Religione significa relazione. Non c'è cristianesimo senza relazione con il Dio.
UN CRISTIANESIMO DI CARNE
C’è da temere più l’ideologia e il sentimentalismo dei cristiani introversi
che le diversità e anche le ostilità nelle relazioni.
Il 10 ottobre scorso è iniziato il Sinodo della Chiesa cattolica.
Papa Francesco ha chiesto alla Chiesa di mettersi in stato, o meglio, in cammino di Sinodo, un atteggiamento di ascolto, di apertura e di dialogo con le persone e i fatti della vita quotidiana personale e sociale.
Parlando a noi parroci e collaboratori pastorali di Roma, sabato 18 settembre 2021, ha detto: “La parrocchia è la casa di tutti, non un club esclusivo: ha aperte porte e finestre non solo a chi la frequenta”.
Lo Spirito parla nella vita
Papa Francesco spinge continuamente a mettersi in relazione. Sembra che abbia più paura dell’ideologia e del sentimentalismo dei cristiani introversi che delle diversità e anche delle ostilità di quanti la circondano. “Lasciatevi interrogare da tutti e le loro domande siano le vostre domande: non si tratta di raccogliere opinioni, non è una inchiesta ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo. Camminate insieme: lo Spirito vi condurrà”.
Impressiona sentire il nostro Papa insistere sempre sulla concretezza e sulle relazioni con le persone per non lasciarsi illudere e fuorviare dalle idee, dalle parole, dai sentimenti. Parla di arte dell’incontro. “Noi, che iniziamo questo cammino, siamo chiamati a diventare esperti nell’arte dell’incontro. Non nell’organizzare eventi o nel fare una riflessione teorica sui problemi, ma anzitutto nel prenderci un tempo per incontrare il Signore e favorire l’incontro tra di noi”. “Incontrare, ascoltare, discernere sono i tre verbi del Sinodo. L’incontro ci cambia e spesso ci suggerisce vie nuove che non pensavamo di percorrere”.
L’oppio dei superficiali
Dobbiamo riconoscere che nel nostro mondo occidentale si è dato più spazio alle idee e alle parole – e oggi alle immagini e alle apparenze - che all’esperienza e alle relazioni. Parole e apparenze sono l’oppio dei superficiali, un surrogato che dà illusione di conoscenza e di vita.
Noi cristiani siamo dentro a questo mondo e dobbiamo fare attenzione che la nostra fede non si riduca ad alcune idee e a gesti simbolici volatili, privi di interiorità e di fatti di vita.
Teniamo presente che la pandemia ha ulteriormente incrementato costumi di separazione tra le persone, la comunicazione a distanza e la rappresentazione della realtà. E ci siamo adattati. Però la liturgia non è più azione di popolo quando è solo “vista”, rappresentata, ma non presente. La Chiesa non è più convocazione e assemblea quando non vi è partecipazione di persone e incontro. La religione non è più relazione con Dio nel suo Spirito quando si riduce a qualche idea e vago sentimento senza preghiera, senza compagnia, senza donazione.
La religione delle apparenze
Chi ci tiene alla vita bella con Dio deve oggi fare ancora più attenzione e reagire alla perdita del realismo che porta all’introversione e alla solitudine. Ne verrebbe una religione-fantasma, cioè una rappresentazione intellettuale, psichica, emotiva di ciò che non ha “carne”, una religione di cui parlare di tanto in tanto ma che non alimenta la vita quotidiana.
Mi pare che Papa Francesco abbia il terrore di questa nuova forma di docetismo cristiano, di una religiosità delle apparenze e delle idee, senza “carne”, senza incarnazione nella vita, senza relazione con fatti e persone. Il docetismo fu la dottrina di quanti, soprattutto nei primi secoli del cristianesimo, sostenevano che il corpo di Cristo esistesse solo come ϕάντασμα, forma apparente, senza la sostanza della carne della sua umanità. L’incarnazione è lo specifico del cristianesimo incentrato sul “Figlio di Dio che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”.
Lo Spirito si è fatto carne
Il cristiano è colui che ha sperimentato che lo Spirito di Dio vive nella sua umanità, è il respiro della sua anima e, pertanto, l’anima è il respiro del suo pensiero e delle sue azioni. Quando si ha il dialogo – di più - la compagnia, l’inabitazione di Dio, si è spinti alla vita, agli altri, all’azione perché tutto è “in Cristo”. Tutto diventa interessante e amabile perché tutto ha la consistenza dell’eternità, anche un bicchiere d’acqua dato per amore.
Ringraziamo Papa Francesco che, nella cultura del chiacchiericcio, delle immagini, delle relazioni virtuali, continua a raccomandare le relazioni personali, chiede di “toccare la carne” di Cristo nel fratello” e di camminare insieme.
“La Chiesa non si rafforza solo riformando le strutture, dando istruzioni, offrendo ritiri e conferenze, o a forza di direttive e programmi, ma se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme, tra di noi e con l’umanità”, ci ha detto nel discorso sopracitato alla Diocesi di Roma. “Incontrare i volti, incrociare gli sguardi, condividere la storia di ciascuno: ecco la vicinanza di Gesù. Egli sa che un incontro può cambiare la vita. E il Vangelo è costellato di incontri con Cristo che risollevano e guariscono”.
Non parolai, ma santi
È facile riconoscere in Papa Francesco la stessa passione di concretezza e di attenzione alle persone che faceva dire a Don Orione “Evitate le parole: di parolai ne abbiamo piene le tasche” e il cuore vuoto. “Dobbiamo essere santi, ma farci tali santi che la nostra santità non appartenga solo al culto dei fedeli, né stia solo nella Chiesa, ma trascenda e getti nella società tanto splendore di luce, tanta vita di amore di Dio e degli uomini da essere più che i santi della Chiesa i santi del popolo e della salute sociale”.
Coraggio, fratelli e sorelle Lettori, la fede ci dà famiglia, ci dà casa, ci dà la sicurezza della casa fondata sulla roccia, non risparmiata da tempeste e avversità, ma forte, resistente, accogliente. Tra tanta rovina e decadenza di civiltà, su cui oggi molti indugiano a parlare, la Chiesa e i cristiani costituiscono il segno e la speranza del “nuovo Regno”, ove regna il Signore e tutti sono fratelli, con le porte sempre aperte, non un club esclusivo ma parrocchia (παροικία), cioè casa aperta all’οἶκος, al vicinato, all’ambiente umano.