COMPATIRCI, una parola cara a Don Orione

C’è un aspetto della ricerca quotidiana della concordia che mi sembra molto importante: la concordia passa attraverso la misericordia, la riconciliazione.
Spesso nella vita comunitaria è più facile dare che non perdonare. Ma la carità è un’utopia se si perde il senso del limite proprio e altrui e non ci si riconcilia con esso.
Don Orione quando si infervorava parlando della carità richiamava spesso – e ciò mi ha colpito – un’altra parola: “compatirci”.
"Facciamo regnare la carità con la mitezza del cuore, col compatirci, con l’aiutarci vicendevolmente, col darci la mano a camminare insieme”. (Lettere II, 331)
“Quanto è mai bello amarci, confortarci compatirci, aiutarci tra noi nell’amore fraterno che viene da Nostro Signore”. (Lettere I, 438)
“Sii longanime e forte nell’amare, confortare, compatire i tuoi fratelli”. (Lettere I, 440)
La forma più alta dell’amore, ce l’ha insegnato il Signore “Dives in misericordia”, è il perdono, l’offrire la riconciliazione gratuita fino a dare la vita.
Così scriveva Don Orione: “Non i miracoli di Cristo, non la sua risurrezione, ma la sua carità mi ha vinto”. (Lettere I 268).
Dinanzi alle divisioni e alle miserie che immobilizzano così spesso il nostro vivere in comunità, niente è più essenziale ed evangelico che il “visitarci”, il “compatirci” e il perdonarci. Se perdiamo la misericordia abbiamo perso tutto.
Il perdono è creativo e ri-creativo delle nostre energie di vita e di quelle dei fratelli. Perdonare è dare vita. È convincerci e convincere che siamo più grandi del nostro peccato, delle nostre cattiverie, dei nostri limiti.
“Il Signore vince sempre nella misericordia”, quante volte l’ha ripetuto Don Orione.
Gesù Cristo sconvolgeva e coinvolgeva (= concordia) perché perdonando l’adultera, il pubblicano, Pietro, il ladrone (e ciascuno di noi) mostrava loro che la grazia che è nel cuore è un seme più potente di qualsiasi zizzania; che il positivo è superiore ad ogni negativo, che la speranza del futuro trionfa su ogni senso di colpa del passato.
Questo “servizio di speranza” dobbiamo rendercelo anche tra di noi in comunità, in famiglia, con il perdono fraterno.
“Ami ognuno di voi, ami tenerissimamente tutti i suoi compagni nelle viscere di Cristo, senza eccezione alcuna e sopporti con piena carità i loro difetti, condonandoli loro per amore di Gesù Crocifisso”. (Lettere II, 394)
“Bisogna che ci ingegniamo, caro mio Don Adaglio, quanto più possiamo a portare e a sopportare i difetti dei nostri prossimi e in questo penso stia una gran parte dell’amore del prossimo. E chi più prossimi dei nostri fratelli, con i quali viviamo e conviviamo?” (Lettere I, 438)
Essere persone di riconciliazione è condizione per essere persone di comunione.
Via alla concordia è la misericordia… così tanto umana, così tanto divina.