Saenz Peña, Barranqueras, Itatì, Ñeembucú: la visita dal 7 al 21 ottobre 2011, sui passi di Don Orione che qui passò 75 anni prima.
SUI PASSI DI DON ORIONE
NEL CHACO ARGENTINO E IN PARAGUAY
QUI, A SAENZ PEÑA, DOVE DON ORIONE VENNE 75 ANNI FA
7-18 ottobre 2011. Sono nel Chaco, a Saenz Peña, uno dei luoghi che fecero vibrare di più alta intensità apostolica la corda missionaria del cuore di Don Orione.
Le mie giornate sono state dedicate a celebrazioni e visite al Piccolo Cottolengo e Hogar de Niños abbandonati delle Suore orionine e poi alla Parrocchia “Nuestra Señora de Itatì” e alle 12 cappelle-comunità del “campo”, alcune a 40 chilometri dalla chiesa principale (vedi foto). Sono piccole comunità rurali, distanti anche 10-15 km una dall'altra - che custodiscono il tabernacolo e la fede in questa immensa pianura del Chaco coltivata a cotone, frumento, soia, mais e girasole. Il giro è stato lungo, ma ovunque la gente aspettava la visita e una benedizione.
Come ricordo e meditazione, riporto alcune parole di Don Orione sulla sua visita nel Chaco.
Già il 17 gennaio 1937, Don Orione aveva completato le pratiche per l’assunzione definitiva del santuario di Nostra Signora di Itatì (Corrientes). Suo grande desiderio era di andare personalmente nel Chaco e lì aprire il cammino della Congregazione.
Il 17 marzo scrive al Visitatore, l’abate Emanuele Caronti, una lettera in cui svela tutto il suo animo e i suoi progetti missionari.
«Don Sterpi Le avrà parlato che si è messo un piede nel centro del Chaco, date le insistenze dei due Vescovi e della Nunziatura, per la necessità di quelle anime. Ho accettato con riserva, e quando tutti avevano rifiutato: anche l’Ispettore dei Salesiani mi disse che egli aveva rifiutato. Ho pregato un po’, forse troppo poco... Credo che gli altri non abbiano accettato e per il caldo insopportabile e per la grande povertà: ma noi vogliamo essere poveri e pei poveri. Ho pensato che, se V.E. fosse stata qui, mi avrebbe data la benedizione, ed ho pensato a tutte quelle anime e a Gesù Cristo, e che mia madre mi diceva che, in mancanza di cavalli, trottano gli asini, e noi siamo proprio gli asinelli della Provvidenza o, almeno, desideriamo esserlo.
Se sapessi di star qui, Le chiederei di andare io al Chaco per morirci, cioè, per consumarmi, e vivere da vero missionario. Saenz Peña è città di circa 20 mila abitanti, con altri 10 mila sparsi nel contado a distanze enormi: ci vogliono ore e ore di auto. Vi sono i protestanti di varie sètte che lavorano ed hanno sale evangeliche, chiese, biblioteche, ecc., vi è la sinagoga, perché colà molti sono gli ebrei; da chiesa cattolica funziona una stanza, e l’altare consiste in tre tavole inchiodate su due cavalletti , poi vi è una stanzetta per dormire.
La più parte dei ragazzi sono figli naturali, la più parte delle famiglie non sono fondate sulla Chiesa; moltissimi sono da battezzare: quando si arriva a sposare le figlie, si cerca di sposare anche le madri. La corruzione dei costumi, dato poi anche il clima, è spaventosa. Ho mandato là un sacerdote lombardo, di 50 anni, che fu sempre un angelo, cresciuto fin da ragazzo dalla Divina Provvidenza. La gente vive male e muore senza nessuna assistenza religiosa: si poteva lasciar morire la gente come cani? Ho accettato “sub conditione”, perché mi sentivo l’anima lacerata, e ricordavo le parole del Santo Padre: “Non fermatevi nelle città, ma andate nell’interno, dove pochi o nessuno va, perché non c’è guadagno”.
Qui il Chaco è ritenuto peggio che la Patagonia, c’è tutto tutto tutto da fare, c’è tutto da soffrire, c’è tutto da sacrificarsi per il Signore, per le anime, per la S. Chiesa.
Ci sono i protestanti, gli ebrei, i mercanti che arricchiscono di beni terreni e che per il cotone e la ricchezza stanno là, e non ci sarà il sacerdote per le anime? per i poveri?
Perché i ricchi sono tutti ebrei, protestanti, speculatori dell’ “oro bianco” (il cotone), i cattolici sono tutti poveri.
Ho accettato in Domino, e in Domino, con la stessa gioia, con la stessa prontezza e slancio, e con slancio e gioia, direi, ancor più grandi, sono pronto a ritirarmi, e in bel modo; - basterà un Suo cenno - e il Signore susciterà altri, che farà sempre più e meglio di noi, poveri stracci della Divina Provvidenza.
Ero giunto qui a scrivere, che venni chiamato al telefono da Sua Eccellenza il Nunzio: mi dava la notizia d’aver parlato, un po’ fa, a certe Suore - mi pare dicesse della Capitanio -, alle quali, avendo esposto la grande povertà e il bisogno che hanno i nostri Missionari del Chaco di avere un po’ di biancheria, camicie e lenzuola etc., - perché ora sono privi di tutto - quelle buone Religiose ci faranno un po’ di biancheria. Deo Gratias!
Pensi che là c’è il sacrestano senza sacrestia, chi fa da cuciniere senza cucina è un buon polacco; mandano a prendere due volte al giorno un po’ di “comida” con la “vivanda”.
Ed ora finirò, e mi scusi la lungaggine, Eccellenza, mi permetta di pregarLa di lasciarmi qui più che può; e, se Dio La ispirasse di lasciarmi qui sempre, perché così fosse il bene mio e della Piccola Opera, mi lasci qui sempre, o mi interni e mi getti dove meglio crederà in Domino, che sarò sempre felicissimo in Domino.
Ho un desiderio: di amare il Signore e di amare la Santa Chiesa, le anime, i poveri, i fanciulli poveri, gli abbandonati, la classe povera, gli operai, i comunisti. Vorrei morire per questi miei fratelli, e vorrei essere dimenticato da tutti, vivere e morire dimenticato da tutti, sotto i piedi di tutti, e solo amare Gesù, la Santa Chiesa e tutti, e perdermi nel Signore: - io, indegnissimo, che ho tanto peccato, che sono stato tanto cattivo col Signore e con la Madonna, e non ho tesoreggiato i doni del Signore”.
Dopo vari rinvii del viaggio in Chaco, Don Orione finalmente poté partire in battello, sulle grandi acque del Paranà, da dove scrisse: «Vado a Saenz Peña, nel Chaco, e poi al santuario di Itatì che è di fronte al Paraguay, dove si parla il guaranì... C’è nel mio animo un grande amore e un grande dolore insieme, non lo posso nascondere, ma tutto è pel Signore, per le anime e per la nostra fede».
Barranqueras, il porto sul fiume Paranà, dove arrivò Don Orione nel 1936, ieri e oggi.
Il 25 giugno 1937 sbarcò a Barranqueras, che era il porto fluviale di Resistencia, e con un’auto raggiunse la capitale del Chaco. A Resistencia, andò a salutare il Vescovo e subito proseguì verso Saenz Peña, seconda città del Chaco, a 230 chilometri più nell’interno. Lì già c’era dal febbraio del 1937, una parrocchia tenuta da Don Contardi. Fu un incontro commoventissimo per tutti e due.
Nell’estrema povertà, Don Contardi aveva fatto miracoli: rifatto e ingrandito la cappella, altare nuovo, panche nuove; la sua sede è di tre stanze: vive in povertà totale: lui personalmente ha inaugurato le lenzuola il 13 giugno festa di Sant’Antonio... Saenz Peña ha una popolazione di più che 30.000 anime, e poi grossi nuclei di gente lontanissima e abbandonata, colonie di indios: una a più di 100 Km., detta la «Pampa del diavolo».
Venire a conoscere questa situazione smuove tutto il sentimento missionario di Don Orione. Ad un certo punto, Don Orione interompe il racconto di Don Contardi e gli dice:
- Ma tu? - lasciando sospeso quel semplice «tu», carico di cento interrogativi. E Contardi: - Io, Padre, sono... perfettamente felice.
La mattina dopo, 26 giugno, verso le 11, Don Orione lasciò Saenz Peña e prese il treno per Resistencia.
SUI PASSI DI DON ORIONE A ITATÌ
18-20 ottobre 2011. Sono a Itatì, al grande santuario-basilica della Madonna di Itatì. Più grande festa non potevo trovare. Sono arrivato da Saenz Peña, che dista da Itatì 270 km, alle 18.30, ieri domenica 9 ottobre. Alle 19, ho presieduto la celebrazione della Messa in azione di grazie per i 75 anni di presenza della Congregazione a Itatì.
Il santuario è grande, solenne e armonico nell’architettura. E l’ho trovato pieno, con 300 chierichetti per il loro raduno diocesano, e tanta tanta gente. Nella navata, mi dicono i Confratelli, ci stanno circa 10.000 persone.
Si tratta di un’opera ardita realizzata dal nostro confratello Don Benedetto Anzolin. Don Orione desiderava che fosse un tempio degno della Madonna e segno di romanità. Il progetto del Santuario è stato disegnato dall’ingegnere Felipe Bergamini. Ha una superficie coperta di 2.800 m2, 80 m di lunghezza e 73 di larghezza. La cupola è alta 80 metri con un diametro di 28 m. Sulla cupola c’è la statua della Madonna alta di 7,5 m, in rame, opera di Ulises Tosi.
A Itatì, ci sono 7 nostri Confratelli molto impegnati e contenti nella pastorale del Santuario, nella Parrocchia che conta anche comunità e cappelle rurali, nelle attività caritative. “Accanto a un’opera di culto sorga un’opera di carità” e a Itatì ci sono varie opere: Scuola primaria e secondaria, Scuola speciale e soprattutto il Piccolo Cottolengo, proprio a fianco del Santuario.
Oggi, 10 ottobre, c’è stata ancor più grande animazione, perché al Santuario si è celebrato l’atto solenne di conclusione del 50° della costituzione dell’arcivescovado di Corrientes. Per l’occasione si sono riuniti tutti gli operatori pastorali della Diocesi in quello che viene chiamato “Encuentro del pueblo de Dios”.
La Messa è stata presieduta dall’arcivescovo Mons. Andrés Stanovnik e dall’arcivescovo emerito Mons. Domingos Castagna. Naturalmente il santuario era pienissimo per la celebrazione solenne e festosa.
Anch’io ho detto qualche parola, nel momento del ringraziamento finale, ricordando quanto Don Orione fu felice di venire a Itatì perché il Vescovo di Corrientes gli aveva affidato la Madonna e i Poveri, suoi grandi amori e anche grandi risorse missionarie, perché nessuno più della Madonna e dei poveri beneficiati magnificano i Signore.
Vivo questa mia visita al Chaco, avendo alla memoria la visita – l’unica sua vista - in queste terre del nostro Don Orione avvenuta nei giorni 25-29 giugno 1937. Ne riporto una breve descrizione.
La visita di Don Orione nel Chaco, Saenz Peña
La mattina del 26 giugno 1937, verso le 11, Don Orione dopo la rapida visita a Saenz Peña, partì in treno per Resistencia, capitale del Chaco: «Vi giunsi verso le 17. Alla stazione stava ad aspettarmi il Vescovo, Monsignor Nicola Di Carlo, figlio di italiani… Fui condotto alla casa del Vescovo, non oso dire “episcopioLa sera stessa arriva a Resistencia un inviato del Vescovo di Corrientes, Monsignor Francisco Vicentin, incaricato di prelevare e accompagnare Don Orione a Corrientes.
A Corrientes trova l’accoglienza affettuosa di monsignor Vicentin, argentino figlio di friulani, giovane di quarant’anni, che Don Orione definisce «molto equilibrato, colto e zelante». Il Vescovo dà una cena d’onore per lui, invitando vari «notabili» della cittadina.
Alle 5 della mattina, del 27, Don Orione riparte e Monsignor Vicentin è già alla porta per salutarlo. Congedo affettuoso, la macchina fila via rapida, il Vescovo saluta il vecchio Fondatore che non rivedrà più.
Saenz Peña è oggi città di 120.000 abitanti, piuttosto isolata nell'immenso Chaco argentino, e compie 100 anni, dei quali 75 con la presenza, determinante per la fede e per l'educazione, della Congregazione orionina. Qui, c’è la scuola con più allievi della Congregazione: sono 2.493, di scuola primaria, secondaria e terziaria, corrispondente al livello universitario che prepara diploma i professori. Ho visitato i nuovi laboratori di biologia, di fisica e di informatica.
Proprio durante la mia visita sono state programmate tre Jornadas socio-historicas. Per tre giorni, si sono avvicendati nella cattedra professori e ricercatori che hanno offerto i loro contributi per ricostruire eventi, valori, progetti che provengono dall'esperienza iniziata da Don Orione personalmente e proseguita da Don Contardi, Don Parodi e dagli altri Orionini succedutisi dal 1937 ad oggi nella comunità e nelle opere di Saenz Peña. Nella mattinata conclusiva, anch'io ho dato il mio contributo sulla esperienza di Don Orione che ha generato e continua esperienze di evangelizzazione e di civilizzazione mediante il suo carisma.
Nel pomeriggio, dopo l'incontro con i Confratelli della comunità, c'è stato ancora una lezione ai docenti sulla "Carità educativa di Don Orione". Il salone si è riempito nuovamente, come alla mattina, con i soli docenti della scuola che sono in totale 273 (con 25 amministrativi). La giornata è stata completata con la celebrazione della Messa nella bella chiesa parrocchiale della Virgen de Itatì, edificata dal caro P. Luìs Carbonelli, presente e contento a tutti gli eventi della giornata".
Da Corrientes a Itatì sono circa 80 km. «È stata una corsa velocissima - scrive Don Orione - , tutta a sobbalzi, per le strade a fosse e a montucchi, sì che, per non andare sconquassato col mio mal di reni, ho dovuto, per tutto quel tempo, tener ritte, ben piantate e irrigidite le braccia sul sedile, onde salvarmi, in una manovra continua di alti e bassi: mi pareva di andare sulle montagne russe. Finalmente comparve il santuario di Itatì, e fu un gran respiro! La stanchezza e il mal di reni se n’andarono. Tutto scomparve. Quando entrai, la chiesa era piena di popolo devoto; mi sono inginocchiato in fondo, nel cantuccio del pubblicano, e ho sentito tutta la felicità di trovarmi in casa della Madonna...».
A Itatì, c’erano dal 25 gennaio 1936 don Vincenzo Errani, don Giovanni Lorenzetti e il chierico Tommaso Alonzo.
Don Orione trascorse a Itatì due notti, del 27 e 28 giugno. Il 29 mattino ripartì. I Confratelli lo accompagnarono al battello che andava verso Corrientes percorrendo il fiume Paranà, largo due km, maestoso.
Il 29 e 30 giugno trascorsero in navigazione verso Rosario e Don Orione celebrò i giorni dei Santi Apostoli Pietro e Paolo scrivendo la mirabile lettera-meditazione: “Penso, ecco, io dal fiume Paranà, i fratelli e figli che ho lasciati, ieri notte, agli estremi confini dell’Argentina, di fronte al Paraguay: gli altri che sono nel Chaco: quelli che rivedrò stasera a Rosario, i nostri che sono alla Pampa, a Quenca a Mar del Plata e in altri punti di questa Repubblica: gli altri dell’Uruguay, del Brasile; chi è in Albania, chi a Rodi, in Inghilterra, in Polonia, e voi, che siete in Italia, - tutti, oggi, insieme con me, lontani ma non divisi, dispersi, eppur tutti uniti nella comune Fede e nello stesso; amore di figli amatissimi, oggi ci consoliamo insieme, preghiamo insieme pel Papa, celebriamo Gesù Cristo e Pietro, nel Papa nostro Pio XI. Oh le gioie grandi della fede!”.
BARRANQUERAS, UNA CITTÀ CHE VIBRA CON DON ORIONE
Barranqueras mi ha accolto nei tre giorni di visita con un clima mite e con gente calorosa. Mi hanno detto che, dopo Don Orione, sono il primo Superiore generale che giunge a Barranqueras. La sorpresa, l’entusiasmo e le giornate piene di incontri di ogni tipo ne sono stati i segni eloquenti.
La presenza degli Orionini a Barranqueras iniziò nel 1943, in risposta ai tanti appelli del Vescovo e al desiderio del cuore apostolico di Don Orione, ferito dalla mancanza di sacerdoti: “Qui il Chaco è ritenuto peggio che la Patagonia, c’è tutto tutto tutto da fare, c’è tutto da soffrire, c’è tutto da sacrificarsi per il Signore, per le Anime, per la S. Chiesa”.
La gente di Barranqueras ricorda che qui Don Orione sostò, quando viaggiò in nave risalendo il grande fiume Paranà per raggiungere il Chaco. Il 25 giugno 1937 sbarcò proprio a Barranqueras, il porto di Resistencia, e con un’auto raggiunse la vicina capitale per andare subito a salutare il vescovo Mons. Di Carlo.
Dopo la breve sosta, soltanto poche decine di minuti, proseguì verso Saenz Peña, seconda città del Chaco, a 200 chilometri più nell’interno.
A Barranqueras ripassò la mattina del 26 giugno, quando in treno ritornò da Saenz Peña a Resistencia.
«Vi giunsi verso le 17. Alla stazione stava ad aspettarmi il Vescovo, Monsignor Nicola Di Carlo… Fui condotto alla casa del Vescovo, non oso dire “episcopio”. “È un Vescovo missionario, zelantissimo, tutto ardore, vero carattere di meridionale d’Italia”, scrive Don Orione che dal Vescovo stesso fu condotto a conoscere la città “perché vedessi quanto è grande. Conta ora più di 50.000 abitanti solo nel centro. E ha una chiesa sola, non grande e non bella, e soltanto tre sacerdoti, compreso il Vescovo: tre apostoli; il Vescovo poi è di un dinamismo da San Paolo”.
La sera stessa, fu accompagnato da Don Corti, missionario nativo di Voghera, a Corrientes, città vicina sulle rive del fiume Paranà. A Corrientes fu accolto affettuosamente da Monsignor Vicentin, argentino, figlio di friulani. Di lì, come sappiamo, proseguì in auto fino a Itatì, da dove, il 29 giugno, riprese il battello (“Iguazù”), verso l’una della notte:«Lo accompagnammo al battello che andava verso Corrientes e che passa tutte le notti.
Già lo sapevo, ma ne ho avuto conferma: Barranqueras è una città di 60.000 in cui vibra particolarmente il ricordo e l’affetto orionino. Isabel, la responsabile del Movimento Laicale Orionino, che mi ha accompagnato per una visita alla città, mi ha fatto notare come sui negozi e nelle strade appaia spesso il nome di Don Orione. "Anche un negozio di ebrei è dedicato a Don Orione".
A Barranqueras, ora abbiamo una grande parrocchia di circa 30.000 abitanti con una bella chiesa, che è anche santuario diocesano, dedicata all'ImmacolataOltre alla sede centrale vi sono otto “cappelle-comunità” nella periferia più povera.
Mi attendevano in ciascuna di queste comunità, alla porta della loro cappella, fieri della visita del successore di Don Orione. Questa prerogativa copriva ogni altra considerazione e interesse, tanto è viva la loro devozione al Santo.
In ciascuna ho potuto lasciare un saluto, un’incoraggiamento alla fede, una reliquia, un rosario e la benedizione “nel nome di Don Orione”. E’ stato un giro un poco faticoso per strade sterrate ma mi ha fatto tanto bene all’anima.
Alla sera ho incontrato tutti i collaboratori della pastorale della parrocchia notando fervore, interesse, ascolto attento. Ho parlato loro di Don Orione “stratega della carità” nella sua missione in Italia e nel mondo. “Accanto a un’opera di culto sorga un’opera di carità”: hanno preso questa indicazione di Don Orione come il messaggio di tutto l’incontro e c’è da pensare che lo attueranno con serietà.
Di opere di carità per i più poveri già ce ne sono a Barranqueras, soprattutto la Scuola infatile, la Primaria e la Secondaria, il “Centro de dia” presso la cappella San Rocco e l'Hogar-Guarderia delle nostre Piccole Suore Missionarie della Carità, con un’ottantina di bambini dai 2 ai 12 anni in situazioni di abbandono.
C'è stato un momento di incontro con tutti i ragazzi delle scuole, dai più piccoli ai più grandi, sempre con tante domande sui più diversi temi, ma soprattutto per conoscere Don Orione. I piccoli orionini di qui si sono messi in contatto via skype con i piccoli orionini di Roma. E poi ho incontrato i giovani del MJO e i laici del MLO; c'è pure un gruppetto di oblazione e alcune vocazioni in cammino con l'ISO.
Come ho già detto ci sono le Piccole Supre Missionarie della Carità, con un'Hogar tanto benemerito e apprezzato. Insomma, a Barranqueras, c'è tutta la fioritura della Famiglia Orionina.
Ho percepito uno speciale entusiasmo orionino. Del resto, le "barranqueras" - da cui prese nome la città - erano le donne che lavavano i panni sul bordo del fiume. Sì, come le famose "lavandaie" di San Bernardino a Tortona, entusiaste di Don Orione tanto da alzare i loro zoccoli in sua difesa.
NEL PARAGUAY, LA MISSIONE VICINO AL GRANDE FIUME PARANÀ
Don Orione, il 29 giugno del 1937, prese il battello Iguazù a Itatì e scese il Paranà verso la città di Rosario. Certo guardò al Paraguay, sull’altra sponda.
A Roma poi incontrò un giovane sacerdote paraguayo con ascendenza italiana, Ramon Bogarin Argaña, e gli predisse un futuro apostolico e che sarebbe toccato a lui, prima di morire, aprire le porte del Paraguay ai Figli della Divina Provvidenza.
Questo si avverò. Mons. Bogarin Argaña divenne Vescovo e, dopo molta sua insistenza, il primo Orionino, Don Angelo Pellizzari, giunse nel Ñeembucú, zona meridionale del paese, nell’agosto del 1976. Presto fu seguito da Padre Luis Cacciutto e da fratel Eduardo Gómez che presero a lavorare in una zona rurale poverissima. Nel 1983, giunsero in questa zona missionaria anche le Suore orionine.
E qui sono giunto anch’io, il 18 ottobre, a bordo di una piccola barca a motore dell'esercito, attraversano il grande e vivace fiume Paranà, da Itatì (Argentina) a Ita Corà (Paraguay).
Ho trovato i tre Confratelli – P. Ricardo Paredes, P. Juan de Rosa e il chierico Regino Rodi – e tre Piccole Suore Missionarie della Carità. Animano con generosità e in buona armonia quattro Parrocchie rurali: “Ntra. Sra. del Rosario” di Mayor Martínez, “Santa Rita” di General Díaz, “Ntra. Sra. del Carmen” di Desmochados e “Inmaculada Concepción” di Villalbín. Queste 4 parrocchie, a loro volta comprendono 43 Compañias, quasi tutte con la loro piccola comunità e Cappella.
La visita, dal 18 al 20 ottobre, come nelle altre tappe di Saenz Peña, Itatì, e Barranqueras, è stata ricca di incontri, di momenti di fede e commozione umana.
Ho fatto il giro delle 4 Parrocchie e di alcune Cappelle su strade sterrate, in mezzo all’estéro, cioè a campi allagati ricchi di vita e di animali d’ogni specie, in cui la potente auto faticava non poco a superare passaggi difficili.
Ricordo la Messa presso la piccola cappella dedicata a San Luca, qui invocato come medico per la protezione di persone e di animali: qualche decina di persone aspettano i sacerdoti, si confessano mentre insieme dicono il rosario, partecipano alla Messa e alla fine scambiano il tereré e la sopa paraguaya.
Ricordo l’incontro con i consigli pastorali, la visita a qualche famiglia, compresa quella di P. Juan De Rosa. I nomi di P. Angelo Pellizzari e P. Luìs Cacciutto che spesso ritornavano con nostalgia di un’epoca d’oro degli inizi.
La povertà è davvero avvolgente e fa da sfondo a una natura esplosiva nella sua primavera e alla gente che vive umilmente ma sempre nobile e serena.
I giovani della scuola mi hanno posto tante domande sul futuro e sul progresso che intravedono con i mezzi di informazione, ma tanto lontano dalla società in cui vivono.
La fede e la chiesetta costituiscono un’autentica ricchezza per questa gente. Ma manca ancora a troppe persone.
Al mattino presto, sono risalito sulla piccola barca per ripercorrere il tratto del grande fiume che porta a Itatì. Il motore squarcia per un attimo la secolare maestà della natura e divide le acque. Poi tutto si ricompone. Continua l’inno missionario intonato da Don Orione proprio navigando sul fiume Paranà: “Tutti, oggi, insieme con me, lontani ma non divisi, dispersi eppur tutti uniti nella comune Fede e nello stesso amore di figli amatissimi. Oh le gioie grandi della Fede!”.