Questo sito utilizza cookie per le proprie funzionalità e per mostrare servizi in linea con le tue preferenze. Continuando a navigare si considera accettato il loro utilizzo. Per non vedere più questo messaggio clicca sulla X.
Messaggi Don Orione
thumb

Nella foto: Fortunata Morcaldi
Autore: Flavio Peloso
Pubblicato in: Flavio Peloso, Nel clima benefico di Padre Pio. Fortunata Morcaldi, “Don Orione Oggi”, 7/2002, p.7-11.

Don Flavio Peloso, in visita a San Giovanni Rotondo, incontra Fortunata Morcaldi, figlia del “sindaco di Padre Pio”, e ne raccoglie i ricordi.

FORTUNATA MORCALDI RICORDA [1]

Don Flavio Peloso

 

Non potrò mai dimenticare il mio primo incontro con San Giovanni Rotondo e con Fortunata Morcaldi. Avevo molto studiato le vicende storiche in cui Don Orione entrò in azione per fare luce su Padre Pio da Pietrelcina e sui suoi fenomeni straordinari. Le ho pubblicate nel libro Don Luigi Orione e Padre Pio da Pietrelcina. Nel decennio della tormenta (1923-1933). I tanti documenti di prima mano consultati mi avevano permesso quasi di vedere e sentire Padre Pio al vivo delle vicende e dei luoghi che di esse furono teatro, soprattutto durante il “decennio della tormenta”, 1923-1933.

Finalmente andai a San Giovanni Rotondo, il 2 giugno 2002. Feci fatica a riconoscere quello che già conoscevo. I rumori delle strade intasate e dei tanti cantieri aperti attorno al convento di Padre Pio soffocavano le voci e soprattutto i silenzi dei tempi passati. Le tante nuove e grandi costruzioni sorte nel nome di Padre Pio hanno fagocitato il povero e piccolo convento dei Cappuccini che sorgeva in fondo al viottolo, ai margini del paese. Resta solo la facciata dell’antica chiesa.

Nel percorso predisposto per i pellegrini, numerosissimi, si incontravano resti di ambienti e oggetti antichi esposti come cimeli. Guardo tutto con interesse. Ho un fremito spirituale giungendo davanti al Crocifisso davanti al quale Padre Pio ricevette le stimmate il 20 settembre 1918. Vorrei sostare, ma bisogna proseguire; è in luogo di passaggio e c’è tanta gente.

Dopo aver seguito il percorso stabilito, ritorno all’ingresso e vado a rifugiarmi nella chiesa antica del convento, dedicata alla Madonna delle Grazie. Lì c’è il suo altare e il suo confessionale. Lì, in preghiera, rivedo e riascolto Padre Pio. E si apre il dialogo, già ricco di notizie e sentimenti, iniziato tra le polverose carte dell’archivio Don Orione di Roma, ove sono custoditi preziosi documenti delle penose e gloriose vicende di Padre Pio delle quali dovette occuparsi Don Orione.

Camminando per il paese, mi è stato difficile ritrovarvi qualche altro brandello di storia. Occorrerebbe scavare oltre bancherelle, moderni negozi e palazzi, bar, ristoranti, “tutto per i turisti” nel nome di Padre Pio.

Avevo con me, però, alcuni indirizzi di persone che fanno parte della storia di Padre Pio. Tra di essi quello di Fortunata Morcaldi, figlia di Francesco Morcaldi (1889-1976). Il papà è il personaggio laico più noto di San Giovanni Rotondo. Fu sindaco per quarant’anni, protagonista devoto della difesa di Padre Pio in tempi turbinosi e dello sviluppo sociale ed economico del paese.

Con Fortunata Morcaldi, figlia di Francesco Morcaldi, ho continuato il filo di relazione allacciato in anni lontani da Don Orione con il papà “Cicillo”, come lo chiamava Padre Pio. Nell’archivio della Congregazione orionina, avevo trovato uno scritto del papà con il quale, già anziano e malandato, raccomandava a Don Luigi Orlandi e alla Congregazione di Don Orione la figlia ultimogenita, Fortunata, che si era spesa e sacrificata per lui.

Quel filo di confidenza spirituale passò attraverso Don Luigi Orlandi Don Amerigo Bianchi, Don Giovanni Venturelli e fu continuato da me, che incontrai Fortunata quando stavo studiando le vicende legate allo straordinario rapporto tra Don Orione e Padre Pio da Pietrelcina. Non si interruppe più, alimentato dalle sue periodiche telefonate e da qualche mia visita.

Dopo avere visitato il convento, sono salito nell’appartamento ove vive Fortunata, figlia ultimogenita di Francesco Morcaldi.
Vive da sola, con i ricordi suoi e del papà Francesco. Le condizioni della vecchiaia hanno limitato le sue energie fisiche ma non quelle spirituali. Conserva una dolcezza incantevole nel volto e una tensione interiore sorprendente.


“Un orionino in casa mia! - esclama accogliendomi -. Mio papà diceva sempre: Ho conosciuto due santi; sono vissuto in mezzo a due santi: Padre Pio e Don Orione. Loro si scambiavano le grazie che facevano, ma non si conoscevano, o meglio non si sono mai incontrati. Questo era il bello di Don Orione e Padre Pio. Uno mandava dall’altro”. Papà era felice quando parlava di Don Orione. Sono due anime belle – diceva - mandate proprio da Dio per guidare gli uomini”.


            Chissà quanti ricordi le avrà consegnato il papà.

Mio papà Francesco - ma tutti lo chiamavano “Ciccillo”, compreso Padre Pio, - negli ultimi anni di vita quasi non poteva muoversi e dovette stare a letto per lunghi tempi. Lui, che trascorse una vita molto movimentata, aveva ora il tempo per raccontare tutte le cose che gli erano successe prima. Fu in questo periodo, durante un suo ricovero in clinica che scrisse la deposizione per il processo di Padre Pio, una deposizione molto lunga, meravigliosa. Fu il vostro Don Amerigo Bianchi, un orionino dell’Incoronata, a venire a portargli il Viatico nella stanza.

              Quand’è che suo papà ha conosciuto Padre Pio?

Il primo incontro di papà con Padre Pio avvenne nel 1919. Papà era tornato a casa, dopo il servizio militare durante la guerra. Padre Pio era appena arrivato a San Giovanni Rotondo; aveva avuto le stimmate l’anno precedente. Papà andò alla chiesa della Madonna delle Grazie e gli si avvicinò un frate che si interessò di lui. Papà gli raccontò che era del paese, che era tornato dalla guerra, che gli erano morte tante persone care, non c’erano più i genitori, era morta la suocera. E quel frate gli disse: “Ebbé, di che ti lagni. Quelli stanno qua con te. Non credere che siano tanto lontani”. “Ma tu chi sei? Perché mi parli così”, chiese papà. E il frate: “Io sono Padre Pio”. Allora mio papà ha capito: “Tu sei quel famoso Padre Pio”. E da quel giorno mio papà si sbloccò dalla desolazione. Poi Padre Pio gli disse anche: “Il paese ha bisogno di te. Cerca di darti d’attorno”. Papà era avvocato e cominciò la sua attività, divenne sindaco e si mosse per il bene del paese e di Padre Pio.

            Quell’amicizia personale si è trasformata in storia – di Padre Pio e della Chiesa – dopo il 1923, quando cominciarono a piombare su Padre Pio sospetti e calunnie che provocarono giudizi e misure restrittive da parte delle autorità vaticane e dei Cappuccini nei confronti di Padre Pio. Di fronte al paventato trasferimento di Padre Pio lontano da San Giovanni Rotondo ci fu una minacciosa mobilitazione popolare in paese.

Padre Pio aveva capito quello che succedeva a S. Giovanni Rotondo a causa sua. Molta gente, spinta dall’amore verso di lui, con a capo mio padre, voleva insorgere contro le decisioni dei superiori che volevano mandarlo altrove. Presero a piantonare il convento con fucili perché nessuno portasse via Padre Pio. Padre Pio chiamò mio papà e gli disse: “Io devo fare la volontà dei miei Superiori; devo andarmene, se vogliono che me ne vada”. Dopo qualche giorno, mio papà, che andava sempre al convento, fu chiamato da Padre Pio: “Cicci’, ti do questo testamento spirituale”. E gli diede il suo testamento, nel quale era scritta la sua volontà: fare la volontà dei superiori, se volevano che andasse via da San Giovanni Rotondo, “però, quando non ci sarò più, desidero che le mie ossa riposino in un cantuccio di questa terra”.

Mio padre tenne quel testamento con devozione. Dopo alcuni anni, quel primo testo fu perso. Mio papà ne era preoccupato, ma Padre Pio gli disse: “Non ti preoccupare, io campo ancora”. E glielo rifece alla stessa maniera, anzi precisò: “A Francesco Morcaldi, sindaco di S. Giovanni Rotondo”. Quindi, fu una consegna pubblica. Quel testamento apparteneva alla cittadinanza e al Comune, cui poi noi l’abbiamo consegnato. È da ricordare che fu mio padre, in quanto sindaco, a dare all’ordine dei Cappuccini il convento della Madonna delle Grazie in “enfiteusi perpetua”. Prima era solo in affitto.

            E che fece suo padre quando seppe che il desiderio intimo di Padre Pio era di rimanere a San Giovanni Rotondo, pur disposto a obbedire ai superiori?

Da una parte, papà diceva “Padre Pio ormai deve fare ciò che la Chiesa vuole. Padre Pio è della Chiesa”. Però, dall’altra, dopo che Padre Pio gli consegnò il suo testamento spirituale, capì la esatta volontà di Padre Pio di restare a San Giovanni Rotondo e su questo puntò i piedi. Si mosse legalmente, affettuosamente, decisamente, senza intaccare le leggi della Chiesa. Pensava che quella doveva essere anche la volontà di Dio dal momento che l’aveva donato a San Giovanni Rotondo. Come persona e come sindaco del paese fece i passi necessari, senza intaccare nessuno, perché mio papà ha agito sempre in modo corretto.

                In concreto, cosa avvenne?

Per difendere Padre Pio, negli anni Trenta, quando c’erano tante accuse e sospetti contro di lui e volevano allontanarlo da San Giovanni Rotondo, mio papà mobilitò il paese e poi, assieme a Emanuele Brunatto, decise di intervenire per far conoscere alle autorità vaticane che le accuse erano infondate e che anzi venivano da ecclesiastici contrari. Raccolsero i documenti e andarono a Roma. Fu qui che mio papà conobbe Don Orione. Consegnarono quei documenti in Vaticano. Poi, però, Brunatto voleva creare uno scandalo per smuovere le autorità della Chiesa a favore di Padre Pio. Ma mio padre, convinto da Don Orione, consegnò quei documenti alle autorità della Chiesa, all’insaputa di Brunatto che voleva pubblicarli con un libro.

            In quella circostanza intervenne anche Padre Pio che, di fronte alle titubanze di Morcaldi, gli disse: “Non ti deve importare la stima, devi servire la Chiesa”.

Sì, Padre Pio è stato sempre fedele ai suoi principi religiosi. è sempre rimasto fedele all’obbedienza e ha cercato le vie della giustizia. Tutte le lunghe trattative e polemiche si conclusero il 16 luglio 1933. Mio padre non stava più nella pelle dalla contentezza e fece una sceneggiata, giungendo al convento con la banda. Andò su e abbracciò felice Padre Pio che gli disse: “Ciccì, che fai!”. “Padre sei libero! Tu rimarrai da noi”.

            Che cosa prova nel ripensare a questi fatti lontani nel tempo, ma vivi per le loro conseguenze risolutorie?

Oggi, a raccontare queste cose qualcuno può dire: ma che dici? Io so che queste cose sono vere, me le raccontava mio padre. Ormai, Padre Pio è santo, ma per noi lo è stato sempre dal primo giorno che l’abbiamo conosciuto. Parlare oggi di quello che è successo è qualcosa di bello, un capitolo tribolato ma bello. Su questo c’è il suo libro su “Don Orione e Padre Pio da Pietrelcina nel decennio della tormenta” che è molto interessante e illuminante su quello che è successo allora, per capire Padre Pio e anche lo stile di mio papà.

            Ha qualche ricordo personale di Padre Pio?

Padre Pio è stato a casa mia, nel 1952, nella casa dove ora è stato fatto il museo. Allora c’era un sacerdote giovanissimo che stava proprio male e chiamarono Padre Pio a confessarlo. Abitava nella casa attigua alla nostra. Venne di sera e la gente accorse. “Non ci corri? – ci dissero. “Ci sta Padre Pio”. Mio papà era già in pigiama, mise giacca e cravatta e corse. E Padre Pio gli disse “A Cicci’, e tu che fai qua?”. “Ma come che faccio qua, io abito qua a due passi”, rispose papà. “Ah, allora…” - e Padre Pio lo prese sottobraccio - “Allora portami a conoscere la tua casa”.

È venuto su nella nostra casa.
Mio papà accogliendolo gli disse: “Aspetta, che ti porto davanti al mio Padrone”.
E lo portò davanti all’Ecce homo del 1600, un busto del Cristo flagellato.
Per Padre Pio fu uno choc.  Come Padre Pio lo vide, s’è attaccato alla sedia, s’è commosso e ha pianto. Poi, dopo le sue preghiere, si è seduto. E mio papà ha detto: “Senti Padre, devi aver pazienza, ma fuori c’è tanta gente che ti vuole vedere”. E ha cominciato a sfilare tanta gente, entrando da una porta e uscendo dall’altra. Padre Pio ricevette tutti. Fu una cosa meravigliosa”.

Quella casa, quindi, oltre ai ricordi di famiglia è cara per la visita di Padre Pio.

Le voglio confidare un altro ricordo. Nel 1975, quando ci fu il primo terremoto, papà era già malato e, per non correre rischi, lo portammo in un’altra casa. Dopo la morte di papà, nel 1976, io ritornai in quella casa e l’aggiustai alla meglio. Ricordo che, quando sono tornata, la prima notte, dormivo in una brandina, mentre mia sorella con i figli era nel letto grande. Tutto d’un tratto, mi sono messa a gridare: “Padre, aspetta, non te ne andare”. Era un sogno. Ho visto Padre Pio, da solo, che girava per la casa e mi benediceva la casa. Poi io mi sono svegliata. Mio nipote mi disse: “Zia, zia, svegliati”. E io a dirgli: “Ma no, aspetta, c’è Padre Pio davanti la porta”. E poi ho visto Padre Pio che, da lontano, già davanti alla porta ha fatto ruotare l’indice della mano per dire “ritornerò, ritornerò”.

            E ritornò?

Sì. Nel 1995 ci fu l’ultimo terremoto. La mia casa fu rovinata e ci trovammo nella difficoltà economica per poterla riaggiustare. C’era chi voleva venderla, farne degli appartamenti o altro, ma io mi sono opposta perché era il dono affettuoso di papà. Poi si presentò il sindaco dell’epoca per propormi di darla al Comune. In questa casa restaurata, recentemente è stato costituito un Museo biografico su Padre Pio. Così Padre Pio è ritornato in quella casa.

            Che tipo era suo papà?

Mio papà era un uomo modesto, sebbene avesse un carattere forte, risoluto, tenace, quando si trattava di raggiungere uno scopo di bene. Ha fatto tanto per Padre Pio e per San Giovanni Rotondo. Non si è mai tirato indietro. Resistette anche a Mons. Maccari, negli anni ‘60, uno scontro educato perché papà rispettava sempre l’abito religioso della persona. Gli disse che sbagliava a pigliare le cose in senso negativo, perché Padre Pio non era un uomo che faceva le cose per farle fruttare per sé stesso; lo faceva proprio perché era un figlio di Dio.

             Voi consideravate Padre Pio come uno di famiglia.

Padre Pio è stato per noi qualcosa di “nostro”, non si può definire diversamente. Ricordo quando morì la mia mamma. Io ero molto giovane, mio papà stava a Taranto, sotto le armi, nel 1941. Mamma era grave e lo zio, medico condotto del paese, disse: “Fate venire un sacerdote”. Mia sorella più grande, di 18 anni, quando sentì questo, mi acchiappò per la mano, io avevo 10 anni, e ci mettemmo a correre su per la strada del convento, per andare da Padre Pio. Padre Pio stava confessando. Lei, davanti alla porta, gli gridò: “Padre, mamma sta male. Tu che fai per lei?”. Egli si sporse mentre stava confessando, ci tirò vicino a sé, con la testa piegata su di lui, e ci disse: “Non posso far niente per mamma”.

Quando facemmo la prima Comunione, io e mio fratello Lorenzo, era la trigesima della morte di mamma, e andammo a confessarci da Padre Pio. C’era un arco e andammo lì a confessarci. Egli, seduto, ci mise il capo sulle sue ginocchia e ci disse: “La mamma è con voi”. Padre Pio era uno di famiglia.

            Mio padre - che è stato sindaco quattro volte -, non iniziava un consiglio senza prima passare da lui: “Padre, io stasera ho consiglio, mi raccomando”. E lui: ”Vai tranquillo”.

            Nella vita di Padre Pio la grandezza dei doni spirituali si univa alla semplicità degli affetti e delle relazioni personali. Il sacro, a San Giovanni Rotondo, con Padre Pio era diventato consuetudine.

Sì, era così, quasi non ce se ne rendeva conto. Ricordo che mio papà era a letto infermo e si stava confessando con Padre Livio. A un certo punto, si mise a chiamare: “Fortunata, Fortunata”. Corsi. “Fortunata, prendi la mia deposizione su Padre Pio e apri alla pagina – ora non ricordo quale – e leggimi”. Presi e lessi la pagina indicata. Vi era raccontato di quando mio papà andò al convento per salutare Padre Pio e lo trovò davanti al Crocifisso, assorto in preghiera. Papà, zitto zitto, si mise a sedere aspettando che Padre Pio alzasse la testa. Poi, gli sussurrò: “Padre”. Padre Pio si rivolse a lui: “Ciccì, vogliono portare via il Papa, vogliono portar via il Papa”. E si rimise giù con la testa a pregare. Mio padre si rannicchiò nuovamente sulla sedia ad aspettare. A un certo momento, Padre Pio gli disse: “Ciccì, il Papa è salvo, non se lo portano più”.

Questo era scritto in quella pagina della deposizione. Ebbene, a distanza di anni, Padre Livio, che allora stava confessando mio papà, mi venne a dire di avere letto sulla “Domenica del Corriere” il racconto di quanto era effettivamente avvenuto in Vaticano e collegato a quanto testimoniato da papà. Era successo che un generale tedesco era entrato in Vaticano per fare prigioniero il Papa e portarselo in Germania. Indugiò, camminando su e giù per un corridoio, come indeciso se salire nelle stanze vaticane. Ad un certo momento, con il frustino che teneva in mano diede un colpo sullo stivale, si girò, andò alla macchina e se ne partì. Controllai quanto era scritto sul giornale con quanto era scritto nella deposizione di mio papà e corrispondeva. Padre Livio concluse: “Ma allora sono state le preghiere di Padre Pio a liberare il Papa”.


Terminata la conversazione, Fortunata apre le ante di una piccola vetrina a muro, con al centro il busto dell’Ecce Homo, il Cristo flagellato, di fronte al quale pianse e pregò Padre Pio. È un’opera del seicento, di un verismo molto espressivo. Ci raccogliamo in preghiera e invochiamo l’intercessione di Don Orione e Padre Pio. Ci salutiamo, contenti di avere rivissuto qualcosa del clima benefico dei due grandi santi.

Mi sono congedato dopo una preghiera e una benedizione: “Non sono sola. Mi fa compagnia il Signore e i miei santi, Padre Pio e Don Orione. E il papà”, mi ha sussurrato Fortunata. [2]

 


[1] Flavio Peloso, Nel clima benefico di Padre Pio. Fortunata Morcaldi, “Don Orione Oggi”, 7/2002, p.7-11.

[2] Fortunata Morcaldi è morta a Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, il 28 aprile 2015. Era nata a San Giovanni Rotondo l’8 settembre 1929. L’avevo vistata l’ultima volta il 16 aprile 2014. Mi telefonava periodicamente. Ci scambiavamo qualche parola e immancabilmente mi ripeteva “Mio papà sempre ripeteva: Io ho avuto la grazia di vivere tra due Santi, Don Orione e Padre Pio”.

Lascia un commento
Code Image - Please contact webmaster if you have problems seeing this image code  Refresh Ricarica immagine

Salva il commento