Una testimonianza scritta di Don Ignazio Terzi su come era Don Orione durante i ritiri spirituali da lui organizzati per giovani laici. Ad uno di essi partecipò egli stesso.
RITIRI SPIRITUALI DI DON ORIONE CON I GIOVANI LAICI
Don Ignazio Terzi, IV successore di Don Orione, ha lasciato una nota scritta sui ritiri spirituali di Don Orione per giovani laici. Ad uno di essi partecipò egli stesso. Non era una iniziativa comune e frequente allora. Nella testimonianza di Don Terzi si può ricavare qualche indicazione di metodo e anche di contenuto validi anche oggi, soprattutto sull’atteggiamento da avere verso i giovani.
La predicazione di ritiri o esercizi spirituali a laici, in ispecie a giovani laici, può vedersi come un momento “forte” o privilegiato di un atteggiamento che Don Orione intenzionalmente teneva sempre con loro. Atteggiamento di amicizia, di comprensione, quanto mai profonda atta, ad ispirare la massima confidenza, di indulgenza nel senso ortodosso della parola e di indubbia competenza circa la psicologia, le ottiche, la stessa vita concreta dei giovani laici.
Paradigma prezioso in merito resta il ritiro minimo predicato da Don Orione a Villa Solari, presso il Boschetto in Genova nell’ottobre 1939. Erano presenti una decina circa di giovani di ceto studentesco, non esclusi professionisti laureati etc. Posso ricordare i nomi di quasi tutti i presenti: Ing. Guala, Prof. Castello, Sig. Giulietti, Zambarbieri, Terzi, Sacco, Chiarazzi, on. Malcovati (solo qualche ora) e almeno due altri di cui non ricordo il nome.
Don Orione inviò a tutti una lettera di invito piuttosto lunga, per metà battuta a macchina e identica per tutti e per metà scritta di suo pugno e naturalmente riguardante le singole persone invitate. Si rifaceva all’esempio evangelico di Gesù che amava spesso ritirarsi in solitudine a trattenersi in preghiera o colloquio con il Padre e, senza eccessiva insistenza o tanto meno imposizione, D. Orione invitava con delicatezza di modi, ad unirsi a lui bisognoso e intenzionato a fare un ritiro spirituale.
Accoglienza cortesissima per non dire gioviale di D. Orione stesso in persona, insieme con D. Sciaccaluga, all’atrio della stazione “Principe” [di Genova], accompagnamento di tutti in auto alla Villa e poi, dopo un giorno e mezzo, visita, sempre con Lui, a tutte le sue principali case di Genova, Paverano, Castagna, S. Caterina, etc.
Nella predica introduttiva della sera, invitò non già ad austerità o meno ancora a tristezza, quanto a gioia, serenità e spirito di famiglia, insistendo solo su un silenzio interiore e riflessivo, e permettendo invece qualche parola fra noi. Anzi alla fine mi fece un simpatico rimprovero per essere stato troppo rigorosamente silenzioso.
A tavola (rotonda o quasi) Don Orione, che era seduto al centro, leggeva la vita del Cottolengo, ma appena Castello faceva la mossa di prendere il libro per continuare lui la lettura, egli con un sorriso furbesco diceva “Ho capito, ne avete abbastanza”, e subito dispensava dal silenzio avviando ed animando lui stesso la conversazione. La prima sera ci presentò tutti gli uni agli altri con qualche breve cenno alla nostra vita e situazione.
Con tutto questo però Don Orione seppe abilmente trattare argomenti molto impressionanti, quali i Novissimi, pur mantenendo un tono sereno, ma suscitando palese effetto su tutti gli uditori che spontaneamente passarono a maggior silenzio. Seppe citare a proposito anche autori decisamente severi, probabilmente di idee che lui non condivideva, ma che riferì, usando termini che potevano scuotere chiunque.
Però soprattutto sviluppò i temi della immensa Misericordia di Dio, della Madonna SS. ma, nostra Madre, della Chiesa e del Papa, della carità come via alla Fede. Delicatamente poi volle invitare un confessore, Padre Bregante OSB per non favorire la scelta di lui stesso, il che però molti fecero. Fra i severi autori citati ricordo il Crisostomo e il Ven. padre Baldinucci.
La sua linea di predicazione, giudicando col senno di poi, poteva dirsi decisamente ignaziana e alfonsiana. Tematiche tolte dall’”Apparecchio alla morte” e metodologia fondamentalmente gesuitica, non senza naturalmente un’originalità, anche leggermente poetica, tutta sua e una indubbia conoscenza della psicologia del giovane laico, che però non indulgeva a frasi di moda o a battute che non sempre gli stessi laici apprezzano, come forse pensano alcuni sacerdoti.
Don Orione si presentava in genere ai giovani laici in atteggiamento umano, accogliente e soprattutto sinceramente umile. Non dobbiamo esagerare nel contrapporlo, almeno in questo, ma non solo in questo, a Don Sterpi. Gli era molto simile, quando lo si accostava. Anch’egli di presenza modesta, eccetto negli occhi e nel sorriso, dimesso, semplice nel parlare, non incuteva alcuna soggezione, anzi dava un senso di umiltà e nascondimento, che non facevano trapelare sulle prime la sua statura di leader e di fondatore “alla testa dei tempi”.
In altre parole Don Orione appariva al mondo laico ben diverso da quei sacerdoti pur santi, ma un po’ di “cartello”, non rari nel mondo milanese, quali un Don Giovanni Rossi, un Padre Genesio, Don Coiazzi e forse lo stesso Don Gnocchi, molto più visivi.
Delicatissimo, quasi un po’ complimentoso, Don Orione si introduceva sovente con temi buoni, ma umani e laici, dimostrando di solito se non profondità, per lo meno competenza e cognizione.
Ricordo nelle conversazioni che fece con me questi temi: la filosofia moderna e il positivismo, le settimane sociali dei Cattolici e il Conte Medolago Albani bergamasco, l’attività di Padre Semeria fra i Calvinisti in Svizzera, i mistici russi e la buona fede dei monaci ortodossi.
Non faceva subito la predica, né trattava i giovani con quel paternalismo allora comune nel Clero. Trattava da pari a pari, pur col suo fascino. Sapeva subito interrompere ogni sua preoccupazione e cruccio e nasconderli con un bel sorriso, appena un giovane si introduceva da lui, ma talora questa subitanea ed eroica “inversione” non sfuggiva all’occhio attento dell’interlocutore che sapeva adeguatamente apprezzarla.
Semplicità, serenità, umiltà caratterizzavano i suoi incontri e le sue stesse prediche. Ma quasi tutti confidavano, come fece un ambasciatore italiano in America, : “Con Lui avrei aperto facilmente tutta la mia anima più che con chiunque altro! “. Forse l’intuizione della Grazia così palese in Lui, forse il suo profondo senso della Misericordia di Dio che lo rendeva tanto comprensivo, forse e soprattutto la sua estrema purezza di intenzione nell’accostare i fratelli costituivano certo un’attrattiva specialissima, rara e indimenticabile.