VII Centenario della morte di Dante Aliglieri.
Don Flavio Peloso
Nel precedente editoriale dedicato al bicentenario di Napoleone c’era l’interrogativo lanciato dal Manzoni: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. Nel caso di Dante Alighieri, a 700 anni dalla nascita, la risposta è certa e corale: “Sì, la sua fu vera gloria”, per il suo valore umano, civile, religioso e letterario.
Papa Francesco ha voluto dedicare al centenario di Dante una Lettera apostolica dal titolo Candor lucis aeternae,[1] alludendo già nel titolo alla grandezza di Dante legata al fatto di essersi lasciato guidare dallo Splendore della luce eterna, cioè dal “Verbo di Dio che prese carne dalla Vergine Maria”.
Dante nostro e universale
Avendo presente che Don Orione era solito aggiungere al nome del sommo poeta e padre della lingua italiana l’aggettivo “nostro” (“Dante nostro”, “il nostro caro Dante”, “il nostro sommo poeta Dante”) mi ha subito colpito nella lettera di Papa Francesco la medesima insistenza nel dire, con Benedetto XV, che “l’Alighieri è nostro. Infatti, chi potrà negare che il nostro Dante abbia alimentato e rafforzato la fiamma dell’ingegno e la virtù poetica traendo ispirazione dalla fede cattolica, a tal segno che cantò in un poema quasi divino i sublimi misteri della religione?». E ancora: “Nostro è Dante! Nostro, vogliamo dire della fede cattolica, perché tutto spirante amore a Cristo; nostro perché molto amò la Chiesa, di cui cantò le glorie; e nostro perché riconobbe e venerò nel Pontefice Romano il Vicario di Cristo” (Candor lucis aeternae 1).
Quel “nostro” non ha nulla di esclusivo perché Dante, come la fede cristiana, è universale: “nella sua immensa larghezza, abbraccia cielo e terra, eternità e tempo, i misteri di Dio e le vicende degli uomini, la dottrina sacra e quella attinta dal lume della ragione, i dati dell’esperienza personale e le memorie della storia” (Paolo VI). Quindi, lungi da atteggiamenti trionfalistici, celebrare Dante è per tutti un impegno, ci ricorda Papa Francesco: “Dante è nostro; e ciò affermiamo non già per farne ambizioso trofeo di gloria egoista, quanto piuttosto per ricordare a noi stessi il dovere di riconoscerlo tale, e di esplorare nell’opera sua gli inestimabili tesori del pensiero e del sentimento cristiano” (Ibidem).
Vale la pena, dunque, celebrare questo centenario per conoscere di più Dante, la sua vita e le sue opere. La Divina Commedia soprattutto.
Dante ispiratore di Don Orione
Don Orione, nel 1921, celebrò il VI centenario con l’acquisto dell’antico Palazzo Bussetti di Tortona nel quale fu inaugurato l’Istituto Dante Alighieri, “un Istituto di cristiana e civile educazione e istruzione. E speriamo sarà degno del nome altissimo che porta. E così Tortona non sarà ultima a ricordare il VI Centenario Dantesco”.[2]
Dante non solo ebbe la stima e fu l’autore preferito da Don Orione, ma di lui fu anche ispiratore. Agli scritti di Dante, il Fondatore spesso attingeva per presentare i valori cristiani così bene espressi nelle opere letterarie: principalmente la fede, la carità e la Provvidenza.
“Dante Alighieri, nella cui testa corrono torrenti di poesia si accosta agli altari del Dio salvatore e si rinsanguina della dottrina dell’Evangelo e della Chiesa. Apre la bocca e canta: Egli canta l’umanità; ma corre dietro alla fede e il cantore dell’umanità diventa il cantore della religione. Canta Dio nell’inferno, e dice come il delitto faccia alleanza col dolore; canta Dio nel Purgatorio e dice come la debolezza si abbracci con la speranza; canta Dio nel Paradiso e dice come la virtù si confonda con la felicità. La filosofia gli dà i suoi insegnamenti per bocca di Virgilio, la teologia per quella di Beatrice”.[3]
Don Orione giunse a prescrivere che “In ogni Casa ci sia la Divina Commedia di Dante Alighieri”,[4] “due copie in latino della Sacra Bibbia, la Somma Filosofica e Teologica di San Tommaso, la Imitazione di Cristo e Dante”.[5]
Molti hanno lasciato testimonianza della passione e dell’amore di Don Orione per Dante, a cominciare dai ragazzi che l’ebbero come insegnante di italiano nel primo collegetto di San Bernardino, aperto nel 1893. Tra gli amici di Don Orione ci furono due sacerdoti letterati, grandi conoscitori ed esegeti di Dante, don Brizio Casciola e padre Stefano Ignudi, invitati spesso a parlare ai suoi allievi e ai suoi religiosi.
Bibbia e Divina Commedia
Don Orione citava a memoria i versi di Dante come citava i versetti della Bibbia.
Raccomandava, in una lettera sull’educazione dei giovani, diretta a Don Camillo, nel 1921, “di far risplendere Dio dappertutto e la Provvidenza di Dio che «l’universo penetra e risplende», come direbbe Dante”,[6] di “diffondere la fede avita, che ha cantato con Dante e ha fatto buono e civile il mondo”.[7] Fece osservare che le ultime parole dell’Omeliario di Sant’Alberto di Butrio sono: “In lumine tuo videbimus lumen” e anche Dante definisce la fede: “Luce Intellettual, piena d’amore; amor di vero bene pieno di ogni letizia; letizia che trascende ogni dolore”.[8]
Commentando i terribili sconvolgimenti della guerra civile di Spagna, nel 1936, Don Orione scrisse: “La carità farebbe della terra un Paradiso; ma, senza la carità, gli uomini diventano peggiori dei pagani, e vanno trasformando la terra in quell’aiuola insanguinata, di cui già parlava Dante, «l’aiuola che ci fa tanto feroci»”.[9] Sempre parlando di carità, gli era usuale qualificarla “una carità «che non serra porte», come direbbe Dante nostro”.[10]
Anche per parlare della libertà ricorreva a Dante: “la libertà dei figli di Dio, quella libertà che è amore, che è progresso, che è civiltà, e che Dante, il nostro altissimo Poeta, ha detto che è «lo più gran dono che Dio fesse creando»”.[11]
Esortava ad essere “pronti a cacciare ogni pensiero cattivo, come sareste pronti a cacciare una favilla di fuoco dalle vostre mani. Basta una scintilla per provocare un grande incendio. Il nostro poeta Dante ha tradotto: «parva favilla gran fiamma seconda»!”.[12]
Avvertiva contro la vanagloria: “Le umane grandezze passano, i piaceri della vita passano, le ricchezze e le glorie passano. Voi sapete cosa dice Dante della Gloria, egli che doveva saperne qualche cosa: «Non è l’umano rumor altro che un fiato»”.[13]
Circa il pentimento e la misericordia, “L’altissimo Poeta, il divino cantore della fede, Dante, dice: «Assolver non si può chi non si pente, né pentère e volere insieme puossi per la contraddizion che nol consente»”,[14] mentre “un altro famoso verso di Dante parla del «buon dolor che a Dio ne rimarìta»”,[15] perché «la bontà infinita ha sì gran braccia, che prende ciò che si rivolge a lei».
E infine, sono tanti i versi di Dante citati da Don Orione nel parlare di Maria, della sua umiltà «Vergine, Madre, Figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura»”[16] e “della potenza della Vergine Santissima: «Donna sei tanto grande e tanto vali – che chi vuol grazie e a te non ricorre – sua desianza vuol volar senz’ali»”.[17]
[1] La lettera apostolica è firmata da Papa Francesco il 25 marzo 2021. “Il 25 marzo, infatti, a Firenze iniziava l’anno secondo il computo ab Incarnatione”, scrive Papa Francesco.
[2] Scritti 62, 16; 78, 76
[3] Scritti 102, 99.
[4] Riunioni 56.
[5] Scritti 86, 54.
[6] Scritti 51, 24.
[7] Scritti 95, 82.
[8] Parola del 5 marzo 1939, X, 110
[9] “Mentre scrivo, qui giungono le notizie le più dolorose dalla Spagna. Penso: perché il mondo è tanto sconvolto, perché è tanto infelice e va precipitando verso la barbarie?”; lettera del 25 luglio 1936, Le lettere II, p.398-399.
[10] Scritti 31, 59; 115, 126.
[11] Scritti 79, 197; 6, 145; 31, 231; 81, 154; Parola IV, 445.
[12] Parola del 14 aprile 1939, X, 147.
[13] Parola del 31 dicembre 1938, IX, 513.
[14] Parola del 28 agosto 1938, IX, 367; Parola IV, 449;
[15] Parola del 28 agosto 1937, VII 19.
[16] Parola del III, 56 e 97; Vb, 106; VI, 255; X, 127; Riunioni 63.
[17] Parola del 14 gennaio 1934, VI, 17; Parola del 14 gennaio 1940, XII, 32.