Messaggio ai consacrati e consacrate

2 febbraio 2008.
2 febbraio 2008
Festa della presentazione di Gesù al tempio
Festa della vita consacrata
Cari Confratelli, Piccole Suore Missionarie della Carità e Laiche consacrate dell'Istituto Secolare Orionino.
Oggi, 2 febbraio, celebriamo la festa e giornata mondiale della vita consacrata. Nel celebrare la Messa ho pensato e pregato per tutti voi e per la Piccola Opera della Divina Provvidenza. Rinnoviamo in questo giorno il nostro ringraziamento al Signore per il dono della vocazione e con verità interiore rinnoviamo la nostra consacrazione. Il nostro “essere nella casa di Dio” (cioè intimità, appartenenza) è il tesoro prezioso della nostra vita e il regalo tipico che facciamo alla Chiesa e alla gente mediante i nostri vari servizi di carità, di educazione e di pastorale.
Auguri a tutti!
Grazie della fedeltà e della generosa dedizione nel percorso degli anni.
Grazie speciale ai più giovani, che rinnovano la gioventù del carisma di Don Orione e della nostra famiglia.
Prego per il dono di nuove vocazioni nella vita consacrata e nella nostra Piccola Opera.
Prego, preghiamo insieme, per i più deboli per fragilità del corpo o dello spirito.
In grande ardore di carità con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la nostra povera vita, ciascuno di noi prostrato ai piedi di Dio chieda umilmente perdono dei mancamenti della sua vita passata e dica: nel Nome di Gesù, nunc inciprio, ora incomincio ad essere di Cristo e della Chiesa. (Don Orione)
Don Flavio Peloso FDP
Lascio tre spunti di riflessione:
1) Eccellenza della vita consacrata
2) «Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi»?
3) Una vita in progetto
1) Eccellenza della vita consacrata
Da Circolare “La sola cosa necessaria”
L' eccellenza della vita consacrata fa parte della dottrina della Chiesa.
Il Concilio di Trento ha affermato la superiorità dello stato di verginità su quello del matrimonio e implicitamente dello stato religioso su quello laicale (Sessio XXIV, Canones de sacramento matrimonii , can.10, DS 1810).
Il Vaticano II ha parlato esplicitamente del “superiore valore della vita consacrata per mezzo dei consigli evangelici” ( Perfectae caritatis , n.1).
Vita consecrata n.18 insiste sulla ragione cristologia dell'eccellenza della vita consacrata che “appare il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra, un modo – si può dire – ‘divino', perché abbracciato da Lui, Uomo-Dio, quale espressione della sua relazione di Figlio unigenito col Padre e con lo Spirito Santo. È questo il motivo per cui nella tradizione cristiana si è sempre parlato della ‘obiettiva eccellenza della vita consacrata'”.
Il concetto è ripreso nel n.32: “Quanto alla significazione della santità della Chiesa, un'oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo”.
Sull'eccellenza della vita consacrata si veda anche l'art. 12 delle nostre Costituzioni . Evidentemente, l'eccellenza della vita consacrata è oggettiva , come via di sequela di Cristo, mentre l'eccellenza soggettiva dipende dalla perfezione della carità dei singoli membri, a qualunque stato appartengano.
2. «Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi»?
Giovanni Paolo II in Vita consecrata
“La professione dei consigli evangelici è parte integrante della vita della Chiesa , alla quale reca un prezioso impulso verso una sempre maggiore coerenza evangelica”. La vita consacrata “appartiene intimamente alla sua vita, alla sua santità, alla sua missione”, “è dono prezioso e necessario anche per il presente e per il futuro del Popolo di Dio”. ( Vita consecrata 3).
«Che sarebbe del mondo se non vi fossero i religiosi»? Al di là delle superficiali valutazioni di funzionalità, la vita consacrata è importante proprio nel suo essere sovrabbondanza di gratuità e d'amore, e ciò tanto più in un mondo che rischia di essere soffocato nel vortice dell'effimero. «Senza questo segno concreto, la carità che anima l'intera Chiesa rischierebbe di raffreddarsi , il paradosso salvifico del Vangelo di smussarsi, il «sale» della fede di ridursi in un mondo in fase di «secolarizzazione».
La vita della Chiesa e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio. La Chiesa non può assolutamente rinunciare alla vita consacrata , perché essa esprime in modo eloquente la sua intima essenza «sponsale». In essa trova nuovo slancio e forza l'annuncio del Vangelo a tutto il mondo. C'è bisogno infatti di chi presenti il volto paterno di Dio e il volto materno della Chiesa , di chi metta in gioco la propria vita, perché altri abbiano vita e speranza. Alla Chiesa sono necessarie persone consacrate le quali, prima ancora di impegnarsi a servizio dell'una o dell'altra nobile causa, si lascino trasformare dalla grazia di Dio e si conformino pienamente al Vangelo ” ( Vita consecrata 105).
3. Una vita in progetto
Da un'intervista a Mons. G.A. Gardin, segretario della Congregazione per la Vita Consacrata (Testimoni, 2008, 1, pp.24-29)
D. Come mai tanti bei documenti sulla vita consacrata di questi ultimi anni sembrano incidere molto poco sul vissuto concreto di tanti religiosi che spesso, da quanto capita di sentire, non hanno neanche il tempo di leggerli?
R. Per certi versi questa è una specie di legge universale. Non per nulla conosciamo tutti il detto: "Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare". Nella vita consacrata, però, questo detto si traduce in una domanda: «Come passare dalla regola alla vita?». La coniugazione di ciò che è ideale, perché questi documenti hanno sempre questa impostazione, e ciò che è reale, con tutti i limiti che inevitabilmente esistono, è sempre problematica. Del resto, il Vangelo sta lì da sempre, ma metterlo in pratica è tutt'altra cosa. Dobbiamo tuttavia riconoscere che, in alcuni casi, la vita delle nostre comunità è contrassegnata da una certa stanchezza. Questi documenti spesso fanno riferimento a un certo rinnovamento che diventa particolarmente problematico soprattutto in quelle comunità in cui ci sono persone con una certa età e che per loro natura sono meno portate a fare cambiamenti. Credo, inoltre, che non sia ancora entrato nella prassi della vita religiosa il "progettare". Solo mediante un progetto è possibile calare nelle situazioni particolari e concrete tutti quei valori che, proprio in quanto sono universali, possono apparire anche inevitabilmente astratti. Tutti i documenti, anche i più belli e ispiranti, necessitano di una loro contestualizzazione, in modo che divengano significativi per "noi", "qui" e "ora". Sono solo tre "paroline", ma della massima importanza.
D. Da dove deriva, a suo avviso, la debolezza di tanti bei progetti comunitari e provinciali che, almeno sulla carta, esistono un po' in tutti gli istituti?
R. Anche se può essere vero che il progetto personale, quello comunitario, quello provinciale non sono di per sé una panacea per risolvere tutti i problemi della vita consacrata, però ritengo che siano strumenti da prendere in seria considerazione, più di quanto, forse, abitualmente non si faccia. Necessitano però di una loro inevitabile contestualizzazione e di una continua verifica. Diversamente i valori ideali rimangono sempre tali e ben difficilmente diventano praticabili nel "noi" concreto di una comunità o anche di un istituto. Se non si verifica, si rischia di essere come un motore in folle, che gira, gira e gira, ma senza mai avanzare. Spesso siamo ripetitivi. Ci limitiamo a dire che cosa dovremmo fare, ma non sempre abbiamo poi il coraggio di sottoporre a verifica il nostro vissuto concreto.