DĄBROWSKI Bronisław (vescovo), ambasciatore in patria.

Un profilo biografico del vescovo orionino (1917-1997). Segretario dell’episcopato polacco, curò le relazioni della Chiesa polacca con il regime comunista della Polonia e dell’Unione Sovietica. Il Card. Józef Glemp ricorda Mons. Bronisław Dąbrowski.

MONS. BRONISŁAW DĄBROWSKI
Ambasciatore in Patria

 


S. E. Mons. Bronisław Dąbrowski, Arcivescovo titolare di Adrianotere (Ellesponto), già Ausiliare di Warszawa e Segretario dell’Episcopato della Polonia, nato a Grodziec (Konin - Polonia), è morto il 25 dicembre 1997, a 80 anni di età, 61 di professione religiosa nella congregazione di Don Orione, 52 di sacerdozio e 36 di episcopato.
La solennità del suo funerale nella cattedrale di Varsavia ha dato un segno della rilevanza di questo ecclesiastico nella vita della Polonia. Con il Cardinale Primate, Józef Glemp, c’era idealmente tutta la Polonia: due cardinali, 66 vescovi, centinaia di sacerdoti, religiosi, suore, e numerossimi fedeli. C’era Lech Wałęsa, il primo ministro Buzek, i presidenti delle due camere, autorità civili e militari.

Il vescovo Bronisław Dąbrowski, ha dato la sua vita al Signore fin da giovane di 15 anni, essendo nato il 2 novembre 1917, quando fu accolto, il 25 novembre 1932, nell'Istituto di Don Orione, in Zduńska Wola.
Mite, volonteroso, raccolto, compì i suoi studi, spiritualmente seguito nella formazione da Don Biagio Marabotto: ginnasio, noviziato (1935-36), primi voti religiosi (8-9-1936) e filosofia a Zduńska Wola (1935-38). Venne poi scelto e mandato in Italia, a Tortona (11-2-1938), dove trascorse, con altri polacchi “due anni di grazia -come soleva esprimersi-, conoscendo, ascoltando, avvicinando il nostro Beato Fondatore, Don Orione”.

“Lei - scriveva il chierico Dąbrowski a Don Orione nel 1938 - ci ha comandato di riflettere quale sia la volontà del Divin Maestro verso ciascuno di noi: come risposta, sentivo nella mia anima la voce del Signore: ho sete! Domanderei umilmente di mettermi nel numero dei fortunati che a giorni andranno in sud America. Ogni volontà dei Superiori, però, in ogni caso, è mio desiderio ...”. E al primo incontro, Don Orione gli disse: “Tu vuoi andare missionario: la tua missione sarà nella tua Polonia...”.

La violenza della guerra, scatenata nel settembre 1939, interrompe gli anni italiani di preparazione al sacerdozio. Continua gli studi presso il Seminario Vescovile di Warszawa, e in corsi clandestini organizzati allo scopo. Partecipa alla insurrezione di Warszawa, e viene internato nel campo di lavoro di Heillbron vicino al campo di concentramento di Dachau, segnato dal numero 68699. Può ritornare fortunatamente in libertà e, il 10 giugno 1945, viene ordinato sacerdote dall’Arcivescovo Mons. Antonio Szlagowski.
I Superiori lo mandano a Izbica Kujawska per incrementare e organizzare in novità quell’Istituto per orfani, mentre si impegna anche socialmente, collaborando nella ricostruzione della città distrutta. Nel 1948 torna a Warszawa, come direttore dell’Istituto Artigianelli S. Antonio di Via Barska 4, e, nello stesso tempo, completa i suoi studi presso l’Istituto di pedagogia, sotto la guida del prof. Stefan Baley.

Da tempo il Card. Primate di Polonia Wyszyński aveva posto gli occhi su questo giovane sacerdote, raccolto, zelante, generoso. Nel 1950, nomina Don Bronisław presidente dell’Intesa interreligiosa, che, col tempo, diverrà “Ufficio degli Affari religiosi”, presso il segretariato del Primate.
Nel 1950, dopo la firma della speciale “Convenzione” tra l’episcopato polacco e la repubblica popolare polacca, Don Dąbrowski viene nominato direttore dell’Ufficio del Segretariato dell’Episcopato ed autorizzato, in dipendenza di Mons. Zygmunt Chromański, Segretario dell’Episcopato polacco, a condurre i colloqui con l’Ufficio dei Culti.

Il 19 gennaio 1962 il Card. Wyszyński comunica al Superiore dell’Opera Don Orione, Don Carlo Pensa, che il Santo Padre Giovanni XXIII ha eletto Don Dąbrowski Vescovo titolare di Adrianotere, “dopo 12 anni - scrive - passati nella Segreteria dell’Episcopato polacco e nella Segreteria del Primate di Polonia, come moderatore della Sezione delle Cause dei religiosi: ha molto meritato nella difesa dei diritti della Chiesa e specialmente della vita religiosa” . L’elezione di Dąbrowski è stata fatta dal Vicario di Cristo il 24 novembre 1961.

L’attività del nuovo Vescovo diventa, da questo momento, multiforme, delicata e impegnativa: fa parte del Consiglio Centrale dell’Episcopato, è Presidente della Commissione giuridica dell’Episcopato, membro della Commissione Mariana e della Congregazione dei religiosi e Istituti secolari in Roma.
Discreto e raccolto nei suoi atteggiamenti personali, la sua figura diventa pubblica, soprattutto come abile, discreto e influentissimo mediatore nel prezioso lavoro di dialogo e di negoziato tra la sua Patria e il potere sovietico e, poi, tra il potere comunista e l’opposizione di Solidarność.
Pur bramoso di restare dietro le quinte, tocca a lui impersonare il ruolo, diciamo, politico, della Chiesa in Polonia: con saggi consigli e aria benevola, e perfino sorridente, sa conciliare e appianare gli opposti atteggiamenti dei protagonisti. E’ lui che corre a Roma, subito dopo la proclamazione dello stato di guerra, il 13 dicembre 1981, per fornire informazioni dirette sulla situazione a Giovanni Paolo II. Deve superare momenti difficili, come quello di dicembre 1981, dopo l’assassinio di Padre Popiełuszko e, nel 1988, quando convinse al tavolo del dialogo governanti, Solidarność e Chiesa Cattolica. “E’ stato un vero amico”, dirà di lui Wałęsa.

La salute, in questi ultimi anni, prese a fargli desiderare di lasciare il pesante incarico. Nel 1993, per limiti di età, Mons. Dąbrowski si raccolse nella serenità della vita, sotto la luce e il ricordo del caro Padre Don Orione.

Anche durante il suo multiforme e movimentato mandato episcopale, Mons. Dąbrowski tenne il cuore e gli occhi sulla sua cara Famiglia religiosa: “Il nostro Fondatore – scriveva - è la nostra guida, il nostro esempio ... Mi sento e mi sentirò sempre un vero figlio, e fedelissimo, della Divina Provvidenza, nel solco caritativo di Don Orione...”.

La Chiesa cattolica polacca ha avuto in Mons. Dąbrowski uno dei protagonisti della sua storia del secondo ‘900.
La Famiglia orionina annovera un altro modello di grande valore spirituale e un intercessore in cielo.
 

Flavio Peloso

 

 

 

 

Il Card. Józef Glemp ricorda Mons. Bronisław Dąbrowski

Omelia del Primate di Polonia
in occasione della dedicazione della piazza della città di Grodziec
a Mons. Bronisław Dąbrowski.
10 giugno 1998

 


1. Fedeltà al suo servizio

Quando l’arcivescovo Mons. Dąbrowski ha chiuso definitivamente i suoi occhi, a Natale dell’anno scorso, la notizia si è diffusa rapidamente in tutto il mondo e ha suscitato molte riflessioni. Ecco è morto un uomo che ha fatto tante cose, caratterizzato da un carisma per dialogare nei tempi difficili, risolvere molti problemi, difendere la giustizia dei fedeli, ma anche di quelli che hanno subìto un torto, una miseria, un disprezzo. Tutto ciò ha suscitato delle riflessioni nel campo del “grande mondo” annoverando l’arcivescovo nella fila dei politici, non in senso degli scontri di partiti, ma nel senso del bene comune, della preoccupazione dei problemi della Chiesa nella patria e dei problemi dei cittadini.
In questa comprensione dell’uomo, che passa da questo mondo dopo una vita piena di fatiche e dei sacrifici, si sottolineava soprattutto la sua fedeltà al servizio.
Anche il mio ricordo personale evidenzia la sua grandezza. Dopo la morte del Cardinale Stefano Wyszyński, tutto indicava che proprio il vescovo Dąbrowski sarebbe stato degno di assumere il patrimonio del Primate. Lo dicevano, ed era giusto, in corrispondenza alla logica dei rapporti di allora. L’arcivescovo Dąbrowski era, indubbiamente, più portato ad assumere questo incarico. Come è noto, è successo altro.
Nei primi giorni di luglio del 1981, mi sono trovato a Roma è sono stato chiamato all’Ospedale Gemelli, dove il Papa, gravemente ferito, per la grazia di Dio e intercessione della Madonna, si rimetteva in salute. Ho saputo allora che dovevo accettare io il patrimonio del Primate Wyszyński. Non erano momenti facili. Proprio allora si è notata la grandezza dell’Arcivescovo, quando, saputo che era già stato nominato il Primate nuovo, ha fatto di tutto, usando tutta la sua perizia e le capacità di mediazione con le autorità civili di allora, per ottenere, in tre giorni, l’accettazione e l’approvazione della mia nomina, così come si usava fare. E dopo, è stato un servo ugualmente fedele, come aveva fatto nei riguardi del Cardinale Wyszyński, di tutto l’Episcopato e del vescovo Choromański. Con il grande senso di servizio e dedizione, con il consiglio, con la benevolenza e l’amicizia ha servito il nuovo e meno esperto vescovo che aveva l’incarico del primate.


2. Frutto di questa terra

Quando è arrivata la notizia della morte di questo grande uomo, si è cominciato a porsi domande: da dove proveniva, dove era nato, quale era la ventura della sua vita? Si è osservata allora una certa lacuna. Troppe poche erano le notizie sul luogo della nascita, sull’infanzia, sull’adolescenza, gli studi, sugli uomini che hanno influito su di lui e anche su come ha vissuto il tempo della guerra. Alcuni solo allora vennero a sapere della prigione, della fuga con una gamba rotta, delle grandi sofferenze, delle situazioni quasi disperate affrontate e di una fiducia totale nella Divina Provvidenza, che l’ha guidato meravigliosamente per diverse vie. Tutto ciò era proprio sconosciuto al vasto pubblico.
Questo ci ricorda un po’ quanto avvenne anche per Gesù Cristo e Nazaret. Gesù Cristo era conosciuto a Gerusalemme, tra i farisei, sadducei, conosciuto da Pilato ed Erode, alla gente della grande politica. Ma quando si era parlato della provenienza da Nazaret, allora si rispose: Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono? (cfr. Giov. 1,46). Penso oggi che Grodziec è questa Nazaret, in cui l’Arcivescovo era stato educato ed era cresciuto a una grande spiritualità, che può meravigliare il mondo proprio con il silenzio di vita quotidiana e con la semplicità della vita della società di questo luogo.
Vorrei che ci soffermassimo su questi valori spirituali ai quali attinse e che hanno formato la sua personalità. (…)
Abbiamo sentito poco fa l’inno della carità, che è mite, non si aspetta il premio, è paziente ed ha la sua fonte in Dio stesso (cfr. 1 Cor 13, 1-13). Proprio questa carità, rivelata e resa possibile agli uomini, fa sì che l’uomo sappia prendere la sua croce ogni giorno e portarla. Il portare di questa croce, anzi, diventa gioioso, perché l’uomo viene sostenuto ogni giorno da Gesù Cristo che cammina con la croce verso la risurrezione, verso la vittoria del bene.
Proprio nel cammino del giovane Bronisałw Dąbrowski sono apparsi alcuni personaggi significativi: il vescovo Korszyński, testimone delle sofferenza a Dachau, il servo di Dio vescovo Owczarek, proveniente da questa zona dove bisognava lottare con lo sforzo di tutta la famiglia per l’esistenza e per continuare a educare secondo il bene. Da questa terra proviene anche una mistica del XX secolo: la beata Faustyna Kowalska. Proprio da questa terra spunta quasi come un germoglio, un fiore spirituale che va crescendo per grande testimonianza di vita, per grande virtù che sa vincere ogni debolezza e condizionamento dovuto ai tempi. (…)


3. Una spiritualità particolare, l’intelligenza e la carità

In questo contesto, spunta anche il vescovo Dąbrowski che vediamo oggi nel ritratto, pieno di serietà e di dignità, in realtà pieno di semplicità umana capace di comprendere l’uomo con le sue aspirazioni evangeliche fino in fondo. Ed è per questo che egli aveva scelto la Congregazione di Don Orione, incontrandosi con il beato Fondatore. Voleva andare nelle missioni. Per questo, dunque, era tornato in Polonia e aveva studiato di nascosto nel teologico clandestino la filosofia e la teologia; nel contempo aveva lavorato con i giovani e con i ragazzi.
Abbiamo pochi ricordi diretti. Ci sono invece alcuni che ricordano il suo comportamento durante l’insurrezione di Varsavia, quando sapeva raccogliere intorno a sé tanti di quei ragazzi che ardevano dalla voglia di combattere e sapevano vincere o anche morire riconciliati con Dio. Dopo avvenne l’arresto, la prigione e la fuga in Polonia, dove ritorna ferito, ammalato, portato sulle spalle da un confratello. Nella difesa dei giovani aveva dimostrato le sue capacità di dialogare e quasi si potrebbe dire l’aveva introdotto al lavoro nella Segreteria dell’Episcopato. Da questo momento, dopo la guerra, la sua vita comincia ad essere più nota.
Tuttavia ciò che costituisce il fondamento, il supporto della sua spiritualità, è proprio la vita attinta da questa terra e da queste radici. La carità dell’Arcivescovo Dąbrowski verso la gente aveva tre principali orientamenti. Il primo andava nella direzione della vita religiosa e riguardava la preghiera. Con la preghiera articolata negli istituti religiosi abbonda nell’aiuto agli altri attraverso le opere della carità. Non ci sono belle opere di carità, se chi vi opera la carità non prega. Possiamo osservare le Missionarie della Carità, e cioé le suore di Madre Teresa di Calcutta – se loro fanno oggi delle cose grandi, lo fanno perché dietro di ogni opera si nasconde la preghiera di una particolare intensità.
La seconda direzione, che vorrei indicare, è la fedeltà alla Santa Sede, a ciascun Papa. L’Arcivescovo Dąbrowski conosceva la Santa Sede meglio di qualsiasi altro. Gli piaceva andare, sapeva comunicare perfettamente, era molto conosciuto non solo ai rispettivi Papi, ma anche a tutti quelli che nei dicasteri romani portano la responsabilità dello sviluppo organizzativo e spirituale di tutta la Chiesa.
Infine, l’Arcivescovo Dąbrowski amava la sua patria. La amava con un amore grande e per questo sapeva parlare con tutti. Non guardava a quale partito uno appartenesse, di quale orientamento fosse, ma diceva la verità a ciascuno. E lo sapevano stimare anche i grandi avversari della Chiesa, che esprimevano, a volte, questa stima proprio per la capacità di unire la verità in sincerità con l’amore.
Carissimi, mi congratulo con gli abitanti della città, del comune e della Provincia, perché proprio qui, come a Nazaret, possiamo verificare come il Vangelo maturi e fruttifichi in persone come l’arcivescovo Bronisław Dąbrowski.
Sia questo un incoraggiamento e una sollecitazione alle buone aspirazioni. Amen.