La statua del Paterno al centro di storia e devozione di Don Orione e della Congregazione.
DON ORIONE PARLA DELLA STATUA
DELLA MADONNA DELLA DIVINA PROVVIDENZA
Don Flavio Peloso
Il 15 ottobre 1893, Luigi Orione, chierico di 21 anni, aperse il primo Collegetto di San Bernardino a una cinquantina di ragazzi poveri. Fu la primizia della “pianta unica con molti rami” che divenne poi la Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Ricordando quegli umili inizi, Don Orione raccontò: «Per togliere il senso di tristezza che poteva loro derivare dal distacco dalla famiglia quei ragazzi furono riuniti attorno ad una immagine di Maria Santissima. Sin da quel primo giorno, si elevò un canto in onore di Lei, la lode di Sant'Alfonso, che voi cantate spesso: Solchiamo un mare infido. Questa lode fatta e musicata dal Santo, venne cantata dai primi Figli della Divina Provvidenza, nel primo giorno che segnò la nascita della nostra Congregazione; il primo nucleo di giovinetti, raccolti sotto gli auspici della Divina Provvidenza, furono in modo particolare offerti, sin dal primo giorno, a Maria Santissima».[1]
Il dono della statua della Madonna
« Quando si aperse quella prima Casa ‑ raccontava Don Orione ‑, desideravamo avere una statua. Un sacerdote[2] parlò del nostro desiderio ad un vecchio signore di Novi Ligure, l'avvocato Serra, 1a cui famiglia è ancor oggi una delle più nobili di quella cittadina. L'avvocato gli disse: Ho una vecchia statua tutta tarlata, sul solaio... II sacerdote la volle vedere e se la portò via.
È una dolce Madonna di legno, molto antica, tanto che qua e là è bucherellata. A Novi era stata, in passato, venerata e invocata Madre dei dolori; ma poi era stata messa in una soffitta.[3] La Madonna Addolorata si suole raffigurare con la faccia triste, come a chiedere un conforto al Signore nella sua ambascia, nel suo dolore. Si suole dipingere, o scolpire, con le mani giunte al petto, come a spremere il cuore pieno di angoscia, e con le mani stese e congiunte a infinito strazio, con Gesù morto nelle braccia e inginocchiata vicino a Lui o in piedi ai piedi della Croce.[4] L'Addolorata viene comunemente raffigurata vestita di rosso, perché il rosso simboleggia il dolore e l'amore, con le mani giunte, lo sguardo rivolto al cielo e la spada che le trafigge il cuore.[5]
Questa statua incrocia le sue braccia sul petto e alza gli occhi al cielo: così, press'a poco, doveva essere Maria ai piedi della Croce, quando Gesù agonizzava per redimere l'umanità; così doveva essere 1a Madonna in quel momento, sacro e solenne, che Gesù ci diede il diritto di chiamare Mamma Maria, la Madre di Dio.[6]
Quando abbiamo saputo che era arrivata da Novi, siamo partiti da San Bernardino e siamo venuti qui in città a vederla:[7] era arrivata proprio qui, allora Casa degli Oblati del Vescovo e solo più tardi passata a noi, dieci anni dopo. Qui venne collocata con grande onore nel posto più distinto della Casa e fu quello il primo segno che poi vi saremmo venuti ad abitare. Da qui fu accompagnata a San Bernardino: la presero sulle braccia alcuni di quei primi allievi, e La portarono processionalmente al nuovo collegetto, nella piccola cappella, che era al primo piano.[8]
Da Addolorata a Madre della Divina Provvidenza
In seguito, qualche tempo dopo, durante una processione di quello stesso primo anno, quei ragazzi rifletterono che la Madonna aveva una spada. Se si guarda ancora adesso, si vede la fessura dove era confitta la spada, perché, come sapete, le immagini dell'Addolorata hanno quasi sempre una spada nel cuore, anzi qualche volta hanno sette spade.
Quando i ragazzi videro e rifletterono che la Madonna aveva una spada piantata nel cuore, si volsero a me dicendo: “Come mai dobbiamo avere una statua della Madonna con uno stilo piantato nel cuore? No, noi non vogliamo che abbia una spada in petto!”.
Faceva loro male vedere la Vergine, la nostra buona Madre, trafitta; e subito, levata la spada, soggiunsero: “Non sia mai che la Madonna sia tra noi piena di dolore, addolorata!”.
Così le spezzarono la spada, e anzi, fattisi portare dei fiammiferi, la bruciarono là, in mezzo a1 giardino, a metà della cinta, dove era una porta e adesso c'è la statua della Madonna; e dissero: “Così siano bruciati i nostri peccati...”.
Quell'atto, sebbene ingenuo, diceva molto; ma io ammonii quei buoni giovani: “Non basta che bruciate la spada; non dovete più peccare; vi dovete guardare dal peccato volontario: mai dire una bugia volendo mentire, mai fare un'azione indegna, mai offendere un compagno intenzionalmente”. Infatti poi, quei giovani si deportarono tutti molto bene; erano di esempio a tutta Tortona, e si ricordano ancora di quei giorni.
Poi, ripresala sulle spalle, portarono la statua nel loro studio. E al posto della spada le misero un cuore d'argento, quello che ora vedete. E le facevano visita di frequente.[9]
Quella lontana cerimonia della presa di possesso da parte della Madonna Addolorata, che poi divenne la Madonna dell'Opera, la Madonna della Divina Provvidenza, da parte della devota statua, del primo Istituto per fanciulli poveri e aspiranti all' altare, era simbolo della presa di possesso da parte della stessa Vergine Santissima, celeste nostra Madre e unica Fondatrice, di tutta l'Opera, anche per l'avvenire. Quei primi giovinetti rappresentavano tutti quelli che sarebbero venuti dopo, quanti sarebbero entrati a far parte del novello Istituto.
In quel gesto di amore e di fede dei primi ragazzi a quella Santa Madonna, nel toglierle la spada, era la fede, l'amore, la consacrazione dei futuri membri dell'Opera. L'intronizzazione di quella statua era la intronizzazione della divina Madre nel cuore, nelle idealità, nei propositi di vita santa di tutta la futura Congregazione.
La Vergine Santissima, la Madre di Dio, prendeva in mano sua, in suo possesso, per allora e per sempre, tutto quanto sarebbe stato poi, di persone, di istituzioni e di attività, della Piccola Opera della Divina Provvidenza».[10]
Al posto della spada, appeso al collo della statua, “sul cuore della Madonna della Divina Provvidenza, Ai primi vespri del 25 marzo verrà posto sul cuore della Madonna della Divina Provvidenza un prezioso cuore d’argento. Entro saranno riposti tutti i nomi delle Dame della Divina Provvidenza… i nomi dei nostri Benefattori e Benefattrici”.[11]
Resti sempre così, con i segni del tempo.
Proprio in forza di queste preziose e lontane memorie degli inizi della Congregazione, e per il valore che esse sempre hanno rappresentato per Don Orione e per la storia dell' Opera, Don Orione più volte ha manifestato un suo desiderio: «Questa vecchia statua è la prima Madre della Divina Provvidenza. E' rimasta sempre così. Tutto cambia, in questa Casa, tutto passa: una sola cosa non muta qui dentro e non muterà, perché questa è una volontà che spero sarà rispettata e tenuta sacra per l'avvenire. Questa è l'immagine della nostra cara Madonna della Divina Provvidenza: da allora in poi non ho consentito che si portasse alcune modifica in essa.
Una volta, vedete, un sacerdote si offerse di farla dorare: voleva ringraziare la Madonna della Divina Provvidenza di una grazia. Io lo conoscevo. E poiché era anche ricco, quel sacerdote, mi disse: “Voglio darle, Don Orione, un segno della mia riconoscenza alla Madre di Dio, alla sua Madonna: farò venire da Milano un indoratore apposta o porteremo la statua a Milano e la faremo indorare: la farò ricoprire tutta di fogli di puro oro”. Io ho avuto piacere di questo, ma non glielo ho permesso. Egli, allora, comprò poi una serie di candelieri.[12]
Quando vengono e ritornano qui quei primi ragazzi, non trovano gli antichi superiori, perché di quelli non ci sono che io, quando vengono qui, vengono a cercare la Madonna. Trovano tutto rinnovato, non riconoscono neppure la loro Casa, il nido che li accolse giovinetti, ma trovano ancora la loro Madonna, e vi si inginocchiano innanzi dopo tanti anni, e, anche di lontano, alcuni allievi mi hanno scritto che si ricordano della loro cara Mamma celeste.[13]
Alla Madonna gli orecchini della mamma.
La statua della Madonna della Divina Provvidenza era circondata di tanta fede e devozione. Era considerata con confidenza, come una di casa. Nei primi difficili inizi della Congregazione, Don Orione era sempre in grande ristrettezza di denaro. In una occasione la situazione era particolarmente drammatica.
Racconta Don Orione : « L’Avvocato mi mandò a dire che mi voleva tanto bene, ma che non poteva lasciare la cambiale in sofferenza. Dovevo pagare le 25 mila lire e qualche cosa di più. Ebbi una buona ispirazione. Mia madre mi aveva donato due orecchini d’oro: bucai le orecchie della Madonna e dissi: “Vediamo, se almeno ora sentirà”. Erano due orecchini lunghi, come sogliono portare le donne paesane. Pregavo e facevo pregare e, guardando gli orecchini, mi sembrava che la Madonna non potesse fare la sorda ».[14]
« La Madonna della Divina Provvidenza è la Mater Dei »
In Congregazione era costume invocare Maria con il titolo di “Madre della Divina Provvidenza”, perché così era chiamata l’antica statua del “Paterno”. Eppure, quando nel luglio 1924, Don Orione con un discorso memorabile, scelse ed illustrò il titolo sotto il quale si sarebbe onorata la Madonna dai Figli della Divina Provvidenza, disse: “Dopo tanti anni che ho pregato a questo fine sono venuto alla conclusione di mettere in venerazione nelle nostre case la Madonna sotto il titolo di Mater Dei. Nella devozione alla Madonna Mater Dei, facciamo la professione di fede nella divinità di Cristo”.[15]
E riferendosi al titolo “Madonna della Divina Provvidenza”, tanto caro a lui e alla nascente Congregazione, disse: “Come gli Agostiniani hanno la Madonna del Buon Consiglio… I Francescani, che furono i difensori della Immacolata, hanno l’Immacolata… la Madonna nostra della Divina Provvidenza, è la Mater Dei, la onnipotente per grazia”.[16]
Don Orione scartò di divulgare la pur cara e già molto diffusa immagine della “Madre della Divina Provvidenza” (la statua della Casa Madre di Tortona), perché “non può essere proposta come Madonna della Congregazione, perché non ha in braccio Gesù, e noi dobbiamo abituarci a vedere, in seno a Maria, Gesù”.[17]
Don Orione, scrivendo a riguardo di tale immagine a Don Sterpi, dice: “Voglio che sia venerata dai Figli della Divina Provvidenza e sia esposta in tutte le loro Chiese e case ed abbia culto la Madonna come Madre di Dio. La chiamino e la presentino popolarmente anche come Madre della Divina Provvidenza, ma soprattutto la facciano conoscere, amare e venerare come “Deìpara – Theotòkos, siccome fu proclamata dal Concilio Ecumenico di Efeso, nel 431. Fino a chiamarla Mater Christi ci arrivava pure Nestorio e anche i modernisti ci arrivano. Ma noi dobbiamo, anche nella devozione alla Madonna, piantare e seminare nei cuori la fede cattolica… Noi ponendo questa devozione, mettendo in rilievo la Mater Dei, fissiamo i punti cardinali della fede: la divinità di Cristo”.
Giunse anche a precisare: “Sotto le Immagini che si tireranno si metta questa dicitura: “Theotokos”.[18] Mater Dei la Madre di Dio, in tre lingue, o anche in quattro, la quarta sia spagnolo, o, portoghese, o francese, o tedesco, o polacco. Venerata dal popolo col dolce nome di «Madonna della Divina Provvidenza”. Se invece si facesse solo in tre lingue: Dove è la dicitura italiana: la Madre di Dio, venerata dal popolo col dolce nome di Madonna della Divina Provvidenza”.[19]
[1] Parola 15.10.1939. «Fra le tante canzoncine insegnateci per la Madonna, due erano preferite: "Solchiamo un mare infido..." e "Imparate, o valli o monti, a ripetere Maria" »; Memoriale Rota, B. 10 p. 4; Parola 29.8.1931.
[2] Si tratta di Don Meriggi, di San Pietro di Novi Ligure, già professore in seminario di Tortona e vivo estimatore del chierico Orione: di lui si è detto più indietro.
[3] Parola 11.4.1930.
[4] Ibidem.
[5] Parola 15.9.1930.
[6] Parola 15.9.1939.
[7] « Nel Collegio ‑ racconta il primo allievo Antonio Rota ‑ non vi era una statua della Madonna, davanti alla quale recitare le preghiere: ma la Divina Provvidenza la fornì. Una famiglia di Novi possedeva un'Addolorata, di circa un metro di altezza, vecchia, già molto scolorita. Richiesto di donarla al Chierico Orione, la mandò a Tortona nella Casa Oblatizia, che raccoglieva i sacerdoti novelli diocesani, ed era di fianco alla parrocchiale di S. Michele. Una domenica dell'ottobre 1893, forse l'ultima, verso le due pomeridiane, il Direttore ci mette in fila per due e ci conduce a San Michele, perché ‑ diceva ‑ si va a prendere la Madonna. A San Michele la statua era stata collocata sopra di un tavolo, in quella stanza che ha entrata dall'atrio, dove è la scala per salire al piano superiore.
Rimessi in fila due a due, il Chierico Orione consegna ai più robusti la Madonna: io ero di quelli che ebbero la fortuna di portarla per primi. Uscimmo nel cortile ‑ giardino posteriore alla Casa e, per la porta che dà sull'attuale via Mirabello, fiancheggiando lo stesso ospedale, si proseguì per piazza Santa Maria di Loreto, per la strada che conduce a Sarezzano e, per una via attraverso gli orti, siamo giunti al Groppo e poi a San Bernardino.
Il Direttore aveva voluto che la cosa fosse fatta con una certa solennità; ci aveva già quindi insegnato la canzoncina "Imparate, o valli e monti, a ripetere Maria", che cantammo per via, intrecciandola col canto delle litanie. Effetto di tutto questo fu il vedere uscire le persone sulla porta di casa, e sui portoni, e ciò specialmente da parte delle donne, coi bambini in braccio, e le ragazze. Alcune si segnavano, altre con aria strana guardavano il passaggio di questa più strana processione, in cui non vi era né croce, né sacerdote. La gioia del Direttore fu veramente grande, come poi ci disse, perché pensava: “Ho già la Madonna, ai piedi della quale posso far pregare questi cari ragazzi!» (Miscellanea B8, p.5 e B10, p.2).
[8] Parola 11.4.1930.
[9] Parola 13.5.1929; 11.4.1930; 15.9.1930.
[10] Parola 15.9.1926; 14.10.1933.
[11] Scritti 71, 157 e Parola 1.6.1907.
[12] Parola 13.5.1929. 4.9.26: In altra occasione riferì : “La statua della Madonna della Divina Provvidenza non ho voluto che fosse toccata – me la volevano perfino indorare! -, ma io ho voluto che sia sempre così; perché quando vengono i miei allievi a trovarmi, la trovino sempre così” ; Parola, 2, 121.
[13] Parola 11.4.1930.
[14] Parola 25.8.1938 e 15.11.1939.
[15] Discorso a Villa Soranzo, di Campocroce (VE), del 24 luglio 1924 ; Riunioni, p.60-68.
[16] Ibidem.
[17] Ibidem. La scelta dell’immagine cadde su un quadro, copia di un dipinto di stile bizantino di antica fattura, conservato a Venezia nell’Istituto Manin. In questo dipinto la Madonna reca in braccio il Bambino; sullo sfondo, in monogrammi, stanno scritte le parole greche “Mèter Theoù” (Madre di Dio). Don Orione fece riprodurre almeno una ventina di copie di quell'immagine da un pittore amico e la diffuse nelle principali case in Italia e in altre nazioni.
[18] Nell’originale, Don Orione scrisse la parola Theotokos con caratteri grechi.
[19] Lettera a Don Sterpi del 28 settembre 1924; Scritti 15, 109.