Accostamenti e richiami di vita orionina nell'enciclica di Benedetto XVI.
DEUS CARITAS EST: UN’ENCICLICA “ORIONINA”[1]
Don Flavio Peloso
La "via" orionina si inserisce con nuova e accentuata attualità nella vita della Chiesa che oggi con nuova lucidità e concretezza riconosce che “C’è un felice legame tra evangelizzazione e opere di carità” (Deus caritas est 30). Benedetto XVI ha scritto che mostrare questo legame è lo scopo dell’enciclica “Deus caritas est”: “Vivere l'amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo, ecco ciò a cui vorrei invitare con la presente Enciclica” (n.39).
Questa enciclica è particolarmente “orionina”; riprende e approfondisce con autorevole e chiara riflessione teologica ed ecclesiale i temi caratteristici della dinamica della carità del nostro Fondatore e della nostra Famiglia religiosa.
Dell’enciclica vorrei riproporre la riflessione semplice e convincente con cui Benedetto XVI illumina un concetto caro a Don Orione: “la carità apre gli occhi alla fede”.
Se Dio non mi è “estraneo” ma “è più intimo a me di quanto lo sia io stesso” – scrive il Papa al n.18 -, allora anche gli “altri” non mi sono estranei, perché “il suo amico è mio amico”. “Qui sta l’interazione necessaria tra amore di Dio e amore del prossimo, tipica della vita cristiana, di cui la Prima Lettera di Giovanni parla con tanta insistenza. Se il contatto con Dio manca del tutto nella mia vita, posso vedere nell'altro sempre soltanto l'altro e non riesco a riconoscere in lui l'immagine divina. Se però nella mia vita tralascio completamente l'attenzione per l'altro, volendo essere solamente «pio» e compiere i miei «doveri religiosi», allora s'inaridisce anche il rapporto con Dio.[2] Allora questo rapporto è soltanto «corretto», ma senza amore. Solo la mia disponibilità ad andare incontro al prossimo, a mostrargli amore, mi rende sensibile anche di fronte a Dio. Solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama”.
Benedetto XVI afferma che questa regola vale sia nella esperienza personale di Dio (“il servizio al prossimo apre i miei occhi su Dio”, n.18) e sia nell’azione apostolica nei confronti degli altri (“l'amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio”, n.31c).
Don Orione è pienamente dipinto e "spiegato" in queste parole del Papa. Egli insisteva: "La nostra predica è la carità". Per lui evangelizzare era, prima di tutto, aprire un Piccolo Cottolengo, un orfanatrofio; era occuparsi dei bambini, dei vecchi; era - in una parola - compiere le opere della carità. Quali opere di carità?[3] Quelle materiali e spirituali, quelle descritte in Matteo 25 o in Rm 12, 9-21 o in 1 Cor 13.
Quante volte ribadì: “È prassi presso di noi di unire sempre all’opera di culto un’opera di carità”,[4] spiegando che “tanti non sanno capire l'opera di culto e allora bisognerà unire l'opera di carità. Siamo in tempi in cui, se vedono il prete solo con la stola, non tutti ci vengono dietro; ma se vedono attorno alla veste del prete i vecchi e gli orfani, allora si trascina... La carità trascina. La carità muove, porta alla fede e alla speranza”.[5]
Anche Sant'Agostino rifletteva: "Siccome tu Dio non lo vedi ancora, amando il prossimo ti acquisti il merito di vederlo, amando il prossimo purifichi l'occhio per poter vedere Dio, come chiaramente afferma Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (cfr. Gv 4,20). Amando il prossimo e prendendoti cura di lui, tu cammini. E dove ti condurrà il cammino se non al Signore, a colui che dobbiamo amare con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente?".[6]
La carità fa vedere Dio. Don Orione fece di questa verità la base della sua via mistica e anche della sua via apostolica. Ne fece un cardine della sua pedagogia della santità.
Lo spiega impartendo direttive pratiche a Don Adaglio ai tempi dei primi sviluppi dell'Opera in Palestina: "Bisogna che su ogni nostro passo si crei e fiorisca un'opera di fraternità, di umanità, di carità purissima e santissima, degna di figli della Chiesa, nata e sgorgata dal Cuore di Gesù; opere di carità cristiana ci vogliono. E tutti vi crederanno! La carità apre gli occhi alla fede e riscalda i cuori d'amore verso Dio".[7]
«Se vedi la carità, vedi la Trinità » scriveva sant'Agostino. Questa osservazione è citata anche da Benedetto XVI in Deus Caritas est 19.
Simile osservazione fece anche un signore di Genova, ricco e incredulo, Salvatore Sommariva: “Non credevo in Dio, ma ora ci credo perché l'ho visto alle porte del Cottolengo".[8] Fu l’andirivieni di persone che donavano e di persone che chiedevano, le scene di povertà e di carità, e quant’altro, a fargli pensare “Dio c’è”.
La vita di Don Orione è tutta fiorita di episodica che rivela questa pedagogia della carità o "strategia della carità", secondo l'indovinata espressione del cardinal Luciani, poi canonizzata da Giovanni Paolo II.[9]
Don Orione incontra Dio nell'uomo da aiutare con l’esercizio della carità.
“Tante volte ho sentito Gesù Cristo vicino a me, tante volte l'ho come intravisto, Gesù, nei più reietti e più infelici”.[10] "Nel più misero degli uomini brilla l'immagine di Dio".[11] "Servire negli uomini il Figlio dell'Uomo".[12]
Don Orione aiuta l’uomo a incontrare Dio con l’esercizio della carità.
“Fine speciale della Congregazione è diffondere la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo… mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri”.[13] E' il suo carisma di fondazione. E' questa la sua via di evangelizzazione, il suo modo di essere apostolo, la sua "piccola opera" per contribuire ad "Instaurare omnia in Christo" (Ef 1,10).
[1] Estratto dalla Circolare Vedere e servire Cristo nell’uomo. 6 gennaio 2009.
[2] Ne era tanto convinto il Fondatore da porre il criterio: “Chi manca di carità, non ha pietà”; Scritti 55, 193.
[3] Circolare Quali opere di carità?, “Atti e Comunicazioni”, 2005 (59), n.217, p.111-132.
[4] Lettera all’abate Caronti, 3 maggio, 1938, Scritti 117, 107.
[5] Verbali, riunione del 26 agosto 1930, p.95
[6] Sant’Agostino, Trattato su Giovanni, 17, 7-9 in CCL 36, 174-175.
[7] Lettera del 19.3.1923, Scritti 4, p.280.
[8] Riunioni 130. L’espressione fu riferita da Don Orione che definì il Sommariva “uno spregiudicato, che non può vedere né vuole sapere niente di religione” (Parola IX, 425). Anche questi poi divenne un generoso benefattore del Piccolo Cottolengo di Genova.
[10] Lettera del 24 giugno 1937; Nel nome della Divina Provvidenza, p.116.
[11] Lettere II, p.330.
[12] In cammino con Don Orione, p.324. Anche i testi della Messa in onore di San Luigi Orione ricordano questa esperienza. L'orazione propria dice: “O Dio, che hai concesso a san Luigi Orione, sacerdote, di amare il Cristo tuo Figlio nella persona dei poveri…”; il brano evangelico scelto per la Messa è quello di Matteo 25: “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 31-46); il testo per l’ufficio delle Letture è quello famoso: “Anime, anime! Vedere e sentire Cristo nell’uomo”; Nel nome della Divina Provvidenza, p. 134-137.
[13] Cap.I delle Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza. Uguali concetti, con diversa veste letteraria, sono presenti nel Cap.I delle Costituzioni delle Piccole Suore Missionarie della Carità.