Una protagonista del laicato cattolico, pioniera del femminismo, grande pedagogista. Conobbe Don Orione a Messina durante i soccorsi dopo il terremoto e non se ne staccò più. Tra le sue amicizie Clemente Rebora, Silone, Buonaiuti, Radini Tedeschi, Mazzolari, Papa Giovanni XXIII, Ada Negri.
ADELAIDE COARI
E IL MOVIMENTO FEMMINILE CATTOLICO
Don Flavio Peloso
Uno dei luoghi comuni più incontestati e persistenti è quello di attribuire alla Chiesa cattolica una irrazionale e antimoderna azione di freno della emancipazione e promozione della donna nella sua dignità personale e sociale. è vero, invece, come già affermava Paolo VI, che "appare all'evidenza che la donna è posta a far parte della struttura vivente ed operante del cristianesimo in modo così rilevante che non ne sono forse ancora state enucleate tutte le virtualità”[1]. Il tema è poi stato sviluppato per il deciso impulso di Giovanni Paolo II.
Una conoscenza meno superficiale dell'ambiente cattolico di inizio '900 porta ad interessanti incontri di persone e di idee che hanno dato pensiero ed esperienza a nuove virtualità della donna nella società e nella Chiesa. Forse non fecero subito "movimento" stabile, questo sì, ma gettarono nella società fermenti fecondissimi, resistenti alle piogge di primavera e di autunno, perché nutriti della inarrestabile vitalità del vangelo.
In ambito cattolico, all'inizio del '900 si assiste "a fioritura di varie iniziative culturali e sociali innovatrici. Per la Chiesa in Italia è una stagione molto esuberante. L'associazionismo cattolico, riprendendo l'ispirazione devozionale e assistenziale precedente, matura una coscienza e una azione sociale nuova, necessarie per rispondere ai nuovi problemi posti dalla industrializzazione e dalla riorganizzazione economico-sociale.
Da molti ecclesiastici, da laici e associazioni laicali è avvertita l'esigenza di farsi promotori di giustizia e di carità per influire su mentalità e strutture sociali che andavano sempre più organizzandosi secondo soluzioni di tipo liberale e socialista. è tutto un fiorire di persone e iniziative sociali fortemente incisive. Si pensi a un Don Orione, dinamico promotore delle Unioni popolari, che scende in campo affrontando il problema del mondo operaio dai toni sindacali: «Proletariato della risaia, in piedi! Un orizzonte nuovo si schiude, una coscienza sociale nuova si va elaborando alla luce di quella civiltà cristiana, progressiva sempre, che è fiore di Vangelo. [... ] Noi cattolici, e come tali e come cittadini, ingaggeremo quest'anno la battaglia per le otto ore in risaia»[2].
Protagonista del movimento femminile cattolico
Quando al Convegno di Roma dell'Opera dei Congressi, nel 1900, Mons. Radini Tedeschi lanciò un appello chiedendo uno specifico impegno della Chiesa in favore di una nuova educazione religiosa e intellettuale della donna, di una sua difesa dallo sfruttamento capitalistico che minava la stabilità familiare e di una sua partecipazione più cosciente e attiva nella missione della Chiesa, Adelaide Coari[3] aveva solo 19 anni ma stava già per entrare sulla scena del movimento femminile a sfondo democratico cristiano del quale sarà protagonista di grande valore e incisività.
Nata a Milano nel 1881, di intelligenza vivace, di sensibilità vibrante e pratica, aveva la capacità spirituale di vedere i fatti nella loro concretezza e di inserirli in una visione ampia e progettuale. Rivelò, giovanissima, le due passioni che animeranno tutta la sua esistenza: l'attività pedagogica e la promozione sociale della donna. Ebbe modo di esprimerle, ancora ventenne, quando venne nominata alla scuola pubblica della Cascina (Milano) e, quasi contemporaneamente, scelta come segretaria di redazione del periodico "L'azione muliebre", primo organo di stampa del nascente movimento cattolico femminile milanese. Con altre giovani donne di solida formazione cristiana percepì lucidamente la necessità di trasformare in "cultura" i valori e i bisogni della donna.
Il suo impegno nella rivista fu effervescente di attività e di idee. Il periodico, contava sul sicuro riferimento di Mons. Radini Tedeschi e di Don Carlo Grugni e sulla determinazione della direttrice Maria Baldo Maggioni. Si distinse per il buon livello culturale e l’impostazione: "cattolico per i principi e gli intendimenti, non si occupa solo di letteratura spicciola ma tiene al tempo stesso al corrente di tutto il movimento sociale moderno”[4].
Quasi contemporaneamente, la Coari è protagonista di un'altra importante iniziativa: la fondazione del Fascio democratico-cristiano femminile milanese, con Adele Colombo, Angiolina Dotti, Pierina Corbetta, una organizzazione che si proponeva di tessere, a partire dal tema della donna, un collegamento con le diverse realtà sociali. Il settimanale "La Donna" ne fu l'organo formativo-propagandistico. Quando nel 1903, nella riunione dell'Opera dei Congressi di Bologna, si decise la istituzione in seno ad essa di una sezione femminile, fu la Coari a stenderne lo statuto.
Nel 1904, fondò e diresse il quindicinale femminile "Pensiero e azione", che aveva per motto "Instaurare omnia in Christo" e il cui programma la Coari presentò così: "Ponendoci sulla base dei fatti, non rifiutando nulla di ciò che il progresso morale e civile ha portato in seno a noi, studiandoci di sceverare da dottrine avanzate e sofistiche quella parte di vero che propugnano, tutto armonizzando ai principi eterni di giustizia e di verità del Vangelo, intendiamo lavorare perché la donna nella famiglia e nella società non cessi mai di essere quell'adiutorium hominum che Dio pronunciò su di lei e per lei”.[5]
Anche solo dai rapidi cenni delle principali iniziative, si vede come la Coari si fosse gettata sulla scena dell'impegno della donna nel Movimento cattolico con grande dedizione pionieristica su due fronti: quello della formazione e quello della promozione dei diritti: equa legislazione, giusta retribuzione, tutela della condizione delle donne e fanciulli, diritto al voto. Divideva il suo tempo tra circoli di studio, riviste, corsi di conferenze, lezioni pratiche, scuole per analfabeti, biblioteche, scuole di economia domestica e di lavoro.
Tanto dinamismo rispondeva alla motivazione profondamente religiosa di "porre la linfa evangelica alla testa dei tempi”.[6] Infatti, come ella disse al Convegno femminile alla Villa Reale di Monza nel 1907, il primo a livello nazionale, era cosciente che senza questa azione per "ordinare e governare l'agitazione che legittimamente è provata e darle il valore pratico di elevazione che deve avere", il movimento femminile avrebbe potuto consolidarsi in un sentimento rivoluzionario e "domani, in circostanze difficili, potranno vederselo innanzi nelle sue forme più incomposte e pericolose”.[7] “Sono cattolica - affermò nel medesimo Convegno - e sento la potenza della fede che anima i miei principi, e sono contenta di affermare che la religione non soffoca bensì cementa le più larghe aspirazioni". Restò disgustata quando, al Convegno nazionale delle donne italiane del 1908, prevalse la tendenza ad eliminare l'insegnamento della religione nelle scuole pubbliche.
Il movimento cattolico femminile incontrò notevoli difficoltà e incomprensioni al suo interno e all'esterno.
All'interno, in quei primi inizi, emergevano inevitabilmente le tensioni e ambiguità di un movimento ancora in gran parte eterogeneo, perché mancava un amalgama di ideali e progetti che solo il tempo avrebbe creato. Forti divergenze vennero espresse anche pubblicamente, ad esempio, sul tema del rapporto con la fede cattolica e l'autorità ecclesiastica. La Coari considerava come parte integrante la fede professata respingendo le tendenze alla a-confessionalità. "Sino al 1908 avevo appartenuto alla Democrazia Cristiana; avevo preso parte in quell'anno al grande Congresso delle Donne italiane, nel quale si svolse la nota battaglia circa l'insegnamento religioso nelle scuole di stato. Io proposi l'ordine del giorno favorevole; fui osteggiata. Questo mi amareggiò, fece sì che mi allontanassi da quegli ambienti".[8]
D’altra parte, nell'ambiente ecclesiale italiano, erano insistenti le critiche e gli inviti alla prudenza, dal momento che i temi caldi del movimento femminile cattolico in parte coincidevano e potevano confondersi con visioni e soluzioni fino a quel momento propugnate esclusivamente in ambiti ai margini o contrari alla Chiesa. Sul cammino, già incerto per ragioni interne al Movimento, vennero a gravare ulteriormente la crisi e lo scioglimento dell'Opera dei Congressi, centro propulsore di tutto il movimento cattolico italiano; anche quello "femminile" finì per perdere consistenza e visibilità.
Nel 1908, venne sospesa la pubblicazione di "Pensiero e Azione" e la Coari passò ad una espressione più direttamente pedagogica delle sue intuizioni e progetti, una via che gli permetterà, anche nei tempi difficili della I guerra mondiale e dell'epoca fascista, di continuare a produrre idee e iniziative per una elevazione della condizione della donna in Italia. Certo, in gran parte si esaurì l'impeto e l'incisività sociale che solo un movimento può apportare.
è interessante notare come questi prodromi di un "femminismo cattolico", dei quali la Coari fu protagonista, si caratterizzarono, fin dall'inizio, per la concezione personalistica e integrale della dignità della donna, diversamente da altri movimenti che quasi sempre si concentravano su rivendicazioni più settoriali, quali il diritto allo studio, il diritto al voto, la parità di salario, le "pari opportunità” nell'impiego e nella scala sociale.
L'incontro con Don Orione sulle macerie di Messina
Nel 1911, troviamo la Coari a Messina, impegnata nella ricostruzione civile di quella città non meno necessaria di quella materiale, essendo stata rasa al suolo dal terribile terremoto dei 28 dicembre 1908.
La Coari era già stata in Calabria nell'occasione del terremoto del 1905, e vi tornò dopo quello del 1908. "Ero colla Marchesa Alfíeri di Sostegno, nipote di Cavour; eravamo accorse per raccogliere orfani bisognosi di assistenza. V'ero andata per il Comitato di Milano. Dovevo preparare un progetto per gli Asili. Ero in relazione col Senatore Franchetti, il quale mi aveva appunto inviato a Reggio e Messina con quell'incarico".
Ciò che sentii di Don Orione mi diede voglia di conoscerlo. Egli ordinò le mie cose spirituali. Rimproveravo alla Chiesa le condizioni di quel tempo, e le gravi difficoltà che ne derivavano. Io sono una devota di Rosmini; mi parve ritrovare nelle parole di Don Orione qualcosa di quel grande Sacerdote. Mi disse: "La nostra Chiesa è malata". E seguitò, però, con l'episodio biblico di Noè e dei suoi figli. "Ubriacatosi, due dei suoi figlioli cercarono velare ed ordinare ciò che Cam aveva posto in vista di tutti". E mi richiamò alla mia responsabilità verso la Madre, la Madre Chiesa. Molto avevo avuto da Don Orione, in quell'incontro, da quelle parole; più ebbi dal suo esempio, perché egli era in mezzo alle persone del mondo, frequentava gli ambienti ed i gruppi che io stessa frequentavo. Don Orione era molto ben quotato e godeva grande stima nell'ambiente laico serio. Avevo, nel 1908, 25 anni: ero cattolica; volevo lavorare in mezzo al mondo. Le parole di Don Orione furono per me decisive. Mi confermai nel valore della Chiesa. E sempre più mi accorsi che, in quell'ambiente laico, i valori cristiani della Chiesa Cattolica erano profondamente sentiti; e che, in me cattolica, apprezzavano, non quanto poteva essere mio, ma proprio tutto e quello che a me veniva dalla Chiesa".
Il metodo ''integrale" nella pedagogia
Anche motivo delle mutate condizioni sociali e politiche che di fatto arrestarono il cammino pubblico del movimento femminile cattolico, a partire dagli anni '20, la Coari profuse le sue migliori energie di pensiero e di azione nel campo pedagogico. Fu la sua prima e sempre appassionata vocazione. Anche nell'ambito pedagogico la Coari fu pioniera e innovatrice nel metodo, definito "naturale" o "integrale", nettamente distinta dall'altra grande pedagogista contemporanea, la Montessori. "Nel caso della Montessori - riconobbe la Coari -, il suo metodo io lo giudicai un metodo dogmatico e materialistico: non aveva anima, non aveva senso interiore".[9] Mentre con lei (la Montessori) condivideva la centralità del bambino nello sviluppo educativo, la Coari aveva una diversa concezione dell'educatore e del suo ruolo. Per lei, infatti, l'educatore è tale in quanto persona in relazione e non deve quindi essere tanto un esperto, o un "tecnico", quanto e soprattutto una guida d'anime. Nella sua concezione pedagogica riteneva che fosse indispensabile procedere senza un programma stabilito: non bisogna preparare in modo rigido le lezioni, ma partire dalle esperienze del bambino, sforzandosi di ascoltarne gli interessi.
"Lasciatemi servire la vita - scrive nel suo Diario la Coari -. Parto da questo principio: voglio servire la vita; vedo la vita del fanciullo nel suo complesso come creatura di Dio, dotata di sensi, di ragione e di sentimenti, di mente e di amore; desidero essere giudicata non dalla parola scritta, ma dall'azione compiuta, che parte inizialmente da mio intimo e dà valore di primo piano all'intimo del mio scolaro". Riteneva pertanto intimamente connessa all'attività educativa lo sviluppo spirituale del maestro. Da questa convinzione promosse e guidò i corsi didattici del famoso "Cenacolo di Lentate" (1925), sospeso poi nel 1934 dal partito fascista.
Adelaide Coari ebbe una vita pubblica sempre intensa che merita di essere conosciuta. Tra l’altro fu tra le prime socie del Partito Popolare Italiano (1919), direttrice e organizzatrice delle 700 scuole rurali lombarde, dal 1926 al 1934.
Molte e qualificate amicizie costituirono il tessuto più interiore della sua esistenza: da Rebora nella cui conversione[10] ebbe parte determinante e del quale poi potrà dire "molto ho ricevuto da lui in tempi di groviglio inenarrabile" a Silone, da Don Orione che chiamava "il padre dell'anima mia" a Papa Giovanni XXIII, "nostro Buon Pastore", da Buonaiuti a Mazzolari, ad Ada Negri con la quale ebbe una forte sintonia ideale: "le nostre due anime si sono incontrate". I suoi incontri erano sempre forieri di creatività spirituale e progettuale. Ad un mese dalla morte, avvenuta a Milano il 16 febbraio 1966, si interessò ancora con Mons. Loris Capovilla alla creazione del "Centro nazionale post-concilio".
A dire la qualità di questa donna valga quanto Lombardo Radice le scrisse in un passaggio di lettera: "Quando ho bisogno di coraggio, per reggere al lavoro, affinché non mi spezzi penso a voi che lavorate tanto e così creativamente, e mi vergogno di sentirmi debole e riprendo lena. Grazie, buona Coari”.[11]
N O T E
[1] Alle Associazioni femminili, Insegnamenti di Paolo VI, XVI (1976), 1017.
[2] Pubblicato su La Val Staffora del 18 maggio 1919; riportato in Giorgio Papasogli, Vita di Don Orione, Gribaudi, Milano 1994, pp. 294-295.
[3] Scritti e documenti riguardanti Adelaide Coari sono conservati principalmente in due archivi: l’Archivio dell’Istituto di scienze religiose di Bologna nel quale confluì l’archivio personale della Coari ed altri corteggi e l’Archivio generale Don Orione di Roma che raccoglie la corrispondenza e i documenti di oltre 50 anni di relazione della Coari con Don Orione e con la sua congregazione, presso la quale trascorse gli ultimi anni della sua vita. Tra gli studi migliori c’è una tesi di laurea di A. Cimini, Adelaide Coari e il Movimento Feminile Cattolico, discussa con il Prof. Lorenzo Tedeschi presso l’università di Urbino, della quale è stata pubblicata un estratto in Studia Picena, 1975, p. 132-199.
[4] Lettera di Maria Baldo a Mons. Radini Tedeschi, 25.9.1900.
[5] Dalla Presentazione di Pensiero e azione (Rivista Feminile Italiana, Via Dogana 2, Milano), ottobre 1904.
[6] A. Coari, Incontro con Don Orione, Diario, p. 2.
[7] Atti di Convegno, p.33-35.
[8] Lettera 25.3.1959.
[9] Lettera del 25.3.1959.
[10] Cfr. U. Muratore, Clemente Rebora. Santità soltanto compie il canto, San Paolo, Cinisello B., 1997, p. 1 53-160.
[11] Lettera del 11.5.1920.