Note storicge e spirituali di Don Flavio Peloso.
Cristo Re, una visione e una devozione
molto popolari al tempo di Don Orione
Note di Don Flavio Peloso
La devozione a Cristo Re ha fondamenti biblici e teologici profondissimi. La regalità di Cristo è la chiave di interpretazione e di sviluppo di tutto il mistero cristiano e della vita ecclesiale. Socialmente ed ecclesialmente, la devozione a Cristo Re è una risposta prima di tutto all’assolutismo politico, ed è uno dei tratti tipici della modernità. Come tale, la regalità di Cristo fu “riscoperta” a partire dal XVII secolo, dal secolo dell’assolutismo politico che affonda le sue radici nella concezione, tipicamente umanistico-rinasacimentale, di un potere non organicamente legato al Vero e al Giudizio morale (e quindi a Dio) ma che deve trovare il proprio fondamento in se stesso, cioè nel puro esercizio del potere.
La devozione a Cristo Re è anche un richiamo di carattere sociale, un richiamo cioè a concepire l’autorità politica come modello di servizio e di sacrificio in cui gli elementi della donazione, dell’oblazione e dell’amore diventano fondamentali nell’esercizio di tale autorità. Insomma, il modello di ogni autorità politica è la regalità di Cristo e del suo amore immenso per ogni uomo.
L’enciclica Annum sacrum di Leone XIII, del 25 maggio 1899, afferma che la devozione al Sacro Cuore ha la sua ragione teologica proprio nella regalità sociale di Cristo. Infatti, il coronamento del culto pubblico al Sacro Cuore fu l’istituzione della festa liturgica di Cristo Re.
Il Giubileo del 1900, fu l’anno della consacrazione a Cristo Re. Leone XIII regalò una statua di Cristo Re perché fosse collocata sul monte più alto (raggiungibile) di ogni regione d’Italia. Una fu messa sul Monte Giarolo, sull’appennino ligure. Per la solenne benedizione vi fu anche Don Orione.
“Trent’anni fa anch’io ebbi a provare tali sentimenti quando ebbi, dopo penoso e faticoso viaggio, raggiunto la cima del Giarolo, il monte più alto dell’Appennino Ligure. Andai in treno da Tortona a San Sebastiano Curone. Da San Sebastiano Curone poi, fino alla cima del monte, andai a piedi, portando 20 Kg. Per la propaganda, poiché si doveva scoprire, inaugurare la statua del Divin Redentore. Ci furono tre Vescovi e anche molto Clero. Io giunsi là la vigilia della festa, affaticato e sudato con alcuni forestieri. Che impressione!, mai più provata!”. (Parola 5.10.1930)
Nel 1925, Pio XI stabilì che questa festa venisse celebrata l’ultima domenica di ottobre. E in tale giorno bisognava anche rinnovare la consacrazione dell’umanità intera al Cuore di Gesù. Leggiamo alcune parole tratte dalla Quas primas, l’enciclica di Pio XI, dell’11 dicembre 1925, che istituisce la Festa di Cristo Re:
«Chi non vede che, fin dagli ultimi anni del secolo precedente, in modo ammirevole andava preparandosi il cammino per l’istituzione di questa festa? Tutti sanno che l’autorità e la regalità di Cristo sono stati già riconosciuti dalla pia pratica delle consacrazioni e omaggi al Sacro Cuore di Gesù rivoltigli da innumerevoli famiglie, e non solo da famiglie, ma anche da Stati e Regni, che hanno compiuto lo stesso atto. (…) Il diluvio di mali sull’universo proviene dal fatto che la maggior parte degli uomini ha respinto Gesù Cristo e la sua sacrosanta Legge, sia dalla vita privata che da quella pubblica. Non vi sarà certa speranza di pace duratura fra i popoli, finché gli individui e le nazioni si ostineranno a negare e rifiutare l’imperio del Salvatore».
È poco noto e, forse, un po’ dimenticato. Non appena elevato al soglio pontificio, nel 1922, Pio XI condannò in primo luogo esplicitamente il liberalismo “cattolico” nella sua enciclica “Ubi arcano Dei”. Egli comprese, però, che una disapprovazione in un’enciclica non sarebbe valsa a molto, visto che il popolo cristiano non leggeva i messaggi papali. Quel saggio pontefice pensò allora che il miglior modo di istruirlo fosse quello di utilizzare la liturgia. Di qui l’origine della “Quas primas”, nella quale egli dimostrava che la regalità di Cristo implicava (ed implica) necessariamente il dovere per i cattolici di fare quanto in loro potere per tendere verso l’ideale dello Stato cattolico: “Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità sociale di Cristo] coll’azione e coll’opera loro, sarebbe dovere dei cattolici”. Dichiarava, quindi, di istituire la festa di Cristo Re, spiegando la sua intenzione di opporre così “un rimedio efficacissimo a quella peste, che pervade l'umana società. La peste della età nostra è il così detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi”.
In un precedente enciclica, la Ubi arcano Dei aveva scritto: «Noi scrivemmo circa il venir meno del principio di autorità e del rispetto alla pubblica potestà: "Allontanato, infatti - così lamentavamo - Gesù Cristo dalle leggi e dalla società, l'autorità appare senz'altro come derivata non da Dio ma dagli uomini, in maniera che anche il fondamento della medesima vacilla: tolta la causa prima, non v'è ragione per cui uno debba comandare e l'altro obbedire. Dal che è derivato un generale turbamento della società, la quale non poggia più sui suoi cardini naturali"». E conclude: «È necessario, dunque, che Egli regni nella mente dell'uomo, la quale con perfetta sottomissione, deve prestare fermo e costante assenso alle verità rivelate e alla dottrina di Cristo; che regni nella volontà, la quale deve obbedire alle leggi e ai precetti divini; che regni nel cuore, il quale meno apprezzando gli affetti naturali, deve amare Dio più d'ogni cosa e a Lui solo stare unito; che regni nel corpo e nelle membra, che, come strumenti, o al dire dell’Apostolo Paolo, come "armi di giustizia" (Rom. 6, 13) offerte a Dio devono servire all'interna santità delle anime. Se coteste cose saranno proposte alla considerazione dei fedeli, essi più facilmente saranno spinti verso la perfezione.».
La maggioranza dei martiri lungo i secoli furono uccisi in nome del Regno divino.
In nome di Cristo Re, si poté resistere al totalitarismi lungo i secoli.
Pio XI istituì la festa liturgica nel momento storico in cui la regalità di Cristo sul mondo fu violentemente e radicalmente negata dai movimenti rivoluzionari e da correnti di pensiero anticattoliche.
Sotto lo stimolo di persone e di congregazioni particolarmente sensibili il Pontefice reagì sottolineandola, esaltandola, fino all'istituzione della festa di Cristo Re.
La nuova festa contribuì moltissimo ad allargare la diffusione della devozione di Cristo Re e la teologia politica degli inizi acquistò profondità di riflessione spirituale.
Cristo Re servì pure a contrastare le dottrine politiche del tempo, comunismo, nazismo e fascismo, poiché se Cristo è re e quindi unico fondamento della vita collettiva, s'instaurava una divaricazione definitiva con le teorie totalitarie della vita pubblica.
Durante le persecuzioni del Messico e della Spagna i martiri morirono invocando la regalità di Gesù e pronunciando il grido di "Viva Cristo Re!".
In Messico i "cristeros" protestarono contro uno Stato persecutore ispirato dalla massoneria.
In Spagna, Cristo Re rappresentò per i cattolici il simbolo dell'opposizione ad una Repubblica laica e laicista, antireligiosa ed anticlericale. Gli stessi miliziani dissero che molti erano caduti con i crocifissi fra le mani gridando: "Viva Cristo Re!". Fu il grido glorioso da contrapporre al "Viva il comunismo!", preteso dai carnefici per salvare la vita prima dell'esecuzione capitale.
Dopo l'avvento del nazismo, in Germania ci furono alcuni che si ribellarono a Hitler in nome di Cristo Re. L'Azione Cattolica tedesca innalzava il monogramma di Cristo contro la svastica.
In Russia e nei paesi di dominio comunista, la resistenza cristiana era fondata su motivi di fede (non ideologici) respingendo come idolatria il regime totalitario ateo che per prima cosa eliminava la cultura e la memoria di un altro Regno, antagonista, quello di Cristo.
L'idea di una controsocietà cattolica e l'opposizione al potere trovarono una convergenza nella regalità di Cristo che divenne una forma di identificazione forte.
Oggi il cristocentrismo e la visione di Regno di Cristo ha il suo valore più che “contro” un regime totalitarista (succede ancora) come “oltre” il relativismo laicista, la frammentazione culturale e morale, l’individualismo disgregante e mortifero.
Note per una conferenza ad Anzio, dell'8 ottobre 2010, alle Piccole Suore Missionarie della Carità.