E' un tema del tutto nuovo nello studio delle vicende storiche di Don Orione. Dell'Hallesismo quasi non se ne parla più.
Don Orione se ne interessò, non da esperto di economia ma da sacerdote che cercava il bene sociale, di cui il bene economico è parte integrante, e, nel 1933, scrisse una coraggiosa lettera all'allora ministro delle Finanze Guido Jung.
HALLESISMO.
LA SORPRENDENTE LETTERA DI DON ORIONE
AL MINISTRO DELLE FINANZE GUIDO JUNG.
Don Flavio Peloso
«La nostra politica è quella del Padre nostro», affermava Don Orione riprendendo un’espressione e un atteggiamento pratico di Don Bosco. E poi specificava «La nostra politica è la carità grande e divina, che fa del bene a tutti».
Evidentemente, queste espressioni di Don Orione non sono una scappatoia verso l’intimismo religioso o l’assistenzialismo privo di orizzonte e di progetto sociale. Per rendersi conto di quanto le parole di Don Orione siano piene di verità e di concretezza “anche politica” occorre conoscere la sua vita, le sue tante azioni e relazioni che influirono sulla società, determinarono nuove mentalità, provocarono cambiamenti anche politici in favore del popolo.
A prova dell’orizzonte anche politico dell’agire caritativo di Don Orione, sta un suo intervento nel campo della politica economica. Si tratta di una lettera diretta al ministro delle Finanze Guido Jung riguardante l’Hallesismo.
È una lettera di due pagine, ben argomentata, per sostenere e incoraggiare quella politica economica perché, come scrive, può “offrire una soluzione alla crisi sempre incalzante” e “una parola di conforto e di pace all’umanità, oggi tanto dolorante e sfiduciata”».
La lettera è tra le più sorprendenti – al pari di quella scritta a Mussolini per spronare alla Conciliazione con la Santa Sede - sia per l’iniziativa in sé e sia per gli argomenti e le motivazioni. Merita uno studio approfondito per meglio conoscere il contesto entro cui essa si colloca. Per ora mi limito a segnalarla e a renderla pubblica. Ne possediamo solo una minuta non datata, in fronte e retro, dattilografata e con numerose correzione di inconfondibile grafia di Don Orione.
Ecco il testo come risulta dopo le correzioni.
A S. E. l’On. Guido Jung Ministro delle Finanze, Roma.
Eccellenza, Mi fò ardito scrivere a V. E. dopo lunga meditazione, veramente con poca speranza logica di vedere accolta la mia preghiera, ma sento che ho grande fede. Ho fede in Dio e nella saggezza di V. E. che abbia a dare qualche importanza alle parole all’umile preghiera di un povero sacerdote che V. E. non conosce forse neppure di nome, ma che invocato lume da Dio, osa attirare l’attenzione di V. E. sopra un argomento apparentemente estraneo al suo ministero di anime, alla carità cui ha dato la vita, sopra una proposta finanziaria, di utilità sociale che, a quanto gli risulta, V. E. già conosce in qualche modo.
Mi permetto dunque di scrivere e di sperare. Eccellenza, l’hallesismo, oggetto di immeritata persecuzione giudiziaria, afferma di avere una parola di conforto e di pace da offrire all’umanità, oggi tanto dolorante e sfiduciata. I suoi assertori mostrano una fede ed una tenacia così profonde e così sentite, che mi pare non possano essere frutto di ignoranza e di illusione.
Da qualche tempo ho voluto guardarvi addentro, e vi ho trovato grande elevatezza di ingegno e sconfinato desiderio di bene. Conosco (da tempo) alcuni degli esponenti del movimento: ho parlato a lungo e con parecchi studiosi e competenti, e tutti mi hanno dichiarato di non esservi alcuna obbiezione concreta da muovere a quella dottrina, sorta in Italia. Intanto gli hallesisti tutto offrono, e nulla chiedono. Ma a loro si risponde dalla scienza, dalla banca e dalla stampa con la congiura del silenzio. In privato moltissimi ne parlano con simpatia, pubblicamente, invece, non è possibile ottenere neppure una critica demolitrice: nulla il silenzio! Intanto all’estero lo si studia e sì fa strada e va in onore. Si lascerà prendere la mano? Uno degli esponenti del movimento: l’ing. Manetti Cusa, che amo ed apprezzo da tempo, mi ha ripetutamente dichiarato, che, se potesse parlare con V. E. sarebbe sicuro di chiarire quelle perplessità, che forse, impediscono a V. E. di apprezzare nel suo giusto valore l’hallesismo. Vorrebbe V. E. concedere questa udienza? E, se non lo crede, potrebbe, almeno, delegare un funzionario di alta capacità, che faccia, in contraddittorio con gli hallesisti, un esame analitico della proposta hallesista? Da una parte io vedo l’umanità in pena, in mezzo a dolori infiniti che né leggi speciali, né beneficenza riescono a sufficientemente lenire: dall’altra vedo lo slancio e la fede con cui gli hallesisti del nostro Paese affermano di potere offrire una soluzione alla crisi sempre incalzante, e mi domando: Perché non ascoltare tutte le voci, specialmente quelle che vengono da anime giovani, ardenti e generose?, che già trovano eco anche in Paesi lontani?
Vorrà V. E. darmi il grande conforto di una risposta incoraggiante?
Che Iddio vegli su lei, sul Duce, sull’Italia!
CHI È GUIDO JUNG?
Guido Jung (Palermo 1876 - 1949) è stato un imprenditore e un politico eminente. Di origine ebraiche, nacque in una famiglia benestante, il padre era titolare di un'azienda specializzata nella produzione ed esportazione di frutta.
Nel 1924 venne eletto deputato con il “Listone Mussolini” e ricevette numerosi incarichi in ambito economico, tra cui quello di presidente dell'INE (Istituto Nazionale per l'Esportazione). Nel 1932 entrò nel governo Mussolini in qualità di Ministro delle Finanze. In questa veste, il 23 gennaio del 1933, diede l’assenso alla nascita dell'IRI di cui fu uno dei promotori.
Jung fu un tecnico prima e più che un politico, ritenuto da Mussolini il più adatto a fronteggiare la crisi economica del paese. Però, già a fine 1934, entrò in contrasto con la politica dello “stato imprenditore” portata avanti da Mussolini, credendo che lo stato non potesse sostituirsi completamente al mercato; per questo, nel gennaio 1935, Jung venne esautorato dall'incarico dal Duce.
Partì volontario per la guerra d'Etiopia come tenente colonnello e, nel 1938, con l'approvazione delle leggi razziali, Jung fu allontanato dai ruoli di governo e pubblici. Dopo l'8 settembre del 1943, abbandonò il fascismo e collaborò col governo Badoglio I, di cui fu sottosegretario e ministro delle Finanze. Con l'avvento alla presidenza del Consiglio di Ivanoe Bonomi, Jung si ritirò a vita privata. Morì a Palermo il 27 dicembre 1949.
LA SCUOLA ECONOMICA DENOMINATA HALLESISMO
Lo sfondo culturale dell’Hallesismo[1] è quello dell’attivismo sociale cristiano che valorizza la scienza economica positiva come possibilità di operare al fine dell’evoluzione dei rapporti economici nella società.
La dottrina Hallesint è una scuola italiana di pensiero economico (1905-1943) nata dall’idea di Agostino Maria Trucco (1865-1940), ragioniere genovese, che, ispirandosi al funzionamento dei mercati alimentari parigini, che visitò nel 1893, si propose di regolare gli scambi e la produzione mondiale attraverso una Camera di Commercio mondiale “Fondazione Universale Hallesint” (halles = mercati, int = internazionali) fiancheggiata da borse internazionali, dall’istituzione di una valuta internazionale di conto, hallis, a cambio fisso rispetto alle monete dei vari paesi e dall’uso di strumenti finanziari mondiali “Cartelle e Assegni” sicuri e prontamente esigibili.
Le convinzioni degli economisti e dei responsabili della politica monetaria di quegli anni hanno impedito che si sviluppasse un dibattito costruttivo sull’idea di utilizzare camere di compensazione per regolare i movimenti finanziari internazionali e di istituire una moneta segno, svincolata dall’oro, come unità di conto e intermediaria degli scambi internazionali.
Nel 1922 si costituì l'Unione Hallesista Italiana. Già in data 23 giugno del 1924, sotto il governo fascista da poco instauratosi, l'Unione Hallesint, per quanto non avesse attività finanziaria, fu sciolta, e le pubblicazioni periodiche soppresse.
L’intuizione di questa scuola economica non mori; furono fatti vari tentativi per rilanciarla. Un volumetto divulgativo di Nicolò Manetti Cusa, Pace economica, fu edito nel 1928 dalla Tipografia Artigianelli di Venezia, di proprietà della congregazione di Don Orione.
Del periodo in cui il ministro Guido Jung fu a capo del Ministero delle Finanze, dunque tra il 20 luglio 1932 e il 17 gennaio 1935, è la sorprendente lettera di Don Orione sul tema dell’Hallesismo. In essa, il fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza non entrò in analisi e giudizi di carattere tecnico o economico, anche se scrive di avere “parlato a lungo e con parecchi studiosi e competenti, e tutti mi hanno dichiarato di non esservi alcuna obbiezione concreta da muovere a quella dottrina”, ma invita ad “un esame analitico della proposta hallesista”, ascoltando “tutte le voci, specialmente quelle che vengono da anime giovani, ardenti e generose”.
Allo stato delle conoscenze attuali, non risulta alcun seguito a questa iniziativa di Don Orione presso il ministro delle Finanze Guido Jung.
Comunque, Don Orione dovette essere piuttosto convinto che la proposta dell’Hallesismo meritasse attenzione se, il 22 settembre 1933, scrive all’on. Raimondo Manzini, in seguito direttore dell’Osservatore Romano: “Caro Manzini, Ella resterà sorpreso che Don Orione La venga a interessare di cosa che può sembrare così lontana da noi: ma questa azione la faccio dopo di avere invocato umilmente Dio e perché convinto che un grande sollievo Iddio vuol dare agli uomini con l’Hallesismo, in questa prova dolorosa che le nazioni attraversano”.
Risulta inoltre che Don Orione intrattenne relazione abbastanza prolungata nel tempo con un grande promotore dell’Hallesismo, l’ing. Nicolò Manetti Cusa, incontrato sia in Italia che durante la sua permanenza in Argentina. Il suo opuscolo “Pace economica”, fu pubblicato, nel 1928, dalla Editrice e Tipogr. Artigianelli di Venezia.[2]
Tra gli amici e competenti che Don Orione, nella lettera al ministro Jung, dice di avere consultato sul tema dell’Hallesismo ci fu senz’altro l’ing. Paolo Marengo. Questi, in una lunga lettera a Don Orione, ripresenta in termini semplici e comprensibili la nuova teoria economica e abbozza una valutazione d’insieme qualificando la proposta hallesista per l’economia mondiale come “bella e grandiosa, anche cristiana”, “la cosa più semplice di questo mondo”, però difficilmente applicabile. Con realismo e arguzia fa presente a Don Orione: “Al presente, sotto l’influenza delle odierne plutocrazie nazionalistiche (e relativi – causa ed effetto – sistemi politici) la concezione in parola è come peregrina in casa d’altri, e se non rischia di attirarsi il disprezzo certo è che non può ancora provocare una benigna presa di cin considerazione. Fra l’altro, si figuri, che il Governo Economico Mondiale verrebbe a soppiantare totalmente i Governi Politici Nazionali in ciò che hanno di più materialmente concreto, cioè il controllo e relativo mungimento delle tasche cittadine”.[3]
Forse sta in questa disincantata osservazione sul contesto economico politico degli anni '30 la ragione per cui l’Hallesismo ebbe poca considerazione e non ebbe molto seguito e, anzi, come Don Orione scrisse nella lettera al ministro Jung, fu “oggetto di immeritata persecuzione giudiziaria”. Nel mondo, infatti, nei primi decenni del secolo XX, erano nel pieno auge i nazionalismi economici e politici.
Oggi, invece, si è instaurata una internazionalizzazione dell’economia, non quella “sognata” dall’Hallesismo, ma quella governata dai potentati economici, globalizzata e autoreferenziale, senza principi e senza regole di giustizia sociale. E senza fraternità.
La “politica del Padre nostro” è la “politica dei Fratelli miei”, cioè del rispetto, della giustizia, della solidarietà; essa viene prima ed è condizione imprescindibile per la “civilizzazione dell’economia” (Benedetto XVI, Caritas in veritate n.38). “L'economia infatti ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento; non di un'etica qualsiasi, bensì di un'etica amica della persona” (n.45).
Oggi, possiamo con evidenza constatare quanto sia vero che "un'economia di scambio non può più poggiare esclusivamente sulla legge della libera concorrenza, anch’essa troppo spesso generatrice di dittatura economica. La libertà degli scambi non è equa se non subordinatamente alle esigenze della giustizia sociale". Lo scriveva, già nel 1967, Paolo VI nell'Enciclica "Populorum Progressio" (n. 59).
[1] Sull’Hallesismo: Agostino Maria Trucco, Gli Hallesisti cosa vogliono?, pubblicato a Roma negli anni Venti; Mario Colonna, Hallesismo. 1924; Pace economica, 1928 Tipogr. Artigianelli, Venezia [da notare che questo libro fu edito dalla Tipografia Artigianelli di Venezia, appartenente alla congregazione di Don Orione]; Nicolò Manetti Cusa, La redenzione economica. L'Hallesismo, Edizione Maglione, Roma 1932; Nicolò Manetti Cusa, Hallesismo, Edizione Maglione, Roma 1937; Enrico Barone, oppositore dell'Hallesismo, autore del libro Hallesismo, esposizione e critica, Roma, Stab. Tib. Romano, anno 1924; Gerasci & Marinucci, Hallesismo, l'economia al servizio dell'uomo, Ed. Bresci, Torino, 1979.
[2] In un suo articolo pubblicato su La verità economica del 1° aprile 1946, Cusa Manetti ricorda che, inizialmente, “Il mio libro La redenzione economica rese perplesso Don Orione. Egli volle leggerlo e rileggerlo. Lo rividi dopo un anno. Mi disse che aveva fatto studiare l’Hallesismo da persone assai competenti ed autorevoli e nessun errore, neanche lieve, era stato riscontrato”. Evidentemente, a Don Orione interessava che la nuova teoria economica fosse nel solco della dottrina etica e sociale cattolica. “Don Orione mi promise tutto il suo appoggio”, continua Cusa Manetti, e, in una lettera del 27 novembre 1937, egli scrisse: “Non dubiti che Dio La assisterà e coronerà i suoi sforzi”.
[3] Lettera del 9 febbraio 1933. Agostino Maria Trucco, fondatore della Scuola Economica Italiana, previde con impressionante precisione di dettagli le conseguenze della mancanza di un sistema di mercati internazionali. A partire dalla sua diagnosi sociologica ed economica, egli previde e argomentò che l'umanità non avrebbe potuto aver pace, che, anzi, violentissime crisi si sarebbero susseguite ed aggravate, fino al crollo della civiltà, ove non fosse stato risolto il problema economico. Per esempio nel volumetto La paura d'arricchire, p.48, nel 1928, scrisse: "Senza un grande fatto nuovo, capace di creare una nuova mentalità economico-fiscale, fatalmente, ed al più tardi entro il 1938-39, quando la leva ridarà il massimo contingente, scoppierà la grandissima guerra mondiale in gestazione...". Il 1° settembre 1939, iniziò la terribile seconda guerra mondiale.