DON ORIONE E IL VANGELO

Note sulla relazione e gli insegnamenti di Don Orione sulla Parola di Dio e soprattutto sul Vangelo.
DON ORIONE E IL VANGELO
La sua esperienza e il suo insegnamento.
Don Flavio Peloso
Estratto da: Don Orione. Meditazioni sul Vangelo, a cura di Don Flavio Peloso, Ed. San Paolo, 2004; Introduzione, p.23-41.
I SANTI, ESEGETI DEL VANGELO
I santi sono i più grandi “esperti” del Vangelo, sono gli uomini che hanno fatto esegesi vitale del Vangelo. La didattica dei santi è semplice, comprensibile a tutti: è la didattica dell’esempio, dei fatti umili, dell’evidenza spirituale. I santi mostrano il Vangelo accessibile, amabile, vivibile.
I santi sono i migliori conoscitori del Vangelo e, in molti casi, anche i migliori commentatori, sia quando lo fanno intenzionalmente e in modo diffuso, per iscritto o con la parola, e sia quando lo fanno occasionalmente, quasi involontariamente, perché del Vangelo sono impastati, animati, conformati. Don Orione è commentatore del Vangelo tanto in un modo che nell’altro.
Nell’accostarci alle meditazioni sul Vangelo di Don Orione, occorre anche tenere in conto che egli è un “fondatore”, quindi latore di un “carisma” che va al di là della sua persona, condiviso lungo la storia da un movimento di discepoli. Ebbene, il carisma è per definizione un “valore evangelico”, “un’esperienza dello Spirito, trasmessa ai propri discepoli per essere da questi vissuta, custodita, approfondita e costantemente sviluppata in sintonia con il corpo di Cristo in perenne crescita”.[1]
Don Orione, come ogni fondatore, ha incontrato Gesù con una relazione particolarmente viva e immediata, rimanendo impressionato nell'anima da un particolare aspetto della vita di Gesù e del suo Vangelo (l’impronta). Lo Spirito Santo, l’Esegeta, l’ha condotto a vivere con particolare intensità quel valore evangelico e a diffonderlo quale “ricostituente evangelico” per il benessere della vita e della missione della Chiesa.
Certo, Don Orione, come tutti i santi, diceva di voler vivere tutto il Vangelo, diceva che quella era l'unica Regola per lui e per la sua Piccola Opera della Divina Provvidenza. E’ noto quanto avvenne a Montebello (Pavia), nel 1934, quando Don Orione si presentò alla riunione dei confratelli – che un poco reclamavano col Fondatore per avere una vera Regola religiosa – portando un pacco di vangeli che mise loro davanti esclamando: "Questa è la nostra regola!".[2] A tale gesto simbolico, unì l’affermazione: "Nostra prima Regola e vita sia, o miei cari fratelli e figli in Gesù Cristo di osservare in umiltà grande e amore dolcissimo e affocato di Dio, il Santo Vangelo, seguendo i consigli della perfezione datici dal Signore".[3]
Unitamente alla fedeltà evangelica a tutto campo, Don Orione, pur con grande umiltà, affermava di volere-dovere seguire un cammino originale, perché ispirato a un particolare modo di vedere Gesù Cristo, il suo Vangelo, la vita spirituale. Spesso, nei suoi discorsi e scritti, valutando taluni aspetti della vita spirituale e apostolica, introduce le sue affermazioni con frasi del tipo "I Francescani... i Gesuiti... i Benedettini, ecc... e noi invece...".[4] Aveva una forte coscienza dell’originalità della sua via spirituale e apostolica nell’imitazione di Cristo e nel servizio alla Chiesa.
Qual è il nucleo evangelico che costituisce il carisma con cui Don Orione vive e invita a vivere la sequela di Cristo? Il Santo tortonese risponde con le parole del suo scritto carismatico più importante, conosciuto con il nome di “Piano e programma della Piccola Opera della Divina Provvidenza”: "Nostro Signore Gesù Cristo designò propriamente nel Beato Pietro colui che doveva farsi servo dei servi di Dio, e su lui fondò la sua Chiesa, e a lui commise l'unità del governo visibile che avvicinasse sempre più gli uomini a Dio".[5] Tutta l'imitazione di Cristo, per Don Orione, passa di qui, nel seguire Cristo che affida a Pietro, e al Papa, la coesione visibile della Chiesa, chiamata ad essere strumento di coesione e di salvezza di tutta l'umanità. Egli spiega che l’“Instaurare omnia in Christo” (Ef 1,10) – scelto come motto della Congregazione - si attua concretamente con l’ “impiegarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano - e specialmente nell'evangelizzare i poveri, i piccoli, gli afflitti da ogni male e dolore - un amore dolcissimo al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo che è il Romano Pontefice, Successore del Beato Apostolo Pietro, con l'intendimento di concorrere a rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre".[6]
Le meditazioni di Don Orione sul Vangelo hanno come ground bass di lettura e di esposizione proprio la sua particolare percezione carismatica, chiave di lettura e angolo di visuale per comprendere e vivere il Cristo nella sua totalità.
LO RICORDANO INNAMORATO DEL VANGELO
Don Orione ebbe un rapporto con il Vangelo molto familiare, attento e devoto, come familiare, attento e devoto fu il suo rapporto con Gesù. “Apriamo il S. Vangelo: che cosa è il Vangelo? È il libro di Dio, è la vita, la parola, la dottrina di Gesù Cristo. È la storia del Signore: il Verbo di Dio scritto. Come il SS. Sacramento dell’Eucarestia è il Verbo di Dio vivo, così il Vangelo e la Sacra Bibbia sono il Verbo di Dio scritto. I Greci tengono il Vangelo sull’altare, davanti al Verbo di Dio vivo, Gesù Ostia. Il S. Vangelo è un libro divino, che contiene, i discorsi, le parlate che faceva al popolo, agli Apostoli, alle turbe che lo seguivano”.[7]
Di fatto, il Vangelo costituiva il suo abituale e privilegiato manuale di formazione religiosa, di pedagogia, di dottrina. Considerava il Vangelo “codice e magna charta di ogni apostolato”.[8]
“So che aveva una Bibbia di formato tascabile, largamente sottolineata in rosso e blu – riferisce Don Costantino Costamagna -. Io stesso l'ho trovata moltissime volte sul guanciale, la mattina della domenica, segno che ne faceva lettura di notte e gli serviva per preparare poi i suoi discorsi, i quali erano sempre ripieni di citazioni e di esempi scritturali”.[9]
Prescrisse ai chierici lo studio a memoria del Vangelo; quello di Giovanni durante il noviziato e, dopo, gli altri tre. «Noi dobbiamo avere il Vangelo sempre davanti agli occhi della mente e portarlo nel cuore, viverlo – insisteva Don Orione -. Le regole e le costituzioni dei religiosi sono come il succo ed il midollo dell'Evangelo; esse ci insegnano appunto il modo pratico di viverlo; c'insegnano la diritta via per camminare dietro il Signore, e giungere alla più alta perfezione religiosa. E, come nel noviziato si studiano e si spiegano le Regole, così desidero, et quidem, anzi, dispongo, in Domino, che si studi a memoria e si spieghi bene il Vangelo di N.S. Gesù Cristo».[10]
Per favorire la consuetudine amorosa con il Vangelo, nel 1937, fece curare la pubblicazione di un’edizione in latino, per conto della Tipografia Emiliana di Venezia, e ne fece dono a sacerdoti e confratelli sprovvisti. Nello stesso anno ne diede personalmente copia ai migliori giovani dell'Istituto Dante di Tortona, apponendovi per ciascuno una frase.
Fin dai primi tempi della Congregazione dispose che a tavola, immediatamente dopo le preghiere, si leggesse un piccolo brano dei Vangeli in tutte le case: “Prima del pranzo e della cena si leggeranno – stando tutti in piedi – alcuni versicoli del S. Vangelo, non più di dieci, non meno di tre”,[11] “affinché, mentre il corpo prende il suo cibo, la mente non rimanga completamente digiuna”.[12] Quell’in piedi, come ancora si usa per regola, serviva a “esprimere, anche ai meno attenti, quale rispetto si debba alla verità rivelata, alla Parola di Dio”, come asserisce Don Giovanni Venturelli. “Nei molti anni che ho assistito alla lettura del Vangelo in refettorio fatta dal Fondatore, debbo dire che il bacio con cui lo chiudeva era l'espressione esterna dell'adesione sua totale di mente e di cuore alla parola di Dio”.[13]
La qualità del rapporto di Don Orione con la Sacra Scrittura si manifestava soprattutto nella predicazione. I testimoni sono concordi nell’indicare come Don Orione fosse affascinato e affascinante quando commentava la Parola di Dio. Molti hanno notato che “le prediche di Don Orione erano una citazione continua della S. Scrittura e del Vangelo; ciò può rivelare la venerazione per i sacri testi e la passione con cui ne faceva studio”.[14]
“Egli si faceva un dovere di predicare la Parola di Dio – afferma Don Domenico Sparpaglione -. Negli anni della prima guerra mondiale, come nel periodo immediatamente successivo, riservava a sé la Messa domenicale nell'oratorio di San Rocco, per avere occasione di spiegare il S. Vangelo a buon numero di uomini. Per diversi anni pubblicò i suoi Vangeli domenicali. A proprie spese, settimanalmente, stampava un foglietto volante con quella spiegazione da distribuire anche nelle parrocchie della città”.[15] E Don Gaetano Piccinini aggiunge: “Ricordo, come fosse ieri, gli anni difficili del 1916-1917 a Tortona, quando, con la benedizione del Vescovo, per vari mesi redigeva e faceva stampare un fogliettino volante col testo del Vangelo domenicale e con una vivacissima spiegazione e ci mandava, noi suoi ragazzi, a distribuirlo per le vie, le piazze, le case, perché almeno il Vangelo festivo entrasse nelle famiglie”.[16]
Molti ricordano come Don Orione sapesse alternare l’oratoria solenne e precisa con l’uso della lingua parlata dal popolo umile, del dialetto, per essere più incisivo e raggiungere il cuore e la mente degli uditori.[17] In Brasile, Argentina e Uruguay si sforzava di parlare nella lingua del luogo: prima immettendovi almeno qualche parola in spagnolo o portoghese, poi sforzandosi di parlare come meglio poteva in quelle lingue. Ci sono pagine con appunti in portoghese o spagnolo, a volte segnate a lato con la pronuncia.[18]
Don Orione profittava di ogni occasione per annunciare la Parola di Dio commentandola con grande partecipazione spirituale e competente erudizione. E’ noto che nel 1934 viaggiò sulla nave “Conte Grande” con tutta la delegazione vaticana, capeggiata dal Legato pontificio, il cardinale Eugenio Pacelli, per partecipare al Congresso Eucaristico internazionale di Buenos Aires. Erano presenti molti ecclesiastici e anche rappresentanti civili. “Durante tutta la traversata – ricordò il senatore Luigi Federzoni -, Don Orione celebrava ogni giorno la santa Messa per il personale di equipaggio, facendo un gran bene a quelle anime. Alla domenica poi celebrava per tutti i passeggeri e faceva la spiegazione del Vangelo con tanta unzione e profondità di pensieri, che da tutti non si parlava d'altro”.[19]
“Purché il Vangelo sia annunziato”, non scartava nessuna opportunità. Agli inizi del Novecento, in un periodo particolarmente turbolento a causa dell'avanzante socialismo, “Don Orione venne invitato a Tortona da Giuseppe Romita a leggere qualche pagina del Vangelo alla Camera del Lavoro. Chiese l'autorizzazione del Vescovo e Mons. Bandi coraggiosamente la concesse. Il ministro Romita amava ricordare la benefica impressione che lasciò in tutti i «compagni» la parola di Don Orione, infuocata di carità”.[20]
CONOSCENZA DEL VANGELO
Che tipo di conoscenza aveva della Sacra Scrittura, Don Orione? Quale studio ne faceva?
Don Domenico Sparpaglione, fine studioso che gli fu per lunghi anni accanto, asserisce che Don Orione “conosceva assai bene la Sacra Scrittura, la sapeva anche interpretare, tanto che una volta destò l'ammirazione del Padre Cordovani O.P.; ma soprattutto faceva della Sacra Scrittura e della parola di Dio il suo vitale nutrimento spirituale. Anche nelle sue lettere ritorna sovente l'accenno alla Sacra Scrittura. Ai suoi sacerdoti raccomandava di predicare sulla base della Rivelazione”.[21]
“C'era in lui il culto della Sacra Scrittura, di cui, nutrita la sua anima, era largo per gli ascoltatori. Quante volte l'ho sorpreso con in mano il Vecchio e Nuovo Testamento! Con che effusione baciava, nella santa Messa, il santo Vangelo! Talvolta di nuovo, dopo avercelo letto in italiano, prima di iniziarne la spiegazione! Quel gesto era tutto una predica! Era devotissimo dei Santi Padri, conoscitore della Patristica, da cui soleva prendere spunto per le sue allocuzioni ai giovani”.[22]
Prendeva appunti, li conservava, se ne serviva. A don Zanocchi scrive: “Avrei proprio bisogno che mi troviate quei Vangeli da me scritti, in fogli bislunghi”.[23] Nella ricca raccolta dei suoi scritti si incontrano molte pagine con commenti dei vangeli domenicali, minute, appunti, notizie, schemi su persone, temi, e storie della Sacra Scrittura.[24]
Evidentemente, la cultura biblica di Don Orione era quella dei primi decenni del Novecento, epoca in cui, comunque, si ebbe un notevole progresso degli studi biblici e della loro divulgazione. La sua conoscenza a riguardo della formazione letteraria dei Vangeli era già aggiornata sulla base dei recenti studi scientifici. Ecco come la riassume con chiarezza. “Alla morte di Gesù non c’era nessun Vangelo scritto: la predicazione di Gesù fu opera essenzialmente viva e orale. A continuare l’opera di Gesù c’era la Chiesa, società viva istituita da Lui, rappresentata, governata allora dagli Apostoli che parlavano predicavano, ripetendo la parola di Gesù Cristo, come i bisogni dei loro uditori richiedevano. Per allargare di più il bene o renderlo più duraturo alcuni di essi fissarono la loro predicazione in iscritto, mossi dallo Spirito Santo, ed eccovi come nacquero e che cosa sono i Vangeli e le Lettere di alcuni Apostoli. Il primo Vangelo fu scritto solo un 10 anni dopo la morte di Gesù Cristo. Chi volesse però trovare in ciascun Vangelo o anche in tutti insieme l’intera vita e dottrina di Cristo, il sistema cristiano, vi cercherebbe più di quello che gli stessi scrittori dei Vangeli avessero inteso di mettervi”.[25]
Don Orione mostra una buona erudizione biblica: spesso riporta il significato etimologico dei nomi, dà notizie del contesto storico-religioso, della geografia e archeologia biblica; a volte accenna alle diverse e controverse interpretazioni di alcuni testi da parte degli studiosi. Il ricorso alla lettura allegorica e simbolica di alcune pericopi del vangelo è frequente (mai però risulta stravagante o impropria) e si spiega con la sensibilità del tempo e con lo scopo didattico-spirituale, proprio della predica e della meditazione.
Le molte citazioni di Dante, San Tommaso, Manzoni e di altre colonne portanti del pensiero cattolico rivelano non tanto lo sfoggio decorativo quanto l'organica conoscenza dell'edificio della fede cattolica. "Rendiamo alla fede questo doveroso ed elementare ossequio: invochiamola, viviamola, studiamola, e poi, se ne avete il coraggio, respingetela, magari! Ma non recate ad essa l'offesa irragionevole di negarla; peggio, d'insultarla o accusarla senza conoscerla; mentre sentiamo che essa ed essa solamente, o miei fratelli, può dare una risposta a certe domande, può lenire certi dolori, può confortare la vita di celesti speranze, poiché solo nella fede troviamo le alte ragioni della vita e dell'onesto vivere civile".[26]
LA MEDITAZIONE DI DON ORIONE
Che tipo di meditazione proponeva Don Orione? E quale tipo di meditazione è rispecchiata nei testi di questo libro?
“La meditazione bisogna farla bene, con metodo, come in noviziato. Con essa si riattiva un vero lavoro delle potenze dell'anima, si eccitano gli affetti soprannaturali”.[27] Il metodo di meditazione di Don Orione è sostanzialmente quello che risale soprattutto alle formulazioni di Sant’Ignazio di Loyola - il metodo delle tre potenze: memoria, intelligenza, volontà -, integrato dalle prospettive pedagogiche di San Francesco di Sales che insisteva sull’esercizio introduttivo della presenza di Dio[28] e sulla conclusione della meditazione che mira ad essere pratica, espressa quindi con atti di ringraziamento, di offerta e di domanda.
Lo scopo della meditazione è quello di condurre lo spirito a investigare i vari aspetti del mistero di Dio e ad applicare la volontà, il cuore e la condotta pratica all’insegnamento meditato. La meditazione introduce al dialogo vitale con Cristo e all’accoglienza della grazia dello Spirito.
La dinamica della meditazione risulta pertanto scandita nella sequenza di lettura, meditazione, preghiera, contemplazione. “La lettura ricerca la dolcezza ineffabile della vita beata, la meditazione la trova, la preghiera la chiede, la contemplazione lo gusta”, scriveva un autore antico che, commentando le parole di Gesù “Cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7,7), insegnava: “Cercate leggendo, troverete meditando, bussate pregando, entrerete contemplando”.[29]
Don Orione ha assunto questo metodo di meditazione, classico e consolidato della tradizione cristiana, rinnovato oggi con l’apporto di una più qualificata conoscenza biblica. Egli però, ci pare di riconoscere, ha aggiunto alcune sensibilità e attitudini tipiche della sua ispirazione carismatica cui solo accenniamo.
La meditazione proposta da Don Orione ha un respiro ecclesiale e popolare, molto incarnato e apostolico. E’ finalizzata ad alimentare quell’“amore a Dio e amore al prossimo: due fiamme di un solo e sacro fuoco” [30] che, solo, porta a una “pietà ignìta”: “non daremo alle anime fiamme di vita, foco e luce di Carità, se prima non ne saremo accesi noi, e molto accesi”.[31]
Anche nella meditazione, dunque, Don Orione coniuga un'alta tensione mistica, con uno stile apostolico-popolare che ha in essa una sua sorgente imprescindibile. Se, da una parte, egli cita Santa Teresa di Gesù, che “diceva che la meditazione è una pura comunione d'amicizia per mezzo della quale l'anima si trattiene da sola a sola con Dio, e non si stanca di manifestare a Dio il suo amore”,[32] dall’altra, motivava che "dobbiamo essere una profondissima vena di spiritualità mistica, che pervada tutti gli strati sociali: spiriti contemplativi e attivi, 'servi di Cristo e dei poveri'.[33] Portiamo dentro di noi, e ben dentro di noi, il divino tesoro di quella carità che è Dio e, pur dovendo andare tra la gente, serbiamo in cuore quel celeste silenzio che nessun rumore del mondo può rompere, e la cella inviolata dell'umile conoscimento di noi medesimi, dove l'anima parla con gli angeli e con Cristo Signore".[34]
Don Orione ritornava spesso sull’insostituibile valore della meditazione come alimento per la vita spirituale: “La meditazione serve per dare alimento alle anime nostre ed a quelle affidate alle nostre cure. E’ come l’olio della lampada”.[35]
E’ il contatto amoroso con la Parola di Dio che “convertirà gli affetti naturali in affetti soprannaturali e spirituali”,[36] essa amalgama le persone e le attività cui la volontà di Dio chiama nella santa fatica quotidiana. “Se saremo uomini di meditazione staremo in piedi, sopporteremo con pazienza le avversità della vita, troveremo forza e coraggio per vincere le tentazioni del nemico”.[37]
Partendo da queste convinzioni, Don Orione attribuiva alla meditazione un ruolo determinante nella formazione di una “pietà ignìta”: “Principalmente la meditazione è il gran mezzo di dare alla nostra giornata e alla vita tutta la loro spirituale fecondità”.[38] Ne raccomandava la pratica, ne insegnava il metodo, ne suggeriva i libri che l’avrebbero favorita.[39]
Egli stesso ebbe particolare cura nel commentare i vangeli ai suoi chierici e confratelli, durante la prima parte della meditazione del mattino, e soprattutto alla domenica. Similmente fece negli esercizi spirituali e nei ritiri. “La meditazione che in semplicità faceva con noi per mezz'ora – ricorda Don Gaetano Piccinini -, era un'accensione di fuoco per la sua e per le nostre anime, cui lasciava sempre un pensiero dominante così incisivo che ci accompagnava per tutto il giorno”.[40]
Era un commento vivo tutto teso a trarre incitamenti e insegnamenti di santità e di bene, secondo la sua ascetica tutta intrisa di solida sostanza biblica. Voleva una pietà “senza astruserie e sentimentalismi”, radicata nella Parola di Dio, nei Sacramenti, nella vita della Chiesa, nella carità.[41] “Basta un punto fatto bene con gli affetti e preghiere”.[42]
Alcune di queste meditazioni proposte da Don Orione a religiosi, suore, laici e popolo di Dio sono raccolte nel presente volume. Esse sono nate in diversi contesti e appartengono a vari generi letterari: meditazioni del mattino e di esercizi spirituali, prediche al popolo durante celebrazioni liturgiche, commenti al Vangelo appositamente scritti e pubblicati.
Solitamente, nei testi che abbiamo tra le mani, c’è una prima parte nella quale Don Orione abbozza cenni di esegesi e di ri-presentazione del testo, facilitandone la comprensione con brevi spiegazioni delle parole, del contesto del brano evangelico. Ciò corrisponde alla “lectio” della classica struttura della meditazione cristiana. Poi, offre i suoi personali approfondimenti, nei quali prevale la riflessione che, non poche volte, si trasforma in una vera e propria catechesi (meditatio).
In molte meditazioni, in modo del tutto spontaneo, Don Orione sfocia in vibranti preghiere elevate direttamente al Signore (oratio),[43] come anche si eleva a passaggi ricchi di calore e partecipazione, di stupore e assimilazione dei contenuti, tipici della contemplatio, a volte espressi con accenti lirici e poetici.[44]
“Restare in se stessi: ecco il vero pericolo”[45] della meditazione e della preghiera cristiana. Conclusione e frutto di ogni meditazione è l’impegno di conversione di vita, il proposito spirituale (l’actio preceduta da discretio e deliberatio), che nei testi offerti alla nostra lettura risulta sempre evidenziato sia per l’approccio didattico-morale alla Parola di Dio tipico del tempo e sia per il contesto pedagogico in cui sono nate queste meditazioni. Il suggerimento dell’impegno è espresso sia nella forma indicativa che in quella esortativa, sempre sintonizzato sui due cardini spirituali della tipica conformazione a Cristo proposta da Don Orione: la piena adesione di mente, di cuore e di opere alla vita della Chiesa-Papa e la carità verso Dio e verso il prossimo.
[1] Mutuae Relationes, 11.
[2] Nel Verbale della riunione del 3 luglio 1934, si legge: “Nel pomeriggio. Ci siamo riuniti nella sala del refettorio dei Chierici e Don Orione entra con un pacco di Vangeli e li distribuisce ai Sacerdoti, dicendo: ”Questa è la nostra regola, le altre sono le costituzioni”; Riunioni, 145.
[3] Le lettere II, 278. Cfr. Parola XII, 39.
[4] Cfr. “Ci sono i religiosi benedettini che hanno un loro scopo; ci sono i francescani che hanno un loro scopo; ci sono i domenicani che hanno un loro scopo; ci sono i Gesuiti che hanno un loro scopo tutto particolare… E anche noi abbiamo uno scopo tutto nostro!”; Parola VIII, 3; e anche IX, 58; X, 189-190.
[5] Si tratta della lettera dell'11 febbraio 1903 con cui Don Orione, in un momento quanto mai riflesso e meditato, presenta al vescovo diocesano, Mons. Igino Bandi, i “sommi principi” della fondazione di cui chiede l’approvazione canonica; Le lettere I, pp.11-22.
[6] Ibidem.
[7] Esercizi spirituali alle Piccole Suore Missionarie della Carità, 1919, p.6.
[8] Il senatore Stefano Cavazzoni, parlando il 19 dicembre 1937 all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, fece rilevare che “La Piccola Opera della Divina Provvidenza ha come Codice il Vangelo; il Vangelo che è amato da essa a tal punto che, nelle Regole di questa Istituzione, vi è l’obbligo dello studio dei quattro Vangeli, l’obbligo della meditazione e dello studio a memoria, per farlo sapere ai suoi membri, per poterlo tradurre nella pratica e, oserei dire, per trascinare così Gesù in mezzo alla società, per rifarla cristiana, per andare incontro a mille miserie, a mille dolori che vi furono, vi sono e che, malgrado tutto, sempre ci saranno!”; Parola VII, 150.
[9] Ex processu, 135.
[10] Ex processu, 960-961. Al Vangelo voleva fosse relativizzato ogni altro studio: “Non però fermarci all'istruzione, né alla letteratura, né alle arti, né alla filosofia, né allo studio di scienza sacra o profana, ma dobbiamo dalle scienze salire al Dio e Signore delle scienze: dobbiamo pervenire al Vangelo. La dottrina di Gesù Cristo vale più che tutte le dottrine e l'orazione è di tutte le filosofie la più sublime e di tutte le scienze la più istruttiva, è la scienza delle scienze, e la sola che fa l'uomo contento e beato”; Scritti 8, 195.
[11] Scritti 86, 54.
[12] Scritti 17, 66.
[13] Testimonianza di Don Giovanni Venturelli, Ex processu, 961.
[14] Testimonianza di Don Luigi Bianchi, Ex processu, 100.
[15] Ex processu, 145 e 371.
[16] Ex processu, 522.
[17] Parlando ai confratelli, il 20.9.1926, confidò: “Aspetto che mi diano la Chiesa del Crocifisso per aprirvi un corso di prediche in dialetto per soli uomini. Avremo degli uomini di Tortona che mai si sono confessati che andrebbero a confessarsi. A Casalnoceto, in tempi in cui c’era il parroco a capo di un partito e tutto il paese era sottosopra, essendo andate a male le Missioni, mi venne un’idea di parlare in dialetto. A Castelnuovo con Don Semino si predicava in dialetto e avevamo la Chiesa di Castelnuovo piena. Se alla fine del Giubileo mi invitano, io predicherò in dialetto in Duomo”; Parola III, 107.
[18] Cfr. il commento del 18.9.21, a Mar de Hespanha (Brasile), sul brano della “guarigione del paralitico”, ove il testo in portoghese appare con segni di pronuncia e traduzione; Scritti 114, 53-61. Similmente anche per il discorso alla Radio Ultra di Buenos Aires; Scritti 74, 138-141.
[19] Ex processu, 616. Mons. Felice Cribellati precisa che “catechizzò un giovane di ventidue anni; due giorni prima di sbarcare a Napoli, gli dava il S. Battesimo e la Prima Comunione, padrino il Sen. Federzoni, con una solenne funzione alla quale assistevano i passeggeri delle diverse classi. Parlò allora della Divina Provvidenza, commentando il Vangelo di quella domenica e fu tale l'efficacia del suo dire che i due giorni passati ancora a bordo furono due giorni di continue confessioni”; Ex processu, 44.
[20] Testimonianza di Don Giuseppe Zambarbieri, Ex processu, 733.
[21] Ex processu, 408.
[22] Testimonianza di Don Gaetano Piccinini, Ex processu, 532-533.
[23] Lettera del 22.3.20; Scritti 1, 29.
[24] I testi dei vangeli domenicali commentati si trovano in Scritti 82, 1-44; mentre minute e appunti di questi commenti, poi pubblicati, sono raccolti nelle prime 150 pagine del volume 111 degli Scritti e, sparsi, anche nelle pagine successive. Altri commenti sono disseminati in diversi volumi, come ad esempio in 113, 294ss e in 114, 261-265.
[25] Scritti 111, 124.
[26] Doveva essergli particolarmente cara questa affermazione se la troviamo, oltre che nel foglio a stampa “Il Vangelo”, in Scritti 82, 2, anche in 55, 300, 11, 8 e 144.
[27] Discorso a Campocroce del 22.7.1924, Parola III, 33.
[28] Il tema dello “stare alla presenza di Dio” è molto insistito in Don Orione. Raccomandava: “A ben meditare, è necessaria la presenza della nostra anima e la presenza di Dio; e saper stabilire il silenzio in noi, il silenzio vero, esteriore e interiore”; Lettere II, 452.
[29] Guigo II, il Certosino, Scala Claustralium, PL 184, 475-484. Spiegava ancora: “La lettura porta il cibo solido alla bocca, la meditazione lo mastica e lo spezza; la preghiera ne cerca il sapore, la contemplazione è la stessa dolcezza che dà gioia e ricrea”.
28 Lettere II, 237. “Dalla carità viene la devozione, la pietà”; Parola IV, 211.
[31] Scritti 20, 77. “Quando la pietà è solida, è ignìta, è tale che conserva il cuore caldo e unito con Dio, anche negli affari e nelle varie occupazioni del nostro officio”; Scritti 26, 145. Cfr. Flavio Peloso, Una spiritualità dalle maniche rimboccate. Unificazione interiore di azione e contemplazione nel beato Luigi Orione, Messaggi di Don Orione n.77, Roma, 1991.
[32] Da un discorso di Don Orione a Campocroce, 22.7.1924, Parola III, 33s.
[33] Nei primi abbozzi di regola, scrisse che la nuova congregazione “vivrà della doppia vita contemplativa e operativa, ritenendo quella come il substrato necessario per l’efficace completamento dell’altra”; Scritti 52, 2.
[34] Scritti 57, 104d. “Segno di avere lo spirito d’orazione è avere il petto e il cuore affocato e infiammato d’amore di Dio e del prossimo. Avere i pensieri sempre e generalmente rivolti e tendenti alle cose buone e celesti, e zelare la gloria di Dio”; Lettere II, 521.
[35] Riunioni 14; “La meditazione metterà a posto molte cose. Alla meditazione si legge e poi si cerca di pascere l’anima” (Riunioni 3); “Chi lascia la meditazione ha finito di vivere bene, di vivere da buon religioso e perderà la vocazione” (Parola VI, 232).
[36] Scritti 26, 145.
[37] Parola III, 33.
[38] E proseguiva: “La prima ora tutta a Dio! Allora Iddio parla, Iddio ara le anime, Iddio lavora in noi, plasma il nostro spirito: Iddio vivifica, Iddio rischiara, e lo splendore di Dio sta sopra di noi; nella meditazione sentiamo di respirare in Dio, nella meditazione sentiamo il tocco di Dio. E' quando nasce in noi un gran desiderio; la volontà di riformarci; e tutto il nostro interiore si riempie di sommessione e di amore a Dio, e tutto il nostro esterno di modestia, di dolcezza, di pace”; Lettere I, 451-452.
[39] Il tema della meditazione ritorna in molti scritti di Don Orione; rimandiamo almeno alla lettera dell’8 dicembre 1922, in Lettere I, 445-459. Quanto agli autori di libri di meditazione, Don Orione raccomandava: “In generale servirsi delle opere di S. Alfonso più che si può” e i libri usati erano La pratica di amare Gesù Cristo, Apparecchio alla morte, Il gran mezzo della preghiera, Le glorie di Maria di Sant’Alfonso de’ Liguori. Poi indicava anche La manna dell’anima di Segneri, Il sabato santificato di Cabrini, Passione di N. S. Gesù Cristo di Da Bergamo, Il Prete santificato di Chaignon, gli Esercizi di Sant’Ignazio, Il cibo dell’anima religiosa di Piucelli. Parlando del tema della meditazione ad una riunione con i confratelli, troviamo nel Verbale: “Fa rilevare che il Kempis è piuttosto un libro di lettura spirituale. Si chiede se alla domenica possa servire per meditazione la spiegazione del Vangelo. Il Direttore risponde che si può fare la meditazione sul Vangelo, ma deve essere una vera meditazione, da non confondersi con la spiegazione del Vangelo al popolo o agli alunni dei Collegi”; Riunioni 211. Altra volta lamentò: “abbiamo un testo di meditazione che è più una serie di istruzioni che di meditazioni”; Parola 11, 265.
[40] Ex processu 230.
[41] “La forza per fare del bene ci viene dalla meditazione e dai sacramenti. È di assoluta necessità fare la meditazione. Una Casa trascurata nella meditazione, lascia lo spirito religioso”; Riunioni 130.
[42] Riunioni 73. “Leggevamo un punto solo. Molte volte lasciavamo un foglietto all’albo, che metteva in evidenza l’idea principale della meditazione fatta al mattino. Qualche volta mi fermavo a scrivere un periodo che riassumesse tutta la meditazione”; Riunioni 188; «La giornata sarà - ci diceva - come è stata fatta la meditazione; se questa è stata fatta bene, bene trascorrerà pure la giornata»; Ex processu 576.
[43] Si vedano, per esempio, i brani: Quanto sei grande, o Gesù (p.), Gesù che vedesti (p.), Preservatemi, Signore (p.), O carità (p.).
[44] Si vedano, per esempio, i brani: O dolce madre della mia fede (p.), Fratelli, alzate lo sguardo (p.), Cristo ritorna! (p.), Regna, Madre dei popoli (p.).
[45] Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcuni aspetti della meditazione cristiana, Acta Apostolicae Sedis 82 (1990), pp.362-379, n.19. Nella meditazione è “implicato un atteggiamento di conversione, un esodo dall'io verso il tu di Dio. La preghiera cristiana, quindi, è sempre allo stesso tempo autenticamente personale e comunitaria. Rifugge da tecniche impersonali o incentrate sull'io, capaci di produrre automatismi nei quali l'orante resta prigioniero di uno spiritualismo intimista, incapace di un'apertura libera al Dio trascendente” (n.3), alla Chiesa e al prossimo: “La preghiera autentica infatti, come sostengono i grandi maestri spirituali, desta negli oranti un'ardente carità che li spinge a collaborare alla missione della Chiesa e al servizio dei fratelli per la maggior gloria di Dio” (n.28).