La testimonianza di una suora orionina sugli anni della guerra 1939-1945.
Sono andata a Wloclawek nel settembre 1937 per lavorare coi bambini dell’Asilo. Era una zona molto povera, misera. C’erano solo tre caseggiati al di sopra della terra, tutti gli altri erano scavati sotto terra; solo si vedevano i tubi per lo scarico del fumo. Era gente che veniva anche da altri paesi: non avevano lavoro, non avevano casa, niente. Leggevano scritto sui giornali che un metro di terra costava 30 grossz (poco!), e allora compravano.
Il Piccolo Cottolengo ebbe inizio nel 1937, a novembre. Raccoglieva uomini, donne, tutti; c’erano malati nel fisico e mentali. Alcuni benefattori generosi avevano dato offerte per la costruzione. I Padri erano tre, poi dall’Italia venne Don Francesco Drzewiecki; arrivò negli ultimi giorni di giugno del 1939. Gli fecero visitare la casa e gli dissero che avrebbe svolto l’ufficio di Cappellano della Casa dei malati e di aiutante nella Parrocchia.
Suor M. Loreta Janiak, Superiora del Piccolo Cottolengo, quando diede alle suore la notizia dell'arrivo di Don Francesco Drzewiecki, inviato per lavorare nella nostra parrocchia e per la cura spirituale degli ammalati della nostra casa, disse: "Sono contenta che l'abbiano mandato qui, perché è un buon religioso e un sacerdote pieno di fervore". La gioia della Superiora fu presto condivisa dalle Consorelle e dal personale del Piccolo Cottolengo.
Il mio primo incontro con Don Drzewiecki avvenne in occasione della festa, prima delle vacanze estive, dell'orfanotrofio per i bambini di Grzywno. Invitammo il parroco, Don Zygmunt Florczak, che venne accompagnato da Don Francesco Drzewiecki. Osservavamo il nuovo sacerdote con una certa curiosità: era serio, gentile, cortese nelle parole e nel comportamento. Non cercava il primo posto, ma si teneva in disparte. Il suo comportamento semplice e dignitoso suscitava rispetto. Ci sembrava un po' diverso dai sacerdoti con i quali fino allora avevamo collaborato. La sua personalità ci incuteva un certo timore. Me lo ricordo così, come nella fotografia del suo passaporto, al ritorno dall’Italia.
Il parroco, alla fine, ringraziò le suore per il lavoro svolto nell'orfanotrofio e anche Don Francesco aggiunse qualche parola: "Si, suore, il vostro lavoro con i bambini è prezioso, anche perché facilita molto l’approccio dei sacerdoti con i loro genitori. Per questo vi ringraziamo". Siamo state contente di questo apprezzamento.
Incontrai una seconda volta Don Drzewiecki il 1° luglio 1939, in occasione della chiusura dell'Oratorio festivo per le ragazze. Fu invitato ancora il parroco che, anche questa volta, venne con Don Drzewiecki. Dopo il breve spettacolo, e i canti presentati dalle ragazze, il parroco ringraziò le suore e le ragazze per l'aiuto prestato in parrocchia; Don Francesco ci descrisse un po’ la vita degli Oratori festivi in Italia. Quando le ragazze andarono via ci si fermò a parlare ancora con i sacerdoti circa il nostro lavoro nell'oratorio. Il parroco incoraggiava Don Drzewiecki ed egli ci promise di aiutarci, dopo l'estate, nell'educazione delle ragazze di Grzywno. Eravamo molto contente di poter contare, per il nuovo anno scolastico, sulla collaborazione di un sacerdote così ricco di esperienza. Nessuna di noi avrebbe immaginato che questo incontro, e il dialogo con Don Francesco sulle ragazze di Grzywno, fosse l'ultimo.
Nei giorni successivi Don Drzewiecki, visitò il Piccolo Cottolengo intrattenendosi a parlare con gli ammalati e con il personale. Celebrava la S. Messa, confessava parecchie persone e portava la S. Comunione agli infermi. Le suore erano molto contente del suo lavoro e dello spirito di sacrificio che lo animava. Ce n’era proprio bisogno, poiché Don Zygmunt Florczak , sacerdote veramente bravo, era già anziano e molto ammalato.
Durante le vacanze estive del 1939, Don Francesco si prese cura della Casa, parlava con le suore e con tutti, prendendo sempre più conoscenza dell’ambiente. Iniziò subito il suo ministero parrocchiale. Veniva sovente a far visita al nostro Asilo, sempre affollato di bambini poveri che venivano numerosi e ricevevano cibo e vestiti.
Negli ultimi giorni di luglio, 1939, suor Stanislawa Mochalska ed io siamo andate a Zdunska Wola per fare gli Esercizi Spirituali.
Terminati gli Esercizi, dovevamo fermarci ancora sette giorni a Zdunska Wola per un po’ di riposo. Infatti, il primo settembre, avrebbe avuto inizio la scuola. Siccome però cominciava a diffondersi un certo panico per una probabile e imminente guerra, ci fermammo alcuni giorni in più. L’inizio dell’invasione tedesca ci colse proprio in quella casa. A Zdunska Wola caddero delle bombe, fortunatamente non sulla casa, ma in giardino.
A Zdunska Wola non avevamo cibo sufficiente: Don Marabotto ci procurava qualche cosa. Ricordo che un giorno fu colpita dalle bombe una fabbrica di cioccolato; i chierici andarono a prenderne e ne ricevemmo anche noi una buona parte.
Un giorno uno dei sacerdoti mi disse: “Mariscia, Don Marabotto vuole la tua veste”. Restai sorpresa della richiesta, ma gliela diedi. Don Marabotto imbottì l’abito di soldi e mi disse di partire subito per Wloclawek: dovevo portare quei soldi, segretamente, a quella comunità. Io andai a riferire alla Superiora: “Ho ricevuto l’ordine da Don Marabotto di andare a Wloclawek”. La Superiora, che non conosceva il motivo, mi rispose: “Lui è il superiore dei sacerdoti, la superiora delle suore sono io. Tu non parti”. Piansi tanto quel giorno ! Avevo paura che lavassero la mia veste; come avrei fatto? Poi, finalmente, la Superiora mi permise di andare a Wloclawek. E andai… con l’abito imbottito di soldi.
Feci ritorno da Wloclawek il 9 novembre, e proprio il giorno precedente avevano arrestato molti sacerdoti della città. Dalla nostra parrocchia del Sacro Cuore portarono via il canonico Nowicki, Don Demrych e Don Drzewiecki. Lasciarono solo Don Florczak, gravemente ammalato di tubercolosi. Le suore non ebbero la possibilità di seguire i momenti dell’arresto dei sacerdoti, perché si trovavano in un’altra parte della casa.
Appena arrivata a Wloclawek, constatai il grande dolore di tutti per l’arresto dei sacerdoti. Parlavano di Don Francesco con grande tristezza e rammarico: era generoso e aiutava tanto la gente che viveva in estrema miseria; lavorava con molto zelo nella Parrocchia. Tutti lo ricordavano sempre molto gentile e delicato, capace di infondere coraggio.
Suor Loreta mi raccontò che, durante i giorni di bombardamento e di invasione tedesca, Don Francesco confessava, portava il Santissimo e distribuiva la Comunione, aiutava tutti, non si risparmiava, e affrontava volentieri fatiche e rischi anche per aiutare i soldati. Suor Loreta, che lo aveva conosciuto da ragazzo, qualche volta, confidenzialmente, lo sgridava perché si stancava troppo, e sarebbe caduto per la spossatezza. Ma Don Francesco diceva: “Devo, devo andare”. E andava dove c’era bisogno. Usciva senza cappello, col freddo, col vento, a qualsiasi ora.
Don Francesco fu dunque recluso nel carcere di Wloclawek. Un ingegnere venne a dirci che potevamo, e dovevamo, portare da mangiare ai nostri sacerdoti. Suor M. Loreta Janiak, conosciuta questa possibilità, ci chiese se qualcuna aveva il desiderio e il coraggio di farlo. Dopo un momento di silenzio, il suo sguardo si posò su di me e io capii subito. "Va bene - dissi - vado io, e volentieri". Da quel giorno, per 2 o 3 settimane portai il pranzo ai nostri sacerdoti. Dapprima avevo un po’ paura, ma sapevo che non mi avrebbero presa perché avevo solo diciotto anni (ero entrata in Congregazione a 14 anni).
Qualche volta mi sostituiva Zygmunt Golinski (postulante FDP), o un'altra suora. Non potevamo entrare nel carcere e lasciavamo tutto in portineria. Solo una volta ci diedero il permesso di incontrare i sacerdoti e quella volta andò suor Maria Loreta.
Quando andavo a portare il pranzo in carcere, portavo pure qualche notizia scritta su biglietti ben nascosti nel cibo. Portavo il cibo in una cesta e per tutti e tre i prigionieri. Portavo solo minestra perché era proibito portare carne.
Gli altri due sacerdoti ben presto si ammalarono e furono portati in ospedale, a Wloclawek, in via Torunska, dove si trovava anche Don Franciszek Korszynski (diventato poi Vescovo di Wloclawek), amico del nostro Piccolo Cottolengo, e Don Demrych. Suor Loreta andava spesso a trovare i sacerdoti all'ospedale e portava loro la biancheria pulita, la frutta e un po' di dolci. L'ho aiutata personalmente a portare queste cose, perché da via Lesna a via Torunska si doveva andare a piedi.
Un giorno, avendo portato in carcere, come al solito, il pranzo per Don Drzewiecki, ci fu riferito dal portiere: “Non è più qui, e non è in ospedale; domani non portate pranzo”. Era prima di Natale.
Don Drzewiecki fu trasferito a Lad. Suor Loreta poté raggiungerlo facilmente perché conosceva bene la città e il monastero dei Salesiani, poiché vi aveva lavorato da ragazza. Portava con sé alimenti, piccole cose necessarie, notizie. Faceva anche commissioni, non solo per i nostri sacerdoti, ma anche per gli altri. Suor Loreta andava e portava da mangiare per tutti, e tutti erano grati per quella provvidenza.
Una volta, mentre consegnava il cibo ai sacerdoti, Don Drzewiecki guardò meravigliato e disse: “Suora, quante cose avete portato, ma voi avete da mangiare?”. Suor Loreta si commosse per questa delicatezza e ci riferì ogni sua parola: “Quant’è buono quell’uomo!”. E lo ripeteva piangendo e… si piangeva da noi tutte.
Era veramente tanto buono e delicato Don Francesco! Suor Loreta andava a trovarli ogni settimana o anche più spesso. Lad era distante più di 40 chilometri. Portava notizie, anche scritte, relative alla parrocchia, alla gente, e non solo a Don Drzewiecki, ma anche agli altri sacerdoti che conosceva. Suor Loreta tornava a casa dalla prigione con la biancheria dei sacerdoti da lavare, stirare, cucire. Suor Loreta poteva andare e tornare da Lad liberamente perché era molto conosciuta.
Ci raccontava che Don Francesco aiutava tutti e diceva: “Preghiamo, preghiamo!”. Alcuni, anche sacerdoti, brontolavano: “Ma sempre pregare, pregare!”. Lui voleva far pregare sempre tutti.
Don Francesco non era malato, ma erano tutti molto deboli per l’insufficienza del cibo.
L’ultima volta che suor Loreta andò le dissero: “Tra qualche giorno ci porteranno in un altro posto”. Ma non sapevano dove. Quel posto, si venne a saperlo dopo, era il lager di Dachau.
A Dachau le nostre suore spedirono due pacchi con alimenti e i sacerdoti li ricevettero ma un terzo, spedito dopo, non fu recapitato. Alla fine del 1941, fu proibito spedire pacchi indirizzati a Dachau e così si interruppe il nostro contatto con i sacerdoti. Siamo venute a sapere solo dopo molto tempo della morte di Don Francesco Drzewiechi avvenuta in quel lager il 13 settembre 1942.
Il Cottolengo era come è adesso: si entrava dal cortile dall’ingresso su via Lesna. A pianterreno non abitava nessuno, le camere erano nel corridoio, al primo piano. La prima, a sinistra, era la camera di Don Drzewiecki, poi le camere degli altri Sacerdoti, quella del canonico Nowicki e quella della perpetua. Al di là di una parete divisoria, c’era l’ufficio parrocchiale con una sala di attesa; dall’altra parte del corridoio, c’era l’ufficio del parroco e una camera dove prima dormirono Demrich e poi Florczak.
Nella notte, quando arrestarono Don Drzewiecki, nessuno poté sentire qualcosa poiché dormivano in alto. Le guardie bussarono, picchiarono alla porta: solo una suora anziana, che faceva l’assistenza di notte alle malate, sentì e guardò, ma una guardia disse che nessuno poteva avvicinarsi a guardare. Due guardie stavano all’ingresso e vigilavano, poi, chiusa la porta, portarono via Don Drzewiecki. Al mattino tutti appresero la notizia degli arresti: non avevano portato via solo i nostri, ma anche molti altri sacerdoti della città. Mentre i nostri erano in carcere, pare sia venuto a visitarli Don Zanatta; forse venne anche una sorella di Don Drzewiecki. Suor Loreta vide Don Drzewiecki in carcere.
Il martedì, il 28 aprile 1942 è una data che non potrò mai dimenticare: i Tedeschi liquidarono il Piccolo Cottolengo. Ricordo bene quello che avvenne. Noi suore mangiavamo alle dodici e poi davamo il pranzo ai malati. Quel giorno, vennero le guardie tedesche con tre o quattro camion. Ci chiusero in refettorio e loro cominciarono a caricare, sul camion aperto sul retro direttamente accostato alla porta aperta, prima una signora, madre di una suora, che stava bene in salute, poi quelle che potevano camminare. Noi suore vedevamo tutto dalla finestra. Guardavamo e piangevamo! Lasciarono quelle che non potevano camminare e chiamarono noi suore perché le aiutassimo a prepararsi e a salire sul camion. Le guardie dicevano: “Prendete quello che avete di prezioso; portate tutto con voi, perché andate in un’altra casa, in una bella casa”.
Le nostre donne malate erano circa 70; furono caricate su tre camions, chiusi, aperti solo nella parte posteriore. Dalle piccole finestre ci vedevano e ci salutavano piangendo, erano quasi tutte fisicamente sofferenti; alcune erano malate mentali. Nell’ultima automobile volevamo andare anche noi, con loro. “No - ci dissero – voi dovete lavorare”. C’era anche un’automobile di soli uomini, stipati come le bestie. Ci ordinarono di mettere le scarpe a un disabile e poi di metterci al lavoro.
C’erano poi cinque bambine. Una suora disse alla guardia: “Queste no, sono mie!”. Quell’uomo era buono e, mentre nessuno ci vedeva, disse: “Presto, presto!”. E lasciò che nascondessimo le bambine presso la casa di fronte. Le affidammo a una signora con l’incarico di rimandarle poi alle loro case. Erano bambine piccole, nel 1942 avevano da 4 a 6 anni. Di queste cinque, due vivono ancora a Wloclaweck.
Quando il convoglio di camions partì, ci ordinarono di pulire ben bene la casa perché le persone erano malate e bisognava disinfettare. In casa non c’era più nessuno.
Per pulire mancava il sapone e suor Loreta corse a prepararlo, ma quando i tedeschi se ne accorsero, si arrabbiarono. Poi, il parroco chiamò me perché chiedessi alle guardie se volevano qualcosa da mangiare ma non vollero nulla; accettarono solo da bere. Ricordo che rimanemmo a pulire fino a mezzanotte. Una guardia rimase a vigilare per tutto il tempo. Poi andammo a dormire. Come si poteva prendere sonno! Al mattino, molto presto, ci recammo in cappella, e siccome c’era il permesso di celebrare Messa solo alla domenica, il parroco ci fece consumare tutte le ostie di tre pissidi piene. Poi venne Don Zanatta e gli consegnammo le pissidi.
Nella mattinata ci condussero dalle suore dell’Immacolata. Lì erano radunate tutte le suore della città ed anche alcuni sacerdoti. Era quasi mezzogiorno. Lì abbiamo potuto mangiare. Ci diedero il permesso di uccidere un maiale. Siccome ne abbiamo ucciso due, nascondemmo le zampe lasciandone solo quattro. Abbiamo offerto alla guardia da mangiare, ma ha solo chiesto da bere. Suor Loreta e un’altra sono riuscite a scappare. Due o tre giorni dopo, fummo condotte in un lager di lavoro. Impegnarono le suore anziane nel campo dei prigionieri di Bojanow, e portarono le più giovani, come ostaggi, ai lavori forzati a Wloclawek. Il 15 maggio 1942 portarono noi quattro più giovani a lavorare in una casa di malati.
Delle nostre malate, da qualcuno che ha visto, siamo venute a sapere che le avevano uccise tutte, mettendo il gas nei camions. Poi le hanno sepolte in un bosco vicino. Un camion con ebrei andò altrove. Nel bosco furono poi ritrovate le ossa, ma siccome vi seppellirono altri, non potevamo sapere quali fossero delle nostre malate.
Dal novembre 1939, dopo l’arresto dei sacerdoti orionini, nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Wloclawek, don Biagio Marabotto aiutò il Piccolo Cottolengo, animandolo spiritualmente e sostenendolo materialmente fino al l’anno 1942.
Come ho già detto sopra, dopo la liquidazione del Piccolo Cottolengo, suor Maria Loreta Janiak con Sr. Maria Hiacinta riuscirono coraggiosamente a fuggire e passarono clandestinamente la frontiera e giunsero a Warszawa, nella zona del “Protettorato”. Si fermarono per qualche giorno nella casa dei sacerdoti orionini di Via Barska 4. Qui suor Maria Loreta incontrò Don Marabotto al quale subito si rivolse, piena di fiducia, chiedendo consiglio e aiuto sul da farsi.
Le suore erano alla ricerca di una casa dove poter abitare, preferibilmente nelle vicinanze di Warszawa. Non trovando a Blonie, Falenice, Swider, Otwock, niente che facesse per loro, si rivolsero a don Marabotto, il quale, alla prima occasione, andò dal suo amico, il canonico Ludwka Wolskiego, a Otwock, che, immediatamente promise alle suore la villa presso via Pilsudskiego 8. Già nell’ottobre 1942 le suore ricevettero la casa, in cui, secondo il desiderio del benefattore, trovarono ospitalità le vecchiette di Otwock, accolte con molta cordialità e premura.
Il lavoro aumentava, e, con l’urgenza di nuove vocazioni, si avvertiva anche il bisogno di dare alle giovani una adeguata formazione in patria, poiché fino a quel momento la formazione avveniva in Italia, ma in tempo di guerra era impossibile muoversi. Le suore, così, avendo già una propria casa e il lavoro, aspiravano ad aprire il noviziato in Polonia, ma mancava loro il coraggio di dirlo apertamente a don Marabotto, che curava con sollecitudine la nascente opera. Fu suor Maria Loreta, piena di fiducia, a rivolgersi ancora a Don Marabotto chiedendo aiuto per attuare questo progetto. Dopo la conversazione, egli le comunicò che sarebbe dovuto partire per l’Italia.
In seguito, ritornato a Otwock, consegnò alle suore il documento che permetteva l’apertura del noviziato femminile in Polonia. La cosa suscitò grande entusiasmo, gioia e gratitudine, e si ringraziò di cuore don Marabotto per il suo interessamento paterno.
Così, il noviziato delle Piccole Suore Missionarie della Carità in Polonia vedeva la sua apertura il 1 maggio 1943, a Otwock, in via Pilsudskiego 8. L’intrepida suor Maria Loreta Janiaak ne fu prima maestra.
Dopo che finalmente, il 21.1.1945, i Tedeschi lasciarono libero il Piccolo Cottolengo di Wloclawek, il 29 gennaio successivo permisero a noi suore di tornare. Trovammo in ordine, perché l’avevano destinato ai giovani tedeschi che si preparavano a lavorare. Il 19 marzo tornò anche suor Loreta ma si ammalò di tifo. Andò in ospedale dove c’era anche Don Marabotto pure con il tifo, contratto servendo gli ammalati. Don Marabotto era più gracile e delicato di lei e morì il 5 maggio. Io lo vegliai fino a mezzanotte: aveva la febbre a 40 e 41. Il giorno 8 ci furono i suoi funerali.
L’8 maggio si ebbe la liberazione della Polonia dall’occupazione nazista. Il 27 maggio suor Loreta ritornò dall’ospedale e il 29 maggio si aprì il noviziato a Wloclaweck. La vita continuava.
Suor Maria Gabriela Stachurska, Piccola Suora Missionaria della Carità; attualmente vive a Otwock. Trascrizione da registrazione effettuata a Otwock il 22.9.1999 da don Flavio Peloso.
Sulla situazione della Famiglia orionina in Polonia: Boleslaw Majdak, Storia della Congregazione dei Sacerdoti di Don Orione in Polonia (1923-1945), Dissertatio ad Lauream, Pontificia Università Gregoriana, Roma, 1985.
Per una conoscenza biografica del beato Francesco Drzewiecki: Flavio Peloso – Jan Borowiec, Francesco Drzewiecki. N. 22666: un prete nel lager, Ed. Borla, Roma, 1999 (2a ed.).
Altre persone che hanno conosciuto il beato don Franciszek Drzewiecki sono Sr. M. Waldetrude Wochna, Sr. M. Joanna Gumienna (Zalesie Górne), Sr. M. Jozafata Mochalska (Otwock) Zygmunt Golinski (Wloclawek), Signora Leszczynska (Wloclawek, via Lesna 4), Sr. Salomea (delle Suore Cappellone) - Warszawa, Tamka.
Dell’efferato episodio fu informato anche Papa Pio XII da don Carlo Pensa, durante una udienza agli allievi dell’Istituto San Filippo di Roma; cfr. La Piccola Opera della Divina Provvidenza, 1942, n.7, p.6-7. Don Marabotto, invece, informò l’ambasciata italiana a Berlino.