L'episodio fu più volte ricordato da Don Orione a prova che "la carità è la migliore apologia della fede cattolica".
DON ORIONE RACCONTA LA CONVERSIONE DI SAN PACOMIO
Pacomio (Esna, 292 – Pabau, 9 maggio 348?) è stato un monaco cristiano egiziano, considerato il fondatore del monachesimo cenobitico. Elaborò la più antica "regola" per la vita comunitaria nota ad oggi ed è considerato il fondatore della prima abbazia, nel 320 circa, presso Tabennisi nella regione della Tebaide.
Quello che sappiamo di lui si ricava essenzialmente da Vita di Pacomio, una biografia che gli fu dedicata nel IV secolo.
Nacque da una famiglia di pagani. Fu coinvolto contro la sua volontà in una campagna di reclutamento dell'esercito romano all'età di vent'anni. Con altri soldati fu messo a bordo di una nave che scendeva lungo il Nilo. Arrivati a Tebe, i cristiani locali avrebbero portato cibo e generi di conforto per i detenuti, cosa che fece una durevole impressione su Pacomio al punto che promise di studiare il cristianesimo. Così avvenne: si convertì e fu battezzato (314?). Poi venne in contatto con asceti ben noti; andò alla ricerca di Palemone eremita e divenne a sua volta un padre del monachesimo.
In un'ardente giornata del secolo IV dell'era cristiana, un soldato romano entrava colla sua legione in Tebe d'Egitto. Egli era di famiglia pagana, e chiamavasi Pacomio. I suoi compagni spossati dalla fatica e dalla fame, già cominciavano a cadergli d'intorno, quand'ecco dalle case e dai vicini recinti uscire uomini, donne, fanciulli, che, mossi a compassione, recavano soccorso e, con sollecitudine delicata e paziente, chi medicava le ferite e chi forniva cibi e vivande per ristorarli.
Pacomio domandò chi fossero quegli ignoti benèfici, e gli fu risposto che erano cristiani.
Nella notte Pacomio non dormì, meditò e pianse. Egli sentì che entrava in una grande e divina luce, in una grande e divina onda di dolcissima e sovrana Carità. Sentì Pacomio che solo Dio, "che tutto di sé riempie, è conforto dell'anima e vera letizia e felicità del cuore".
Si sentì affascinato da Dio e che Cristo-Dio era nato in lui, era vivo entro lui, ardeva nel suo petto. Cristo era stato in lui edificato dalla carità di quei cristiani, di quei fratelli concordi nella carità del Signore. Cristo sorgeva dalla carità ed era Carità.
Comprese Pacomio che nell'unità del vero e dalla vera Fede nasceva quell'unione cristiana degli animi e da questa il desiderio vivo d'essere agli altri di benedizione: sentì il suo spirito quanto sia vero ciò che il pio Autore della “Imitazione di Cristo” avrebbe poi scritto, da umile figliolo di san Benedetto, parecchi secoli dopo, che "nil altum, nil magnum, nil gratum, nil acceptum, nisi Deus, aut de Deo sit", e che una scintilla di carità vera vale ben più che tutte le cose terrene, piene di vanità. "O qui scintillam haberet verae charitatis, perfecto omnia terrena sentiret plena esse vanitatis" (Imit. Christ. I, XV, 11).
Pacomio quella notte non dormì: Gesù gli stava nel petto.
Gesù lo aveva tratto da un abisso di tenebre ad una luce, ad una Vita nuova e divina: Gesù lo chiamava a sé con la dolcissima e celeste forza della carità. Onde Pacomio, non potendo più resistere, e pur liberamente volendo seguire Cristo, uscì dalla sua tenda ed agitando la spada verso il Cielo esclamò: O Dio dei cristiani, che insegni agli uomini a tanto amarsi l'un l'altro, anch'io voglio essere uno dei tuoi adoratori!
Poco tempo dopo, quel soldato riceveva il battesimo, diventava poi un santo e si univa al grande S. Antonio Abate nel condurre alle solitudini dell'Egitto quelle schiere di solitari che vi coltivarono per tanti anni le terre, l'industria e le lettere, e soprattutto la santità nella fraterna e dolce carità. Quell'anima guerriera, che non era mai stata domata dal ferro, era stata vinta dalla carità.
[Commento all"«Ecce quam bonum» in Lettere I, 411s.; anche in Riunioni, p. 214s.]