I corpi delle due Sante martiri del secolo II, furono donate ad una chiesa di Sulmona nel 1803 e da questa, nel 1957, alla congregazione di Don Orione per una chiesa in Brasile.
LE RELIQUIE DI SANTA IGEA E SANTA RUFINA
I corpi delle due Sante martiri del secolo II,
furono donate ad una chiesa di Sulmona nel 1803 e da questa,
nel 1957, alla congregazione di Don Orione per una chiesa in Brasile.[1]
Flavio Peloso
Nella chiesa del Piccolo Cottolengo di Don Orione in San Paolo, sono accolte e venerate le reliquie insigni di due sante martiri Igea e Rufina provenienti dalle catacombe di Santa Priscilla in Roma. Si tratta di una presenza che onora e collega la fede della Chiesa del Brasile d'oggi con quella di Roma antica. Come sono giunti in Brasile i due cofanetti delle reliquie delle due martiri romane? E chi erano santa Rufina e santa Igea i cui nomi appaiono, con poche altre parole, nell’iscrizione greca posta sul sarcofago del II secolo, entro cui furono trovati i loro resti mortali, presso le catacombe romane di Santa Priscilla?
IGEA, LA MADRE
Il primo a fare una ricostruzione dei dati storici conosciuti fu P. Ignazio di Pietro, Preposito della Congregazione dell’Oratorio di Sulmona. Egli dedica a “Santa Igia martire” un capitolo delle sue “Memorie storiche degli uomini illustri della Città di Solmona con breve serie de’ Vescovi solmonesi e valvesi”, pubblicato dalla Stamperia Grossiana all’Aquila nel 1806, pagine 245-247. Egli era bene a conoscenza di come quelle reliquie fossero giunte a Sulmona, perché proprio a lui furono donate da Papa Pio VII. Ascoltiamo il suo racconto.
“Sebbene questa S. Martire di Gesù Cristo sia nata nobilmente nella Grecia e martirizzata in età giovanile in Roma nel secondo secolo dell’umana Redenzione, pure è ben giusto che qui se ne registra il venerando nome, possedendone la Città di Solmona il suo sacro corpo.
L’invenzione di questo accadde in Roma il 12 aprile 1803, nel celebre cimitero di Priscilla alla Via Salaria Nuova, coll’iscrizione, che si riporterà qui appresso, e coll’ampolla del suo Sangue. L’immortale Pio VII, Pontefice Massimo, sotto il dì 6 di luglio 1803 dell’istesso anno, ne fece un dono all’Autore delle presenti Memorie per situarlo nella Chiesa dei PP. Dell’Oratorio.
Il 6 novembre pervenne quel sacro Corpo in Solmona, e il 10 dello stesso mese fu riconosciuta la Cassa, ed i suggelli del Cardinal Vicario della Somalia, dal Vicario Capitolare Arcidiacono D. Saverio Sardi, e ne fu rogato pubblico atto; si trasferirono nel tempo stesso le sacre ossa componendone l’intiero Corpo in un’urna dorata di ben inteso lavoro. Questa venne privatamente riposta nella Real Chiesa dell’Annunziata, da dove, dopo essere stata esposta alla pubblica venerazione, il 20 novembre giorno di Domenica con solenne pompa accompagnata dal Clero Secolare, e Regolare fu trasferita nella detta Chiesa dei PP. Filippini, collocandosi nell’Altare Maggiore sotto una vaga Tribuna a tal uopo eretta”.
Il Corpo della martire Igea giunse a Sulmona accompagnato dalle Lettere testimoniali del Cardinal Vicario di Roma Giulio Maria de Somaglia, datate 6 luglio 1803. In esse, viene certificato che si tratta del “Sacrum Corpus Sanctae Christi Martyris HYGIAE extractum per nos de mandato SS. D. N. PII VII PP. die XII Aprilis MDCCCIII, ex Coemeterio Priscillae Via Salaria nova Nomine Proprio in frustra redactum cum Vasculo vitreo fracto sanguine resperso, et tabula marmorea fracta, atque restaurata reperta, appositaque ad eius sacrum loculum hisce graecis litteris sculpta, per Nos quoque latine reddita ELPIDES HYGIAE PARTHENICAE - CONIUGI VERENDISSIMAE - QUAE VIXIT MECUM - ANNOS XIII DIES”.
L’urna con l’insigne reliquia del Corpo di santa Igea giunse dunque a Sulmona il 6 novembre 1803. Fu esposta nella chiesa dell’Annunziata, prima di essere definitivamente collocata, il 20 novembre, nella chiesa di S. Filippo. Si fecero grandi festeggiamenti e, “terminata nell’ultimo giorno la sacra funzione, venne la veneranda Urna situata in un Avello erettole in un Cappellone della medesima Chiesa, e chiuso a tre chiavi. Di tratto in tratto a di lei intercessione si compiace il Signore Iddio concedere a’ Fedeli delle speciali grazie”.
Ignazio di Pietro, fiero del glorioso trofeo cristiano avuto in dono e promotore della sua devozione, indugia a descrivere gli onori tributati nella cittadina abruzzese: con Deliberazione Decurionale del 18 dicembre 1803, “Il Magistrato Solmonese, in pubblico parlamento, l’ha eletta Protettrice principale, e ne ha ottenuta benanche una fiera Regia di tre giorni 3, 4 e 5 giugno. Il Sommo Pontefice poi ha concesso nel giorno 4 di detto mese la recita dell’Officio, e Messa De Communi unius Martyris al Clero Sulmonese”.
Quasi parendogli poco il titolo di “martire”, il di Pietro esprime l’auspicio che a Sant’Igea sia riconosciuto anche il titolo di “vergine”: “per la ragione che la Santa conservò per lo spazio di anni tredici il candore Verginale col suo Sposo Elpidio, o Elpides. Difatti il dottissimo Vescovo dei Marsi Monsignor D. Gio. Camillo Rossi, Prelato rispettabile per la pietà, e per molte eccellenti opere, delle quali ha arricchito il Pubblico, con suo dotto e erudito Commentario sulla riportata iscrizione greca, ha chiaramente provato, che la parola greca Partenicae altro non significa che Virgini, a ciò si aggiunge l’altra di Verendissimae, che è lo stesso che Pudicissimae e finalmente, che Conjugi in greco significa anche Convittrice”.
Resta da dire che il nome romano Hygia è di origine greca: Hygeia era una divinità greca, personificazione della salute. In italiano è tradotto con Igia e, più frequentemente, Igea.
RUFINA, LA FIGLIA
Quando scriveva queste notizie, edite nel 1806, molto probabilmente, il di Pietro non conosceva e non poteva immaginare che l’anno dopo, nel 1807, sarebbero state donate a lui e alla città di Sulmona anche i resti mortali di una fanciulla martire, Santa Rufina, che l’iscrizione tombale definiva figlia di Sant’Igea.
Nelle Lettere testimoniali, datate 18 luglio 1807, si parla del “Corpus Sanctae RUPHINAE Filiae S. Hygiae Martyris Christi Puellae nomini proprii sculpti in lapide marmorea litteris graecis sic latine reddita: ELPIDIS ET HYGIA - RUPHINAE DULCISSIMAE FILIAE - QUAE VIXIT ANNOS DUOS MENSES III DIEM UNUM, extractum, per Nos de Mandato SS. P.N. PP. PII VII ex Ven. Coemeterio Priscillae Via Salaria Nova cum vaso vitreo cruento die XII aprilis 1803, cuius sacra ossa inclusimus cum dicto vaso in Urna lignea picta colore lapislazulo, atque deaurata, miro ordine disposito, ut ajunt, in Triumpho, ornata, et circumdata pulchris floribus et margaritis, ac bene clausa in anteriori parte Tabella crystallina, in postica ligna munita, et vittis sericis roseis, nostrisque sigillis obsignata”.
Con un Decreto successivo del 14 novembre 1807, riportato in calce al medesimo documento, viene data facoltà di esporre il Corpo della piccola Rufina alla pubblica venerazione.
E’ da notare che, stando a quanto riportato nella iscrizione sepolcrale, risulterebbe che la piccola Rufina - che visse 2 anni, 3 mesi e 1 giorno - morì prima della madre, perché sono i genitori “Elpide e Igea” a dedicare la lapide sepolcrale “a Rufina figlia dolcissima”.
Quali eventi abbiano contornato queste scarne e sicure notizie storiche riferite alle due martiri non è dato conoscere. Non si hanno altre fonti.
DA SULMONA AL BRASILE
Il culto verso le due sante martiri, nonostante l’entusiasmo iniziale di cui è testimone diretto Padre Ignazio di Pietro, ben presto si affievolì. “Poi l’Oratorio si sciolse – ricorda lo storico Francesco Sardi de Letto nel suo “La città di Sulmona: impressioni storiche e divagazioni” (Ed. Circolo letterario, s.d.) alle pagine 164-165 -, la chiesa di S. Filippo diventò un forno, e ne seppe qualcosa il Canonico Don Oraziantonio Sardi, colà sepolto, il quale, affinché non fosse definitivamente disperso, per disposizione del Vescovo Tiberi fu trasportato il 1823 alla Cattedrale e tumulato nella Cappella della famiglia Sardi, dedicata a S. Giovanni Nepomuceno”.
Un po’ patetico e retorico il de Letto prosegue: “Povera mamma Igea, povera Rufina, chi più vi ricorda? Chi vi conosce? Non stavate meglio nell’antro cupo di Priscilla, ove foste poste l’una accanto all’altra, quando il martirio vi colpì? I passi, che nei secoli rimbombarono sopra di voi per quei cunicoli, i carri di tutte le civiltà che rotolarono colà, sull’antichissima via Salaria, vi avrebbero sempre fatto comprendere che la vita fu e sarà sempre in fervida attività, e vi avrebbero fatto compagnia nel vostro sonno millenario. Ora, qui, chi vi parla dei fatti del mondo? Chi vi parla dell’insigne matrona, che vi ricorda il meraviglioso affresco, ancora vivo, raffigurante la comunione eucaristica in quella vostra antica tomba? Protettrici di Solmona e per di più con tre giorni di fiera del bestiame! Anche la fiera vi ha abbandonate. Vi conosco soltanto io, perché sulla vostra cassa, che confonde le vostre schegge d’ossa e la vostra cenere, vi è il sigillo di cera rossa di Don Saverio Sardi, mio antenato…”.
E’ comprensibile come in questo stato di dimenticanza e di assenza di devozione verso le due Sante martiri, il vescovo di Sulmona, Luciano Marcante, nel 1957, abbia potuto donare ad altri le Reliquie con la prospettiva che fosse loro tributata una maggiore devozione.
E qui la storia delle reliquie di Santa Igea e Santa Rufina cambia completamente scenario.
Nel 1956, in Brasile, era stato costruito il bel Santuario dedicato a “Nossa Senhora de Fatima”, in un quartiere di Rio de Janeiro e gli Orionini ne stavano promovendo il culto. Manifestarono il desiderio di potervi collocare le reliquie di qualche santo e martire, secondo la pia devozione e l’esempio di Don Luigi Orione. Probabilmente, a portare la richiesta a Roma fu Don Gigi Piccardo, consigliere generale della Congregazione orionina, che si era recato in visita alle case del Brasile nel giugno 1956. Del reperimento di Reliquie insigni fu incaricato Don Angelo De Paoli, per molti anni missionario in Brasile e all’epoca direttore della “Casa madre” di Tortona.
Il 22.10.1956, Don Benedetto Gismondi, orionino direttore a Sulmona dell’oratorio Don Orione e della chiesa Santa Chiara, scrive a Don De Paoli che gli aveva chiesto di aiutarlo nella ricerca di qualche reliquia insigne: “L’incarico è stato favorevole e così proprio vicino alla nostra chiesa, nella parrocchia di S. Filippo, ho trovato il corpo della madre e della figlia, santa Igea martire la madre, e santa Rufina martire la figlia, come vede mi sono dato d’attorno e l’esito è stato favorevole. Ora però tocca a lei fare una scappata fino qui a Sulmona e così poter stabilire ogni cosa”.
Don De Paoli, contento della notizia, chiede ulteriori notizie sull’autenticità delle reliquie e sulla disponibilità a donarle. Don Gismondi gli risponde il 1° novembre 1956: “I documenti ci sono, sono autentici. Ho parlato con il Vicario generale, non trova nulla in contrario. Il parroco che ce li dona è contento”. Poi il 20 novembre successivo torna a scrivere: “Rispondo alla sua, dove mi chiede di farmi ottenere i documenti dei due santi. Questi li ho con me, ho parlato anche con il nostro Vescovo, come pure con il Vicario e sono ben disposti e contenti”.
A questo punto, Don De Paoli, riconoscendo che la cosa è ben fondata, il 23 novembre comunica a Don Risi, procuratore generale della Congregazione: “Sa che forse ho trovato il Santo Martire da mandare in Brasile? D. Sciaccaluga mi ha consigliato di tentare a Sulmona; ho scritto a D. Gismondi e realmente, nella parrocchia vicino alla nostra Casa, ne ha trovato due (S. Hygia e Rufina, Madre e Figlia). Il Vescovo, il Vicario generale e anche il Parroco sono ben contenti di darli e saranno mandati a Roma; saranno spediti a D. Stefani e lui li porterà a lei che avrà la bontà di ottenere il Nulla Osta da Monsignor Carinci. Quando lei li porterà ai Riti, veda di ottenere tutto in Regola. (…) Non appena avrò i documenti in regola, andrò a Sulmona a prenderli e li spedirò al Brasile”.
Don Gismondi intanto segue le procedure canoniche a Sulmona. Con Decreto del 10 dicembre 1956, il vescovo di Sulmona, Luciano Marcante, concede le reliquie ai Figli della Divina Provvidenza di Don Orione. Questo è il testo.
“Audito Parocho Sanctae Agathae in Santo Philippo Nerio huius Nostrae Civitatis absque praejuicio removeri posse corpora Sanctarum Martyrum Hygiae eiusque Filiae Puellae Ruphinae testante, quae usque adhuc illic erant composita, libenter CONCEDIMUS ut Sacrae Corpora de quibus supra diximus, prudenter removeantur eademque, ad majorem venerationem et honorem, Congregationi Filiorum Divinae Providentiae vulgo “Figli di Don Orione” pie conservando adsignetur.
Datum Sulmone, ex Aedibus Nostris Episcopalibus, sub signo sigilloque Nostro, die 10 mensis Decembris Anno MCMLVI.
Lucianus, Episcopus
Sac. Achille Sciallo, Cancellarius Episcopalis
Il 12 dicembre, Don Gismondi informa Don De Paoli: “Oggi stesso vi ho spedito i documenti con l’accompagnatoria di Sua Ecc. Monsignor Vescovo”. Il 21 gennaio successivo, già si pensa alla spedizione: “Riguardo poi a l’urna, compreso l’imballaggio: la grande è di metri 1.15 lungo, alto cent. 81, largo cet. 54. La piccola è: lungo cent. 54, alto cent.43, largo cent. 31”.
Era dunque tutto pronto per la spedizione, quando il parroco, Mons. Ferdinando Di Camillo, che doveva donare le reliquie è preso da uno scrupolo e – come scrive Don Gismondi il 25 febbraio – “Mi ha detto ben volentieri, ma prima però vuole per iscritto un permesso dal Vescovo”. Era successo che “un canonico del capitolo si è fatto un po’ risentire a questo riguardo ed ha messo un po’ in movimento la questione”. E commenta: “Le dette urne sono esposte in venerazione, ma mai è stata fatta una semplice funzione in loro onore ed i parrocchiani non sanno neanche i nomi di questi due santi, e cioè in povere parole sono sempre stati dimenticati”. In altra lettera del 7 marzo, Don Gismondi invita Don De Paoli a contattare il Vescovo: “Secondo me, conviene che lei stesso scrivesse al nostro Vescovo e sentire che cosa dice, e se è contento di cederli. Come le ho detto, questi due Santi, qui a Sulmona, sono sempre stati dimenticati ed i parrocchiani non li conoscono, mentre invece se li cedono a noi, vengono messi in venerazione”.
Evidentemente, le remore suscitate dall’intervento del canonico furono superate e le due urne con i resti mortali delle sante Igea e Rufina furono consegnate agli Orionini. Il 18 giugno, Don Gismondi scrive a Don Gigi Piccardo: “Abbiamo qui il nostro caro Don De Paoli che è venuto a prendere i corpi dei due Santi che dovranno andare in Brasile”. Il giorno dopo scrive al Superiore generale Don Pensa: “Ieri sono stato dal Vescovo che mi ha trattato cordialmente; si doveva partire oggi di ritorno, ma il parroco nella cui chiesa si trovano i Santi, mi ha mostrato il desiderio di voler fare una funzioncina per la consegna dei due corpi dei Martiri. L’ho fatta volentieri, così domattina dopo la Messa cantata riceveremo il sacro deposito e ci metteremo in viaggio di ritorno. Se nulla succederà in contrario, venerdì sera spero di arrivare a Tortona. Tutto è andato bene e speriamo che in compagnia dei due Santi avremo un viaggio felice”.
Tolte dalle urne originali, le ossa delle Martiri furono poste in due piccole urne di legno, lavorato e dipinto, e furono consegnate a Don De Paoli che le portò presso la Curia generale, in Via Don Orione 8, a Roma. Don Pietro Stefani, orionino, ricorda il loro arrivo a Roma, attorniate di venerazione e con la prospettiva di essere portate in Brasile.
A documentare l’avvenuta consegna dei santi Corpi, giunse una dichiarazione del vescovo di Sulmona, Luciano Marcante.
La Congregazione della Piccola opera della Divina Provvidenza “DON ORIONE” ci ha chiesto, per mezzo del Superiore della Casa locale delle Reliquie insigni di Corpi di Santi Martiri o Confessori per essere destinate ad una sua Chiesa eretta in luogo di Missioni e conciliare ad esse una maggiore venerazione.
Noi abbiamo posto gli occhi su di un’urna-reliquiario, conservata nella Chiesa di San Filippo di questa Nostra Città di Sulmona, la quale da anni trovasi come dimenticata sull’ultimo altare a sinistra presso la balaustra della medesima Chiesa.
Al fine perciò di dare ad una chiesa nascente in luogo di Missioni dei celesti Patroni, che coadiuvino le fatiche apostoliche dei predicatori del Vangelo e di rinnovare alle dette sante Reliquie il culto di venerazione che meritano, abbiamo permesso al Parroco di Sant’Agata che officia nella chiesa di San Filippo, di rimuovere il prezioso deposito e di affidarlo alla Congregazione richiedente.
Le Reliquie insigni appartengono ai Corpi Santi delle Martiri RUFINA e HYGIA prelevati dalle catacombe di Roma in epoca d’incerta data. Rimozione e consegna sono state fatte con la dovuta riverenza il 19 giugno 1957.
Si rilascia il presente in tre esemplari da essere conservati uno nell’Archivio Parrocchiale di Sant’Agata in San Filippo, il secondo conservato in questa Curia vescovile, il terzo affidato alla Congregazione dei Figli di Don Orione.
In fede ecc.
Dal Nostro Palazzo Vescovile, il 25 Giugno 1957
+ Luciano Marcante
Vescovo
A portare i corpi delle due Martiri in Brasile fu il Superiore generale degli Orionini, Don Carlo Pensa, durante la sua visita nell’agosto 1957. Una sua Dichiarazione del 2 agosto, probabilmente fatta per il passaggio alla dogana, recita: “Si dichiara che le Reliquie dei Santi Igia e Rufina, risalenti al secolo 3°, sono stati donati dal Vescovo di Sulmona per il Santuario di “Nostra Signora di Fatima” in Rio de Janeiro (Brasile)”.
Ricevute le reliquie, Don Valdastico Pattarello, superiore provinciale in Brasile, si affretta, il 9 agosto, a ringraziare Don De Paoli: “Grazie, grazie tante dei nostri due martiri. Il Direttore ce li ha consegnati tutti e due. Ora a noi porli in onore”.
Un’eco della festosa accoglienza riservata a quel dono la troviamo nella lettera del signor Eduino Orione, un amico della congregazione, il quale, il 10 ottobre, da Rio de Janeiro, scrive a Don De Paoli: “Don Pensa era contento di aver portato con sé i resti dei due santi martiri S. Hygia e S. Rufina. Io non conosco ancora il programma delle funzioni che verranno fatte”.
L’archivio orionino in Brasile è stato solo recentemente formato e, al momento attuale, non si sono trovate molte notizie a riguardo della presenza delle Reliquie delle due Sante martiri. Si sa che dal santuario di “Nossa Senhora de Fatima”, in Rio de Janeiro, furono poi collocate nella chiesa del Piccolo Cottolengo di Don Orione di Cotia (São Paulo). Qui si trovano attualmente. Giorno della venerazione di Santa Igea e Rufina è il 12 aprile, data del ritrovamento dei loro Corpi nelle Catacombe di Santa Priscilla in Roma.
Ho avuto modo di ispezionare le sante Reliquie il 25 ottobre 2003. Nei due cofanetti in legno lavorato, leggermente più grande quello di Santa Igea rispetto a quello di Santa Rufina, appaiono le Ossa in buono stato di conservazione. Sono presenti anche i due vasi di vetro, di cui parlano le lettere testimoniali. Ho preso visione anche dei due fogli cartacei delle Lettere testimoniali, vergate il 6 luglio 1803, quello di Santa Igea, e il 18 luglio 1807, quello di Santa Rufina. Su richiesta di Mons. Aladino De Iuliis, parroco di Sant’Agata di Sulmona, nella cui giurisdizione si trova la chiesa di San Filippo Neri da cui partirono le reliquie, la Congregazione dei Figli della Divina Provvidenza ha donato recentemente alla chiesa di origine alcuni frammenti delle ossa di Sant’Igea (di 11, 11, 9, 8 e 6 centimetri circa), perché la Santa martire possa essere nuovamente posta in venerazione anche a Sulmona (cfr. Lettera testimoniale del 6 novembre 2003).
UNA DEVOZIONE DA RILANCIARE
Il Concilio Vaticano II ha ricordato che “la Chiesa, secondo la tradizione, venera i Santi e tiene in onore le loro reliquie autentiche” (Sacrosanctum Concilium n. 111) e il recente Direttorio su pietà popolare e liturgia (17.12.2001) ha riconosciuto che “i fedeli amano le reliquie” (n.237). Al n. 236 aveva ricordato che “l’espressione «reliquie dei Santi» indica anzitutto i corpi, o parti notevoli di essi”.
Una storia particolare hanno avuto le reliquie dei santi Corpi delle martiri Igea e Rufina: prima 15 secoli di oblio umano nelle catacombe di Santa Priscilla, poi il dono alla chiesa di San Filippo Neri di Sulmona, poi il dono a una missione orionina del Brasile. Ora, quei resti, fino ad ora rimasti uniti, sono stati separati per la devozione in due luoghi diversi, in Italia e in Brasile. Quello che più importa è che possano continuare quel ruolo di memoria e di evangelizzazione che prolunga il senso del martirio e la missione dei martiri nella storia della Chiesa.
Il culto delle reliquie infatti è un’espressione del culto dei santi, parte integrante della fede della Chiesa, è un’espressione di fede in sintonia con essa e con le sue esigenze. Come autorevolmente ha insegnato il documento conciliare Lumen gentium, è inserito nel contesto dell'"indole escatologica della Chiesa pellegrinante" in termini di "canto di gloria a Dio" (n.49), di "esercizio della fraterna carità" (n.50) e di "amore fattivo" (n.51). Trova le sue principali modalità di attuazione nella comunione, imitazione e preghiera.
Le reliquie hanno una lunga tradizione nella storia della Chiesa. La venerazione delle reliquie dei martiri è testimoniata fin dai primi secoli dell’era cristiana, così come sono attestati i miracoli di guarigione ad esse legate.
La diffusione delle reliquie avvenne a partire dal IV secolo in ogni regione cristiana. Con la loro diffusione si moltiplicarono i centri di culto di un santo, sempre legati alla presenza del corpo o di sue vestigia. Conseguenza del fatto fu che il culto del santo non rimaneva più limitato alla Chiesa locale, ma in non pochi casi era di tante, o di tutte le Chiese; esso diventava universale, con notevoli influssi sulla ecclesiologia e sui rapporti ecclesiali.
Sant’Agostino insegnava che “non bisogna disprezzare o lasciare senza il dovuto onore il corpo dei defunti che lo Spirito Santo usa come strumenti di buone opere”. Nel Medioevo, il culto delle reliquie raggiunse l’apice assumendo importanza non solo per la devozione religiosa, ma anche per la vita civile. Qualche esagerazione, sempre possibile nelle espressioni umane della religiosità, portò a reazioni contrarie culminate nella contestazione protestante. Il Concilio di Trento dovette intervenire per ribadire solennemente il valore e la necessità del culto dei santi e delle loro reliquie.
E’ nota la particolare passione e venerazione di Don Orione per le reliquie e il loro culto. Arrivò un giorno a dire ai confratelli: “State a vedere che tra i fini della Congregazione verrà giorno che ci sia anche di darsi attorno per raccogliere le urne dei Santi e le reliquie abbandonate”. Confratelli che vissero accanto a Don Orione ricordano che egli “fu collettore instancabile di reliquie” (Don Arturo Perduca, Summarium ex processu, p.69). Don Domenico Sparpaglione lo definì un «cacciatore» di Reliquie dei Santi (Summarium, p.408). Don Giuseppe Zambarbieri testimoniò: “Ho già avuto occasione di rilevare, la sua consolazione ogni volta che poteva inginocchiarsi accanto all'urna di qualche santo. La sua contentezza appariva somma quando riusciva ad avere qualche reliquia. Suo desiderio fu di raccogliere quante più reliquie potesse e di esporle al culto dei fedeli con molto onore nel Santuario della Madonna della Guardia. Custodiva le reliquie con un amore quasi geloso: l'ho visto spesso con gli occhi umidi nell'atto di contemplare e baciare una reliquia. Chiedeva reliquie a chi gli risultava o pensava che ne possedesse, e lo faceva - con tale dolce insistenza che riusciva sempre nel suo intento”. (Summarium, p.724)
Nell’ultimo documento della Chiesa che tratta l'argomento della devozione verso le reliquie, il Direttorio su Pietà popolare e liturgia, si mette in guardia dalle possibili esagerazioni quali “la mania di collezionare reliquie, la frode, il mercimonio e ogni degenerazione superstiziosa”. Però afferma che “le varie forme di devozione popolare alle reliquie dei Santi, quali sono il bacio, l’ornamento con luci e fiori, la benedizione impartita con esse, il portarle in processione, non esclusa la consuetudine di recarle presso gli infermi per confortarli e avvalorarne la richiesta di guarigione, devono essere compiute con grande dignità e per un genuino impulso di fede” (n.237).
La certezza storica delle reliquie, le indicazioni della Chiesa e l'esempio dei santi aiutano ad apprezzare il prezioso tesoro della presenza delle reliquie dei Corpi delle sante martiri Igea e Rufina. Circondate da quell’amore e devozione che la fede e la tradizione cristiana insegnano, possano sostenere la testimonianza coraggiosa dei cristiani d'oggi.
[1] Le Reliquie di Igea e Rufina. Come i corpi delle due Sante del secolo II furono donate ad una chiesa di Sulmona nel 1803 e da questa, nel 1957, alla congregazione di Don Orione per una chiesa in Brasile, “Messaggi di Don Orione”, 2/2007, n. 123, p.75-86.