Testo della relazione all'incontro dei Segretari Generali, 9 febbraio 2021.
DALLA VITA ALLA STORIA E ALLA PROFEZIA DELL’ISTITUTO
Atteggiamenti, compiti e servizi.
Don Flavio Peloso[1]
Alcune considerazioni pratiche e qualche indicazione sul tema dell’impegno di passare dalla vita alla storia e alla profezia dell’Istituto a partire dalla mia esperienza di religioso che ha avuto stima, passione e responsabilità nei confronti del carisma e dell’Istituto.
MOTIVAZIONI
1. Un impegno collettivo. La storia dell’Istituto può essere scritta anche da uno solo, da uno studioso, ma la cronaca dell’Istituto, che è la base della storia, viene vissuta, documentata e raccolta da molti, in molti anni.
2. La passione per la cronaca e la storia dell’Istituto è un indice e un fattore del senso di appartenenza e dello spirito di famiglia. Chi ha spirito di famiglia ama e tiene i ricordi di famiglia non solo come nostalgia, ma come fonte delle motivazioni e dunque anche dell’intelligenza del discernimento nel camminare verso il futuro.
3. Occorre avere la coscienza e la responsabilità di consegnare la vita dell’Istituto al futuro convergendo a delineare una identità e dinamica di famiglia molto preziose.
“Non c’è futuro senza memoria”.[2] La memoria contribuisce a generare persone e anche Istituti forti, perché hanno una storia che aiuta a dare equilibrio e realismo alla creatività e all’adattamento in un mondo frammentato e in rapido cambiamento.[3] Diversamente si genera un’assunzione acritica e spersonalizzata delle novità.
4. Il rischio di oggi è la volatilità[4] e la irreperibilità di quanto documenta fatti, persone, eventi. Le notizie dei social sono moltissime e dettagliate ma hanno vita brevissima; le riviste di congregazione e di istituzioni stanno scomparendo e passano online; anche molta documentazione importante (verbali, atti, nomine, contratti, ecc.) sono sempre più affidati all’archiviazione elettronica che presenta incognite: 1) di continuità di trasmissione (nei cambi di persone e di sedi di archivio), 2) di conservazione nel tempo (dati persi o dimenticati in una pennetta o in hard disk esterno), 3) difficoltà di reperibilità e visibilità: dove cercare?
5. C’è un consumismo e una ideologia dello scarto che tocca anche la vita e la documentazione delle nostre comunità. Si consuma il presente e subito lo si scarta come non più interessante, non degno di memoria. Spesso si vive in un presentismo liquido, senza consistenza, e per questo facile preda del conformismo (anche di vita religiosa) e degli influencers, omologato su clichés, idee e trends dominanti.
6. I Fondatori iniziarono ed ebbero a cuore la tradizione di famiglia “per conservare lo spirito della famiglia”. La tradizione, rivestita certo di tradizioni, non è solo forma è sostanza. Certo occorre discernere il nucleo vivo (spirito) dall’incarnazione storica, ma il nucleo vivo senza incarnazione storica non esiste o è ridotto a ideologia. Del resto, l’incarnazione storica non si identifica tout court con il carisma e per questo ci vuole un’opera ermeneutica.
7. Gli archivi, con la ricchezza di notizie dal vivo della vita, di persone e contesto, aiutano a superare gli stereotipi, gli slogans, le frasi fatte sui fondatori e sull’Istituto che finiscono per rendere “datati” gli eventi, privi di interesse. La ricostruzione con fonti di archivio permette di ri-presentare la vita, le sue tensioni, i valori, le motivazioni determinanti e tutto questo diventa stimolante e ispirativo per situazioni nuove e inedite, dà intelligenza interpretativa e progettuale per affrontare l’oggi, le novità. Ricordo che un mio confratello scrisse, subito dopo un bel convegno su “Don Orione e il Novecento”, con relazioni su fonti di archivio, un articolo dal titolo “La rivincita degli archivi”. Insomma, la vita – purché come tale sia ri-presentata – è interessante e diventa criterio ermeneutico per capire e muoversi in un mondo che cambia.
8. Historia magistra vitae. Le parole di Cicerone (De Oratore II, 9) ci ricordano la funzione ammaestratrice dell’esperienza storica. La frase intera è: Historia vero testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis «la storia è testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra della vita, messaggera dell’antichità».
9. Aristotele parlava di filosofia prima e filosofie seconde intendendo che la Metafisica (studio dell’ente in quanto tale) ha una natura “fondazionale” nei confronti delle altre filosofie e scienze che studiano aspetti particolari. Qualcosa del genere avviene per quanto riguarda la storia dei fondatori, del carisma e degli Istituti: la ricostruzione dell’esperienza in quanto tale ha una natura “fondazionale” nei confronti degli altri studi riguardanti il carisma: la spiritualità, la pedagogia, la pastorale, ecc. All’esperienza vitale in quanto tale ci si avvicina ed è possibile ri-presentarla solo andando alle fonti che da essa provengono e che essa comunicano: diari, testimonianze, scritti, cronache, foto, documenti, ecc.
CONOSCENZA STORICA E FEDELTÀ AL CARISMA
10. È vero che i Fondatori sono “uomini dello Spirito”[5] e “uomini di Dio”.[6] È vero che lo Spirito datore di vita e dei carismi di fondazione non può essere descritto, fotografato, ideologizzato. Ma è anche vero che lo Spirito si fa carne e storia concreta, perciò è rintracciabile nell’esperienza.
Le intuizioni spirituali, i carismi vivono e si manifestano avvenendo, diventando storia di una persona, dell’Istituto. Il contesto storico ha fatto (e fa) da “reagente” o da “bagno di sviluppo” del dono spirituale e della interiorità di una persona.
11. Dalla biografia alla spiritualità. Quindi è importante conoscere la storia del Fondatore e la storia dell’Istituto, gli sviluppi, che cosa è avvenuto. Non basta narrare qualche episodio o citare qualche frase staccata dal contesto di vita in cui fiorì. Bisogna collocare i nostri reperti biografici (fatti, frasi, lettere, ecc.) nel loro contesto storico-vitale ben determinato; vanno relativizzati e integrati nell’ambiente/tempo di cui erano parte.
Quanto più conosciamo la vita di una persona, tanto più arriviamo a percepire che cosa ha animato questa vita. Di qui deriva l’importanza della conoscenza biografica del Fondatore e della Congregazione, le vicende personali, il contesto sociale, il clima di vita della Chiesa. In questa conoscenza storica occorre avere la prudenza e l’umiltà di non pretendere di “spiegare”: un’anima non si spiega; l’agire di Dio si riconosce.
“Chi può rintracciare le cose del cielo?” (Sap. 9,16).
Le cose di Dio accadono. Ci sono sorprese che vanno al di là di ogni spiegazione ragionevole sul piano delle osservazioni e delle leggi umane. Se non si tiene conto del “coefficiente di trascendenza” – del fattore Grazia o azione dello Spirito Santo – si corre il rischio di dare spiegazioni ragionevoli, ma non vere. Non lasciamoci quindi prendere da euforie ingenue o da tentazioni di positivismo storico.[7]
12. La mediazione tra "memoria" e "profezia" del carisma/Istituto non può essere solo frutto di improvvisazione, di slanci isolati, ma deve essere componente essenziale della vita dell’Istituto. Ricordiamo che il carisma è la ragione e la forma d’essere dell’Istituto perché questo “torna a vantaggio della Chiesa” (PC 2). La mediazione tra memoria e profezia del carisma va realizzata permanentemente, comunitariamente, con strutture e dinamiche stabili.[8]
SCELTE E MODALITÀ PERCHÉ LA VITA DIVENGA STORIA
13. Il dovere di conservare. Il Codice di diritto canonico parla dell’importanza che hanno gli archivi diocesani e parrocchiali. Sancisce infatti il can. 486:
§ 1. Tutti i documenti che riguardano la diocesi o le parrocchie devono essere custoditi con la massima cura.
§2. In ogni curia si costituisca in luogo sicuro l’archivio diocesano per custodirvi, disposti secondo un ordine determinato e diligentemente chiusi, gli strumenti e le scritture che riguardano le questioni spirituali e temporali della diocesi.
§3. Dei documenti contenuti nell’archivio si compili un inventario o catalogo, con un breve riassunto delle singole scritture”.
Quanto è asserito per gli archivi ecclesiastici va applicato anche ai nostri Archivi, sia di Istituto (archivio centrale), sia di Provincia (archivio provinciale) e di singola Casa (archivio locale).
14. Archivio storico e corrente e segreto.
15. Cura dell’Archivio. Solitamente nelle Costituzioni e Norme degli Istituti si affida ai Segretari generale, provinciale e locale il compito di conservare e archiviare quanto documenta la vita della comunità/attività. È bene ricordare periodicamente e controllare nelle visite canoniche l’effettiva archiviazione di alcune fonti della vita di una casa/comunità, quali: verbali del consiglio di casa/comunità; atti e corrispondenza ufficiale della casa con organismi congregazionali, ecclesiali e civili; diario della casa; foto, video, materiale informatico essenziale, con data, luogo, nomi di eventi e persone; foglietti, riviste e bollettini locali; registri delle celebrazioni delle Messe, personali e di comunità/chiesa; ecc.
16. Archiviazione cartacea e archiviazione informatica. Siamo nel passaggio dall’ archiviazione cartacea all’archiviazione informatica. I vantaggi dell’archiviazione elettronica sono tanti. Però, siamo in una fase delicata perché si sta conservando sempre meno il cartaceo e non si conserva ancora adeguatamente l’informatico. Per tante ragioni è conveniente che vi siano entrambi.
C’è il rischio che della vita di questi 2/3 decenni resti ben poco. Occorre pensare seriamente a organizzare l’archivio informatico della casa/Istituto con la documentazione prevista (vedi n.18). L’archivio elettronico deve essere istituzionale/oggettivo e non individuale/spontaneo, riservato ma consultabile, da trasmettere e aggiornare nei cambi. Ciò presuppone unicità e continuità di strutture, metodo e programmi di archiviazione.
QUALCHE INDICAZIONI PER FARE STORIA DELL’ISTITUTO
17. Studio “da figli”. Santi, carismi, Istituti sono di tutti e possono essere studiati da tutti. Vorrei però ricordare la specificità dello studio “da figli”, svolto da religiosi e laici che hanno con quel carisma e con quell’Istituto un rapporto di figlio, cioè hanno nell’anima lo stesso “spirito” come dono dello Spirito, coinvolti nell’esperienza spirituale e apostolica del Fondatore che riconoscono come “padre”.
L’essere “figli”, con lo stesso “imprinting” carismatico, crea una condizione spirituale ed esistenziale, prima che un dato sociologico di appartenenza. Questa condizione di “figli” pone in un “circolo ermeneutico” tra oggetto di studio e soggetto interpretante, tra realtà del passato e attualità.[9] Ha i suoi vantaggi e qualche rischio, ma la nostra conoscenza non può che essere “da figli”.[10] Diamoci dunque da fare per studiare “da figli” al meglio, ricordando che anche i figli – favoriti dal cuore che intuisce – devono fare ricorso a delle regole semplici di ermeneutica per evitare errori, enfasi o riduzioni nel parlare del carisma e dell’Istituto, per non far dire al Padre fondatore quello che ha ciascuno nel cuore (corto circuito), per non interpretarlo arbitrariamente e cercare invece di conoscerlo nella sua realtà di persona portatrice di un dono dello Spirito.
18. Nello studiare e scrivere la storia dell’Istituto, c’è la necessità di avere previamente una conoscenza globale del Fondatore e della Congregazione (biografica, storica) e a una comprensione di sintesi (carismatica, spirituale) prima di avventurarsi a dire “qualcosa”, prima di approfondire singoli aspetti ideali o segmenti di storia.
19. Siccome la vita e il carisma sono un tutto organico, si deve collegare la parte al tutto. Cioè, anche se parlo del Fondatore in quanto “formatore”, per ben comprendere questo aspetto e attività, devo inquadrarlo dentro la sua visione ecclesiale, la sua personale esperienza umana e apostolica, il contesto sociale con limiti e stimoli...[11]
20. Inquadrare la parola scritta con la vita, il testo nel contesto (sitz im leben). È necessario collegare gli scritti (materiale oggettivo, più facilmente reperibile e utilizzabile) con la sua vita, la storia, le esperienze, le testimonianze… per evitare una lettura teorica. Gli enunciati vanno collocati e capiti nel contesto e nella storia entro cui sono nati.
21. Evitare una presentazione “a fioretti” o ideologica. Gli episodi sono parte di un più ampio scenario di vita (back-ground) alla luce del quale i singoli fatti possono essere compresi a pieno, senza distorsioni, nemmeno a scopo pedagogico o morali. Occorre evitare il rischio di fare una presentazione ideologica, cercando dal Fondatore una “conferma” alle proprie idee, giudizi e decisioni.
22. Confrontare la visione personale e comunitaria. Sempre parlando di storia dell’Istituto, occorre procedere ad una lettura e presentazione sinottica del carisma/Congregazione, perché il carisma, per sua natura, è “dato alla comunità”, attraverso una persona, certo, ma è “comunitario”, nel senso che è destinato alla vita comunitaria ed ecclesiale. Dunque, la comunità è per connaturalità il luogo ermeneutico del carisma, è la condizione per la sua profonda comprensione.[12] Senza l’interpretazione viva del carisma e delle sue espressioni storiche da parte della comunità ci si accontenta di divulgazioni, di commenti, di stereotipi sul Fondatore ma si rischia l’atrofia del carisma.
Auguro a tutti un buon servizio, sia nel raccogliere le testimonianze di vita (memoria) sia nell’elaborarle per farne storia (studio), sia nell’attualizzarle per farne profezia (testimonianza). Tutto questo è possibile se coltiviamo dentro di noi quella stessa intuizione carismatica, verificata nella conoscenza e attivata nello Spirito, origine di ogni carisma.
[1] Padre Fortunato Siciliano, (3463020811, segrgen@rcj.org) coordinatore del Gruppo Segretari Generali.
[2] L’espressione è di Primo Levi, ma è stata popolarizzata da Giovanni Paolo II; molto ricorrente in Benedetto XVI e in Francesco; quest’ultimo l’ha quasi personificata nella figura dei nonni e degli anziani.
[3] Un contadino o un falegname dell’epoca di Gesù avrebbe fatto meno fatica ad adattarsi nel Veneto degli anni ’50 rispetto a un contadino o un falegname del Veneto degli anni ’50 ad adattarsi nel Veneto del 2021.
[4] Nella Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 2015 è stato pubblicato il DPCM contenente le Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni. Nell’art. 3, si precisa che è considerato “documento informatico valido” quando assume la caratteristica di “immodificabilità” e questa caratteristica si ha solo se “forma e contenuto non siano alterabili durante le fasi di tenuta e accesso e ne sia garantita la staticità nella fase di conservazione”.
[5] È il titolo del primo e fondamentale libro di Fabio Ciardi del 1982.
[6] È il film sui martiri trappisti di Tibhirine del 2010.
[7] Lo storico è tentato di spiegare tutto, di trovare causalità, consequenzialità e spiegazioni. “Il guaio dei positivisti – osservava Ludwig Wittengstein – è che non hanno nulla su cui tacere”; nella proposizione 7 del Tractatus Logico-Philosophicus, afferma: «Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere».
[8] Trovo significativa e utile l’esperienza realizzata nella mia famiglia carismatica con i Gruppi Studi Orionini. Da 20 anni sono presenti in ciascuna provincia/nazione; sono formati da religiosi, suore, laici. Le finalità e compiti dei Gruppi Studi Orionini sono essenzialmente quattro: familiarizzare con la storia e le fonti orionine; curare la qualità scientifica dello studio; dialogare con le situazioni attuali di società, Chiesa e Famiglia orionina; offrire un servizio qualificato di studio all’interno, nella Famiglia orionina, al governo, ai segretariati, ai progetti pastorali e formativi, e all’esterno, nel mondo ecclesiale e sociale mediante la comunicazione scientifica e popolare”.
[9] Gadamer ha illustrato la dinamica conoscitiva del “circolo ermeneutico” tra oggetto e soggetto interpretante che crea un dialogo continuo tra la realtà del passato, il mio presente e la tradizione attraverso la quale il passato giunge fino a me. Attraverso questo processo ermeneutico conoscitivo ed esperienziale, il carisma porta un potenziale di futuro che si dischiude solo quando esso viene vissuto e sofferto fino in fondo nel mondo che cambia. Hans Georg Gadamer, Verità e metodo. Lineamenti di un'ermeneutica filosofica, Bompiani, Milano 2000; Grazia Loparco, Può la memoria generare futuro? Presupposti storici nell’identità religiosa, in “Rivista di Scienze dell'Educazione” 42(2003), 3, 438-453.
[10] Flavio Peloso, Ermeneutica orionina per conoscere Don Orione “da Figli” in “Messaggi di Don Orione” 41 (2009), n. 130, 73–91.
[11] Friedrich Schleiermacher spiega come la parte può essere compresa solo alla luce del tutto e il tutto può essere colto solo approfondendo il significato delle singole parti.
[12] F. Ciardi dedica tutto un capitolo a La comunità soggetto ermeneutico e il suo contesto interpretativo nel suo studio In ascolto dello spirito, Città Nuova, 1996, 111-123.