NOTRE DAME D'AFRIQUE 2005

Informazione sulla visita alla vice-provincia africana (IT - ES)

NOTRE DAME D'AFRIQUE

Note e notizie di Don Flavio Peloso sulla visita alla Vice-Provincia africana

 

Come si presenta oggi la Vice-Provincia “ Notre Dame d'Afrique ” a oltre 30 anni dall'arrivo del primo missionario (Don Angelo Mugnai) e a 9 anni dalla sua costituzione come Delegazione?

La mia recente visita, dal 31 gennaio al 10 febbraio, assieme ai consiglieri generali Fr. Jorge Silanes e Don Silvestro Sowizdrzal, mi ha dato il quadro di una evoluzione che ha portato la tenda africana , piantata a Bonoua, a comprendere oggi 9 comunità in Costa d'Avorio, Togo, Burkina Faso e Francia, con 33 religiosi, dei quali 12 italiani e 21 africani, e 6 novizi.

 

La Vice-Provincia è africana

E' questa la prima evidenza percepita visitando queste comunità a 10 anni di distanza dall'ultima mia visita, quando fui presente alla costituzione della Delegazione, il 12 marzo 1996. La Vice-Provincia è africana non solo perché è “in Africa”, ma perché è composta in maggioranza da confratelli africani, 21 attualmente. Non si può più dire che è una missione – cioè con prevalente presenza di missionari arrivati da altra nazione – perché è un'unità autonoma di Congregazione.

Don Orione si è fatto africano. Segno inequivocabile è anche il fatto che i formatori, che trasmettono il carisma orionino, sono attualmente africani: P. Basile al teologico, P. Gaston al noviziato, P. Mathieu al pre-noviziato. E devo osservare che parlando con i confratelli – e praticamente ho parlato con tutti personalmente durante la visita – non ho trovato problemi nel rapporto tra missionari italiani e confratelli autoctoni, ma solo le normali tensioni di crescita dei figli che diventano grandi: ce la faremo a condurre opere tanto impegnative, aperte con capacità e mezzi dagli italiani? Come incarnare secondo lo spirito orionino alcuni tratti caratteristici della mentalità e dei costumi africani? Riusciremo a bastare a noi stessi anche economicamente? Le risposte stanno maturando in una comunione che è buona condizione di risultati positivi.

 

I giovani sole dell'avvenire

Soprattutto l'Africa insegna al mondo che sono i figli la vera celebrazione della vitalità di una famiglia! Tra i ricordi più belli di questa visita, sono senz'altro gli incontri con i giovani al noviziato di Bonoua e al seminario di filosofia di Ouagadougou .

Al noviziato, costruito sulla collina nei pressi di Bonoua, ove sta sorgendo anche il santuario della Madonna della Guardia, ci sono 8 novizi (due del Madagascar), attenti e interessati alla vita religiosa, allo spirito di Don Orione e alla vita della Congregazione. Ho sentito tutti i confratelli parlare bene di loro e con molta fiducia nella loro perseveranza.

Abbiamo fatto una sosta di 2 giorni al seminario di filosofia di Ouagadougou, nel Burkina Faso. Qui abbiamo trovato ben 26 giovani che studiano filosofia e si preparano al noviziato. Provengono da diverse etnìe e nazioni, ma sono uniti nel nome di Gesù e di Don Orione. Anche qui abbiamo ascoltato i formatori (Don Girolami, P. Mathieu e Don Benzi) contenti dei loro giovani e i giovani contenti dei loro formatori: che bello! L'impostazione sia del seminario che dello studio di filosofia è attuata sapientemente. C'è una formazione ben “articolata” tra aspetti personali, di piccolo gruppo e di grande comunità e “organica”, con dinamiche formative per gli aspetti umani, culturali, religiosi, orionini, apostolici.

Attualmente i religiosi juniores sono sparsi in varie case: quelli che studiano teologia ad Anyama, i tirocinanti in varie comunità . Tra i progetti per il prossimo futuro c'è quello di una nuova casa per raccogliere il buon numero di teologi che andrà crescendo nei prossimi anni. Un impegno per tutti è “fare tradizione”, consolidare uno stile comune e stabile di formazione inculturata in terra africana.

 

L'Assemblea di programmazione

Con grande sforzo per la lontananza, erano presenti tutti i Confratelli di voti perpetui che avevano diritto di partecipare all'Assemblea. I compiti sono stati svolti in modo snello, partecipato, concreto.

Anche nella Vice-Provincia è avvertita l'urgenza di dare movimento alla vita con l'attitudine e l'uso dei progetti personale, comunitario e apostolico. Anche tra questi popoli in terra africana, terra di grandi necessità di evangelizzazione e di impegno generoso verso i poveri, i nostri religiosi hanno avvertito che c'è il rischio di fermarsi a una mentalità amministrativa, sia nelle parrocchie che nelle opere di carità, e perciò occorre fare scelte continue per stare “in prima linea”, per dare alla gente più bisognosa “ con il pane del corpo il divino balsamo della fede ”.

E' un tema fortemente inculcato dal Capitolo generale: si tratta di nuove risposte agili, meno istituzionalizzate e più “di provvidenza”, di pronto soccorso, indispensabile integrazione delle “grandi opere” perché aiutano a mantenere il contatto popolare, il dialogo con le nuove necessità della gente.

Durante l'Assemblea, si è parlato di priorità e urgenze di sviluppi per l'immediato futuro. Mi sono messo alla lavagna dell'Assemblea per elencare i progetti segnalati dai confratelli. Davvero tanti, tutti necessari e possibili presi singolarmente, ma non sostenibili tutti attualmente. Il messaggio: “ Occorre pensare alla Vice-Provincia come famiglia unita, come corpo unico, evitando spinte individualistiche o provenienti semplicemente dalle urgenze ”.

Intanto ci sono già molti lavori in corso già assunti e da realizzare: il rilancio della comunità di Korhogo, al Nord, che ha avuto difficoltà per la divisione in atto nella Costa d'Avorio; la realizzazione del Santuario della Madonna della Guardia, per ora c'è la grande statua, le fondamenta e le colonne perimetrali della chiesa e qualche soldo per andare avanti; l'avvio dell'opera di carità a Ouagadougou, ove la costruzione di una prima unità è già ultimata; il consolidamento della nuova comunità e attività di Baga nel Togo; l'apertura di Foyers di accoglienza vocazionale praticamente presso ogni luogo dove è presente una comunità; la costituzione della comunità di Parigi, passata alla Vice-Provincia dal novembre scorso.

A questo punto della sua storia e del suo sviluppo la Vice Provincia ha bisogno di formulare un suo progetto globale di sviluppo. Ora, ingrandita come è, esso è indispensabile per evitare frazionamento, improvvisazione, mancanza di organicità, lacune. Per essere oggettivo ed efficace, il progetto va fatto nei suoi termini minimi di contenuto ma con il massimo di consenso.

 

Il quadro delle comunità

In Costa d'Avorio, Bonoua è la sede della Vice-Provincia e vi sono tre comunità. La prima è quella della storica “ Parrocchia Saint Pierre Clavier ”: quasi una diocesi, per numero di abitanti (71.000), per estensione, per numero di comunità cristiane sparse nei villaggi e anche per attività scolastiche e caritative. Recentemente, sono state costituite in comunità autonome anche la Casa della Vice-Provincia che gestisce il Centro per handicappati fisici e il Centro Professionale e il Noviziato , cui abbiamo già accennato sopra.

Ad un'ora di distanza da Bonoua, si trova Anyama : qui c'è un'altra grande “ Parrocchia ” (70.000 abitanti, ma più concentrati) che vanta una delle più belle e spaziose chiese ivoriane, da poco inaugurata. Qui c'è la sede dello Scolasticat dei chierici teologi. A poca distanza, hanno casa le Suore orionine : vi tengono una scuola-laboratorio di cucito e un dispensario.

Il Nunzio Apostolico, Mons. Mario Zenari, ha affermato che l'opera orionina per i disabili è un vanto e un credito di tutta la Chiesa cattolica in Costa d'Avorio.

A circa 500 chilometri a Nord, si trova un'altra nostra parrocchia a Korhogo . Questo nome è diventato famoso perché è uno dei centri dei “separatisti” che hanno diviso la Costa d'Avorio in due parti. Vi sono andati in visita Don Silvestro e Fr. Silanes, accolti festosamente dalla gente e dal Vescovo, che ha chiesto tra l'altro di aprire un'attività per il reinserimento dei “ribelli”, appena sarà terminato il conflitto.

Ancora più a Nord, si trova un'altra nazione, il Burkina Faso. Qui, nella Capitale, a Ouagadougou , da 3 anni c'è il seminario per i giovani che frequentano la filosofia. C'è una ottima collaborazione con i “Padri Bianchi”, grandi esperti in fatto di missioni in Africa, che hanno la loro casa di formazione a 400 metri dalla nostra. Nell'ampio recinto della nostra proprietà (circa 7 ettari ) la comunità gestirà anche un centro di riabilitazione per disabili. Una primo piccolo edificio è già pronto. Anche qui abbiamo visitato l'arcivescovo della città che ci ha accolto con molta cordiale, manifestando la stima verso la congregazione e le sue attese di pastore.

In Togo, non siamo riusciti ad andare. Tra l'altro, proprio in quei giorni è morto il Presidente Eyadema e per pericolo di disordine sono state chiuse tutte le frontiere. In questa nazione, abbiamo due comunità: una a Bogou (parrocchia) Bombouaka (centro per disabili) e una a Baga (parrocchia), da due anni. Anche in Togo, ci sono richieste di ulteriore sviluppo. I bravi giovani togolesi che rinforzano le file orionine permettono di sognare.

Infine Parigi . Nella capitale francese c'è il Foyer Don Orione, a Saint Ouen, una casa di accoglienza che dalla Provincia San Marziano è passata alla Vice-Provincia africana. Il Vescovo pare voglia affidare anche una parrocchia. Quella casa può diventare un punto d'appoggio anche per formazione e studi per i giovani africani francofoni.

 

La festa di Siasso

Mi resta da dire ancora una parola sulla bella festa per la Messa solenne del nostro P. Michel Koffie Koffi, a Siasso , a 400 chilometri di strada (quante curve e buche!) da Bonoua.

Alla sera, arrivando, c'è stato il rito tipico dell'accoglienza, con l'offerta dell'acqua da bere e per lavarsi, la condivisione delle notizie e della tavola.

Al mattino, preso per mano da Cyrile , un bambino di 8 anni, ho fatto un giro tra le povere case, per lo più di terra, ho visto come vive la gente, ho voluto dare un silenzioso abbraccio a quel villaggio, in un dialogo fatto di immagini, odori, suoni e simpatia interiore.

Si tratta di un villaggio che, il 5 febbraio, credo abbia vissuto una delle giornate più belle della sua storia: sono affluite genti e autorità da vicino e da lontano; ha deposto gli abiti della povertà per cingersi con le vesti più belle e i costumi regali; giovani e vecchi hanno danzato e si sono seduti alla stessa tavola; i bambini hanno riempito di grida di giochi e d'allegria la piazza; tutti hanno gioito e onorato un figlio di quel popolo – il primo sacerdote - che vi ha celebrato la sua prima Messa (tre ore e mezzo).

Anch'io ho avuto la mia parte di onori con tanto di trono, tunica e sandali regali. Ero un po' sorpreso e molto commosso. Ho accettato volentieri quei gesti sinceri e quelle parole di devozione: venivano da gente che pena e soffre nella vita, eppure sa che non di solo pane vive e fa festa l'uomo. Ed io rappresentavo il Signore della festa e sono il padre di quella Famiglia che ha portato un loro figlio ad essere re, profeta e sacerdote.

Riprendendo l'aereo, la sera del 10 febbraio, pensavo: “Qui ci sono problemi di crescita della Congregazione. Potessero tutti i Confratelli, soprattutto i più anziani e quelli che tribolano per la scarsità di vocazioni e l'aridità apostolica, vedere quello che ho visto io. Ne sarebbero confortati. Potessero tanti giovani, fervorosi o inquieti, capire quanto è prezioso e amato un sacerdote in queste terre. Ne sarebbero stimolati. La messe è molta ma gli operai sono pochi”.