Luigi Orione e a don Casa, Roma 2 gennaio 1920. Cfr. G. Poli, Dom Orione no Brasil (manoscritto), S. Paulo, 1990 (conservato in ADO). Il 7.10.1921, Don Orione scrive da S. Paulo a Don Sterpi: “Mi trovo presso gli scalabriniani, Chiesa di S. Antonio, Rua Direita. Domani vado a Rio e poi a Mar de Hespanha”; Scritti 14, 110. Particolare relazione bbe Don Orione con Padre Faustino Consoni cui scrive da Rio de Janeiro nel dicembre 1921: “Fa, o Signore che insieme con tante anime di Dio, insieme con Mgr. Scalabrini, con P. Marchetti, con P. Faustino, con Padre Marco e con tutti gli Scalabriniani, anche questo tuo povero servitore, questa ciabatta della Divina Provvidenza, ti ami, o mio Dio, e nella tua carità divina si vivifichi e si edifichi e si unifichi ai tuoi Santi in Gesù Cristo Signor Nostro. V112P064 Ecco, caro Padre Faustino, che io La voglio spiritualmente e fraternamente abbracciare in Gesù Cristo, e La abbraccio a nome e con l’amore di tutti, di tanti poveri, ai quali Lei fa la carità. La carità non si fa col metro. Bravo, caro P. Faustino, bravo!”; Scritti 14, 109-110.
10. Reatina Beatificationis et Canonizationis Servi Dei Maximi Rinaldi episcopi reatini e Congregatione Missionariorum a S. Carolo (Reate 1869 - Romae 1941). Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis (da ora in poi, Positio), vol. I, Editoriale Eco, S. Gabriele (TE) 2001, p. 507.
11. M. Busi, R. De Mattei, A. Lanza, F. Peloso, Don Orione negli anni del modernismo, Editoriale Jaca Book, Milano 2002.
12. A. M. Tassi, Il ricostruttore delle strutture portanti della chiesa reatina. Massimo Rinaldi, presentazione di Danilo Veneruso, Editoriale Eco, S. Gabriele (TE) 1997, pp. 120-125.
13. Ivi, pp. 269-270, appendice.
14. Positio, vol. I, p. 471.
15. Positio, p. 628.
16. Positio, p. 507.
17. Sull’aiuto di Don Orione per i sacerdoti lapsi si vedano gli articoli di V. Alesiani, Buon Samaritano dei sacerdoti in difficoltà e di F. Peloso, La carità nascosta do Mons. Montini in “Messaggi di Don Orione” 33(2001) n105, rispettivamente pp. 37-64 e 65-74.
18. Archivio Vescovile di Rieti (da ora in poi, AVR), fondo Secolo XX, Episcopato Massimo Rinaldi, busta n. 4, Sacerdoti diocesani e di altre diocesi, fasc. Don Salvatore Sapienza, lettera del Nunzio apostolico del Venezuela Mons. Fernando Cento al vescovo Massimo Rinaldi, Caracas 16 dicembre 1926.
19. Ivi, biglietto di Mons. Fernando Cento a don Salvatore Sapienza, Caracas 16 dicembre 1926.
20. AVR, fondo Vescovi, Massimo Rinaldi, busta Varie Rinaldi, lettera del card. Raffaello Carlo Rossi al vescovo Massimo Rinaldi, Roma 23 maggio 1934.
21. AVR, fondo Secolo XX, Sacerdoti defunti o escardinati, busta n. 1, Adduci-Buccioli, fasc. Bonaventura D. Innocenzo; AVR, fondo Secolo XX, Episcopato Massimo Rinaldi, busta n. 4, Sacerdoti diocesani e di altre diocesi, fasc. Vescovo. Corrispondenza di sacerdoti che domandano l’incardinazione, lettera di Don Innocenzo Bonaventura a Massimo Rinaldi, Lido di Venezia gennaio 1940; AVR, fondo Vicariati, busta Documenti di sacerdoti diocesani ed estradiocesani escardinati e incardinati a Rieti, fasc. 4, Innocenzo Bonaventura.
22. AVR, fondo Secolo XX, Episcopato Massimo Rinaldi, busta n. 4, Sacerdoti diocesani e di altre diocesi, fasc. Vescovo. Corrispondenza di sacerdoti che domandano l’incardinazione, lettera di Don Innocenzo Bonaventura a Massimo Rinaldi, Tortona 1 agosto 1939 [data del timbro postale].
23. AVR, lettera di Don Innocenzo Bonaventura a Massimo Rinaldi, Lido di Venezia, gennaio 1940.
24. Riportiamo la lettera della Brugnoli: «Eccellenza, In primo luogo vi domando perdono di tanta seccatura. Non sono io, è Gesù che mi spinge a tali trasporti amore. Il mio padre confessore Don Errico Anzidei, mi dice sempre di aspettare. Mi aspetterò finché Iddio permetterà, purché sia certa entrare di nuovo al convento. Nelle divine scritture ci trovo di ubbidire alle Divine ispirazioni. E questo è più che mi trafigge il cuore perché mi viene ritardato di quanto Iddio vuole da me. Aiutatemi perché ne sento proprio il bisogno. Gesù mi vuole ritirata, ed io voglio ubbidire. Il mondo è falso, il mondo è un’apparenza ed io voglio lasciarlo. Mille auguri ed ossequi in nostro Signor Gesù Cristo, Gioconda Brugnoli (AVR, fondo Secolo XX, Religiosi, busta n. 1, Religiosi città e diocesi, fasc. Religiosi Don Orione e Orionini, lettera di Gioconda Brugnoli a Massimo Rinaldi, Borbona, 17 agosto 1928).
25. Don Risi accompagnò i due documenti di don Orione per il Rinaldi con la seguente lettera: «Roma, lì 18 luglio 1928. Rev.mo Monsignore, non conosco di persona la interessata, ma sapendo come mons. Mingoli avesse di essa chiesto notizie a Don Orione, da lui stamattina ho chiesto informazioni, ed egli mi ha rilasciate queste due lettere di Don Orione, che Le rimetto per sua norma. Stasera parto con Don Ferretti per Bra, dove faremo i SS. esercizi. Spero in settembre mantenere le promesse, a Dio piacendo. Voglia gradire i miei devoti ossequi, estensibili al fratello e parenti. Mi ricordi al Signore in questi giorni. Con profondo ossequio, di Vostra Eccellenza Rev.ma, Dev.mo suo Don Risi»; AVR, lettera di Don Risi a Massimo Rinaldi, Roma 18 luglio 1928.
26. AVR, lettera di Don Luigi Orione a Massimo Rinaldi, Tortona 25 marzo 1928.
27. AVR, dichiarazione di Don Luigi Orione a Massimo Rinaldi, Tortona 25 marzo 1928.
28. P. JACOBONI, S. E. Massimo Rinaldi «Come io l’ho conosciuto», Coop. Massimo Rinaldi Editrice, Rieti 19932 (prima edizione, 1951), pp. 30-32.
29. Ivi, p 32.
30. G. MACERONI, Il vescovo centrale…, p. 43.
31. Ivi, p. 44.
32. Fu primo collaboratore e successore di Don Orione alla guida della Congregazione. Si veda la biografia di I. Terzi, Don Carlo Sterpi. Profilo biografico, Ed. Don Orione, Tortona, 1991.
33. ADO, Scritti 17, 19; minuta della lettera di don Orione a don Sterpi, Roma 13 aprile 1929.
34. ADO, Parola Vb, 212.
35. ADO, Scritti 17, 158; minuta di una lettera di don Orione a don Sterpi, Roma 7 febbraio ’933, A. XI.
36. AVR, fondo Secolo XX, Religiosi, busta n. 1, Religiosi città e diocesi, fasc. Religiosi Don Orione e Orionini, lettera di Carlo Sterpi a Massimo Rinaldi, Tortona, 22 marzo 1940.
37. ADO, lettera del vescovo Massimo Rinaldi a don Orione, senza data.
38. ADO, lettera di Massimo Rinaldi a don Orione, 23 dicembre 1937.
39. ADO, lettera di Massimo Rinaldi a don Luigi Orione, Pratoianni 27 dicembre 1939.
40. AVR, fondo Secolo XX, Massimo Rinaldi, busta n. 2, Corrispondenza varia, fasc. Momo Pezzotti, lettera di Momo Pezzotti a Massimo Rinaldi, Genova, 5 settembre1939.
41. AVR, lettera di Momo Pezzotti a Massimo Rinaldi, Genova, 1 gennaio 1940.
42. G. MACERONI, Il vescovo centrale…, p. 45.
43. Positio, vol. I, p.668.