Fu protagonista con i Chierici dell'Istituto Teologico di Tortona di un'opera di solidarietà encomiabile, nel territorio tortonese, durante la seconda guerra mondiale.
Don Flavio Peloso
Don Lorenzo Nicola nacque a Cornale (Pavia, diocesi di Tortona) il 28 febbraio 1912. Entrò ragazzo, nel 1921, nel seminario di Tortona e nel 1924 seguì il fratello Carlo entrando nella congregazione orionina divenendo sacerdote nel 1934. Singolarmente dotato per gli studi, si laureò in Teologia nel 1935.
Fu direttore della casa di Varallo Sesia (1939-1942) e poi fu prefetto dei chierici orionini nella Casa madre di Tortona dal 1942 al 1946. Qui visse in modo attivo ed eroico le tragedie della guerra prodigandosi generosamente, anche a rischio della propria vita, a salvezza e conforto di tutti.
In seguito, partì missionario per l’Argentina ove rimase fino al 1956.
Fu inviato poi in Spagna, ove fu uno dei protagonisti dell’avvio della Congregazione in quella nazione che percorse in lungo e in largo con la vecchia «motoretta» questuando vocazioni e creando le belle opere di Dicastillo e a Cascante.
Nel 1963, tornò in Italia nel tentativo di combattere la leucemia. Sul letto di morte, espresse ancora la sua dedizione: «Offro la mia vita per il Papa, per il Concilio, per le vocazioni... Oh, i miei ragazzi, i miei ragazzi, i miei ragazzi!". L’ultimo suo desiderio: «Troverete un po' di soldi in valuta italiana e spagnola: desidererei servissero per trasportare in Spagna la Madonna di Don Bosco e di Don Orione. Avevo tanto sperato di accompagnarla io al nuovo seminario di Fròmista, ma capisco che era follia sperare. La Madonna... E' l'ultimo dono ai miei cari ragazzi, e spero la pregheranno sempre anche per me».
Morì santamente a Genova-Castagna, il 13 settembre 1965.
Merita uno speciale approfondimento l’operato di Don Lorenzo Nicola durante gli anni 1943-45, nel periodo di grande confusione sociale e bellica della seconda guerra mondiale. Egli fu animatore e l’organizzatore di molte azioni di solidarietà che partirono dall’Istituto Teologico di Tortona, con protagonisti i chierici di Don Orione.
“Era toccato a me coordinare le azioni e gli interventi”, ha scritto in un Memoriale Don Lorenzo Nicola. “Quante volte Don Sterpi, sorridendomi e dandomi la benedizione, tornando da una spedizione di bene, mi chiedeva: ‘Non ti hanno ancora messo dentro?’. ‘Non ci sono ancora riusciti, grazie a Dio’, rispondevo. E mi domandavo: che avrebbe fatto Don Orione al mio posto? Brigate nere o partigiani, fascisti o tedeschi, condannati a morte o vincitori, per me erano uguali: Don Orione li avrebbe abbracciati tutti ugualmente”.
Il bombardamento di Villalvernia, il 1° dicembre 1944, ore 14.20,[1] è stato senza dubbio l’evento bellico più tragico dell’intera zona. Lasciò nel lutto centinaia di famiglie. Alcune foto testimoniano lo scenario di distruzione prodotto a Villalvernia. In primo piano, si vedono due preti in tonaca nera che trasportano un morto su una portantina.
“Quello a sinistra sono io – precisava Don Giovanni Gatto - e quello a destra è Gerardo Durante, entrambi ancora chierici. Fu una cosa terribile; il paese completamente distrutto, oltre cento morti, molti di più i feriti. Siamo andati una squadra di chierici e preti e abbiamo lavorato a più non posso per quella povera gente”.
È conservato nell’Archivio Don Orione un Resoconto dell’opera di soccorso svolta durante la guerra dagli Orionini di Tortona.[2] E’ scritto da Don Carlo Nicola; è senza data, ma precedente la conclusione della guerra mondiale.
“Abbiamo due squadre di pronto soccorso, ciascuna di dodici elementi: il capo, il cappellano, l’infermiere, due barellieri, un portaordini e sei chierici per i vari uffici, raccolta feriti, ricupero salme, sterro di fabbricati ecc.
Praticamente siamo intervenuti una ventina di volte nella nostra zona, alcune rare volte senza risultato, per grazia di Dio, non essendovi né feriti né morti, altre volte con risultato. Elenco:
Che il Signore ci aiuti a continuare ad aiutare i nostri fratelli che più hanno di bisogno e ai quali forse nessun altro potrebbe arrivare. Ora stiamo organizzando, con l’aiuto e sotto la direzione di alcuni Vescovi, una specie di assistenza caritativa ai prigionieri, tutti, lavorando attivamente: è questo il primo scopo, alla pacificazione degli animi, soprattutto tra Italiani. E ciò potrà dare frutti meravigliosi di bene specialmente in un domani, che si può prospettare anche vicino”.
Il nome di Don Lorenzo Nicola è legato ad un’altra pagina di eroica solidarietà umana e sacerdotale in occasione dell’ “eccidio del Castello di Tortona”. Lo stesso Don Lorenzo Nicola ci ha lasciato una memoria scritta degli eventi.
“La domenica pomeriggio del 25 febbraio 1945, un gruppo di Partigiani, tese una imboscata a due ufficiali tedeschi Max Vogel e Schulz, presso il Castello di Tortona, che venivano a piedi da Vho. Accerchiati, i due tedeschi reagirono sparando e rimanendo loro stessi immediatamente uccisi. Si temette l’immediata rappresaglia. Questa avvenne nel mattino del 27 febbraio seguente”.
Furono prelevati 10 detenuti dal carcere di Casale Monferrato e furono condotti a Tortona per la fucilazione, senza sapere di andare incontro alla morte. Don Lorenzo Nicola, che era accompagnato ad Alessandria i due tedeschi per la sepoltura, tornando a Tortona vide il convoglio passare al mattino presto a Tortona.
“Sono prete: cercherò di salvare il salvabile: cioè l'anima di quei poveretti”, disse tra sé, e corse al comando della Guardia Nazionale repubblicana per avere il permesso di andare ad assisterli. Ottenutolo, corse alla Valletta, presso la Torre del Castello. Don Nicola era conosciuto perché era anche il cappellano del Sammelagher, campo di concentramento. Il maresciallo tedesco gli concesse di avvicinarli e di dire loro buone parole e benedirli. Tuonò la scarica dei mitra.
“Quando mi volto verso la Valletta, un ufficiale, capopolizia, stava dando a ciascuno il colpo di grazia! Mi affretto e scendo verso di loro: passo davanti al plotone dei giustizieri: il fratricidio li fa vergognare; io non li guardo: se ne accorgono e restano mortificati. Il capo della polizia mi grida: "Kamerade weg!", via, via! L'ufficiale italiano mi avvicina: “Padre, il Signore ci perdonerà per quello che abbiamo fatto? Anzi, dovuto fare?”. I tedeschi hanno lasciato ordine che i morti rimangano lì, in quello stato sino al giorno dopo, perche tutti i tortonesi vedano… Tortona è shoccata. Poi, un ingegnere del municipio ha telefonato, dicendo che i tedeschi hanno incaricato l'autorità cittadina di seppellire quei poveretti lassù al Castello, ma il comune non trova uomini per il triste incarico: chiedeva che si mandassero i nostri chierici. Allestiamo una squadra volante di quindici chierici, con pale e picconi; don Venturelli è incaricato di guidarli e di raccogliere dati dei dieci per poi eventualmente identificarli con l'aiuto dei parenti: ma non smuoverli, non fotografarli. Quando tutti sono collocati nella grande concludiamo con un’ultima preghiera. È ormai notte fonda e gelida”. Solo “il 6 di aprile, le salme potranno essere finalmente raccolte, ancora, dai nostri, in casse di legno, e seppellite nella pace del cimitero”.
Don Lorenzo Nicola conclude il suo racconto con una supplica: "Valga il vostro sacrificio, o dieci fratelli del Castello di Tortona, ed il vostro, voi due figli della grande nazione tedesca, unita alla moltitudine di fratelli sacrificati su tutti i fronti d'Europa, a ottenere da Dio misericordia su questa povera umanità! Per il mondo nuovo, inizi l'era della pace in Dio!".
In quest’ultima supplica di Don Lorenzo Nicola, scritta nel vivo delle vicende di odio e di morte e dell’opera di soccorso di cui fu protagonista, ci danno la misura del suo animo di uomo e di sacerdote e del suo orizzonte: “Per il mondo nuovo, inizi l'era della pace in Dio!".