MIRACOLO DI DON ORIONE 7: Intervista a Ezio Fulcheri e Paolo Boccato, periti medici della Postulazione

Professor Fulcheri, lei ha seguito il caso come Perito della Postulazione. E’ stato facile l’iter dell’esame scientifico della guarigione del signor Pierino Penacca?
Facile no. Non tragga in inganno l’unanimità di giudizio della Consulta Medica raggiunta alla fine. Sulla guarigione non c'erano dubbi; sulla terapia era documentato che fu inesistente; l'attenzione è stata posta soprattutto sulla diagnosi. La diagnosi di neoplasia maligna era fondata essenzialmente sugli esami citologici, anche se confermata da altre manifestazioni cliniche quali astenia, tosse, dispnea, scadimento delle condizioni generali, colorito cereo, anoressia, calo ponderale. La Conculta Medica chiese una più approfondita indagine citologica per confermare con certezza la diagnosi della malattia. Infatti, la citopatologia diagnostica è probante e certa per la diagnosi. Fu a questo punto che fui consultato anch’io.
E lei, a quali conclusioni è giunto?
Ricordo bene l’atteggiamento con cui mi accinsi allo studio microscopico: avrei dovuto trovare, qualora ci fossero state, le prove che la neoplasia era maligna e che era già in stadio d’invasività e dunque d’irreversibilità. Trovai i segni della malignità e dell'invasività che documentai con fotografie e filmato: presenza di mitosi atipiche, di detriti cellulari necrotici, di abbondante stato infiammatorio e di emazie non lisate tipiche del sanguinamento in atto. Un simile giudizio fu dato, e ripetuto più volte, anche dal Prof. Arnaldo Capelli, dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma, perito consultato dalla Congregazione vaticana.
Non restavano dubbi, dunque.
Ancor più risolutoria è stata l’indagine condotta da un illustre maestro di citologia, il Prof. Paolo Boccato di Padova. Egli, da un lato, ha confermato la diagnosi citologica di malignità, e questo in accordo con tutte le precedenti diagnosi, ma soprattutto ha precisato l’istotipo della neoplasia mostrando, con convincenti documenti fotografici al microscopio, trattarsi di un "carcinoma a grandi cellule indifferenziate"; questo tipo di neoplasia maligna è infiltrante e non prevede precursori di forme iniziali “in situ”. La regressione spontanea, clinica e citomorfologica di tale lesione, senza alcuna terapia - come è avvenuto nel caso del Penacca - , non risulta spiegabile in termini medici. Ciò ha sciolto ogni dubbio per cui la Consulta Medica si è pronunciata all’unanimità nel definire la malattia del Penacca <“carcinoma polmonare, necrotico a grandi cellule, vastamente infiltrante”, con “prognosi infausta quoad vitam” e “terapia inesistente”, per cui la “guarigione rapida, completa e duratura, non è spiegabile scientificamente”.
Grazie della chiara spiegazione del caso dal punto di vista medico. Che sentimenti ha provato da un punto di vista umano a trattare questo caso clinico sapendo il contesto di fede e devozione entro cui si collocava?
Il patologo è chiamato, in campo medico, a riconoscere e descrivere le malattie come si presentano e come evolvono normalmente. La sua professionalità si basa sull’evidenza delle cose e sull’abilità interpretativa di ciò che vede, vale a dire sull’oggettività. In un caso come quello del Penacca, mi sono trovato nella condizione di non poter spiegare scientificamente l’evoluzione della malattia, anzi di doverne negare l’esistenza, in un tempo successivo. Tommaso dovette toccare per credere, per me si è posto il caso di dover riconoscere che non esisteva più in tempi successivi ciò che avevo visto esserci precedentemente.
INTERVISTA AL PROF. PAOLO BOCCATO
Docente di Citodiagnostica all’Università di Padova e di Parma