Fecondità della carità nella pastorale giovanile-vocazionale
Appunti dell’incontro di Don Flavio Peloso con i Religiosi impegnati nella pastorale giovanile-vocazionale.
La fecondità della carità nella pastorale giovanile-vocazionale
come questione di famiglia orionina
Appunti dell’incontro di Don Flavio Peloso con i Religiosi impegnati nella pastorale giovanile-vocazionale
Roma, 16 febbraio 2011.
1. Il tema riguarda la fecondità della carità nelle vocazioni. In esso, l’impegno per la vocazione cristiana nei giovani e per le vocazioni di speciale consacrazione è visto come un “generare in Cristo”. Chi non ha provato che è proprio così? Per un religioso, per un sacerdote, una delle gioie più intime e più pure è quella del “generare in Cristo” la fede di un bambino, di un ragazzo, di un giovane, la vita di una qualsiasi Anima.
“Generare in Cristo”: questo e solo questo deve starci ultimamente a cuore. Questa è la bella e vera fecondità di un consacrato. Altri risultati delle nostre attività sono strumentali, relativi a questo fine. A volte sono anche fuorvianti.
2. Il Papa ha scritto recentemente: “La fecondità della proposta vocazionale dipende primariamente dall'azione gratuita di Dio, ma, come conferma l'esperienza pastorale, è favorita anche dalla qualità e dalla ricchezza della testimonianza personale e comunitaria di quanti hanno già risposto alla chiamata del Signore nel ministero sacerdotale e nella vita consacrata” (Messaggio giornata mondiale vocazioni, 2010).
Nel discorso ai Capitolari, durante la visita alla Madonnina di Monte Mario, il 24 giugno 2010, ha ricordato che le opere della carità sono feconde se siamo “impastati della carità soavissima di Nostro Signore mediante una vita spirituale autentica e santa”.
3. La fecondità della carità nel generare in Cristo dipende dalla salute della nostra vocazione. Certamente se aumenta il nostro God appeal di uomini di Dio, se la nostra vita comunitaria è animata dalla carità, se le nostre opere di carità “aprono gli occhi alla fede e riscaldano i cuori di amore a Dio”, noi e la nostra Congregazione saremo interessanti, come è detto della primitiva comunità cristiana che suscitava simpatia e “si moltiplicava grandemente il numero dei discepoli” (Cfr Atti 2, 42; 4, 32; 5, 12-14; 6, 1-7).
Vivere la pastorale giovanile come manifestazione della fecondità e del generare in Cristo ci pone nella prospettiva delle condizioni umane, spirituali, oggettive, organiche, continuate della gestazione e dell’educazione di “figli in Cristo”. Si tratta di un processo amoroso e responsabile del generare in Cristo.
4. Vivere la pastorale giovanile come manifestazione della fecondità e del generare in Cristo ci pone anche nella prospettiva della responsabilità e della carità di famiglia. Generare è sempre una dinamica comunitaria, che si muove, si sviluppa e fruttifica solo in un contesto di amore, di unione, di collaborazione di famiglia. Il riferimento primo va alla famiglia-Chiesa, alla famiglia - piccola Chiesa, e, alla Famiglia Orionina, nostro più preciso contesto vitale.
5. La questione della pastorale giovanile è innanzitutto la questione dell’amore e dell’unione della famiglia orionina nel generare figli a Cristo e della Congregazione.
Un progetto di pastorale giovanile orionina sarebbe “organizzazione e non atto di amore”, come direbbe Benedetto XVI, se non è ben radicato, contestualizzato e animato nell’amore della famiglia orionina.
Chi ha particolare responsabilità per la pastorale giovanile vocazionale ha anche una particolare responsabilità per curare e animare la comunione di famiglia orionina, la cui vitalità è condizione per la vitalità della pastorale giovanile. In questo modo, la pastorale giovanile svolge anche un’importante azione di stimolo per il bene della famiglia religiosa. I figli fanno sempre bene alla famiglia e anche alla nostra congregazione orionina.
Perciò non si può fare pastorale giovanile slegati dalla propria comunità e congregazione. Non si fa pastorale giovanile nonostante la comunità, ma mediante la comunità. Evidentemente con ruoli e competenze specifiche.
6. Il capitolo ha dato linee importanti, ha indicato orientamenti, ha offerto alcune decisioni che è utile riprendere e integrare in un progetto di pastorale giovanile orionina.
La nostra pastorale giobanile per essere orionina deve essere ecclesiale, ma è vero anche che la nostra pastorale per essere ecclesiale deve essere orionina, perché orionini ci vuole la Chiesa, perché in quanto orionini la Chiesa stessa vuole il nostro contributo specifico. Orionini anche nella pastorale giovanile. Alcune dinamiche, tempi e contenuti coincidono con le dinamiche diocesane, ma non può esaurirsi in questo, dobbiamo restare collegati con le iniziative di congregazione.
7. Ricordiamo che la nostra pastorale è orionina non solo perché ha dei contenuti specifici – piuttosto condivisi -, ma anche perché si attua in condizioni pastorali specifiche in cui noi ci occupiamo dei ragazzi e giovani. E dobbiamo tenerne conto realisticamente.
Per esempio, incontriamo i giovani non solo nel contesto istituzionale-pastorale (parrocchia, itinerario di iniziazione cristiana, catechismo, sacramenti, ecc.) ma anche in quello carismatico delle comunità e attività orionine con possibilità diversificate, nelle scuole, nelle opere di carità, nel lavoro, nei gruppi, nel volontariato, ecc. Invece, una condizione che pone difficoltà è il fatto che le nostre comunità sono sparse in una vasta area geografica ed è meno facile organizzare qualcosa insieme. Un ultimo punto. Tutti noi religiosi incontriamo ragazzi e giovani, ma in molte situazioni neppure si può parlare di “pastorale giovanile”, ma forse solo di “pastorale delle occasioni” o di “occasioni di pastorale”. Ma non per questo vanno trascurate. Sono da valorizzare con attenzione, nello spirito del “colligite fragmenta” di Gesù o dello “spigolare” di Don Orione.
8. A conclusione, quattro linee di impegno:
1. Intensifichiamo la preghiera per le vocazioni (la nostra e le nuove) perché esse sono una grazia di Dio da chiedere con la preghiera.
2. Amiamo la Congregazione volendo bene ai nostri confratelli concreti di casa, condividendo, aiutandoci, pazientando, offrendo tempo, cuore, gentilezza.
3. Rendiamo noi e il nostro apostolato più vocazionabili (segni del vangelo e del carisma, interessanti e attraenti). È quanto di meglio possiamo decidere. La fedeltà vocazionale e il fervore nell’apostolato sono condizioni sine qua non, imprescindibili per nuove vocazioni.
4. Infine, certamente, c’è da riflettere e da organizzare l’impegno della promozione e della cura delle vocazioni. Ogni buona iniziativa personale e locale va incoraggiata e collegata nel Progetto provinciale di pastorale giovanile-vocazionale (CG13 Altre decisioni, 1) e nel Centro Provinciale Vocazioni (CG13 Decisione 26) per dare continuità, ordinarietà e comunitarietà alla promozione vocazionale specifica, in relazione con la pastorale giovanile.
Vedi la Circolare: Vocazione e vocazioni e pastorale giovanile