Ricordo di un confratello che è vissuto nella fede, nel nascondimento, nella laboriosità, nella benevolenza attiva.
DON VALENTINO BARBIERO
Umilmente tra gli umili
Don Flavio Peloso
Don Valentino Barbiero, prete umile e degli umili, mai ebbe e volle incarichi di responsabilità in grandi Istituti o Parrocchie; non era abituato a predicare alle folle né a dirigere attività complesse. E una di quelle stelle, come tante sono nel cielo, piccole ai nostri occhi perché lontane ma splendenti al loro posto. La loro grandezza resta a noi ignota.
Don Valentino passò 50 dei suoi 60 anni di sacerdozio a Sassello, un paesino dell’entroterra ligure, con una piccola comunità di “buoni figli” lavoratori, lavorando egli stesso i campi, la stalla e custodendo la casa che serviva al ristoro estivo per le malate del Piccolo Cottolengo Genovese. Sempre contento di Dio, del sacerdozio, disponibile sempre a rendersi utile, in qualunque modo. In tutta la zona, era conosciuto per la sua bontà sacerdotale, era chiamato a celebrare e a confessare nei paesi vicini, molti sacerdoti si consigliavano con lui. La gente umile sapeva che poteva ricorrere a lui per ogni piccola necessità spirituale e anche materiale. Era una luce.
Fuori del contesto quasi eremitico di Sassello trascorse solo due brevi periodi; a Villa Moffa di Bra (1968-1972) – lo conobbi lì – e poi a Ortonovo (1972-1978).
Valentino Barbiero nacque il 14 febbraio 1922 e la sua famiglia abitava a Campocroce (VE) oltre il muro di cinta dell’Istituto Marco Soranzo ove frequentò le scuole elementari come esterno.
“Nel maggio 1933 (avevo 11 anni) – ricorda Don Barbiero - ci furono gli Esercizi Spirituali per i sacerdoti dell'Opera ed arrivò anche Don Orione. Io mi divertivo a giocare con le tonache dei preti fino а quando capitai tra braccia di Don Orione. Egli, sorridendo, mi diede la benedizione e mi affidò а Don Sterpi. Si presentò subito mia madre, preoccupata, a chiedere scusa. Don Sterpi la interruppe dicendo se, in futuro, poteva lasciarmi andare con lui а lavorare nell'Opera di Don Orione. Avutone un bel SI, Don Sterpi non perse tempo. Infatti, l'anno successivo, nel 1934, partivo per Tortona. Rividi con gioia Don Orione che stava per imbarcarsi per le Americhe e così ho potuto conoscerlo meglio”.
Valentino fu seguito in Congregazione anche dal fratello Dino che tanto bene fece come missionario in Brasile.
“Da giovane mi capitò di stare tanto tempo lontano da casa e, un giorno, Don Sterpi decise di mandarmi per qualche giorno а casa”, racconta ancora Don Valentino. “Contento, mi recai а prendere la benedizione da Don Orione. Lo trovai in camera, che stava scrivendo, е subito mi domandò: "Cosa desideri?". Risposi: "Sigпor Direttore, la sua benedizione, perché Dоп Sterpi mi тапdа iп vacanza". “No! Nоп ci sопо vacanze in Congregazione!”. Un po’ sconsolato tornai da Don Sterpi, che, con pazienza, mi spiegò il senso di quella frase: "Nоп devi dire vacanze, та visita iп famiglia". Ritornai dal Padre con la formula ‘magica’ di Don Sterpi e così, avuta la sospirata benedizione, partii per casa”.
Questo era il mondo e lo spirito alla Casa Madre di Tortona in cui crebbe. Andavano insieme semplicità ed eroismo. “Un giorno, al momento della ricreazione, vidi il Padre fondatore che, curiosamente, stava giocando con un gattino! Appena mi vide esclamò:”Vai a prendere qualcosa in cucina perché gli diamo da mangiare!”. Gli portai alcuni pezzi di pan secco e poi, naturalmente, presi la benedizione!”.
Don Valentino aveva devozione e incanto per Don Orione e Don Sterpi. “Al ritorno dall’America, l'obbedienza mi destinò а Milano: era l'anno 1938. Avevo l’incarico di commissioniere e quasi tutti i giorni, con una bici-triciclo, andavo а ritirare in un ristorante ed anche in qualche bar, ciò che era avanzato dal giorno prima… Ricordo che un giorno, mentre ritornavo sudato е stanco con un carico di tavole е altro materiale, incontrai Don Orione che, vedendomi in quello stato, mi fermò esclamando: "Bravo! Nella tua vita поп rifiutare пulla di сiò che la Provvidenza dопа".
Don Valentino era persona umile, di grande umanità, saggezza e anche cultura. Noi liceali di Villa Moffa apprezzavamo molto la sua presenza, in abiti da lavoro per gran parte del giorno e poi devoto e ben preparato come sacerdote.
Non venne mai meno alla sua scelta di essere umilmente tra gli umili, riuscendo a convincere i superiori che, di tanto in tanto, gli proponevano altre destinazioni e incarichi più impegnativi ed esposti. Tutti sapevamo che sotto quell’abito umano dimesso vi era un grand’uomo. Inizialmente confuso, poi con un sorriso di distacco, a 90 anni, accettò l’onorificenza “Pro Ecclesia et Pontifice”.
Nel settembre 2013 ritornò nel suo Veneto, nella Casa di Trebaseleghe “perché le forze proprio non mi reggono più”. Una forma di leucemia andava togliendo il vigore alla sua fibra fisica minuta ma resistente.
Nel settembre 2013, con tutto il Consiglio generale, fummo nella sua stanzetta di Trebaseleghe per un saluto; lo trovammo indebolito ma pieno di vita e di ricordi che gli fluivano con parole sempre serene, riconoscenti, piene di meraviglia per quanto vissuto.
Ha concluso la sua vita terrena il 27 ottobre 2013.