Un sacerdote di fede, premuroso e intraprendente, mori a 48 anni, missionario in Brasile.
DON GIULIANO MORETTI
“Sto facendo un corso di esercizi spirituali, i più belli della mia vita”, confidò Don Giuliano Moretti, sul letto della clinica San Vicente di Rio de Janeiro, devastato da una pancreatite che stava spegnendo le sue forze vitali.
“Pregava in continuità e molte volte invitava anche noi a pregare con lui - ricorda il fratello Don Secondo -. Ripeté molte volte di desiderare solo la volontà di Dio. Poco prima di morire disse: Sono nelle mani di Dio e di Don Orione”.
Il missionario partito da Salò per la missione di Tocantinopolis, in Brasile, si spense così, il 1° luglio 1978.
Nato l’11 marzo 1930, era l’ultimo di quattro figli. Aveva 8 anni, quando rimase incantato assistendo alla celebrazione della Prima Messa di Don Rocco Tonoli. Da allora desiderò essere come lui.
Entrò all'Istituto San Carlo di Buccinigo d'Erba (Como) nel 1945, emise i primi voti nel 1947; da chierico emergeva nello studio, nella pietà, nell’amabile socievolezza. Fu ordinato sacerdote a Tortona, il 29 giugno 1957.
Dal 1957 al 1966, fu sacerdote tuttocuore e tuttofare tra gli aspiranti del seminario di Botticino (Brescia): economo, assistente, insegnante e, soprattutto, cordiale animatore.
“Erano momenti difficili quando si è iniziata l’attività a Botticino”, ricorda don Evasio Castellaro. “La casa era ben poco ospitale. Mancava quasi tutto, le preoccupazioni erano tante: Don Giuliano riusciva sempre a trovare una risposta, che, se non risolveva, almeno minimizzava la cosa”. El nano – lo chiamavano così – era persona di esile corporatura, dolce, umile, ma energico, dal sorriso facile.
Trascorsi tre anni come superiore e parroco a Voghera, poté realizzare la sua vocazione missionaria rispondendo generosamente all'invito dei Superiori che lo destinarono al nord del Brasile, nella Prelazia di Tocantinopolis, per consolidare quella missione affidata alla Congregazione.
Dal 1970, fu mente cuore e braccia, accanto al vescovo mons. Cornelio Chizzini, per formare e organizzare quella Diocesi. Fu parroco, vicario generale, superiore di seminario, senza risparmio di fatiche e sacrifici, donandosi a tutto e a tutti, bevendo il calice di non poche amarezze, edificando con l'esempio della sua vita religiosa e sacerdotale.
L’elenco delle peripezie e dei pericoli superati in quegli 8 anni in Brasile da Don Giuliano Moretti fa pensare a quello dell’ apostolo Paolo. L’aereo che doveva portarlo in Brasile cadde e lui giunse, il 13 marzo 1970, dopo una lunga odissea, su un altro aereo, senza alcuno ad attenderlo e fece fatica a farsi riconoscere. A fine aprile 1971, fu vittima di un incidente d’auto; ne uscì malconcio, con grave rischio per la sua vita. Un’altra volta, a San Paolo, finì sotto un treno con un anziano cugino e il treno passò sopra di loro, stesi tra le rotaie. A Goiânia dovette essere operato d’urgenza per peritonite. Il 19 giugno 1977, il pullman sul quale viaggiava precipitò in una scarpata: molte ammaccature, ma niente di grave.
Nel giugno 1978, sembrava dovesse superare anche il nuovo male manifestatosi subito con preoccupanti sintomi. Due interventi chirurgici non riuscirono però a risolvere la grave patologia.
Giunsero dall’Italia i fratelli don Secondo, Enrico e Giuseppe. I confratelli lo assistettero amorevolmente. Don Bruno Raffa gli chiese: “Se il Signore ti promettesse di concederti ciò che più desideri, cosa gli chiederesti?”. “Di fare la sua volontà”.
Don Flavio Peloso
Per tutti fu una meraviglia vedere l’eroico “Sia fatta la tua volontà” del missionario che consegnava a Dio, ancora una volta, la sua vita pregando per le Anime e per il Papa. Aveva 48 anni.
La sua salma riposa ora nella cattedrale di Tocantinopolis, accanto a quelle dei primi missionari orionini, caduti, come lui, sulla breccia.
Don Giuseppe Masiero, amico suo e superiore generale, poté fargli visita nel 1988. A Tocantinopolis si sparse la voce e “quei buoni cittadini, quasi risvegliandosi – scrisse Don Masiero -, si sono stretti intorno a me perché ero un amico di Padre Giuliano. Hanno sentito il dovere di partecipare alla santa Messa di suffragio in cattedrale che, in quella circostanza quasi scoppiava, tanto era il numero dei fedeli. L’esempio di questo indomito apostolo orionino ci ispiri”.