PAOLO VI: Omelia della prima Messa in italiano a Ognissanti, 7 marzo 1965.

Omelia pronunciata il 7 marzo 1965, celebrando nella chiesa parrocchiale di Ognissanti, presenti il Card. Traglia, il Card. Beran e i Vescovi Mons. Canestri, Mons. Pawlowski, Mons. Pocci, Mons. Zuccarino. Si trattava della prima Messa celebrata in lingua parlata, italiano, dopo la riforma promossa dal Concilio Vaticano II. In quell'occasione il S. Padre visitò anche il San Filippo e alcune delle comunità religiose della Parrocchia.

LA PRIMA MESSA IN ITALIANO A OGNISSANTI
OMELIA DI PAOLO VI

Che cosa stiamo facendo? Questo è il momento delle riflessioni, e si inserisce nel sacro Rito per suscitare i pensieri che lo devono accompagnare. Noi stiamo attuando una realtà, la quale, già di per sé, si presenta solenne ed ha due aspetti: l'uno straordinario; l'altro consueto e ordinario.

Straordinaria è l'odierna nuova maniera di pregare, di celebrare la Santa Messa. Si inaugura, oggi, la nuova forma della Liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo, per tutte le Messe seguite dal popolo. E' un grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa vita spirituale, come un impegno nel corrispondere al grande dialogo tra Dio e l'uomo.

Il Signore sia con voi!

Norma fondamentale è, d'ora in avanti, quella di pregare comprendendo le singole frasi e parole, di completarle con i nostri sentimenti personali, e di uniformare questi all'anima della comunità, che fa coro con noi.

V'è, poi, un'altra circostanza che rende singolare l'odierna solennità: la presenza del Papa, che, di per sé, autorizza a porre in risalto tutto quanto può divenire utile alla nostra vita cristiana.

Del resto, anche a voler considerare il secondo aspetto, cioè quello che è consueto in queste adunanze, tutto-lo sappiamo-presenta un carattere prezioso e degno della nostra riflessione.

E dapprima: che cosa è il Rito che stiamo celebrando? E' un incontro di chi offre il Divin Sacrificio con il popolo che vi assiste. Tale incontro deve essere, perciò, pieno e cordiale. Non è pertanto fuori luogo che il celebrante- in questo caso il Papa - rivolga molte volte agli astanti il saluto caratteristico: Il Signore sia con voi!

Ecco: il Papa ripete il grande augurio non solo rivolgendosi con affettuoso gesto ai presenti, ma esprimendo il proposito di raggiungere l?intera popolazione cristiana di questa Città, della santa Diocesi di Pietro e Paolo, la Diocesi di Roma. Perciò, con tutto il cuore, con tutta la forza che Iddio pone nella sua voce, nel suo ministero, il Santo Padre esclama verso il popolo romano: Che Dio sia con te!

Nel contempo Egli spera che ognuno risponda di buon grado: E con lo spirito tuo! In tal modo si inizia questo stupendo e fervido dialogo tra chi ha responsabilità di ufficio quale Ministro di Dio e il popolo cristiano; tra il Sacerdote e il singolo fedele, che riceve queste grazie; le commenta, se ne arricchisce e le porge, a sua volta, a tutta la comunità.

Come è ovvio, però, i diretti partecipanti all'Azione Liturgica ricevono il saluto in maniera speciale. Sia dunque il Signore - spiega il Santo Padre - con la diletta comunità di sacerdoti, chierici, studenti, che abitano nell'attigua casa di Don Orione; con il Parroco che ha la responsabilit? pastorale di questa parte del gregge diocesano; con tutti i fedeli affidati alle sue sollecitudini. Sia il Signore con le comunit? religiose poco prima salutate; con i carissimi infermi i quali, per indovinato pensiero, sono al primo posto nella adunanza e tanto meritano per le loro preghiere e le sofferenze offerte a vantaggio di tutti gli altri; con i fanciulli del piccolo clero, che adornano l'altare e rappresentano tutti i loro coetanei, speranze della famiglia, della Chiesa e della società; sia con le varie Associazioni, maschili e femminili di Azione Cattolica e di carattere religioso; e giunga infine l'augurio benedicente in ogni casa, apportandovi la grazia e la pace del Signore!

Tutti chiamati alla redenzione e alla salvezza

Né l'auspicio si limita alle persone: esso si estende pure alle attività temporali: allo studio, al lavoro, alla fatica, alle professioni, affinché anche l'insieme della vita materiale, il procurarsi il pane quotidiano, ricevano un saldo elemento di pace, di armonia, di prosperità.

E quelli lontani? C'è qualcuno - chiede con paterna preoccupazione il Santo Padre - che manca qui all'appello? Ebbene - egli soggiunge - io avrei il diritto di chiamare uno ad uno i cristiani di questa parrocchia, e di chiedere loro se sono fedeli. Dovrei ricordare, a ciascuno di essi, il carattere che portano impresso nella loro anima per conoscere, amare e servire Cristo. E se qualcuno fosse o dimentico o inerte, accolga oggi da me l'invito più cordiale e paterno: Tu che non comprendi le cose della Chiesa, tu che non sai più pregare, che ti credi lontano, che ti consideri forse escluso dalla grande Famiglia e guardato male, sappi invece che la Chiesa ti cerca, ti chiama, ti invita, ti aspetta. Perché? Ma perché anche in te splende il diritto dei figli di Dio; hai quindi il dovere di rispondere al grande appello della tua salvezza. Tutti infatti abbiamo per vocazione suprema la sorte di condividere la grande storia della nostra Redenzione.

Cristo presente nella preghiera e con la parola

Secondo pensiero. Oltre che per l'incontro, pur così indicativo e promettente, noi siamo qui per celebrare il grande Rito sacrificale, eucaristico: la Santa Messa; il che vuol dire la presenza di Cristo in mezzo a noi. Ora il Papa, prima ancora di accennare a questa presenza sacramentale e reale, desidera riproporre ai diletti ascoltatori un?altra grande verità. Per il semplice fatto che noi ci troviamo insieme, congregati nel nome di Cristo, uniti per pensare a Lui e pregarLo, noi già possediamo la sua presenza. Gesù medesimo l'ha assicurato: tutte le volte che sia pure due o tre individui converranno nel mio nome - ecco il mistero della presenza mistica di Cristo - Io sarà in mezzo a loro. Noi quindi possiamo renderci conto di questa aleggiante e misteriosa presenza di Gesù tra noi, oggi, appunto concentrandoci su tale realtà, e proprio perché il suo Nome ci raccoglie, a 1965 anni dalla sua nascita; perché in Lui crediamo: e tra poco celebreremo i suoi Misteri sacramentali.

Cristo è qui: la parrocchia attua la sua presenza in mezzo ai fedeli, e in tal modo lo stesso popolo cristiano diventa, si può dire, sacramento, segno sacro, cioè, della presenza del Signore.

E non è tutto. Stiamo godendo di un'altra presenza del Signore: la sua parola; il suo Vangelo. C'è una coincidenza tra la vita di Gesù e la sua parola, poiché Egli è il Verbo, è la Parola. Quando noi ripetiamo le sue parole, rendiamo, in certo qual modo, Gesù presente con noi. Fra un maestro e ciò che insegna esiste una certa distanza; tra Gesù e la sua parola v'è coincidenza. Mentre noi vogliamo che il Signore sia con noi, la sua parola già ce lo porta. In tal modo - pur esso misterioso, ma quasi più vicino alla nostra capacità di apprendere - questa sua presenza vive nelle nostre anime, la sua voce echeggia nei nostri cuori, il suo pensiero si fa nostro, il suo insegnamento circola nel nostro essere. Riassumendo: noi entriamo in comunione con Cristo se ascoltiamo bene la parola di Dio.

Ci troviamo, così, ben preparati al grande e misterioso Rito della Cena sacrificale: la Santa Messa?.