Nell'articolo ben documentato è descritta la personalit, l'acione e l'influenza del vescov Banfi su Don Orione e la fondazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza.
Don Flavio Peloso
Il 25 aprile 1890 muore Mons. Vincenzo Capelli e viene eletto Vescovo di Tortona Mons. Igino Bandi. Ha 43 anni. Resterà alla guida della Diocesi di Tortona fino al 7 settembre 1914, giorno della sua morte.[1] La situazione religiosa da lui trovata venendo in Diocesi è ben presentata dal Rognoni, suo biografo, e corrisponde a quanto i Prefetti, osservatori laici, avevano descritto. «Quando Mons. Bandi assunse il governo della Diocesi di Tortona, vi trovò una borghesia imbevuta di liberalismo con elementi radicali e massoni anticlericali. Un popolo in cui fermentavano i germi del socialismo sovvertitore… I cattolici disorientati, senza legami e senz’armi né d’offesa, né di difesa. Anche il clero figlio del suo tempo, per quanto buono, pio e zelante, aveva subìto, senza comprenderne la perfidia, l'influenza della tattica, in apparenza elegante e nobile, che insinuava la massima: ‘Il prete stia in chiesa, battezzi, confessi, comunichi, ma non si interessi della vita esteriore’».[2]
Il nuovo Vescovo non perse tempo nell’iniziare a dare vigore e incidenza pastorale all’azione sua, del clero, del laicato cattolico. Evidenziamo alcune linee caratteristiche e prevalenti del contesto ecclesiale tortonese. Risulterà abbastanza agevole, per chi conosca anche solo un po’ Don Orione, riconoscere i tratti che fanno del Fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza un “figlio di Tortona” in senso storico e non solo affettivo.
Il fine ‘800 è un periodo assai difficile e burrascoso per la Chiesa italiana. L’anticlericalismo, da fatto di élite culturale e politica, diviene costume che intacca le masse, ampliato dalle cronache dei giornali e delle chiacchiere della «piazza» e dei «caffè», fucine di opinione pubblica. La «breccia di Porta Pia» sembrava – per certa euforia anticlericale - aver infranto non solo le mura millenarie di Roma, ma anche quelle del Regno dei cieli che la Chiesa per secoli aveva preteso costruire e difendere.
Da queste «arie» è percorsa anche la vita pubblica di Tortona appartenente a quell’area piemontese dei Savoia, tra le più ostili verso Roma e il Papato. In ambito cattolico, l’episcopato piemontese fu tra i più refrattari ad aderire all’Opera dei Congressi. Tra la popolazione e il clero, di matrice conservatrice e sabauda, l’intransigenza e la lotta per la difesa dei diritti temporali del papato contro le usurpazioni della casa Savoia non erano né capite né volute.[3]
Mons. Igino Bandi, invece, ancor prima di essere nominato Vescovo, era conosciuto come un intransigente papalino. La sua nomina non fu gradita al Governo liberale il quale solo dopo lunghe incertezze diede l’ «exequatur».[4] L’essere un “intransigente”, nel giudizio dell’autorità pubblica, era allora uno dei titoli di maggiore pericolosità per la stabilità della fragile Italia unificata. Era infatti proprio dell’intrasigentismo, pur disciplinato e leale verso lo Stato, rifiutare l’ordine imposto unilateralmente dai regnanti della nuova Italia; tenevano desta l’indignazione verso l’usurpazione degli elementari elementi del diritto internazionale avendo annesso lo Stato pontificio e prevaricando i diritti del Romano Pontefice.[5]
I timori liberal-massonici da una parte e socialisti dall’altra non erano infondati perché, in effetti, il nuovo Vescovo palesò subito la sua anima e azione papalina. Già nella Lettera pastorale n. 5 denunciò: «la guerra costante e pertinace che vien mossa dalla rivoluzione alla Chiesa e al Supremo suo Capo, il Romano Pontefice, la miscredenza trionfante, la generale indifferenza in materia di religione».[6]
Oltre e più che la denuncia, egli promosse una serie di iniziative d’azione per «scendere in campo» per il trionfo della fede e del Papato. «Il socialismo invade; muoviamoci per carità! Operiamo, parliamo, resistiamo, combattiamo, salviamo la società colla parola del Papa, che è parola di vita, di luce, di salute».[7]
Nel 1893, commentando la «Lettera del Papa al popolo italiano» di Leone XIII, invitò a leggere, diffondere e attuare la parola del Papa. Reagendo contro la presentazione riduttiva e caricaturale della questione romana come questione temporalistica,[8] esprimeva l’auspicio: «La intendesse una buona volta questa parola quella turba di liberali, che nel Papa non sanno veder altro, a traverso le lenti del Corriere della Sera e di altri consimili e peggiori giornali, che un ambizioso politicante vestito di stola».[9]
Nel fondo del magistero di Mons. Bandi è riconoscibile la convinzione che solo la Chiesa è portatrice e garante di quella verità che viene da Dio, che libera ed eleva l’uomo e la vita sociale. Proprio per questo egli era attento ad ogni direttiva del Papa, ad ogni sua parola. E spronava clero e popolo a fedeltà attiva: «agire pubblicamente in favore del Papa con tutti quei mezzi umani, civili, legali e sociali che sono in poter nostro, procurando di fare tutto quello che è ordinato, non solo, ma desiderato dal Papa, e tralasciare di fare tutto ciò che esso condanna o disapprova».[10]
Mons. Bandi concretizzò la sua fedeltà al Papa soprattutto – lo illustreremo tra poco - nell’attuare tutta quella fitta rete di iniziative sociali e benefiche che, più d’ogni altro argomento, manifestavano al popolo e ai poveri che la Chiesa è madre e non matrigna, che è serva e non padrona, come calunniava tanto conformismo anticlericale dilagante.[11] In Mons. Bandi intransigentismo e impegno sociale sono un tutt’uno inscindibile.
Una felicissima occasione per manifestare l’attaccamento al Papa, personale e della Diocesi, fu data dai festeggiamenti per il Giubileo episcopale di Leone XIII. Mons. Bandi preparò a questa ricorrenza con la Lettera pastorale n. 4. In essa, con toni da crociata, Mons. Bandi incoraggiava a schierarsi con il Papa e a combattere contro la «turba di gazzettieri prezzolati» e chiunque vuole vedere la Chiesa distrutta.[12] Per il Giubileo di Leone XIII (19 febbraio 1893), venne organizzato un grande pellegrinaggio a Roma con udienza pontificia; si inaugurò il nuovo seminario di Stazzano intitolato a Leone XIII; le celebrazioni a Tortona furono un trionfo.
Va tenuto presente che l’episcopato di Mons. Bandi corrisponde con il periodo di massimo auge dell’intransigentismo circa la questione romana, coniugato con grande dinamismo ideale e pratico sul versante dell’altra grande questione che dominava la scena storica del tempo, quella “sociale”. Alla soluzione della questione sociale aveva spinto con lungimiranza l’Enciclica “Rerum novarum” che metteva i cattolici in mezzo al guado delle opposte ingiustizie; da una parte “un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all’infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile”, e dall’altra i socialisti proponevano un rimedio che risultava “un’aperta ingiustizia, giacché la proprietà privata è diritto di natura”.[13]
Il nostro Luigi Orione viveva questi avvenimenti, conosceva il pensiero del suo Vescovo «dal di dentro», essendo seminarista, con la possibilità di ascoltarne le parole infervorate ripetute con martellante continuità di concetti dal pulpito di quella cattedrale cui egli accudiva, essendone sacrestano e custode. L’amore al Papa, già attinto da Don Bosco a Valdocco, maturò, in quegli anni di seminario, nei suoi aspetti pratici e progettuali, a contatto di un tal Vescovo «papalino» che, tra l’altro, a riguardo dei chierici scriveva: «Corona suprema della pietà e della virtù clericale è un grande amore, una inalterabile devozione alla S. Sede, al Papa. A quest’amore, a questa devozione Noi ci sforziamo di educare i nostri cari giovani… Una pietra di paragone sicurissima, per giudicare del buon esito dei nostri giovani Seminaristi, sarà per Noi l’attaccamento al Romano Pontefice, che a mano mano verrà sviluppandosi in loro, e che essi dimostreranno colle opere proprie del loro ecclesiastico tirocinio».[14]
Mons. Bandi nella sua Lettera pastorale del 24 agosto 1894 scrisse: «Usciamo una buona volta di sacrestia, come ci spinge il S. Padre; poiché anche la frammassoneria è uscita da molti, molti anni dalle sue logge, dai suoi covi, per invadere la famiglia, la società tutta. Usciamo di sacrestia, per opporci ai satanici attentati, per salvare un numero grande di anime, che nel turbinìo di tanti errori e di tanta immoralità trionfante corre a rovina. Usciamo di sacrestia, per salvare la famiglia e la società, coll’organizzarci insieme, clero e laicato, ad un’azione concorde e ristoratrice per mezzo delle Cattoliche Associazioni, della Cattolica Educazione ed Istruzione, e della buona stampa».[15]
E, al Congresso nazionale dell’Opera dei Congressi, il 12 settembre 1894, il battagliero e illuminato vescovo ripeté lo stesso incitamento ai cattolici affinché scendessero più direttamente e praticamente nella lotta: «E’ tempo che usciate di sacrestia: l’opera vostra è reclamata dalle popolazioni, è voluta dal Papa»[16].
Le iniziative pastorali e sociali in diocesi si moltiplicarono. In questo periodo, il movimento cattolico conobbe nella diocesi tortonese uno sviluppo eccezionale, uno dei più rilevanti dell’Italia del Nord. Nella sua lettera pastorale n.40, disse apertamente: “Sarebbe nostro desiderio che in tutte le borgate e i villaggi più popolati di questa nostra dilettissima diocesi sorgessero e fossero istituite società operaie”. Nel 1897, redasse e pubblicò lo “Statuto per le Società Operaie Cattoliche della Diocesi di Tortona”. Convintone della validità, Mons. Bandi volle attuare il programma dell’Opera dei Congressi nelle sue varie direttive: religiosa, culturale, caritativa ed economico-sociale.[17] Proprio Mons. Bandi al XIII Congresso nazionale dell’Opera dei Congressi, tenuto a Torino nel 1895, annunciò di aver dato “la disposizione che tutte le Società cattoliche, entro un anno, abbiano ad aderire all’Opera dei Congressi, sotto pena di essere cancellate dal ruolo delle Società Cattoliche”.[18] Il suo attivismo, integrato nei programmi dell’Opera dei Congressi, fece da traino alla vasta e piuttosto refrattaria regione piemontese-ligure.
E’ del 1895 un importante documento che meglio di ogni altro testimonia l’intraprendenza sociale e il fervore di realizzazioni di Mons. Bandi e della diocesi tortonese. Si tratta della autorevole Relatio ad Apostolicam Sedem in occasione della sua Visita ad Limina del 18 febbraio 1895.[19]
«Penso sia da riferire qualcosa a riguardo di iniziative promosse e di altre da promuovere tra i laici in favore del cattolicesimo. Nella città di Tortona e di Novi Ligure, già da dieci anni e più fu fondata e prospera la Società Cattolica degli operai per il mutuo soccorso alla quale fu dato uno statuto approvato dall’autorità ecclesiastica; parimenti la Società di S. Vincenzo de’ Paoli che ogni settimana viene in aiuto dei poveri soprattutto durante il tempo invernale e in occasione di speciali urgenze e necessità, la quale osserva le regole prescritte dai fondatori parigini. (…) Una Società Cattolica degli Operai fu istituita ugualmente sotto gli stessi statuti più o meno, con i quali è retta quella tortonese, è perciò approvata dall’Ordinario, precisamente nelle città di Broni e Borghetto Borbera, e nelle parrocchie di Mezzanabigli, Stazzano, Molino de’ Torti, Corana. Casse rurali furono costituite a Tortona e Broni, soprattutto in aiuto dei contadini, affinché questi, in caso di necessità non siano costretti a chiedere un mutuo con gravi usure; ora si tratta di fondarne altre anche in altre città. Ugualmente i circoli cattolici in favore dei giovani per la divulgazione di buone stampe e di libri sono stati introdotti nella città di Tortona, Novi, Voghera, anche nelle parrocchie di Molino de’ Torti, Campoferro, Oriolo, da dove si pensa possano essere costituiti anche nei paesi circostanti. Pochi finora sono i Comitati parrocchiali, i quali dipendano come conviene rispettivamente dal Comitato diocesano esistente nella sede episcopale, o dai sottocomitati di Voghera e di Novi. In alcune parrocchie in realtà già sono fondati e in molte altre confido vengano fondati dopo la lettera pastorale, che prossimamente mi propongo di divulgare per comunicare a tutta la Diocesi le determinazioni e i voti espressi nel Convegno regionale cattolico, tenuto presso di noi in questa stessa città, nel passato mese di settembre; raccomanderò fortemente la loro esecuzione secondo le varie circostanze affinché si promuova ovunque nella Diocesi l’azione, la prosperità e l’incremento del cattolicesimo».
Tra le iniziative a favore del popolo, vediamo sorgere anche il primo Oratorio festivo e il primo Collegio, fondati dal giovane chierico Luigi Orione. Così riferisce Mons. Bandi nella medesima Relatio ad Apostolicam Sedem sulla Diocesi di Tortona.
«Da due anni a Tortona fu istituito un nuovo collegio cattolico dovuto alla cura e all’attività di un certo chierico che sarà ordinato al più presto (Luigi Orione), il quale, già alunno dell’Oratorio torinese di S. Francesco di Sales fondato dal celeberrimo e benemerito sacerdote Don Bosco, sembra avere assorbito molto del suo spirito in favore della educazione cristiana degli adolescenti; a lui si offrono, quali assistenti e zelanti aiutanti, alcuni chierici e laici, e volentieri parecchi cittadini cattolici nel vero senso gli affidano per l’educazione i giovani il cui numero è già giunto a centoventi. Questo istituto, fondato soprattutto sulla fiducia nella Divina Provvidenza, che benedissi con tutto il cuore e che sostengo con tutte le forze possibili, è destinato a riparare i cattivi effetti delle scuole civili, alle quali spesso sono preposti maestri più o meno ostili alla Religione e ai diritti della Chiesa».[20]
Per la Diocesi di Tortona fu dunque fondamentale la ispirazione del vescovo Bandi nel procedere alla formazione sociale e politica delle masse operaie per il bene del popolo.[21]
Mentre a Tortona si procedeva su questa strada di azione cattolica, scoppiarono i moti del maggio 1898, con esiti particolarmente violenti a Milano. Scesero in campo tanto i socialisti che i cattolici, poi accomunati nella dura repressione governativa che seguì.[22] La fitta rete delle opere sociali fu stroncata.[23] La ripresa successiva fu assai lenta. Gli eventi del 1898 segnarono un importante passaggio nel movimento cattolico, perché d’ora in avanti la Questione romana passa in secondo piano, mentre diventa centrale la Questione sociale che vede schierarsi tanto i cattolici democratici che i cattolici conservatori.[24]
Mons. Bandi fu assai intraprendente sul fronte dell’impegno sociale della Chiesa. Ad animare a fervore organizzativo giunse la sua importante e storica Lettera pastorale del 6 marzo 1901, intitolata «La questione sociale, il socialismo e la democrazia cristiana».[25] In essa, egli prese netta posizione a favore della partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, mostrando le gravi conseguenze derivanti dalla loro non partecipazione al voto. Indicò, inoltre, con chiarezza dottrinale e pastorale, rifacendosi ai principi della Rerum Novarum, in che avrebbe dovuto consistere la «democrazia cristiana»: «democrazia non è e non vuol essere altro che un’azione a pro del popolo, per riabilitarlo».[26] Va ricordato che il dibattito sulla presenza dei cattolici nella politica era assai vivo e convivevano varie visioni e orientamenti al riguardo. A partire dal XV congresso nazionale dell’Opera dei Congressi (Milano 1897), che segnò l’apogeo dell’intrasigentismo e del suo leader Paganuzzi, nel mondo cattolico crebbe sempre più la tensione sull’orientamento e anche sull’uso del termine “democrazia cristiana”. Mons. Bandi non entrò nella prospettiva politica vera e propria, per attestarsi nel campo prettamente sociale e pre-politico dei cosiddetti “cristiano-sociali” che si identificavano nelle posizioni di Giuseppe Toniolo e di Stanislao Medolago Albani.
L’attenzione e l’azione sociale e pastorale per il popolo resterà stabile direttiva caratteristica anche dell’opera di Don Orione. Ignazio Terzi scrive: «Penso dovere di giustizia rilevare l’influsso che molto probabilmente in questo senso ebbe sul nostro Fondatore il Vescovo Bandi. A me pare che siano state due anime gemelle. Ambedue ardenti di carità e di zelo per il bene, alimentati dalla stessa sorgente e cioè una devozione tenerissima al Cuore SS. Di Gesù e alla Madonna. Ambedue consapevoli delle piaghe e dei bisogni del loro tempo e bruciati dal desiderio di guarirle e di provvedervi, specialmente con l’andare verso il popolo e col curare la gioventù. Ambedue votati alla causa del Papa e della Chiesa di cui erano devotissimi: ambedue non nemici del loro tempo, ma neppure entusiasti perché ne conoscevano gli errori e le deficienze».[27]
Un’altra direzione in cui operò Mons. Bandi per ottenere la mobilitazione delle coscienze, che sola avrebbe permesso alla Chiesa di riprendere la sua funzione di guida nella società, fu quella di operare per la complessiva elevazione culturale del popolo. Aveva consapevolezza che, nella Chiesa, alla perdita del ruolo di magistra nel campo della cultura e della trasmissione dei valori, detenuto in modo incontestato per secoli e minato dalle crisi protestante, illuminista e socialista, era corrisposta la perdita, agli occhi di gran parte del popolo, anche del ruolo di mater vicina ai problemi e alle necessità dei figli. Non si poteva recuperare uno senza l’altro.
Papa Leone XIII in una sua Enciclica del 15 settembre 1890[28] aveva additato il grave pericolo che correva l’Italia di perdere la fede. La massoneria agiva in profondità non solo attaccando la Chiesa, non solo monopolizzando i gangli decisionali della vita pubblica ma determinando anche la cultura e la scuola.[29] Mons. Bandi fece subito suo l’accorato appello del Papa e fin dal primo anno del suo Episcopato prese a lanciare inviti alla lotta contro la massoneria sul piano dell’educazione.[30]
La battaglia per la cultura divenne linea pastorale di fondamentale importanza per far fronte ai tempi nuovi. Mons. Bandi si prese cura innanzitutto del clero per formarlo intellettualmente e per prepararlo a nuova intraprendenza pastorale come la mutata situazione sociale richiedeva. Lo fece con attente «visite pastorali» e dando nuova e più formativa impostazione al Seminario maggiore di Tortona (con circa 100 chierici) e a quello minore di Stazzano (con circa 190 seminaristi).[31]
Per una informazione e formazione capillare del popolo adottò molte e diversificate scelte pastorali che vanno dalla catechesi[32] alle manifestazioni di massa, dalla popolarizzazione della stampa cattolica alle associazioni e circoli culturali.
Mons. Bandi incoraggiava e stimolava: “Non è vero che il popolo certe cose non le intenda; non è vero che il prete cattolico non si debba curare di qualcosa di più che non sia l’ufficio divino, la Santa Messa, la predicazione. Anche il giornale è una predicazione, anche il prete cattolico deve interessarsi, ha diritto, ha dovere anzi d’interessarsi della vita pubblica della propria patria, egli cittadino come un altro, più di un altro! Anche il popolo capisce queste cose, anzi vi si entusiasma e sempre corre dietro ad esso, ogni qualvolta sia persuaso che esse meritano davvero la sua attenzione e che lo condurranno alla propria salute ed al proprio benessere”.[33]
Un evento culturale importante era ritenuto il pellegrinaggio di massa, le grandi feste popolari che, oltre a veicolare importanti contenuti di fede e di pensiero, accrescevano il senso pubblico di appartenenza e una maggiore sicurezza delle grandi idee del patrimonio della civiltà cristiana. Al tempo di Bandi furono promossi imponenti pellegrinaggi mariani diocesani. I più degni di nota furono quello di Monte Spineto, l’11 settembre 1892, quello di Fontanasanta, il 2 agosto 1894 e di Stazzano l’8 settembre 1898 (1500 partecipanti!). Il Rognoni, segretario di Mons. Bandi e protagonista di questi eventi, osserva: «I pellegrinaggi nell’intenzione del vescovo dovevano servire a migliorare lo spirito e a rafforzare la virtù, la pietà e la devozione verso la Vergine Santissima, ma anche per discutere i problemi religiosi, morali e sociali, destare entusiasmi, dare impulso e vitalità alle Associazioni di azione cattolica».[34]
Ma in questo campo fu fondamentale l’opera della stampa cattolica che in diocesi, a fine ‘800, era attivissima. La fondazione del giornale settimanale cattolico “La sveglia” è del 1893. La Società della buona stampa fu fondata nel 1895. La realizzazione più considerevole in questo settore fu la pubblicazione del nuovo giornale diocesano “Il Popolo. Corriere settimanale della Diocesi di Tortona”. Sostituì “La sveglia” pubblicazione battagliera, ma limitata. Il suo primo numero uscì il 13 giugno 1896. Esso venne annunciato fin dal 16 maggio 1895 con una Lettera pastorale di Mons. Bandi che ne sottolineava l’urgente necessità: «Mirate o fratelli, come gli avvenimenti precipitino e come il nostro buon popolo cristiano si trova impreparato affatto a ciò che dagli avversari potrebbe essere disposto. I partiti vanno sempre più rafforzandosi, i programmi si delineano ogni giorno più netti, e tutto fa prevedere che grandi battaglie sociali siano imminenti».[35]
Da notare che a Tortona e nei principali centri della Diocesi, a fine ‘800, si ebbe tutto un proliferare di giornali laici, espressione dei più svariati interessi e, in grande prevalenza, attestati su posizioni ostili alla religione e alla Chiesa.[36]
Di qui l’esigenza di formare, attraverso un giornale per il popolo, coscienze cristiane adulte. Il Lanzavecchia così spiega l’atteggiamento di Mons. Bandi: «La preoccupazione della propaganda antireligiosa, atea, immorale, anticlericale, della sovversione sociale portò Mons. Bandi ad un programma costruttivo ed efficace di diffusione e di affermazione dei valori spirituali e della cultura cattolica, onde educare in senso cristiano il costume, l’opinione pubblica, la società».[37]
Iniziativa di grande rilevanza fu poi la costituzione, nel 1903, della Società Storia Tortonese, motore di varie iniziative di studio e di eventi culturali cittadini. Prese vita, come strumento di comunicazione la valida rivista Julia Derthona. Illuminato animatore delle attività della Società Storica fu il colonnello Aristide Arzano.
Anche questa «urgenza dell’opera della stampa» sarà presente in Don Orione, e si concretizzerà in una grande e qualificata mole di pubblicazioni con l’unico scopo di «condurre, far ritornare le anime alla religione».[38] Già il 31.8.1895 pubblicò il primo giornale La Scintilla e, il 5.8.1898, il Bollettino L’Opera della Divina Provvidenza. Nel 1905, apre in Tortona la Tipografia San Giuseppe.
Gli inizi dell’opera di Don Orione, che aveva intenti papalini-ecclesiali, di fatto sono caratterizzati dalla “educazione della gioventù dalla scuola ai campi”,[39] mediante collegi e colonie agricole. Carlo Pollidoro, un osservatore di ispirazione socialista, trova la spiegazione di questa scelta con il fatto che «Fin dall’inizio Don Orione comprese che le trasformazioni in atto stavano mutando la società di allora, immobile, di élites, in società di massa. La battaglia centrale fu quella dell’istruzione anche come reazione della Chiesa contro il prevalente orientamento positivistico e anticlericale della cultura».[40]
Un altro aspetto caratteristico dell’ambiente ecclesiale tortonese è costituito dalla corresponsabilizzazione e collaborazione del laicato. Se restò famoso lo slogan più volte ripetuto da Mons. Bandi «preti fuori di sacrestia», altrettanto innovatore fu il suo «laicato in sacrestia», espressione con cui voleva indicare il protagonismo religioso, autonomo e maturo, dei laici nella società. “Sta al Clero far capire al popolo che dipende da lui esser felice; sta al Clero disciplinarlo, organizzarlo, illuminarlo, renderlo capace in una parola di essere a fatti cristianamente indipendente, libero, padrone di sé, della sua fede, della sua patria, della sua anima”. [41]
Un po’ esuberante, ma comunque sempre concreto, Mons. Bandi nella sua lettera pastorale del 20 agosto 1897 dedicata all’Azione Cattolica indica i segni di una nuova stagione della vita della Chiesa: «E usciti che noi saremo in campo, o venerabili fratelli, troviamo già dei combattenti… dei laici. Noi affermiamo che la cooperazione del laicato all’azione cattolica è non solo utile, ma necessaria… Il pericolo che oggi corriamo è comune, lasciate adunque che tutti si levino alla difesa, uomini e donne, nobili e plebei, professionisti e laici. E voi, venerabili fratelli, teneteveli cari, cotesti laici, che si sentono di romperla con l’andazzo dei tempi».[42]
Effettivamente in Tortona si formò una presenza molto attiva di laici nelle Società cattoliche per la formazione religiosa e culturale della gioventù, nella fondazione di Casse rurali, nelle Società di mutuo soccorso, nelle Società operaie. A quest’ultime Mons. Bandi diede un nuovo Statuto il 19 marzo 1897.[43]
Il giornale “La Tribuna” di Roma, in una corrispondenza da Tortona del 31 dicembre 1897, riferisce de «Il lavorìo dei clericali»: «Giorni or sono… si è inaugurata una nuova vasta cooperativa di consumo. Si contano già un migliaio di soci. In breve tempo sono sorte società operaie cattoliche, circoli di giovani, casse rurali, leghe per il riposo festivo, scuole femminili: tutte opera del locale comitato diocesano e degli innumerevoli comitati parrocchiali. Domani cominceranno a funzionare le cucine economiche, sempre si intende a cura dei clericali. E il partito liberale? Se ne sta colle mani alla cintola».[44]
Quale cambiamento della situazione rispetto al ventennio precedente descritto nelle relazioni dei Prefetti sullo «spirito pubblico» della città di Tortona!
Ricordiamo che il primo “collegetto” orionino ebbe come nome morale “Casa della Divina Provvidenza”, ma fu costituito legalmente come “Convitto paterno”, cioè fondato da un’associazione di padri, come era previsto da una legge dell’epoca. Ad aiutare il chierico Orione nel mandare avanti quel collegio c’erano più laici che ecclesiastici, Giuseppe Perosi in prima fila.[45] La vocazione e il ruolo dei laici, che oggi vengono riproposti sulla base di nuove situazioni e motivazioni, erano tema e progetto pastorale al tempo di Bandi e degli inizi orionini.
Le nuove condizioni sociali e i nuovi compiti che attendevano l’azione di clero e laici cattolici comportavano anche importanti conseguenze per la vita spirituale e pastorale nella diocesi. Mons. Bandi aveva chiaramente affermato che «il cristianesimo non consiste solo nella recita di qualche preghiera o nelle penombre del tempio o nell’offerta di un mazzo di fiori alla Madonna, ma nell’occupazione di tutto l’uomo».[46] Con le sue argomentate Lettere pastorali smontava la visione socialmente neutrale e disincarnata del prete e del cristiano che, per essere fratello di tutti, non scendeva in piazza e non si schierava accanto ai più deboli, sui temi della giustizia e della umanizzazione della società.[47]
Rivolto particolarmente ai sacerdoti, il Vescovo di Tortona aveva molto concretamente indicato quale stile e azione fosse loro chiesto nei nuovi tempi: «Sta bene che voi innanzitutto siate uomini di preghiera e di pietà profonda; ché sarebbe vano lo sperare un’azione quale è voluta dal Papa, quale è richiesta dalla lotta che si combatte, forte costante energica, da chi non è uomo di preghiera e di pietà. Sì, io voglio dal Sacerdote che ogni mattina faccia la sua mezz’ora di meditazione, che celebri ogni mattina con fervore la Santa Messa, ma voglio pure, e si vuol pure dal S. Padre, che il Sacerdote dall’Altare, dalla meditazione, dal Confessionale, dal tempio insomma, si porti in piazza, in mezzo al popolo, nei Circoli e dovunque v’è da operare, da agire, da agitarsi santamente. (…) Usciamo adunque di sacrestia, dopo aver attinto dalla pietà e dalla preghiera e lumi e coraggio».[48]
Questo era l’ambiente, queste le idee, le iniziative della Tortona in cui Luigi Orione si trovò nei suoi anni di chierico e di sacerdote, precoce fondatore di una nuova congregazione.
I documenti e le tante notizie pervenute ci mostrano il chierico Luigi Orione ben presente e attivo nel clima infuocato di ardore e zelo cristiano voluto dal Vescovo Bandi. Lo troviamo, ancora chierico, già inserito in due Società cattoliche molto dinamiche in Tortona. Si tratta della Conferenza di San Vincenzo, i «paolotti» come venivano apostrofati, con finalità caritative generiche, e la Società Operaia San Marziano, società di mutuo soccorso, più specificatamente rivolta al mondo operaio.[49]
A vent’anni, 1892, fonda il primo Oratorio festivo.[50] Quei primi inizi hanno il sapore dell’epica popolare e dei fioretti edificanti. Resta il fatto che Mons. Bandi dovette entusiasmarsi e riconoscere qualcosa di socialmente serio in quell’iniziativa del chierico Orione se giunse a mettergli a disposizione il giardino privato della sua casa e a dare pubblica rilevanza al fatto. In seguito, prese ad additare quel chierico e quell’Oratorio quale esempio di come si attua il programma richiesto dalla Chiesa nei tempi moderni.. Della stima e delle speranze riposte in quel chierico intraprendente, veniamo a sapere che, sorprendentemente, sempre nel 1892, Luigi Orione (ventenne!) fu invitato al X Congresso nazionale dell’Opera dei Congressi tenuto a Genova il 4-8 ottobre.[51]
Nel 1893, in circostanze che davvero mostrano come la Provvidenza di Dio aiuti l’audacia di chi non confida solo nelle proprie risorse, Luigi Orione fonda il primo collegio-convitto con scuola interna per ragazzi poveri.[52] All’origine di quest’altro evento, straordinario dal momento che il protagonista è un chierico di prima teologia, stanno sia un forte impeto spirituale di carità che una lucida conoscenza della situazione tortonese. Quel chierico-sacrestano del duomo, sapeva che Mons. Bandi, dopo aver portato a termine la costruzione del Seminario minore di Stazzano, vi aveva accolti 300 ragazzi, ma per i debiti di cui era gravato, aveva dovuto escludere i più poveri che non potevano versare la retta. Dalla impossibilità del Seminario di accogliere ragazzi poveri, nacque nel Chierico Luigi Orione l’idea di aprire un collegio proprio per queste vocazioni. Infatti una quindicina di giovanetti che frequentavano l’Oratorio San Luigi, avrebbero desiderato entrare, ma non potevano.[53] Inoltre, sapeva di altri ragazzi che avrebbero voluto studiare, ma non potevano per la povertà delle famiglie. Così, il 15 ottobre 1893, aprì il “Collegio-convitto paterno” nel rione San Bernardino di Tortona. L’iniziativa fece scalpore attirando gli entusiasmi del mondo cattolico e il dileggio di quello anticlericale.
Il diario ecclesiastico “Derthona Sacra” così riferisce: “Nel settembre 1893 un chierico del Seminario di Tortona, di nome Luigi Orione, nativo di Pontecurone, d'umile ma religioso casato, compiuti i corsi delle scuole ginnasiali nel Collegio Maggiore di Don Bosco a Torino, di moto proprio, unicamente fondato nell’aiuto della Divina Provvidenza, ottenuto il permesso dai suoi Superiori e l’autorizzazione delle competenti autorità, animato dal favore di ottime persone, si accingeva alla fondazione di un Collegio Convitto ch’egli volle intitolato ‘Della Divina Provvidenza’, il quale con sorpresa generale veniva aperto al pubblico nel sobborgo di San Bernardino, il 14 di ottobre 1893, con circa 50 giovanetti. La buona prova ch’esso diede nel primo anno, testimoniata dallo stesso Provveditore agli Studi, l’Ill.mo Signor Pratesi, fece sì che le domande di ammissione per l’anno susseguente giungessero nel mese di maggio al numero di centocinquanta. Pensò egli perciò ad un locale molto più vasto e adatto che non sia quello di San Bernardino. Ma come trovarlo? E senza mezzi? Anche in tutto ciò la Provvidenza provvide. Si venne a cognizione che ad agosto per gli inquilini di S. Chiara, appartenente al Municipio di Tortona, terminava il tempo di locazione. Il detto quartiere, già caserma dei soldati, prestavasi a meraviglia per uso del collegio. Benché dopo forti contrasti poté finalmente l’Orione avere in affitto per lire 1.100 annue il sopraddetto quartiere ed aprirlo per il nuovo anno scolastico 1894-95 al pubblico insegnamento”.[54]
Di ben altro tono è la descrizione fatta dal giornale tortonese di ispirazione socialista “La Lanterna”. Il collegio del chierico Orione fu preso a bersaglio di velenose e menzognere valutazioni per quasi tutto il 1894, anno in cui avvenne il passaggio del collegio dal modesto edificio di San Bernardino al più vasto e centrale Santa Chiara in Via Emilia.[55]
In Tortona, nei giorni 17 e 18 settembre 1894, si tenne la IV Adunanza regionale dell’Opera dei Congressi, presenti il Paganuzzi, il Ricci, il Perosi.[56]. Ebbene, a corollario del suo magistrale intervento, il vescovo Bandi chiamò il chierico Orione a portare la propria esperienza del Collegio-Convitto per i poveri figli del popolo, quasi a confermare con un esempio pratico quanto egli aveva esposto con vibrante teoria.
Similmente, quando l’anno seguente, Mons. Bandi si recherà in Visita ad limina in Vaticano, nella sua relazione del 18.2.1895, non esiterà a dare grande rilievo alla costituzione in città del Collegio. «Da due anni a Tortona fu istituito un nuovo collegio cattolico dovuto alla cura e all’attività di un certo chierico che sarà ordinato al più presto (Luigi Orione), il quale, già alunno dell’Oratorio torinese di S. Francesco di Sales fondato dal celeberrimo e benemerito sacerdote Don Bosco, sembra avere assorbito molto del suo spirito in favore della educazione cristiana degli adolescenti; a lui si offrono, quali assistenti e zelanti aiutanti, alcuni chierici e laici, e volentieri parecchi cittadini cattolici nel vero senso gli affidano per l’educazione i giovani il cui numero è già giunto a centoventi. Questo istituto, fondato soprattutto sulla fiducia nella Divina Provvidenza, che benedissi con tutto il cuore e che sostengo con tutte le forze possibili, è destinato a riparare i cattivi effetti delle scuole civili, alle quali spesso sono preposti maestri più o meno ostili alla Religione e ai diritti della Chiesa».[57]
Don Orione interpretò Mons. Bandi e, a sua volta, il Vescovo riconobbe nel Chierico un autentico e ispirato fondatore. Come spiegare diversamente il fatto che nel medesimo giorno dell’ordinazione sacerdotale di Don Orione, il 13 aprile 1895, Mons. Bandi vestì dell’abito clericale sei giovani aspiranti, primo nucleo d’una nascente congregazione? Solo una superiore sintonia spirituale e apostolica, non priva di momenti di tensione, rese possibile tanto l’ardire di quel Chierico quanto, non minore, l’audacia di quel Vescovo che gli diede fiducia in imprese tanto ardue e umanamente sproporzionate.
C’è un documento assai significativo dell’ambiente tortonese del tempo e della relazione Bandi – Orione. Mons. Bandi divulgò un opuscolo dal titolo «Come si diventa parroco d’azione cattolica», scritto dal Rocca d’Adria nel 1895. Quale era il programma del giovane parroco di azione cattolica che Bandi ha «sempre avuto in testa»?
«(Il giovane prete di azione cattolica) non si illuda di richiamare più gente addobbando maggiormente la chiesa in occasione di feste, battesimi, matrimoni e funerali, che anzi si attirerebbe la fama di prete ricco. Richiami attorno a sé i ragazzi, invitandoli per le strade. Organizzi per loro l’oratorio. Vada nei campi e tratti con i contadini i loro problemi esprimendosi nel loro linguaggio. Quanta influenza guadagnerà in mezzo ai suoi parrocchiani di campagna, il giorno in cui saprà mettere mano all’aratro e tracciare il solco, parlare al contadino del suo bestiame, dei campi e delle vigne, dei redditi delle terre e dei mezzi per migliorarne la coltivazione! Faccia lo stesso con gli operai. Faccia di più. Tratti i loro interessi. Faccia venire in paese suore ospedaliere e le metta all’opera per assistere ammalati. Faccia contribuire i padroni alla costruzione di un asilo… Organizzi le madri facendole uscire dal chiuso domestico. Organizzi il segretariato del popolo…».[58]
Questo programma che trovò alquanto riluttante e pigra buona parte del clero della diocesi, come lamentava Mons. Bandi,[59] entusiasmò, invece, e trovò un convinto e geniale attuatore in Don Orione. Ognuna delle raccomandazioni del Rocca d’Adria potrebbe dar titolo ai capitoli della sua vita. Egli, per una sua propria sensibilità interiore, si inserisce subito e praticamente nello scarto tra il ‘piano ideale’, proposto dal vescovo Bandi, e il ‘piano reale’, rappresentato dalla situazione concreta della vita della Chiesa tortonese.
L’anima «popolare» di Don Orione, il suo senso delle «anime» in quanto società e in quanto Chiesa, la visione integrale del bene religioso e civile, il concetto di “santi della Chiesa, i santi del popolo e della salute sociale”,[60] di certo si formarono progettualmente in questo momento storico della Chiesa tortonese e alla scuola di Mons. Bandi in particolare.[61]
La sua Opera, da quel primo inizio dell’Oratorio festivo e del primo Collegio di San Bernardino, giunse ad espandersi rapidamente, in attività e persone, e ad ottenere, già nel 1903, il 21 marzo, l’approvazione Diocesana.[62]
“La nuova Congregazione – che i precitati membri si sono scelta - si chiama: “L’Opera della Divina Provvidenza” ed ha per fine di unire per mezzo di tutte le opere di misericordia – e specialmente attendendo all’educazione sinceramente cattolica della gioventù, predicando il Vangelo ai poveri, sollevando e confortando nella carità di N.S.G.C. quelli che sono afflitti e faticati – con strettissimo e dolcissimo vincolo di tutta la mente e di tutto il cuore il popolo cristiano alla Santa Sede, nella quale – come si esprime il Crisologo – Beatus Petrus vivit et praésidet, praestat quaerentibus fidei veritatem (Ep. ad Eutic. n. 2) - il Beato Pietro vive e presiede, offrendo la verità della fede a quanti la cercano.
Premurosissima sopra tutte le altre infatti è, nella predetta Congregazione, la cura di accrescere nell’animo dei fedeli l’amore e l’ubbidienza al Romano Pontefice, con tanto maggiore intensità quanto più accanita è la guerra che al medesimo Vicario di Gesù Cristo si combatte oggidì dai suoi nemici; e nessun desiderio è più vivo nel cuore dei suoi membri che di ricondurre – quando Iddio lo concederà – alla primitiva unità della Chiesa “(eos) qui Jesum Christum Filium Dei Eundemque Salvatorem humani generis agnoscunt et fatentur, sed tamen vagantur ab Eius Sponsa longius” (Enc. Leonis Pp. XIII, De unitate Ecclesiae, 29 Junii 1896) coloro che conoscono e confessano Gesù Cristo Figlio di Dio e Salvatore del genere umano, pur vagando lontano dalla Sua Sposa”. Proposito quest’ultimo che, esposto a Sua Santità Leone XIII, ne fu ampiamente lodato e, col più benevolo compiacimento da parte del medesimo Sommo Pontefice, confortato dall’apostolica benedizione”.
Nel firmare questo Decreto, certamente Mons. Bandi riconosceva in queste parole Don Orione e la sua Congregazione ma, non meno, riconosceva anche se stesso, o meglio, una sua creatura, venuta alla luce in quella magnifica e tribolata stagione ecclesiale intorno al Novecento.
[1] Cfr. G. Rognoni cit.,. Si veda dei volumi Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, cit., consultando all’indice onomastico, la voce Bandi Igino.
[2] G. Rognoni cit., p. 100. Cfr. anche E. Varvello La visita Pastorale di Mons. Bandi nella Diocesi di Tortona (1891-1897) cit., p. 218-32. Ed anche G. Pirani, cit., p. 63-71.
[3] M. Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), cit., p.64-65.
[4] Mons. Igino Bandi fu elevato Vescovo nel concistoro del 23.6.1890 e ordinato il 14.9.1890, ma solo l’11.1.1891 giunse l’exequatur governativo che gli permise l’ingresso in Diocesi il 2.2.1891.
[5] Ricordiamo che storiograficamente la qualifica “intransigente” non denota un’attitudine emotiva, né morale e né relazionale. Nel quadro della Questione romana, indica semplicemente quella corrente del mondo cattolico che riteneva non si dovesse “transigere” sul fatto della eliminazione dello Stato Pontificio e della perdita dell’autonomia anche politica, ritenute necessarie per la missione universale della Chiesa e del Romano Pontefice.
[6] Lettera pastorale n. 5, 1892, p. 14 e anche Lettera pastorale n. 19, 1892, p. 5-6.
[7] Lettera pastorale n. 5, p.15.
[8] E’ nota la valutazione di Pio IX espressa in una confidenza al comandante dell’esercito pontificio Karl Kanzler: “Il potere temporale è una cosa sacra, lo difenderò fino alla morte, ma è una grande seccatura”. Pio IX non era attaccato al potere temporale in quanto tale, secondo la caricatura che continua ad essere riproposta dalla divulgazione storica popolare, ma, quale Capo della Chiesa universale, intendeva salvaguardarne la libertà e l’indipendenza in funzione della missione religiosa propria. Nell’Enciclica Ubi nos del 15.5.1871, affermò chiaramente: “Ad ognuno deve risultare chiaro che necessariamente, qualora il Romano Pontefice fosse soggetto al potere di un altro Principe, né fosse dotato di più ampio e supremo potere nell’ordine politico, non potrebbe per ciò che riguarda la sua persona e gli atti del ministero apostolico, sottrarsi all’arbitrio del Principe dominante. (…) Il potere temporale della Santa Sede è necessario affinché lo stesso Pontefice Romano, mai soggetto a nessun Principe o a potere civile, possa esercitare la suprema potestà di pascere e governare in piena libertà tutto il gregge del Signore con l’autorità conferitagli dallo stesso Cristo Signore su tutta la Chiesa”. Sovranità uguale a libertà: questo era in gioco e questo alla fine prevalse. La Santa Sede non doveva essere italiana e nemmeno in Italia. La “romanità” e/o “universalità” del papato presupponevano totale indipendenza politica. Questo era in gioco nella “questione romana”. Si veda R. Aubert, Il Pontificato di Pio IX (1846-1878), 2a ed., voll. 2, trad. italiana di G. Martina, Torino, S.A.I.E., 1970; G. Martina, Pio IX Chiesa e mondo moderno, Roma, Edizioni Studium, 1976; G. Martina, Pio IX , (3 voll.), Università Gregoriana, Roma 1990; R. De Mattei, Pio IX, Piemme, Casale Monferrato 2000; F. PELOSO, Don Orione e la Conciliazione del 1929 “Messaggi di Don Orione”, 34/2002, N. 107, p.27-45; Idem, Il beato Luigi Orione vice-postulatore della causa di beatificazione di Pio IX, “L’Osservatore Romano”, 10.9.2000, p.11.
[9] Lettera pastorale n. 33 del 1894, p. 5 e la precedente n. 21 del 1893, p. 4-5.
[10] Lettera pastorale n. 4 del 1891, p. 22.
[11] «La carità è la migliore apologia della Chiesa», dirà Don Orione; e anche «La nostra predica è la carità», «La nostra politica è la carità»; Scritti 4, 280; cfr. lettera del 5.8.1920; Lettere I, 245-252.
[12] Lettera pastorale n. 4 del 1891, p. 7-9.
[13] Rerum novarum nn.3 e 5. Cfr. AA. VV., La Rerum Novarum e il movimento cattolico italiano, Morcelliana, Brescia 1995.
[14] Lettera pastorale n. 29 del 1893, p. 34-35. Quando il 31 gennaio 1913 Don Orione presentò a Mons. Bandi «la stampa delle Piccole Costituzioni della nascente Congregazione» sottolineò che «Esse sono animate per Divina Grazia, da quello spirito di schietto amore alla Chiesa e al S. Padre attinto dal Ven.le Don Bosco e da Vostra Eccellenza Rev.ma» in Corrispondenza Mons. Bandi, ADO, B6.
[15] Citando il S. Padre, Mons. Bandi si riferisce ad un Breve di Leone XIII del 9 settembre 1891, indirizzato al Comm. Paganuzzi, nel quale svolgeva il concetto e stabiliva le basi dell’azione, dell’influenza e della efficacia dell’Opera dei Congressi. Lettera pastorale n. 33 bis. Tip. Rossi, Tortona 1894.
[16] Discorso di Mons. Bandi del 12 settembre 1894. Tip. Roberti, Bassano 1894, p. 7. In Archivio Vescovile di Tortona si può trovare anche la dettagliata Relazione della IV Adunanza Regionale Ligure tenutasi in Tortona nei giorni 17-18 settembre 1894. Tip. Salesiana, San Pier D’Arena 1895.
[17] Cfr. G. Rognoni, cit., p. 98-111; C. GOGGI, cit., p. 417-427.
[18] “Il Movimento Cattolico”, anno XVI, ottobre 1895, p.332.
[19] Nostra traduzione dall’originale latino conservato nell’Archivio Segreto Vaticano, Diocesi di Tortona 3. Renato Lanzavecchia ne ha pubblicato gli originali: Relazioni di Mons. Igino Bandi, Vescovo di Tortona, sullo Stato della Diocesi (Visita “ad Sacra Limina” del Febbraio 1895 e del Gennaio 1900), “Julia Dertona” 2/LXVI, 1987, pp. 69-91.
[20] Ibidem. G. Rognoni (cit., p. 90-96) scrive di Mons. Bandi e Don Orione: «vivevano e lavoravano per le stesse idealità e collo stesso ardore di fede: esuberanti entrambi di sentimenti e d’entusiasmo per qualunque forma di bene, disposti a superare tutti gli ostacoli».
[21] R. Lanzavecchia, cit., p. 17.
[22] Cfr. P. Valera, Le terribili giornate del’98, De Donato, Bari 1973. La “protesta dello stomaco”, scoppiata in seguito all’aumento del pane, a Milano, portò a 80 vittime tra i dimostranti. Pur avendo motivi reali e non politici, tale protesta fu diversamente strumentalizzata sia in senso socialista che in senso liberale.
[23] Ci fu la chiusura di 70 Comitati diocesani, 2600 Comitati parrocchiali, 600 sezioni giovanili; furono soppressi giornali cattolici; molti sacerdoti e laici militanti furono denunciati. Particolare impressione destò l’arresto e la condanna a tre anni di carcere di Don Davide Albertario, con l’accusa di oltraggio alle istituzioni per i suoi articoli di denuncia contro chi ordinò la repressione dei moti milanesi e diede piombo a chi chiedeva pane. Cfr. M. Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia? L’Opera dei Congressi (1874-1904), Piemme, Casale M. 2002, p.76-81.
[24] Cfr. M. Invernizzi, I cattolici contro l’unità d’Italia, cit., pp. 76-80.
[25] Lettera pastorale n. 79 Tip. Rossi, Tortona 1901. Trattazione importante, di ben 93 pagine, ebbe una larga eco nazionale.
[26] Lettera pastorale n. 86. Tip. Rossi, Tortona 1902. Carlo Pollidoro scrivendo su I cattolici tortonesi attorno al Novecento in Protagonisti per voltar pagina (Rivista mensile di Tortona), III (1983), n.3, p.3-11 e n.4, p.3-6, a p.7 del n.3, osserva: «E’ interessante notare l’evoluzione di questo Vescovo che da intransigente oppositore dello stato unitario divenne sostenitore della partecipazione alla vita politica dei cattolici e un difensore della democrazia cristiana».
[27] I. Terzi, Don Orione Beato in Atti e Comunicazioni della Curia generalizia della Piccola Opera della Divina Provvidenza, 34(1980), p. 102.
[28] “Dall’Alto”. Agli italiani sulla guerra che si fa alla Chiesa, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici. Vol. I, Dall’Oglio, Milano, 1959, p. 421.
[29] Adriano Lemmi, grande Oriente della massoneria italiana, in una lettera alle logge, così si esprime: “L’istruzione e l’educazione nelle scuole deve essere quotidiana preoccupazione dei fratelli. (…) Bisogna adoperarsi che i Municipi non scelgano per insegnanti persone di sentimenti cattolici, e per meglio giungere all’intento, fa d’uopo rendere le scuole di qualunque grado per lo meno indifferenti in materia di religione, e farvi penetrare i principi e le teorie del naturalismo, opposte ad ogni superstizione religiosa”; riportato da Mons. Bandi nella sua Lettera Pastorale n. 3, p. 4-5. L’avvertimento contro la minaccia della massoneria, contenuto già nella Lettera pastorale n.3, all’inizio dell’episcopato di Bandi, ritorna spesso nelle sue Lettere pastorali.
[30] Cfr. Bandi I. Lettera Pastorale n. 3, p. 4-5.
[31] Mons. Bandi fondò il nuovo Seminario di Stazzano (1896), dando anche nuova impostazione e regolamento: cfr. G. Rognoni (cit., p. 36-44) il quale ben documenta il suo zelo per il clero (p.65-74) tramite visite pastorali (p.75-78) sapiente legislazione, lettere pastorali e convegni (p.79-86) e l’opera della stampa (p.112-117).
[32] Sostenne le varie forme di catechesi (scuole, conferenze, predicazione, quarantore, missioni popolari, ecc.) e pubblicò il Regolamento della Pia Società della Dottrina Cristiana che introdusse in tutte le parrocchie.
[33] Lettera Pastorale n. 51, p. 5.
[34] G. Rognoni cit., p. 53-54. Cfr. Lettera pastorale n. 33 (Tip. Rossi, Tortona 1894) riguardante il pellegrinaggio diocesano a Fontanasanta.
[35] Lettera pastorale n. 51, Tip. Rossi, Tortona 1896.
[36] Si trattava di giornali di diversa consistenza, durata e ispirazione; tra il 1870 e il 1900, se ne contano ben 45; non pochi erano ostili fino all’ingiuria e alla calunnia contro il clero e la Chiesa, contro la religione e i suoi insegnamenti. Mons. Bandi nella sua Relazione per la Visita ad limina del 14.1.1900, parla di “perversae ephemerides, impii et venefici liberculi”. Cfr. AA.VV., Cento anni di giornali a Tortona, Litocoop, Tortona 1985
[37] R. Lanzavecchia, cit., p.26. G. Rognoni, cit., p. 112-118. «Più volte i familiari l’hanno udito dire: Lasciatemi morire e poi avvolgetemi in un fascio del Giornale Il Popolo». Nel 1896 la lettera pastorale n. 51 è dedicata alla «Società Diocesana della Buona Stampa».
[38] Scritti, 91-247.
[39] Così nei Sommi principi dell’Opera della Divina Provvidenza dell’11.2.1903, Lettere I, 11-22.
[40] C. Pollidoro, cit., p.10. Egli fa altre importanti osservazioni su Don Orione e sulla sua azione «sociale ma non socialista»: «Don Orione fu dunque il prete dei poveri, come risulta del resto dal suo stesso programma, ma nel suo dire non c’è nulla che lo avvicini ai socialisti»; cit., p.11.
[41] Bandi I., Lettera Pastorale n. 51, Tip. Rossi, Tortona 1896, p. 5.
[42] Lettera pastorale n. 56, Tip. Rossi, Tortona 1897, p. 13-17.
[43] Cfr. R. Lanzavecchia, cit., p. 33; G. ROGNONI, cit., p. 111; V. Moro, L’esperienza delle Casse Rurali a Tortona, “Julia Dertona” 2/LXXIII, 1995, pp. 63-92; V. Moro, Le Società di Mutuo Soccorso a Tortona e nel Tortonese, “Julia Dertona” 2/LXXV, 1996, “Julia Dertona”, pp. 123-175.
[44] G. Rognoni, cit., p. 108-109.
[45] Giuseppe Perosi (1842-1908) fu organista e direttore della Cappella musicale di Tortona, autore di composizioni sacre e profane, padre del più celebre Lorenzo, da lui avviato agli studi musicali; cfr. U. Battegazzore, Giuseppe Perosi, padre di mons. Lorenzo, Julia Dertona 2/LXXX, 1999, pp. 63-70; M. SANARICA, Musica come vita: Lorenzo Perosi la biografia, 2/ LXX-LXXI, 1992-1993, pp. 37-54, breve biografia e testimonianze sul compositore tortonese (1872-1956), con notizie sul padre Giuseppe e sulla famiglia.
[46] Lettera pastorale «La questione sociale». Tip. Rossi, Tortona 1898. Mons. Bandi sentì forte l’urgenza di una azione sociale concreta ed incisiva per riportare la società a Dio. Per questo gettò a piene mani i primi fermenti dell’azione economico-sociale cristiana nella sua Diocesi, orientandola genuinamente verso il popolo. Cfr. G. Rognoni, cit., p. 98-106.
[47] Don Davide Albertario, direttore de “L’Osservatore cattolico” e grande protagonista di questa stagione ecclesiale, molto noto a Tortona, esorcizzava le critiche contro il nuovo stile di prete: “Non si venga più a seccare col solito ritornello: il prete si fermi in chiesa. Il prete si ferma là dove cessano i bisogni del popolo”; riportato da M. Guasco, Storia del clero in Italia, cit., p.120.
[48] Discorso di Mons. Bandi tenuto a Pavia nell’Adunanza generale dell’Opera dei Congressi del 12 settembre 1894, Tip. Roberti, Bassano 1894. Reperibile in Archivio della Diocesi di Tortona.
[49] Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza: 1872-1893, cit., p. 616-629. Ricordando la San Vincenzo, e il suo presidente, Giuseppe Perosi, Don Orione scrisse: «Io, ogni volta che vado tra me ricordando la fede così viva, che si vedeva sempre, ma specialmente in quella benedetta conferenza di San Vincenzo – che per me, chierico allora, fu una grande scuola ed esempio di carità e di fede vera - , mi sento come ristorare l’anima, e non posso lasciare di benedirlo, Giuseppe Perosi, perché mi ha fatto del bene»; cfr. Don Orione. Lettere scelte, a cura di D. Sparpaglione, Paravia, 1947, p. 27. Cfr. Scritti, 40-122.
[50] Fu il Vescovo stesso a benedire il nuovo Oratorio; Della solenne inaugurazione di quell’Oratorio è stata ritrovata una copia del Foglietto-invito stampato a Tortona dalla Tipografia S. Rossi; è reperibile nell’Archivio della Diocesi di Tortona. Igino Bandi. Lettere pastorali e stampati diversi, 1891-1892. Vol. 16, p. 57. Don Orione ne parla nella sua lettera da Buenos Aires del 3 luglio 1936 in Lettere, II, p. 365-369.
[51] Ibidem, p.636-694. Cfr. D.O.P.O., cit., p. 721.
[52] Cfr. Papasogli, p. 53-65. Copiosissima documentazione in Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza: 1893-1900.
[53] Cfr. G. Pirani, Don Orione e la sua Diocesi, in Don Orione nel centenario della nascita, cit.
[54] Derthona Sacra, 1895, cit., p. 27.
[55] Ne La Lanterna, 16 giugno 1894, si legge: “Un Collegio alla Don Bosco, sotto il titolo di Provvidenza Divina. Direttore di questo pseudo collegio sarebbe un tal Don Orione imitatore perfetto del beato Labre, e già venerando per i preti di Tortona… Uno dei soliti vivai di reazione, dove si insegnano più salmi che cose utili alla vita… A Tortona abbiamo già un Seminario, una casa oblatizia, un Convento di Cappuccini, Monache di più qualità, ordine terziario di maschi e femmine, Compagnia di San Paolo, Figlie di Maria, Società Cattolica, poco ancora che si vada così, la nostra città diventerà un vero paese del medioevo”. Il discredito non intaccò il decollo del Collegio, del quale la rivista Derthona sacra, nel 1896, scrive: “Va fiorendo pure sotto ogni aspetto il Collegio diretto dal giovane prete Don Luigi Orione in Tortona, con grande utile morale e materiale della città. Presentatisi testé alcuni giovani studenti in detto collegio agli esami di licenza ginnasiale nel R. Ginnasio di Voghera, tutti indistintamente la ottennero”. Cfr D.O.P.O., Vol. II 1893-1900, p. 125 e 131-141.
[56] Cfr. Relazione della IV Adunanza Regionale Ligure tenutasi in Tortona nei giorni 17 e 18 settembre 1894. Tip. Salesiana, 1895.
[57] Relatio ad Apostolicam Sedem sulla Diocesi di Tortona, Archivio di Stato della Santa Sede.
[58] P. Stella, Il prete piemontese dell’800: tra la rivoluzione francese e la rivoluzione industriale.. LDC, Torino 1972, p. 38-39. L’opuscolo ebbe vasta eco e diffusione tanto che dalla sua prima edizione – Canonica, Torino, 1895 – giunse alla sua sesta edizione nel 1901, Buffetti, Treviso.
[59] Si veda la Pastorale n. 56 di Mons. Bandi, Tip. Rossi, Tortona 1897, p. 10-13: « Si, si, voi state chiusi nelle quattro mura; e le anime si perdono e Gesù Cristo viene vilipeso nelle scuole, nelle officine, nelle pubbliche amministrazioni! Non so capire abbastanza l’insipienza di quella frase – il parroco faccia il parroco - che si oppone all’azione cattolica. Il Papa dice lavorate, ed essi non se ne dan per intesi. Gridano: anime, anime! E non vanno per mezzo dell’azione cattolica in cerca delle anime là dove si trovano». I. Terzi nel suo studio La spiritualità del Beato Luigi Orione nella luce del rinnovamento post-conciliare in Vita consacrata XVII (1981), p. 286-287, parla della «novità di stile di clero» portata da Don Orione proprio in reazione a simili atteggiamenti largamente diffusi tra il clero e per rispondere alle nuove esigenze dei tempi. Cfr. L. Fiordaliso, Le virtù sacerdotali di Don Orione, “Messaggi di Don Orione” 35(2003) n.111, p.5-18; G. Laurendi, Don Luigi Orione. Aspetti della spiritualità sacerdotale, “Messaggi di Don Orione”, (12)1981 n.48.
[60] Scritti 57, 104c.
[61] Questa convinzione è espressa e documentata anche da Mons. A. Del Monte. Don Orione nel centenario, cit., p. 92-100.
[62] Si legga in Don Luigi Orione. Lettere. Ed. Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 1969. Vol. I p. 11-22, il Piano e Programma della Piccola Opera presentato al Vescovo Bandi in data 11 febbraio 1903. Cfr. anche G. Pirani, Don Orione e la sua Diocesi, cit., p. 61-71.