Barnabita, uomo di cultura, Don Orione gli fu vicino in momenti difficili.
Don Orione gli fu vicino in momenti difficili [1]
Alessandro Ghignoni (1857–1924) fu sacerdote barnabita, di ampi interessi culturali, conferenziere, letterato e scrittore, promotore della musica sacra. Padre Ghignoni è così descritto dal confratello P. Semeria: “aperto a ogni cosa bella, vera e buona, forse troppo aperto, facile perciò a prendere per vero e bello e buono ciò che forse pareva tale più che non fosse”.[2] Nel 1901, firmò il programma di “Studi religiosi” di Don Minocchi; nel 1906 fu sospeso dalla predicazione in Roma; nel 1908 ottenne l’esclaustrazione temporanea per ragioni familiari.[3]
Don Orione conobbe il sacerdote barnabita ai primi anni del ‘900 a Genova, dove questi aveva fondato l’Istituto Superiore di Religione, insegnandovi con Padre Semeria. Di Padre Ghignoni comparvero sulla rivista orionina “La Madonna” due articoli: il primo il 15 maggio e il secondo il 15 novembre 1904.[4] Don Orione lo incontrò poi nel periodo successivo al terremoto di Messina. P. Ghignoni godeva della fiducia della contessa Spalletti, Presidente del Patronato Regina Elena, che gli affidava un buon numero di orfani da ospitare nell’orfanotrofio da lui aperto a Venezia. Pio X, invece, manifestò le proprie riserve sul Padre Ghignoni al Patriarca di Venezia in questi termini: “Mi fa paura specialmente per l’influenza che potrebbe esercitare sulla gioventù laica”.[5]
Nel 1917, in aiuto a Padre Ghignoni, si mosse il confratello Semeria rivolgendosi a Don Orione: “P. X. Car.mo D. Orione. Ho scritto a D. Giov. Pioli a Parigi per la nota faccenda e ne attendo risposta di giorno in giorno. Ho parlato anche a comuni amici e allo stesso P. Ghignoni del progetto che lo concerne. Il P. Ghignoni non sarebbe alieno… e d’altra parte sarebbe la soluzione di una situazione veramente difficile e dolorosa. Anche il Vice p(adre) Generale sarebbe contento. Ora tu devi precisarmi: a) in quale degli erigendi orfanotrofi, più opportunamente si potrebbe cercare di farlo accettare; b) quali persone, in questo caso, bisognerebbe officiare. Attendo risposta. Grazie ancora una volta della buona fraterna accoglienza. Dio ti assista nel non facile ministero. Ricordami ai compagni. Ti raccomando ancora il Lauro[6] Aff.mo in X.to Semeria B.”[7].
Per risolvere il caso, Don Orione inviò al Patriarca una lunghissima lettera[8], dichiarandosi “pronto a ritirargli (P. Ghignoni) in qualche Istituto il fratello” e ad accogliere “i tre orfani che ancora gli rimangono”[9]. Era disposto a ricevere in congregazione anche Padre Ghignoni, purché “venga per camminare per la diritta via del Signore, e tronchi ogni relazione con scrittori e gruppi che vanno lacerando la Chiesa”[10].
Don Orione gli volle bene anche se diffidava e scherzava sulle sue doti amministrative: “Il buon Padre Ghignoni è un po’ troppo poeta, et carmina non dant panem et, se ne dant, dant pochinum…”.[11] Ne conosceva e lamentava le inclinazioni modernistiche applicate anche alla pedagogia. Quando però venne l’ora del dramma, il barnabita, scrittore e studioso affermato, uscito dal suo ordine, ricorse a Don Orione per trovare un vescovo che l’accogliesse e gli permettesse di esercitare i propri talenti e l’apostolato sacerdotale.
Lo scambio di lettere tra Don Orione, Ghignoni e il Card. La Fontaine rivelano la profonda conoscenza e l’interessamento fraterno di Don Orione verso la situazione delicata del Padre.
“Per P. Ghignoni, come per qualunque altro – scrive Don Orione al Card. La Fontaine -, sono pronto a fare tutto ciò che liberamente e con carità di madre, la Santa Sede credesse che io poveraccio, potessi fare, pronto cioè a prenderlo e tenerlo vicino in Domino, con la grazia che spero da nostro Signore, avendolo come fratello carissimo. Come scrissi a Semeria mi pare che egli (Ghignoni) dovrebbe però pregare di più, alimentare di più la sua anima, la sua vita spirituale, che è la prima e più alta di quella che viviamo, e poi essere e restare di cuore e vivere, senza freddezza e diffidenza, da figlio umile e fedele della santa Chiesa nostra madre. (…) Forse fin qui da quello che potrei comprendere, il Ghignoni fu prima cultore di lettere e di arti e poi sacerdote, ed in ultimo religioso, ora con il Divin aiuto, dovrebbe essere sacerdote prima, e letterato e artista religioso poi, per dare luce di fede vera e di carità alle anime. Che, se la Santa Sede o chi per essa, come già si fece con qualcun altro, (don Brizio Casciola) credesse di affidarmelo il Ghignoni ad tempus, ed io me lo prendo come un dono di Dio: diversamente no. Dovrebbe per altro, il Ghignoni essere sempre barnabita, ed avere volontà di ritornare in grembo alla sua Congregazione quando la Santa Sede lo crederà opportuno, e fare quanto è da lui per affrettare il giorno, com’è dovere suo di religioso(…)”.[12]
La vicenda penosa di Padre Ghignoni ebbe lieto fine con la sua piena reintegrazione nell’apostolato e nel servizio della Chiesa.[13]
[1] Tratto da: Flavio Peloso, Una rete di rapporti in Don Orione negli anni del modernismo, p.105-107.
[2] I miei quattro Papi, cit., p.221.
[3] Cf. la voce di A. Bartocci in DBI, p.731-732; Mons. Andrea M. Erba: Un insigne barnabita. Padre Ghignoni, in “L’Osservatore Romano” del 23.11. 1974.
[4] La raccolta della rivista La Madonna è conservata in ADO.
[5] Fondo Pio X, cit., I, 33.
[6] È un signore che ha una bambina da far operare agli occhi.
[7] Semeria I, 13.
[8] Lettera del 1° febbraio 1917; Scritti 49, 93-104.
[9] Scritti 49,96s. Per assistere questo fratello p. Ghignoni otto anni prima era “uscito temporaneamente dall’Ordine barnabitico”; cf. Bedeschi, 358.
[10] Scritti 49, 105.
[11] Scritti 48, 169.
[12] Stralci da una lunga lettera del 1 febbraio 1917, in Scritti 49, 93-100
[13] ADO, Ghignoni.