Don Orione molto attinse dagli esempi e gli insegnamenti di Sant’Ignazio.
DON ORIONE: SANT’IGNAZIO È ANCHE PADRE MIO
Ignazio di Loyola fu proclamato santo nel 1622 da papa Gregorio XV e viene ricordato il 31 luglio, suo dies natalis al Cielo nell’anno 1556.
Ignazio era il più piccolo di 13 fratelli e crebbe agiatamente nel Castello di famiglia, appartenente al potente casato dei Loyola. Per un breve periodo prestò servizio come cortigiano e nel 1517, dopo la morte di entrambi i genitori, si arruolò nell’esercito. Nel corso dell’assedio di Pamplona, rimase ferito ad una gamba da una palla di cannone.
Fu così costretto a letto per tre mesi, sotto stretto controllo medico e subendo dolorose operazioni. In questo periodo ebbe modo di avvicinarsi al cristianesimo, grazie alla lettura di numerosi testi religiosi dei quali ne rimase profondamente affascinato, in particolar modo dalla Vita di Cristo e dalla Legenda Aurea: queste letture colpirono talmente nell’intimo il futuro santo che, a guarigione avvenuta (la sua gamba ferita rimarrà comunque più corta dell’altra), decise di convertirsi, ritenendo che la sua vita avrebbe dovuto cambiare drasticamente.
La sofferenza fisica patita da Ignazio, la paura e l’angoscia vissuta in quel periodo, fu cruciale per la sua conversione, in quanto proprio in quella situazione di impotenza, in quella sua “croce”, ebbe modo di incontrare Dio nella sua vita, nella figura di Gesù Cristo, motivo per cui ritenne opportuno da quel momento in poi vivere seguendo l’esempio, oltre che dei santi, di Gesù Cristo, cercando di imitarlo fino ad incarnarlo nella propria esistenza, con i fatti e con il cuore, divenendo vero e proprio strumento dell’azione divina.
Per Ignazio di Loyola, infatti, l’uomo progredisce o regredisce, indistintamente, imitando Gesù Cristo, nel quale l’uomo trova la sua espressione più alta.
All’età di 33 anni, ritenne opportuno, per poter svolgere al meglio l’attività di apostolato, di approfondire le sue conoscenze letterarie e teologiche ad Alcalà e a Salamanca e poi a Parigi, dal 1528 fino al 1534.
Qui conobbe i suoi primi compagni/discepoli (Pietro Favre, Francesco Xavier, Diego Lainez, Alfonso Salmerón, Simão Rodrigues e Nicolás Bobadilla) che assieme a lui, il 15 agosto 1534, presso la Cappella di Montmartre fondarono la Compagnia di Gesù, vero e proprio frutto della conversione di Sant’Ignazio. Nell'ambito della Compagnia di Gesù, ad oggi, si contano 49 Santi di cui 34 martiri e ben 147 Beati di cui 139 martiri e numerosissimi Servi di Dio e Venerabili, tra i quali ricordiamo San Francesco Saverio, che evangelizzò l’India e il Giappone, e Matteo Ricci, uno dei più grandi missionari della Cina.
Il santo venne inviò i suoi “figli” in tutto il mondo allora conosciuto, compresi i cosiddetti “nuovi paesi” (Africa, America ed Asia), per portare la “buona novella”, fondando scuole, istituti, collegi e seminari; nel 1544, per volere del Papa, Ignazio venne a Roma e vi svolse un’assidua attività di preghiera, celebrando giornalmente l’eucarestia e coordinando tutte le attività della Compagnia.
Don Orione ammirò molto Sant’Ignazio e i Gesuiti, la loro spiritualità e il loro apostolato. “S. Ignazio è anche padre mio”, scrisse il 1° agosto 1905. Nel 1920, confidò: “Dovendomi scegliere un Santo a protettore mio e dell’Istituto, ho scelto Sant’Ignazio”; in altra occasione precisò che fu “mio speciale protettore fin dagli anni che ero in Seminario”.
Particolare punto di incontro con la spiritualità ignaziana si ha nel IV voto che non Orione volle non solo di “obbedienza al Papa”, come i Gesuiti, ma di “speciale fedeltà al Papa”, indicando un totale coinvolgimento di cuore, mente e attività nell’amore al Papa.
Sono molti gli esempi e gli insegnamenti di Sant’Ignazio che Don Orione richiamava. Il 19 febbraio 1940, a meno di un mese dalla sua morte, Don Orione ricordava: “Sant’Ignazio di Lojola si spogliò degli abiti fastosi – era spagnolo – e si vestì degli abiti di un mendicante; e nella Regola dice: ‘La povertà deve essere il saldo muro di difesa dello spirito della Compagnia di Gesù”.