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Messaggi Don Orione
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Autore: Don Flavio Peloso
Pubblicato in: Due lezioni all’Istituto Teologico Don Orione, Roma, 16 ottobre 2017.

Testo e contesto della "Regola fondamentale", del "Promemoria sulla Compagnia del Papa" e dei "Sommi principi dell'Opera della Divina Provvidenza".

LA REGOLA FONDAMENTALE,

IL PRO-MEMORIA SULLA COMPAGNIA DEL PAPA,

I SOMMI PRINCIPI DELL’OPERA DELLA DIVINA PROVVIDENZA.

Testo e contesto dei primi abbozzi di Costituzioni.

 

Don Flavio Peloso

In tempi recenti, è capitato che alcuni biografi e studiosi di Don Orione e della Congregazione hanno presentato il Pro-memoria sulla Compagnia del Papa come il primo documento costituzionale steso da Don Orione.[1] Ne derivò, come conseguenza, che venisse detto che la prima denominazione della Congregazione fu Compagnia del Papa e non Opera della Divina Provvidenza, nonostante che il  nome del primo collegio aperto a San Bernardino sia Piccola Casa della Divina Provvidenza, la qualifica dei primi collaboratori e aspiranti orionini sia figli della Divina Provvidenza[2]  e il titolo del Bollettino sia L’Opera della Divina Provvidenza  (15 agosto 1898), uscito un anno prima che fosse steso il Pro-memoria sulla Compagnia del Papa (17-18 giugno 1899).

Affermare che il Pro-memoria sulla Compagnia del Papa è di composizione precedente alla Regola fondamentale[3] è inesatto cronologicamente e, per di più, comporta la conseguenza di ritenere che Don Orione non ebbe una chiara ispirazione carismatica fin dall’inizio; infatti, nel Pro-memoria non c’è il minimo indizio della componente socio-caritativa.

Se n’è avuta la  più clamorosa e imbarazzante dimostrazione durante il Convegno di studio su “La figura e l’Opera di don Orione”, tenuto all’Università del Sacro Cuore di Milano il 22-23 novembre 1990. Don Giancarlo Rocca[4], trattando della Nascita e orientamenti della Congregazione orionina, arrivò a delle conclusioni del tutto fuorviate sulla ispirazione iniziale dell’Opera della Divina Provvidenza. Affermò che “Don Orione, avviando la sua fondazione, aveva in mente una ‘Compagnia del Papa’, che sembrava orientata direttamente più su questioni dottrinali e di fedeltà al Pontefice che non su opere o iniziative di carattere sociale o caritativo” (p. 127)”. Di conseguenza, “con questo programma Don Orione non si inseriva in quello sociale che tanti istituti religiosi si prefiggevano” e pertanto il relatore credeva di “poter concludere che, nei primissimi anni dopo il sacerdozio, in primo piano per Don Orione non erano questioni di ordine sociale, bensì dottrinale”.[5]

Ascoltando questi giudizi dell’illustre relatore, don Giuseppe Masiero, allora superiore generale, interruppe pubblicamente l’oratore, manifestando il suo incredulo stupore: “Ma cosa sta dicendo, padre? Don Orione incominciò con i poveri!” esclamò.

E don Rocca non si curò di ammorbidire le espressioni, anzi, per dare maggior credibilità alle sue asserzioni, puntualizzò: “Sto dicendo. Padre, quanto ho letto sulle vostre pubblicazioni”. E continuò la sua relazione, poi pubbblicata sugli “Atti del Convegno”, senza cambiare una virgola.

Questo episodio può fare ben capire quale sia l’importanza di studi seri sulle fonti della storia orionina e la responsabilità degli studiosi per le conseguenze e le interpretazioni che ne derivano.

 

I primi testi carismatici-giuridici

Oggetto di questo studio sono gli abbozzi dei primi testi costituzionali fino al 1903, anno dell’approvazione canonica dell’Opera della Divina Provvidenza.[6]

Va premesso che Don Orione ebbe una certa difficoltà a fissare in regole l’esperienza mistica e apostolica che lo infuocava. L’ispirazione era in lui molto prorompente e vasta e non gli era facile trasmetterla entro una forma storica e canonica ben definita. Per di più, egli fu fondatore a 21 anni e ne aveva 31 quando giunse il Decreto di approvazione dell’Opera; cioè, non  aveva esperienza e nemmeno conoscenza di organizzazione canonica della vita religiosa.

“Io non so come fare”[7] scriveva umilmente a padre Giovanni Semeria, chiedendo di aiutarlo a preparare il testo delle prime Costituzioni del 1904 manoscritte, poi pubblicate a stampa, con alcune modifiche, nel 1912. Quando, dopo la pubblicazione del Codice di Diritto Canonico del 1917, si pose il problema di aggiornare le Costituzioni secondo la nuova normativa, Don Orione, nel 1929, affidò questo compito al card. Pio Boggiani; il Cardinale fece benissimo, ma non furono mai considerate Costituzioni, ma solo “bozze”, perché erano generiche, giuridiche e poco avevano di carismatico.[8] Di nuovo si presentò la necessità di provvedere alle Costituzioni in occasione della Visita Apostolica dell’abate Emanuele Caronti, iniziata nel 1934; Don Orione scrisse con molta cura i primi articoli ispirativi sia per le Costituzioni delle Suore (1935) e sia per quelle dei Figli della Divina Provvidenza (1936),[9] ma non andò oltre.

 

La Regola fondamentale

I primi abbozzi di regole possono essere considerate le due minute che ci tramandano il testo definito da Don Orione stesso la Regola fondamentale (allegato 1a). Di queste, una riporta due articoli di regola che, date le poche correzioni, mostrano di essere esposti nella loro forma definitiva; nell’altra, c’è solo il secondo articolo e il titolo di un terzo: “Il modo di vivere nell’esteriore”, poi cancellato, ma che fa capire come Don Orione intendesse stendere un testo più completo di regole di vita. Nonostante il testo del secondo articolo fosse identico nelle due minute, queste ebbero la sfortuna di finire trascritte in due volumi diversi degli Scritti 90, 404 e 110, 233. Non ebbero molta considerazione. Furono citate separatamente, ma è evidente che sono nate unite perché sono scritte con la stessa calligrafia e con lo stesso inchiostro blu/violaceo.

Don Orione presenta il contenuto delle due minute base e punto di riferimento per eventuali altri scritti legislativi posteriori: “Questa è la regola fondamentale e la nostra professione di fede e di vita religiosa; essa starà invariata, né alcun articolo o deliberazione potrà modificarla mai”. Ne indica la priorità di composizione dicendo che ”Tutto ciò che verrà, tutte le costituzioni o regole posteriori a questi due articoli s’intende dipendono da queste due prime (regole)”.[10]

In questi due articoli di costituzioni l’ispirazione carismatica di Don Orione appare già integra e unitaria, ed è espressa nel 1° articolo come un “impiegarsi nella perfezione e salute delle anime tutte e, con ogni modo voluto dalla carità, portare la società tutta al Nostro Caro Signore Gesù (Cristo) - instaurare omnia in Christo -, specialmente col fare cattolica la gioventù, dalle scuole ai campi, e coll’attuare la volontà e i desideri del Papa con ogni opera di carità spirituale e temporale”[11]

Le minute non riportano la data della Regola fondamentale, ma vari indizi portano a concludere che la data della sua stesura sia precedente al Pro-memoria sulla Compagnia del Papa.

Molto probabilmente questo testo è contemporaneo ad una famosa lettera di Don Orione a don Carlo Perosi del 4 aprile 1897. Don Perosi aveva sollecitato un chiarimento sugli scopi che Don Orione si prefiggeva con la sua Opera, sia per rispondere alla richiesta che gli era stata rivolta da altri e sia perché, essendo confessore dei giovinetti e chierici del Santa Chiara, aveva bisogno, per poterli consigliare, di conoscere qualcosa di preciso sullo spirito informatore della Congregazione che stava sorgendo. Nella lettera a don Perosi, Don Orione presenta il suo programma con l’impeto di una visione quasi profetica: “Ciò che Le diceva l’altro jeri era di potere abbracciare tutte le anime e salvarle tutte, tutte. E intanto incominciare a piantare collegi papalini cioè tutti di Gesù Cristo e salvare e salvare. Sento che ho bisogno di correre per tutta la terra e per tutti i mari e mi pare che la carità immensa del Nostro Signore Gesù darà vita a tutte le terre e a tutti i mari, e a tutti chiameranno Gesù Cristo. All’ombra di ogni campanile sorgerà una scuola cattolica, all’ombra di ogni Croce un Ospedale: i monti faranno passo alla carità grande di Gesù Nostro Signore, e tutto sarà instaurato e purificato da Gesù”.[12] In questa lettera, sono presenti sia la connotazione ecclesiale-papalina della futura Opera (il campanile, la scuola cattolica) e sia l’apostolato socio-caritativo (l’ospedale). C’è anche la stessa consonanza di prospettiva di salvezza espressa con “abbracciare tutte le anime e salvarle tutte, tutte”, nella lettera a Perosi, e con la “salute delle anime tuttee della “società tutta”, nella Regola fondamentale.[13]

Un altro documento che fa pensare che i primi abbozzi di Regola fondamentale risalgano a prima del 1899 è la lettera indirizzata a Davide Sasso, allievo di quel periodo, dove accenna alle regole. “Le nostre mie regole voi non le conoscete, ma voi conoscete la mia vita e il fine per cui lavoro: niente per me, tutto per Dio e per la Santa Chiesa Romana, e qualunque sacrificio per farmi santo e salvare e consolare le anime dei miei fratelli. Un cuore senza confini, perché dilatato dalla carità del mio Dio Gesù Crocifisso”.[14] Specialmente quel “nostre”, buttato giù in un primo tempo, dà a pensare che una bozza di regole doveva già esistere.

Qualcosa di scritto doveva esserci almeno dal settembre 1898, quando Don Orione scrisse ai chierici che andavano a Noto come assitenti o insegnanti che il primo anno di servizio sarebbe servito come anno di “vero Noviziato”.[15] Certamente, il maestro e i novizi dovevano avere qualcosa di scritto circa lo spirito dell’Opera a cui intendevano appartenere..

 

Pro-memoria sulla Compagnia del Papa

Mentre Don Orione stava pensando a quale forma dare all’Opera anche in vista dell’approvazione del vescovo di Tortona mons. Igino Bandi, il 3 giugno 1899, gli arrivò  da parte del vescovo di Ventimiglia, mons. Ambrogio Daffra,  l'invito a prendere la direzione di un Convitto che si sarebbe aperto in Sanremo con l'inizio del nuovo anno scolastico. Si trattava di un'attività fuori diocesi di persona autorevole e cara.[16] Per il momento Don Orione si limitò a rispondere a mons. Daffra che non facesse cenno dell'invito a mons. Bandi, dal quale sarebbe certamente arrivato un rifiuto.[17] Si affrettò, invece, a preparare regola almeno per far riconoscere un primo nucleo dell’Opera da parte del Vescovo di Tortona. Se così fosse avvenuto, avrebbe potuto ardire di chiedere il permesso al Vescovo di Tortona affinché l'Opera potesse operare anche fuori diocesi.

Il nucleo su cui poteva contare, e “presentabile” subito, era quello dei pochi sacerdoti e chierici che collaboravano con lui. Pensò di chiamarlo “Compagnia del Papa”. Poteva essere il gruppo centrale attorno al quale poi collegare altre componenti, o famiglie religiose, delle quali c’erano già i primi germogli. [18]  Così, in sole due settimane, preparato in fretta un testo di regola, datato 17-18 giugno 1899, Don Orione presentò a mons. Bandi per l’approvazione il nucleo della Compagnia del Papa.[19] È un testo di notevole importanza. Di esso, non sono conservate altre minute. È un documento bello e solitario, senza una storia e altre tracce di elaborazione. [20] Esso è più una dichiarazione di intenti che una regola; i verbi che si riferiscono alla costituzione della Compagnia e alla sua attività sono tutti al futuro, perché la Compagnia del Papa non esisteva. Vi compare, per la prima volta, il IV voto di fedeltà al Papa.

Nel Pro-memoria sulla Compagnia del Papa (allegato 2) viene usata 4 volte la parola “congregazione” e questo fece pensare al vescovo Bandi che, studiò il testo, che Compagnia del Papa fosse il nuovo nome della congregazione. Infatti, mandando le sue osservazioni a Don Orione con una lunga lettera del 30 dicembre 1899, osservò: “Tu intendi stabilire un’Opera generale nella Chiesa, che vorresti battezzare col bel titolo di ‘Compagnia del Papa’ e che avesse per iscopo tutto il bene possibile e il maggior bene che possa prefiggersi…. Tale,  se ho ben compreso la tua mente, è lo scopo che ti sei prefisso con la tua Opera, che ora appellasi della Divina Provvidenza”.[21]

Don Orione si avvide che quel Pro-memoria poteva fare intendere che la Compagnia del Papa fosse tutta l’Opera della Divina. In lettera del 2 febbraio 1900,[22] precisa: “L’Opera della Divina Provvidenza è costituita da diversi elementi personali: Aspiranti, Novizi, Professi, Anziani. (...) Essi (gli Anziani) fanno voti perpetui, solenni, assoluti e costituiscono la gerarchia dell’Opera della Divina Provvidenza e il centro della Congregazione, formando nucleo strettissimo che ha per titolo la ‘Compagnia del Papa’. Gli Anziani (oltre) ai tre voti - povertà, castità e obbedienza comuni ai Professi - hanno per obbligo il 4° voto: incondizionata obbedienza al Papa (...). I Professi, oltre i tre voti, ma semplici, fanno apposita promessa, davanti al SS. Sacramento, di eseguire - in ogni ordine di idee e di fatti e con ogni attività dell’intelletto e del cuore - quello che al Pontefice piacerà comunicare al Padre Superiore dell’Opera della Divina Provvidenza”.[23]    

Il rapporto tra Compagnia del Papa (pensata) e Opera della Divina Provvidenza (esistente) è ulteriormente illustrato nella lettera di Don Orione a don Sterpi del 20 novembre 1900 (allegato 4). In essa scrive: “Guarda  che  a Don Luigi[24] ho letto il fine della Compagnia, spiegandogli che questa sarebbe quella Compagnia essenziale, che deve avere in mano tutte le altre Famiglie religiose, che costituiscono l’Opera della Divina Provvidenza: eremiti lavoratori, adoratori, dame, collegi, suore, preti, ecc”.[25]  Dunque l’Opera della Divina Provvidenza è il nome collettivo che include diverse categorie  di membri delle quali la Compagnia del Papa è il nucleo centrale unificante.

Dopo la prima stesura del Pro-memoria sulla Compagnia del Papa del 17-18 giugno 1899, Don Orione riformulò i primi due articoli accogliendo le osservazioni fattegli dal Vescovo con la lettera del 30 dicembre 1899 (allegato 3).[26] Inviò la nuova  stesura dei primi due articoli, datata 13 novembre 1900, a don Sterpi notificandogli che pensava di presentare il testo anche a mons. Bandi nella prossima festa dell'Immacolata. Ma tornò a ritoccare il testo otto giorni dopo, "per specificare e dichiarare sempre meglio il fine per cui ci siamo uniti",[27] e mandò anche questo, sempre datato però al 13 novembre, giorno tanto caro nei primi anni della Congregazione per la memoria di S. Stanislao Kostka.[28] Tre sono le principali novità in questo testo: 1) è scomparso l'accenno al IV voto; 2) compare l'interesse per il problema ecumenico; 3. si accenna all'esercizio di "ogni opera di cristiana carità".   

    Sappiamo che il progetto di costituire e di far approvare la Compagnia del Papa non si realizzò. Probabilmente Don Orione desistette perché si rese conto che se chiedeva l’approvazione per la sola Compagnia del Papa, essa sarebbe diventata una congregazione autonoma e non il collegamento con le altre componenti dell’Opera della Divina Provvidenza che, in base al diritto canonico, sarebbero state altrettanto autonome. Dal successivo documento (agosto 1901), e poi sempre in seguito, negli scritti legislativi dirà che la “nostra minima Congregazione (...) sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza”.[29]

 

Gli articoli della “Regola fondamentale” diventano tre.  

Siamo nel 1901 e Don Orione intendeva chiedere espressamente l'approvazione della Congregazione, come risulta dalla circolare che il 3 luglio di quell’anno inviò ai confratelli dell'Opera per invitarli agli Esercizi spirituali a Sanremo, dove si sarebbero trovati per "provvedere alla salute dell'anima nostra secondo la nostra vocazione e a pregare per l'approvazione e lo stabilimento della nostra minima Congregazione".[30]

Nel nuovo testo, ai due articoli della prima stesura della Regola fondamentale, premise un preambolo, come era richiesto qualora si presentassero delle regole  in vista dell'approvazione canonica. Don Orione considerò il preambolo, riferito al piano della salvezza, come primo articolo, per cui da due che erano, divennero tre.

I "primi tre punti delle Costituzioni" richiesero il solito impegno di correzioni e limature[31] e furono inviati a don Sterpi verso il 20 agosto 1901.[32] (allegato 1b).

Segnaliamo alcune osservazioni più rilevanti.

1. La denominazione dell'Istituto, per il quale sono preparati i nuovi articoli, è quello che aveva fin dal suo sorgere: L'Opera della Divina Provvidenza.[33]

2. L'esercizio delle opere di misericordia e il riferimento ai poveri sono posti molto in rilievo, prima della enunciazione dello stesso spirito ecclesiale papalino con una terminologia tipicamente orionina: "crescere l'amore di Dio nel cuore dei poveri, dei piccoli e degli afflitti da diversi mali e dolori”.[34]

3. L'attuazione del programma papale nei paesi acattolici, prevista prima come semplice conseguenza del buon esempio svolto "con ogni opera di cristiana carità", ora è vista anche come effetto della predicazione del "santo Vangelo a tutti gli uomini", cioè attraverso una autentica attività missionaria. In quest’ambito missionario è collocato l’impegno per “ottenere l’unione della chiese separate” “con ogni studio e sacrificio di carità”.

4. Allo spirito papalino è dedicato l’intero terzo articolo e ora riguarda tutti i membri della Congregazione. Non si accenna infatti al IV voto, che Don Orione mostrerà, anche in avvenire, di riservarlo solo ad una "sezione speciale" di religiosi. Gli obblighi previsti riguardano tutti i membri dell'Opera: "pronta ed assoluta obbedienza" al Vicario di Cristo fino al "sacrificio delle sostanze, dell'intelligenza, del cuore e della vita".

5. Per la prima volta (e sarà anche l’ultima) “la pratica delle opere di misericordia” e lo zelo nel portare le anime a vivere “nella piena subordinazione e unione filiale (...) al Vicario di Cristo” sono dichiarati “duplice fine,[35] mentre poi sempre saranno presentati come un “unico” fine della Congregazione: l’impegno caritativo è svolto in vista dell’unione con il Papa e la Chiesa; il fine ecclesiale è da raggiungersi mediante le opere di carità.  

 

L’altissimo consiglio di Leone XIII (10 gennaio 1902)

Il testo di Regola fondamentale fu preso in esame dai confratelli invitati alla prima Adunanza dei Figli della Divina Provvidenza, tenuta a Sanremo nel settembre 1901. Di qui prese avvio la stesura formale dei testi costituzionali dell’Opera della Divina Provvidenza.

Don Orione non aveva ancora presentato a Mons. Bandi i nuovi tre articoli della Regola fondamentale quando, pochi  mesi dopo, si offerse la possibilità di un’udienza personale  con Papa Leone XIII, il 10 gennaio 1902. Per l’occasione egli preparò un loro riassunto nel quale non si menzionava l’azione per l’unione dele chiese separate, che invece stava molto a cuore al Papa. Proprio su questo punto “ecumenico”, Don Orione intendeva avere un parere esplicito del Papa prima di inserirlo nel testo ufficiale di Costituzioni.

Durante la famosa udienza di Leone XIII, come Don Orione riferì: "Presentai la regola, la benedisse, la toccò, mi mise più di una volta la mano sulla testa battendola per confortarmi; mi disse tante cose, anche di mettere di lavorare per l'unione delle Chiese d'Oriente: 'E' questo - mi disse - un altissimo mio consiglio'".[36] Il consiglio fu una conferma e non una innovazione della finalità ecumenica.[37]

 

“I sommi principi dell’Opera della Divina Provvidenza” (11 febbraio 1903)

Ormai Don Orione era pronto per presentare le Costituzioni e la Congregazione al vescovo Bandi per l’approvazione. Seguirono mesi di importanti contatti con varie persone in vista della stesura del testo ufficiale. Da ricordare che Don Orione trascorse l’anno 1902, quasi per intero, alla Colonia agricola Santa Maria di Roma.[38] Fu a Montecassino[39] "per vedere alcune costituzioni della vita di quei monaci" col proposito di "visitare"  anche altre "badie e monasteri per avere lumi e consigli".[40] Prese in visione le costituzioni di altri ordini e congregazioni come, ad esempio, quelle dei Padri Carmelitani,[41] dei Barnabiti[42], con particolare interesse per quelle dei Rosminiani.[43]

Il 1° maggio si rivolse a Padre Giovanni Semeria chiedendogli di aiutarlo a preparare una regola impregnata di "una carità grande che non veda confini", un amore "specialmente per i piccoli e per i poveri e per tutti gli afflitti da ogni male e dolore", insomma: "una cosa che abbracciasse il cielo e la terra (...). Io lo sento, ma non mi so spiegare. Ella, Padre, mi aiuti a fare una legge che sia grande come la santa carità (...); una cosa che non sia nulla di umano e tutto carità soavissima e grande senza confine"[44] (...). "Piccole regole e poche, poche; ma tutta carità di Gesù e del prossimo (...). Siano dolcissime di amore, da indurre questi miei fratelli ad osservarle, perché dolcissime della soavissima carità di Gesù N. Signore".[45]

Per esplicitare la finalità dell'unione delle chiese separate si rivolse, invece, ad un altro Padre: "Quando sono stato dal Santo Padre mi ha detto di lavorare per l'unione delle chiese separate. Come ci si può far entrare? Pensateci un po', o caro Padre, e fate tutto".[46]

Nella seconda parte del gennaio 1903, ci furono i noti e drammatici giorni per le sorti della Congregazione, in quanto il vescovo Bandi voleva “regolarizzarla”, darle diverso indirizzo e affidarla alla responsabilità di don Paolo Albera. Dopo la riunione avuta il 27 gennaio con Don Orione, don Sterpi, Gaspare Goggi, don Paolo Albera, il 28 gennaio, di buon mattino, il Vescovo chiamò in udienza Don Orione per comunicargli la decisione. Don Orione riferì solo oralmente di quel colloquio e di esso sono conservate varie redazioni dello svolgimento. "Egli (Don Orione) entrò dal Vescovo, e ne ricevette gli ordini con gran sommissione. Quando il Vescovo lo licenziò, si avviò all'uscita; ma quegli lo fermò: 'E adesso devi dirmi che cosa pensi in questo momento di me!'. Don Orione si schermì, ma l'altro insistette, e finì per ordinargli: 'In virtù di santa ubbidienza, devi dirmi quel che pensi di me!' 'Se Lei me lo ordina , glielo dirò d'in ginocchio!' - 'O in ginocchio o in piedi. tu devi dirmelo!'. Don Orione s'inginocchiò: 'Penso, Padre veneratissimo, che Lei stamane non possa celebrare la Santa Messa'".[47]      

Forse proprio per quell'umile ardire, mons. Bandi ebbe l'impressione che lo Spirito del Signore stesse dentro quel suo giovane sacerdote trentenne.[48] Dopo quel colloquio, nella stessa mattinata, fece pervenire a Don Orione il seguente biglietto: "Carissimo nel Signore, la carità del Cuore sacratissimo di Gesù sia sempre con noi! Benedico all'Opera tua, perché prosperi e si propaghi al bene delle anime e alla maggior gloria di Dio. La Vergine Immacolata accolga sotto il suo patrocinio la tua persona e tutti i tuoi collaboratori. Prega e fa pregare per me, oppresso dal dolore e dal peso della Croce".[49]

Improvvisamente, dopo la benedizione liberatoria del Vescovo, Don Orione poté inoltrare finalmente la richiesta di approvazione della Congregazione.

L'11 febbraio 1903, inviò la domanda al Vescovo spiegando il ritardo: "Non perché io non avessi tutta la fiducia in Voi e non Vi amassi tenerissimamente nel Signore, ho tardato tanti anni a farVi questa supplica; ma perché non avevo fiducia in me, e anche perché, volendo essere cosa tutta del S. Padre, mi pareva anzi tutto necessario interpellare e conoscere in proposito il giudizio del S. Padre stesso".[50] Don Orione espose il piano dell'Istituto in sette punti, definendoli "i sommi principi dell'Opera della Divina Provvidenza” (allegato 5).[51] È un testo di grande valore storico per quanto riguarda l’esplicitazione del carisma, essendo il primo documento presentato formalmente da Don Orione all’Autorità della Chiesa per il riconoscimento canonico.

 Riportiamo solo i passi che interessano il carisma, espresso nel “fine” e nei “mezzi” della nascente Congregazione.

“2. "Il nostro minimo Istituto che, per bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza, riconoscendo nel Romano Pontefice il cardine dell'opera della Divina Provvidenza nel mondo universo (...), questo ha per fine suo precipuo:

3. di compiere, con la divina grazia, la volontà di Dio nella volontà del Beato Pietro, il Romano Pontefice, e cercare la maggior gloria di Dio  con attendere alla perfezione dei suoi membri  e impiegarsi, con ogni opera di misericordia, a spargere e crescere nel popolo cristiano - e specialmente nell'evangelizzare i poveri, i piccoli e gli afflitti da ogni male e dolore - un amore dolcissimo al Vicario in terra di Nostro Signore Gesù Cristo, che è il Romano Pontefice, Successore del Beato Apostolo Pietro, con l'intento di concorrere e rafforzare, nell'interno della Santa Chiesa, l'unità dei figli col Padre e, nell'esterno, a ripristinare l'unità spezzata col Padre. (...). Per volontà espressa del Santo Padre poi, è proprio di questo Istituto di coadiuvare, nella sua piccolezza, l'opera della Divina Provvidenza col faticare e sacrificarsi a togliere la confusione dei tabernacoli e a far ritornare alla piena dipendenza e unità col Beato Pietro le chiese separate. (...).

7. I Fratelli di questa Congregazione vanno distinti in due classi, quella dei laici e quella dei sacerdoti, i fratelli laici saranno chiamati col semplice titolo di fratelli; i sacerdoti col titolo di Coadiutori dell'Opera della Divina Provvidenza. (...) Alcuni sacerdoti poi, scelti fra i Coadiutori e nominati dal Superiore, fanno un quarto voto perpetuo di speciale obbedienza al Romano Pontefice, dopo il quale vengono chiamati col proprio nome di Presbiteri dell'Opera della Divina Provvidenza e avuti siccome servitori sino alla morte e figli del Papa. Questi debbono avere fatto un sacrificio continuo e totale di se stessi alla volontà dei Superiori: non vivono che per la Santa Chiesa, pronti per essa sempre a morire".[52]

La lunghissima lettera aveva richiesto un meticoloso lavoro di redazione, specialmente nella parte che presentava  i "Sommi principi dell'Opera".[53] Mons. Bandi ne fece un'attenta lettura e l’osservazione più importante che fece fu: "In quanto al quarto voto perpetuo, sembrami contrario alle norme stabilite dalla S. Congregazione dei VV. e RR”.[54] Poi concludeva: "Nel resto nulla osta per la mia approvazione".[55] Don Orione accettò alla lettera le osservazioni di mons. Bandi.[56] 

Don Carlo Perosi "riceveva l'incarico di esaminare la nostra posizione canonica e le Regole, e poi di stendere il decreto"[57] di approvazione. Il Decreto confermò la denominazione e il fine della Congregazione con le seguenti parole (tradotte dal latino): "La nuova Congregazione si chiama L'Opera della Divina Provvidenza ed ha per fine di unire per mezzo di tutte le opere di misericordia - e specialmente attendendo all'educazione sinceramente cattolica della gioventù, predicando il Vangelo ai poveri, sollevando e confortando nella carità di N. S. G. C. quelli che sono afflitti e faticati - con strettissimo e dolcissimo vincolo di tutta la mente e di tutto il cuore il popolo cristiano alla S. Sede".[58]

Il 21 marzo 1903, mons. Igino Bandi firmava il Decreto e l’Opera della Divina Provvidenza riceveva così l'approvazione diocesana.

 

 

ALLEGATO 1

LA REGOLA FONDAMENTALE

  1. Prima redazione (senza data)

 

Primi abbozzi di regole stesi da Don Orione, non datati, definiti “Regola fondamentale” perché questa qualifica è data da Don Orione stesso ne testo.


I. Il fine di questa Compagnia (Società) è attendere non solo, per la grazia di Dio, con tutta l'anima e tutte le forze, alla propria santificazione, ma, nella grande misericordia del Signore, impiegarsi nella perfezione e salute delle anime tutte e, con ogni modo voluto dalla carità, portare tutta la società al nostro caro Signore Gesù Cristo: -  Instaurare omnia in Christo - specialmente col fare sinceramente cristiana e cattolica la gioventù, dalle scuole ai campi, e coll'attuare la volontà e i desideri del Papa con ogni opera di carità spirituale e temporale.

II. E' fine esplicito della Compagnia, e proprio essenza della nostra vocazione, essere del Papa: e di nostro non avere più nulla: né volontà, né persona, né roba, né altro: siamo uniti e consacrati alla volontà della Santa Sede: a Lei tutto il sacrificio della nostra sommissione in tutto e sempre, e della nostra mente e del nostro cuore, e di tutte le nostre viste personali, e della nostra vita e di tutto quanto abbiamo e potremmo avere: strumenti docili e affatto ciechi e totalmente abbandonati nelle mani del Vicario di Gesù Cristo - veri figli del Papa - fatti e uniti tutti per santificarci nelle sue sante mani, per vivere e morire per Lui, non mossi da affetti o ambizioni terrene, ma unicamente e sempre per la gloria di Dio!

Secondo questa vita vogliamo vivere e morire, e per essa, malgrado tanti peccati, speriamo fermamente nella misericordia del Signore di salvare l'anima nostra

Questa è la regola fondamentale e la nostra professione di fede e di vita religiosa; essa starà invariata, né alcun articolo o deliberazione potrà modificarla mai[59].

Tutto, in base a quanto sopra, la Santa Sede, - o chi per Lei -, come crederà, modifichi e cambi e sopprima, oggi o domani o quando crederà: - noi con tutto il cuore e con tutto ciò che siamo, che abbiamo o possiamo avere, siamo e saremo sempre nelle Sue mani: e benediciamo e benediremo sempre il nostro caro Signore!".[60]

 

  1. Seconda redazione (20 agosto 1901)

  Carissimo Don Sterpi,

  Ti mando i primi tre punti delle Costituzioni: il 1° punto riguarda l'ordine generale della Provvidenza o meglio il fine generale della Redenzione di N. Signore e dell'azione della Chiesa nei secoli cristiani, (è un preambolo)…[61]

2.  Ora la nostra minima Congregazione che, per somma bontà del Signore, sorse sotto la denominazione di Opera della Divina Provvidenza, questo ha per fine suo precipuo: di compiere, con la divina grazia, la volontà di Dio, di cercare la sua maggiore gloria con l'attendere alla cristiana perfezione dei suoi membri  e impiegarsi  con ogni opera di misericordia, spirituale e temporale, a spargere ed accrescere l'amore di Dio nel cuore dei poveri, dei piccoli e degli afflitti da diversi mali e dolori, specialmente se soli e abbandonati.

I figli dell'Opera si propongono Gesù Cristo a modello e intendono di realmente servire a Lui nel prossimo, ricordando che questo Divin Salvatore - che è la carità medesima, Deus caritas est - non ha raccomandato nulla con maggior istanza quanto la pratica delle opere di misericordia ...(e vengono riportati i passi evangelici al riguardo),

E' anche proprio del nostro Istituto di coadiuvare nella sua piccolezza, l'azione della Divina Provvidenza nel condurre le anime e le umane istituzioni a prendere posto nella santa Chiesa, a reggersi e a santificarsi secondo la dottrina e la carità di Gesù Cristo Crocifisso, nella piena subordinazione e unione filiale, di mente, di cuore e di opere, al Vicario in terra di nostro Signore, che è il Papa, concorrendo ad attuare, nei paesi cattolici, la completa esecuzione della volontà del programma papale, e, nei paesi acattolici, predicando il santo Vangelo a tutti gli uomini, secondo il mandato di Gesù Cristo agli Apostoli (...), se medesimo (l'Istituto) in particolarissimo modo consacrando con ogni studio e sacrificio di carità ad ottenere l'unione delle chiese separate.

3. Questo duplice fine, che è proprio di nostra vocazione, pone l'Opera della Divina Provvidenza ed ogni suo membro nella pronta ed assoluta obbedienza del Vicario del nostro Signore Gesù Cristo, che è il Romano Pontefice - Pastore e Maestro Supremo Universale ed infallibile dell'unica vera santa cattolica ed apostolica Chiesa di Dio - per eseguire,  sempre con la divina grazia, la sua volontà, sotto la dipendenza e l'indirizzo dei superiori dell'Opera in qualsiasi parte del mondo: in ogni ordine di idee e di fatto, con ogni attività e sacrificio delle sostanze, dell'intelletto, del cuore e della vita, tutto quello che a Lui, vescovo e Papa della santa Chiesa cattolica e delle anime tutte, piacerà di comandare, o mostrerà di desiderare alla massima gloria e dilatazione del Regno di Dio e per il bene delle anime e dei popoli"[62].

 


[1] Del del progetto di una Compagnia del Papa aveva parlato Don Albino Cesaro in Notizie della Piccola Opera, Tortona, 1943, p.14-15, ma poi le biografie di Don Orione pubblicate prima del 1980 (Berra, Sparpaglione, Pucci, Barra, Papasogli, Pronzato, ecc.) non ne accennano nemmeno. Il tema ritorna nei volumetti Don Orione Beato e la Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Albino Cesaro (1981 e 1984) e viene trattato in Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza (DOPO) II, 475-480. Negli anni ’70 e ’80, corrispondenti al fervore di ricerche storiche e di riflessioni per l’introduzione del IV voto di fedeltà al Papa nelle Costituzioni – di fatto avvenuta con il Capitolo del 1981 -, il documento del Pro-memoria per la Compagnia del Papa passa dal totale oblio precedente ad una sopravvalutazione, con affrettate deduzioni circa la primitiva denominazione e finalità della nostra Congregazione.

[2]  Don Orione e i suoi seguaci sono indicati con questo nome già nel terzo numero di La Scintilla del 25 settembre 1895.

[3]  Studi più approfonditi sulle fonti di archivio, dovuti in gran parte a don Antonio Lanza, hanno portato alla conoscenza e alla giusta valutazione di alcune minute che vennero definite Regola fondamentale, perché questa espressione fu data da Don Orione stesso a questi primi abbozzi di regola, presenti in Scritti 90, 404 e 110, 233, dei quali parleremo in seguito.

[4] Sacerdote paolino, dal 1969 direttore del monumentale Dizionario degli Istituti di perfezione, grande conoscitore della storia della vita consacrata.

[5]  Così leggiamo a p. 131 della relazione di don Rocca, pubblicata in: AA.VV: La figura e l’Opera di don Orione, Editrice Vita e Pensiero, Milano, 1994, pagg. 125-140.

[6] Mi avvalgo di studi, che invito a leggere, di Antonio Lanza: Le Costituzioni della Piccola Opera della Divina Provvidenza, “Messaggi di Don Orione” (MdO), n.76, 1991, p. 8-69; L’approvazione canonica della Congregazione nel 1903, MdO n. 110, 2003, p.5-38; e il mio Alcune questioni sulle origini della Piccola Opera della Divina Provvidenza, MdO, n. 110, 2003, p.39-59;

[7]  “Mi è venuta una forte lagnanza perché non faccio mai le regole, ed io non so come fare: voi, o buon Padre mi potreste aiutare?”; Scritti 97, 2.

[8]  Cfr. Parola, XI, 64s.

[9] I due testi sono pubblicati in Sui passi di Don Orione. Sussidio per la formazione al carisma, Dehoniane, Bologna, 1996 (cit. Sui passi), p.295-298.

[10]  Così nella seconda minuta, in Scritti, 110, 233.

[11]  Scritti, 90, 404.

[12]  Scritti, 115, 142.

[13] Da notare che nel Pro-memoria sulla Compagnia del Papa, data la sua destinazione ad un gruppo particolare, oltre che la componente socio-caritativa, manca un esplicito accenno all’impegno per la “salute delle anime”.

[14]  Scritti,  102, 32.

[15] Ad uno dei giovani, che desiderava andare a Noto, scrisse “franchissimamente” che il servizio prestato presso quel Convitto era “un vero Noviziato per quelli che son decisi di fermarsi con noi”; Cfr. Lettera a don Sterpi, Scritti, 10, 20.

[16] Mons. Ambrogio Daffra, vescovo di Ventimiglia, era stato il primo direttore del chierico Luigi Orione nel seminario di Tortona.

[17] Mons. Bandi non condivideva l’esuberanza di espansione dell’Opera. In data 30 dicembre 1899, scrisse a Don Orione: “miravo ad una espansione dell’Opera tua più lenta, ma più soda, più seria e meno chiassosa” che “si fosse limitata alla Diocesi aiutando così il tuo Vescovo”; Epistolario Bandi, B 5 III.  

[18]  Entro quell'anno venivano costituiti il gruppo dei primi Eremiti della Divina Provvidenza (luglio 1899)  e quello delle Dame della Divina Provvidenza (settembre 1899).

[19] Cfr F. Peloso, Quale rapporto tra Compagnia del Papa e Opera della Divina Provvidenza? In MdO, n. 110, 2003, p.40-45.

[20] Personalmente ritengo che Don Orione pensasse a don Gaspare Goggi nel “sognare” una Compagnia del Papa come centro di unità della sua Opera. Forse, don Goggi stesso mise mano e pensiero nel Pro-memoria. Era infatti a lui, più che a don Sterpi, che Don Orione ricorreva per confrontarsi su questioni dottrinali e culturali.

[21]  Bandi I., Cartella B. 5. III, p.5.

[22] La data di questa lettera è spesso riportata errata invece di febbraio (in autografo II = febbraio, in numero romano) mette novembre (11, in numero arabo). Non può essere il 12 novembre 1900 anche perché il 13 novembre 1900 Don Orione presenterà la Compagnia del Papa senza IV voto, mentre qui è ancora previsto.

[23]  Scritti 52, 5.

[24]  Era don Luigi Gamaleri, cugino di don Sterpi e segretario di mons. Daffra.

[25]  Lettera a don  Sterpi del 20 novembre 1900; Scritti 10, 11-14.

[26] Don Orione vi lavorò molto, tanto che ci sono giunte ben sette minute. Tre minute (Scritti, 52,4; 52, 4b; 115,300) hanno il testo completo; a queste deve essere aggiunta quella dal titolo “La Compagnia del Papa - I figli del Papa”; Scritti; 81, 88; le altre quattro (Scritti, 52, 4c; 52, 4d; 81,4; 110, 234) riportano solo brani.

[27]  Lettera a don Sterpi del 20-21 novembre 1900; Scritti, 10,14.

[28] Nella lettera che accompagnava la seconda stesura, Don Orione scriveva a don Sterpi: "(Il testo) sarà firmato da tutti: cioè da me, da Albera, da te, da Risi, da Piana, da Cesare, da Fra Vincenzo, da Goggi, da Volante, da Minardo, da Fra Gaetano, da Alvigini e, se sarà del caso, da D. Paolo Cassola anche. Avrei desiderato anche da Zanocchi, ma è meglio non affrettare di troppo, se egli non è totalmente nostro"; Lettera del 20-21 novembre 1900, Scritti 10, 14.

[29] Bianchi Amerigo, Le Sante Regole, dattiloscritto, Archivio Don Orione (ADO), Roma, p. 360s.

[30]  Scritti, 30, 16.

[31]  Del lungo preambolo - preso in buona parte dal Rosmini – che inquadra l’Opera della Divina Provvidenza nel piano universale della salvezza, ci giunsero tre minute (Scritti, 64,254; 64, 254b e 69, 375) e ben dieci del secondo e terzo articolo  (Scritti, 52, 9; 68, 190; 69, 259; 69, 285; 79, 284; 90, 432; 90, 433; 104, 37; 112, 41 e 112, 44).

[32] Scritti, 10,3. Negli stessi giorni, il 23 agosto, Don Orione inviò gli articoli anche a don Carlo Riccardi perché glieli traducesse "nel linguaggio della nostra S. Chiesa", cercando "tutte quelle parole che soffiano carità" e mettendovi "un grande fuoco di carità fin negli et", assicurandolo che nell'Opera si pregava da tutti "perché il Signore possa essere fin nelle virgole" (Scritti, 40,82). Anche la traduzione del testo in latino è un ulteriore indizio di voler presentare alla Curia diocesana gli articoli in forma ufficiale.

[33] Ricordiamo che fu Don Orione ad aggiungere “Piccola” a “Opera della Divina Provvidenza”. Suggerì questo cambio anche a Pio X nell’udienza del 20 novembre 1910, come risulta in una lettera del 26 novembre, in cui egli racconta a don Sterpi di quell’udienza: “Sono io che gli ho detto: la Piccola Opera ecc. e così si chiamerà”.[33] Egli già aveva iniziato a preporre “Piccola” al nome della Congregazione, come risulta per esempio in una lettera al suo vescovo Mons. Igino Bandi del 9 marzo 1910. Lo stesso vescovo di Tortona, in un decreto del 4 ottobre 1908, nominava la Congregazione “Opera della Divina Provvidenza” all’inizio e poi per una decina di volte “Piccola Opera”; cfr. Don Orione e la Piccola Opera, vol. V, 463 nota 83b.

[34] Molto più forte era l'espressione nella minuta di Scritti, 112,41: "Amare divinamente e immensissimamente di un grandissimo foco di amore i poveri e i piccoli di Gesù (i muti, i ciechi, i vecchi) e gli afflitti da ogni male e dolore". In una delle minute (Scritti, 52,9)) erano indicati anche i mezzi per portare i poveri alla Chiesa e al Papa: “l’agricoltura oggi, domani sarà l’industria tessile, doman l’altro sarà l’arte, sarà la scuola, sarà la stampa”, ad indicare che le attività della Congregazione non dovevano fossilizzarsi sui settori di lavoro allora scelti, ma seguire l’evolversi della società e le indicazioni dei tempi.

[35] Cfr F. Peloso, Papa - Poveri: due poli o un fine unico? in MdO, n. 110, 2003, p.45-49

[36]  Scritti, 72, 187. L'intenzione di lavorare per "ottenere l'unione delle chiese separate" Don Orione l'aveva già messa negli articoli di regola del 13-20 novembre 1900 e dell'agosto-settembre 1901.

            [38] Cfr La Colonia S. Maria del Perpetuo Soccorso (Roma). Cento anni di storia (1901-2001), Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma, 2001.

[39]  Scritti,  57, 107.

[40]  Scritti, 70, 172.

[41]  Scritti, 102, 172s.

[42]  Scritti, 102, 44.

[43] Si veda la corrispondenza con padre Bernardino Balsari del 1902, riportata in F. H. Fornerod, La Iglesia es caridad. La experiencia eclesiològica de San Luis Orione, Agape, Roma, 2008, p. 407-408.

[44]  Scritti, 112,43.

[45]  Scritti, 97,2.

[46]  Scritti, 97, 2. 

[47]  Goggi, dattiloscritto biografico, I, 329s.;  Bandi, Cartella B. 5. III. Ci sono varie testimonianze ex auditu di Don Orione su questo incontro, ma nessuna scritta. La sostanza è sempre identica. 

[48] A far sgretolare interiormente la convinzione del Vescovo nella decisione presa contribuirono certamente anche don Gaspare Goggi e don Carlo Sterpi, stimatissimi da Bandi, i quali, allorquando egli fece loro comprendere di voler porre don Albera alla direzione dell’Opera, umilmente e filialmente, dichiararono di rimettersi a disposizione del Vescovo per la Diocesi, ma mai avrebbero prestato la loro opera in una Congregazione retta da altra persona.

[49] Bandi, Cartella B. 5. III. Don Orione aggiunse su quel foglio: “In un momento di grande dolore”.

[50] Scritti 45, 30f. Testo pubblicato in Don Orione. Le Lettere, 1969, I, 11-22.

[51] Su questo testo si veda la mia breve presentazione La visione teologica e carismatica di Don Orione in MdO, n.150, 2016, p.8-11.

[52]  Scritti,45, 25 bis. Del testo esistono una minuta autografa in 45, 26-30 e una minuta dattilografata in 45, 30b–30g. I Sommi principi sono pubblicati in Don Orione. Le lettere, 1969, I, p.11-22; Sui passi, p.233-235.

[53]  La sua stesura finale occupa 25 facciate di fogli formato protocollo con 58 fogli di minute; Scritti, 45, 25 bis, pagg. 1-17.

[54] Di IV voto si parlava al n.7. Le Normae secundum quas S. Congr. Episcoporum et Regularium procedere solet in approbandis novis Institutis votorum simplicium (Tip. Vaticana, 1901) al n. 102 stabilivano: "Non admittitur in novis Institutis quartum votum".

[55]  Lettere di Don Orione a mons. Bandi, ADO, p.6.

[56]  "Le vostre paterne osservazioni mi paiono piene di saviezza e di lume di Dio, - gli scriveva - e la vostra approvazione mi tranquillizza pienamente che la cosa viene dall'alto, ed è questa la maggiore consolazione che per me si possa sentire"; Scritti 102,91.

[57]  Scritti,  74, 215.

[58] Bandi, Cartella B. 5. III.

[59]Nella seconda minuta troviamo la dichiarazione esplicita che gli articoli riportati - lì chiamati “capitoli” - sono i primi delle nostre Costituzioni: “Questi due primi capitoli sono la nostra professione di fede e di vita religiosa (...). Tutto ciò che verrà, le costituzioni o regole posteriori a questi due articoli, s’intende che dipendono da questi due primi”. In questa minuta, Don Orione ai due capitoli aggiunge anche “III. Il modo di vivere nell’esteriore” senza dargli alcun sviluppo; Scritti 110, 233. 

[60] Scritti  90, 404.

[61] Scritti 10, 3.

[62] Bianchi Amerigo, Le Sante Regole,  dattiloscritto, ADO, p. 360s. Il testo completo ci è stato tramandato da don Sterpi, che trascrisse i tre punti in un suo notes.

[63] Scritti, 52, 1.

[64]  Nella prima stesura c’era "tendere con ogni sforzo ad unire al Papa le chiese separate, i protestanti  e gli infedeli".

[65]  Nella prima stesura l'oggetto dell'obbedienza al Pontefice era indicato in "quello che al Papa piacerà di comandare, o mostrerà desiderare", mentre qui è inserita anche la mediazione “o mostrerà desiderare al Superiore Generale della Compagnia”.

[66]  Scritti, 52,4.

[67] Scritti 10, 11-14.

[68] Scritti 10, 14.

[69] Scritti 45, 30 f. Il testo pubblicato in Don Orione. Le Lettere, 1969, I, 11-22; Sui passi, p.233-235.

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