Sono stati pubblicati sul mensile cattolico tedesco Klerusblatt. In Italia sono stati anticipati sul Corriere della sera dell’11 aprile. Una riflessione sulle cause della pedofilia e sul collasso morale nella società attuale.
GLI APPUNTI DI BENEDETTO XVI SONO PUNTI CARDINALI.
Una lucida e serena riflessione sulle cause della pedofilia e sul collasso morale nella società attuale
Don Flavio Peloso
È un testo di grande valore, scritto con la lucida parresìa di Benedetto XVI, frutto della sua sapienza amante del bene e della verità. Li ha voluti chiamare “Appunti”. Contengono punti cardinali per la vita personale, della Chiesa e della società. Sono stati pubblicati sul mensile cattolico tedesco Klerusblatt. In Italia sono stati anticipati sul Corriere della sera dell’11 aprile. Vi si parla di pedofilia e di collasso morale della società che coinvolge anche la Chiesa. Ma Benedetto va oltre. Parla del collasso della verità sull’uomo e sulla società.
Da certi tifosi mi guardi Dio
Il mattino dopo la pubblicazione degli Appunti di Benedetto XVI, ho ascoltato il servizio del Giornale Radio 1 delle 8.00 che ne ha fatto una lettura in chiave di contrapposizione tra Benedetto XVI “teologo che parte dai principi” e Francesco “che parte dalla realtà”. Come a dire che Francesco giustifica il relativismo perché guarda alla realtà, mentre Benedetto rappresenta il dogmatismo astratto e fondamentalista della dottrina cristiana. Questo è il tifo che la dittatura del relativismo, attualmente dominante nel mondo, sta facendo nei confronti di Papa Francesco.
ANSA scrive che “la pubblicazione appare come un controcanto al summit sugli abusi sessuali voluto da Bergoglio a fine febbraio”. Lo stesso Corriere della sera ha titolato il suo commento, a firma di Gian Guido Vecchi, “Imbarazzo in Vaticano per l’accusa sulle cause della pedofilia. Il timore che gli «appunti» di Benedetto XVI siano usati dal fronte conservatore per attaccare papa Francesco: le «tifoserie» del pontefice emerito e del Papa si sono divise tra chi ha esultato e chi ha espresso fastidio”.
Non so cosa farà il cosiddetto fronte conservatore, ma ho visto cosa ha fatto del testo la tifoseria dominante (cioè quella che più parla e fa piazza) di un Papa Francesco che non c’è, disegnato e ridotto a icona dell’ideologia relativista. C’è da essere preoccupati non di Papa Francesco, ma di come i media parlano bene della caricatura di Papa Francesco, da loro passata come autentica. Questa comunicazione insistente e convincente è riuscita a persuadere - per reazione - anche molti cattolici che di Papa Francesco non c’è da fidarsi, è relativista. Non è Francesco! Francesco incarna, assistito dallo Spirito Santo, la bimillenaria fedeltà a Cristo e al deposito della fede della Chiesa. Il fatto che sia concentrato sulla relazione pastorale non significa che sia relativista quanto a dottrina. Saldi nella verità: “Siamo un corpo solo in Cristo, siamo un corpo solo nel Papa” (Don Orione).
La loro sintonia è Cristo
Tra Papa Francesco e Benedetto XVI, personalità diverse, c’è sintonia pastorale e unità dottrinale. Tant’è che Benedetto XVI dice che ha deciso di pubblicare i suoi Appunti “a seguito di contatti con il Segretario di Stato e con lo stesso Santo Padre”. L’occasione per pubblicarli è venuta dall’incontro del febbraio scorso sulla protezione dei minori nella Chiesa, promosso da Papa Francesco in Vaticano per dare “un segnale forte” e “rendere di nuovo credibile la Chiesa come luce delle genti e come forza che aiuta nella lotta contro le potenze distruttrici”.
Di quegli Appunti riprendo alcuni passaggi sulla tematica dell’implosione della razionalità e della morale che ha portato rovina dell’identità umana, della famiglia, della convivenza sociale avvallando comportamenti aberranti.
Il collasso della verità e della morale
Nella prima parte degli Appunti, Benedetto XVI richiama il contesto sociale degli anni ’60, quando, nell’ondata della rivoluzione sessuale, “la pedofilia è stata diagnosticata come permessa e conveniente”. In questo periodo si registra “il collasso della teologia morale cattolica” che iniziò a cedere a visioni relativiste. Secondo certa teologia – egli osserva - “non poteva esserci nemmeno qualcosa di assolutamente buono né tantomeno qualcosa di sempre malvagio, ma solo valutazioni relative. Non c’era più il bene, ma solo ciò che sul momento e a seconda delle circostanze è relativamente meglio”.
“La crisi dei fondamenti e della presentazione della morale cattolica raggiunse forme drammatiche” con la Dichiarazione di Colonia del 1989, promossa e sottoscritta da 162 professori di teologia cattolica di lingua tedesca. Era un “grido di protesta contro il magistero della Chiesa” e contro Giovanni Paolo II. Io ero al servizio della Congregazione per la Dottrina della Fede in quegli anni (1987-1992), e ricordo il tam-tam di adesioni a quella Dichiarazione di diversi gruppi di teologi, sacerdoti e laici cattolici di Belgio, Francia, Spagna, Italia, Brasile, USA.
“In ampi settori della teologia morale” – scrive Benedetto XVI – si sviluppò “la tesi che la Chiesa non abbia né possa avere una propria morale”; ciò mette “radicalmente in questione l’autorità della Chiesa in campo morale” e, in definitiva, “la costringe al silenzio proprio dov’è in gioco il confine fra verità e menzogna”. La risposta molto riflettuta e autorevole venne con l’Enciclica Veritatis splendor, elaborata sotto la responsabilità del card. Ratzinger e seguita molto personalmente da Giovanni Paolo II (1993), preceduta dal Catechismo della Chiesa Cattolica (1992).
Per quel movimento di teologi, sostenuto dai padroni della piazza mediatica, “il sentire conciliare venne di fatto inteso come un atteggiamento critico o negativo nei confronti della tradizione vigente fino a quel momento, che ora doveva essere sostituita da un nuovo rapporto, radicalmente aperto, con il mondo” fino a “sviluppare una specie di nuova, moderna «cattolicità»”. Simile atteggiamento è anche quello che, oggi, alimenta la tifoseria del relativismo.
L’antidoto al male che minaccia
Benedetto XVI, nei suoi Appunti, fa una rapida rassegna delle conseguenze della dissoluzione morale, della quale la pedofilia non è che uno degli esiti emergenti. Ma gli interessa soprattutto indicare che “l’antidoto al male che minaccia noi e il mondo intero ultimamente non può che consistere nel fatto che ci abbandoniamo all’amore di Dio. Questo è il vero antidoto al male”. “Un mondo senza Dio non può essere altro che un mondo senza senso”, in cui non ci sono più “i criteri del bene e del male” ma “avrebbe valore unicamente ciò che è più forte. Il potere diviene allora l’unico principio. La verità non conta, anzi in realtà non esiste”. “In una società nella quale si perde sempre più il criterio e la misura dell’umano… è divenuto addirittura ovvio quel che è male e che distrugge l’uomo. È il caso della pedofilia”, ma anche dell’aborto, eutanasia, LGBT e altro ancora.
In un mondo dove domina l’opinione del più forte (singolo o collettivo), chi rispetterà il più debole, chi lo difenderà? Solo la verità è democratica: è di tutti, è per tutti. Il relativismo al potere – che molti festeggiano ingenuamente come libertà - fonda la dittatura del più forte.
“Se riflettiamo sul da farsi – conclude Benedetto XVI parlando ai credenti - è chiaro che non abbiamo bisogno di un’altra Chiesa inventata da noi”. “Oggi la Chiesa viene in gran parte vista solo come una specie di apparato politico” dal mondo ad essa esterno. Per di più, “La crisi causata da molti casi di abuso ad opera di sacerdoti spinge a considerare la Chiesa addirittura come qualcosa di malriuscito che dobbiamo decisamente prendere in mano noi stessi e formare in modo nuovo. Ma una Chiesa fatta da noi non può rappresentare alcuna speranza”.