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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Card. Joseph Ratzinger al Centro Don Orione di Monte Mario (12.3.1987)

Dal 1° marzo 1987, avevo preso servizio alla Congregazione per la Dottrina della Fede presieduta dal Card. Joseph Ratzinger. Il Cardinale venne a celebrare la festa di Don Orione, il 12 marzo seguente, al nostro Centro per orfani e disabili di Via della Camilluccia, a Roma. Ratzinger scelse quel luogo anche per presentare l’Istruzione dottrinale “Donum vitae” su temi controversi riguardanti l’etica e il rispetto della vita, pubblicata due giorni prima.
Ricordo bene quella Messa, un po’ alla buona, con 40 concelebranti e il presbiterio accerchiato da carrozzelle di disabili e da giornalisti accorsi per l’occasione. Ecco, questa è l’opera di Don Orione, dissi tra me: dare sostanza di carità, credibilità e amabilità alla verità annunciata dal Papa e dai Pastori della Chiesa.


Cari fratelli.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita". Con queste parole S. Giovanni interpreta l'essenza del cristia­nesimo. L'essere cristiano è un passaggio dalla morte alla vita. Il cristianesimo è quindi un movimento, un cammino; non è una teoria, una somma di dottrine; il cristianesimo è vita, è uno slancio vitale, che ci porta verso la vera vita e così apre anche i nostri occhi per la verità che non è pensiero puro, ma è forza creatrice, fondamentalmente identica con la carità.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita". Il cristianesimo è quindi l'inversione della direzione normale della nostra esistenza. La vita umana è secondo la sua tendenza naturale un cammino verso la morte. Il processo della vita è in sé stesso un progresso alla morte, verso il dis­solvimento di questa sintesi meravigliosa, che è la vita. Probabilmente San Giovanni con la sua definizione dell'esistenza cristiana non solo intende accennare all'inversione della tendenza normale di ogni vivere nel nuovo processo battesimale, ma accenna anche all'origine della storia umana. Il primo uomo secondo l'idea di Dio comincia il suo essere nel paradiso, cioè nella vicinanza con Dio, nell'amicizia fraterna con tutte le creature, nella corrispondenza perfetta con la donna e così in una sicurezza senza ombra di paura e in una ricchezza che non dipende dall'avere, da un grande possesso materiale, ma dall'armonia profonda di tutte le creature tra di loro e con il loro creatore. Questa vita illimitata finisce e si cambia in un processo ver so la morte nel momento nel quale l'uomo tenta di emanci­parsi dall'amore divino, farsi indipendente da Dio tramite la propria conoscenza dei misteri dell'essere. Potremmo di re in una parola: il primo peccato fu il passaggio dall'a­more alla cupidigia e cosi l'uomo passa dalla vita alla non-vita, da una vita vera a una vita che è un processo al la morte. Scompare cosi la sicurezza prestata dalla vicinanza con Dio, dalla fraternità delle creature; scompare cosi la ricchezza donata nell'armonia del creato; scompare la gioia dell'amore il quale dimenticando sé stesso riceve in dono tutta la bellezza del mondo. Scompare quindi il paradiso e appare un mondo pieno di pericoli e di minacce.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita". Adesso possiamo rispondere alla domanda provocata da queste parole: Che cosa è la vita? Quando uno può dire "ho trovato la vita"? Dove la troviamo? Ascoltiamo ora., la parola completa dell'Apostolo e avremo in mano la risposta. "Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli". L'amore è la vita. L'amore è sintesi, la morte è dissolvimento. Chi ha trovato l'amore può dire: ho trovato la vita. L'inversione del processo della morte in un passaggio alla vita si realizza nella conversione dalla cupidigia all'amore. Cristianesimo è conversione all'amore divino e cosi all'amore fraterno e quindi passaggio dalla morte alla vita.

Il cristianesimo è opzione per la vita contro il dominio della morte. Tutti i comandamenti di Dio sono nient'altro che esplicazioni di questa opzione fondamentale. La legge mosaica viene alla fine del lungo cammino nel deserto, alle porte della terra promessa, riassunta nelle parole: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male... Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione: scegli dunque la vita... amando il Signore tuo Dio..., poiché è lui la tua vita" (Dt 30, 15. 19 s s). Il criterio del giudizio è quindi, come vediamo oggi nel vangelo, l'amore che attribuisce all'al­tro la vita e si oppone così al dominio della morte. La decisione del giudice, secondo la quale gli uni se ne andranno al supplizio eterno e gli altri alla vita eterna, non è una condanna positivista o un premio esteriore; questa decisione rivela solo ciò che è la realtà profonda di una vita umana: gli uni sono servitori della morte, chiusi in se stessi; nella ricerca esclusiva della propria indipendenza e del proprio arbitrio sono opposti alla dipendenza reciproca, che nella relazione dell'amore diventa la meravigliosa sintesi della vita e della libertà. Gli altri invece perdendo sé stessi danno vita nel gesto dell'amore e cosi tutto il movimento del loro essere è un andare verso la vita.

"In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me". Queste parole del giudice del mondo, del Figlio di Dio, hanno oggi guadagnato una attualità ancora imprevedibile poco tempo fa. I più piccoli senza potere, i fratelli del Signore più vicini sono oggi i bambini non ancora nati e domani forse saranno anche gli anziani e gli ammalati che non partecipano più nel processo della produzione. A un ricercatore australiano tempo fa veniva chiesto da un deputato se non gli fosse possibile eseguire i suoi esperimenti invece che con feti umani con i feti delle scimmie, più vicine agli esseri umani. La risposta dello scienziato fu che queste specie sarebbero troppo preziose per essere usate in tali esperimenti, mentre - diceva - della specie umana abbiamo un numero più che sufficiente di feti. La scienza, nata per difendere la vita, diventa cosi uno strumento della morte come la scienza autonoma di Adamo che ha distrutto il paradiso. Nell'elaborazione del nostro documento sulla vita ho, con mia grande sorpresa, sempre più capito che questo testo non è altro che un'applicazione concreta dei nostri principi relativi a libertà e liberazione, del principio dell'amore preferenziale per i poveri. Dove non regge più il rispetto incondizionato per i deboli senza difesa, senza potere, siamo nel regime della violenza, il diritto viene sostituito dalla violenza. E dove regge la violenza, siamo nel dominio della morte.

"Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli". Possiamo anche invertire queste parole: Solo amando i fratelli passiamo dalla morte alla vita.

E solo questo passaggio è la redenzione del mondo. I santi ci aiutano a vivere queste parole, ad amare non "a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità". La vita dei santi è l'interpretazione autentica della Scrittura. Oggi il dibattito dei teologi è divenuto pubblico, nei mass-media parlano persone competenti e incompetenti sui problemi della vita cristiana e in questo turbamento terribile i fedeli si chiedono: ma come trovare ancora un orientamento sicuro? Ecco: la vita dei santi è il grande faro che ci mostra dove andare nel buio delle discussioni.

La Colletta nella festa del Beato sacerdote Luigi Orione riassume l'essenza della sua vita con le parole: "quest'uomo ha fatto sperimentare ai fratelli la tenerezza della Provvidenza di Dio". Che modo diverso di "sperimentare", in confronto degli esperimenti mortali dello scienziato austra­liano, del quale abbiamo or ora parlato! Alla luce di questa grande figura si capisce anche che opzione per la vita cioè opzione per i dimenticati, gli orfani, gli handicappati, gli anziani e decisione per l'amore di Dio sono inseparabili. Dove si spegne l'amore di Dio, l'amore umano diventa egoisti, co e l'egoismo è sempre una opzione contro la vita. E perciò il vero amore fraterno non può mai limitarsi alla protezione della vita biologica o alla liberazione strutturale, sociale, ma attribuisce all'altro anche il dono più sostanziale e più fondamentale della vita umana: l'amore e la conoscenza di Dio.

Preghiamo che il Signore ci aiuti "per far sperimentare ai fratelli la tenerezza della Sua Provvidenza". Amen.

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