La presenza di Don Orione e poi l'operosità intelligente delle Suore fanno parte della storia civile del Paese della Valle Curone. Cenni storici.
L’EPOPEA ORIONINA A SAN SEBASTIANO CURONE
L’amore di Don Orione per San Sebastiano Curone nacque sulla vetta del monte Giarolo
e crebbe con i bisogni della gente e la generosità delle Suore
Don Flavio Peloso
San Luigi Orione fu di casa a San Sebastiano Curone (AL) per almeno tre decenni. Accompagnò la fede e la crescita civile del paese con la predicazione e con le opere di carità delle sue Suore in favore di varie categorie di persone, bambini, anziani, poveri e malati.
La statua di Cristo Re sul monte Giarolo
I primi contatti di Don Orione con San Sebastiano furono a motivo di Antonio Rota e Grisostomo Ontano, entrambi sacerdoti e alunni del primo Collegetto da lui aperto nel 1893 nel rione di San Bernardino a Tortona.[1] Don Orione andò a piedi sul Giarolo subito dopo la sua ordinazione sacerdotale (13 aprile 1895), dormendo a mezza strada, in un fosso.[2] Capì in quell’occasione perché “noi di Tortona diciamo: Va’ al Giarolo”[3] per dire “vai lontano, togliti di mezzo”, perché il Giarolo era considerata una cima lontana e non facilmente raggiungibile.
Mai dimenticò la sua appassionata partecipazione all’evento popolare della posa e benedizione della statua di Cristo Re sul monte Giarolo, avvenuta l’11 agosto 1901, e la folla immensa e devota convenuta lassù l’11 agosto 1901.
In occasione del Giubileo del 1900 si ebbe la consacrazione del mondo a Cristo Re e Papa Leone XIII regalò ad ogni regione d’Italia una statua di Cristo Re perché fosse collocata sul monte più alto raggiungibile. Una statua fu messa anche “Sul Monte Giarolo, il bel monte che si leva sopra San Sebastiano Curone, con vetta che tocca i 1473 metri, dalla quale si scorge la più gran parte della diocesi derthonina, facilmente accessibile ai visitatori”.[4] Il monte prende nome dal paese Giarolo, a metri 831, sotto Caldirola, a 9 chilometri da San Sebastiano Curone.[5]
Mons. Igino Bandi stesso aveva desiderato la statua lassù, sui confini della diocesi, annunciandola come voto della sua gente per il nuovo secolo, sin dall'estate del 1896. La statua arrivò a Tortona e sostò “lungamente in Duomo”.[6] Il nuovo monumento venne da lui benedetto, insieme con il Vescovo di Vigevano Mons. Berruti, 1'11 agosto 1901, presente una folla di parecchie migliaia di persone convenute da tutta la diocesi e oltre.
Don Orione partecipò all’inaugurazione della colossale statua di Cristo Redentore sul monte Giarolo. Raccontò più volte quell’evento. “Dopo penoso e faticoso viaggio, raggiunsi la cima del Giarolo, il monte più alto dell’Appennino Ligure. Andai in treno da Tortona a San Sebastiano Curone.[7] Da San Sebastiano Curone poi, fino alla cima del monte, andai a piedi, portando 20 Kg. per la propaganda, poiché si doveva scoprire, inaugurare la statua del Divin Redentore. Ci furono tre Vescovi e anche molto Clero. Io giunsi là alla vigilia della festa, affaticato e sudato, con alcuni forestieri. Che impressione mai più provata! Lì giunto ebbi il conforto di celebrare e confessare non essendo ancora giunto il Vescovo con il Clero che vennero con i muli”.[8]
«Io sul monte Giarolo ci fui 32 anni fa – parlava nel 1933, Anno Santo della Redenzione - per l'inaugurazione della statua del Redentore, che si vede lassù. Ci salii con quasi 20 Kg. di propaganda sulle spalle. Fui il primo a confessare e, non essendoci i confessionali, piantai due pali per poter allargare a modo di grata un panno per poter confessare le donne. Celebrata la Santa Messa, verso le dieci, ancora digiuno, partii, a piedi, per Pozzol Groppo, dove dovevo predicare alle 4 dopo pranzo. Lungo la strada cadevo e poi, sentendo le campane, mi rialzavo, sperando di poter giungere in tempo. Giunsi tardi, che stavano al momento della benedizione: ebbi però ancora tempo per poter dire qualche parola a quella poca gente che c'era, poiché la gente aveva saputo che non c'ero andato».[9]
Dopo il 1901, il monte Giarolo divenne meta di pellegrinaggi nella prima domenica di agosto, e Don Orione fu presente più volte.[10] In una lettera del 4.9.1902, informa di “Fra Benedetto (Giovanni, il carabiniere), quello che fu vestito al Monte Giarolo”.[11]
Nel 1919: “Domani vado al monte Giarolo: la funzione è posdomani, ma mi fermo a Montacuto, domani sera che è a metà montagna”.[12] Per l’occasione, fece la vestizione anche di un altro eremita. “A fra Basilio, Eremita, che vestii sulla strada della Val Staffora, scrissi allora che si trovasse sulla strada; di ritorno dal Giarolo da lontano vidi un uomo che attendeva con una specie di veste da frate. Ci siamo fermati sopra un mucchio di ghiaia e, non avendo cordone, discesi dalla strada e presi da un gelso un ramoscello, ne feci una ritorta, che servì da cordone”.[13]
Arrivano le suore di Don Orione
Agli inizi del ‘900, la popolazione della Val Curone e, in particolare di San Sebastiano, viveva nelle condizioni tipiche dell’Italia di quel tempo, caratterizzate dalla povertà, con vita di stenti e famiglie numerose, e da crescente inquietudine sociale.[14] Tutto ciò si acuì durante e dopo la prima guerra mondiale e, se ne facevano voce e interpreti, i partiti. Socialisti, liberali e popolari si confrontavano e si scontravano del delineare possibili soluzioni. Tuttavia un fondo comune di fede e di vita religiosa univa ancora le varie tendenze.[15]
La diocesi di Tortona, al tempo del vescovo Igino Bandi (1890-1914), vive un periodo fervido di iniziative sociali a favore del popolo. In molte parrocchie nascono Società di mutuo soccorso tra operai, casse rurali, asili e scuole rurali, circoli cattolici, unioni agricole, cooperative, unioni delle madri cristiane e altre.[16] Don Orione riferisce che “Si istituì l’Unione popolare a San Sebastiano Curone, a Casatisma, a Brignano”. Tutto ciò si inseriva nel movimento sociale cattolico promosso e coordinato dall’Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici.[17] Don Orione ne fu uno dei più convinti protagonisti.[18] Al suo Vescovo manifestò gli intenti suoi e dei collaboratori: “Cercheremo di assistere materialmente e moralmente i poveri, dando alla carità il suo alto e illuminato compito sociale e cristiano”.[19]
In questo contesto si colloca la presenza di Don Orione e delle sue Piccole Suore Missionarie della Carità a San Sebastiano Curone.
A San Sebastiano Curone, si trovava come reggente Don Arturo Perduca, sacerdote zelante e sensibile, il quale aveva a cuore di sollevare la situazione del paese e pensò di farvi venire una comunità di suore che si occupasse della gioventù, dei bambini, degli ammalati e dei poveri. Era compagno di seminario e amico di Don Luigi Orione. Appena saputo che questi aveva da poco avviato una congregazione di suore, interessò anche il sindaco e, nel 1917, a Don Orione arrivò la richiesta di avere delle suore che curassero l’Asilo del paese. “San Sebastiano Curone domanda di avere nostre Suore per l’apertura dell’Asilo. Il Municipio aiuterebbe per dare all’istituzione una forma stabile”.[20]
Don Orione riconobbe “il lavoro intelligente di don Perduca. Hanno chiesto tre Suore. Andarono giù a vedere quelle di Don Bosco, ma non si accordarono. Avrei dunque in mente di mandare tre di quelle mie straccione, che ho là a S. Bernardino”.[21] Quelle che Don Orione chiamava familiarmente “le mie straccione” erano allora solo un piccolo nucleo di giovani fervorose e capaci di molto sacrificio.
Inizia l'Asilo
Il 26 settembre 1917 scrisse a Don Perduca: “Sono lieto che abbiate conferito con il sindaco per l’erigendo asilo. Credo sia un’istituzione che farà del vero bene e onore a San Sebastiano. Il personale è pronto e può venire per la Madonna del Rosario: sono tre ottime suore: la Direttrice è un vero valore, e una madre pei bambini. Io accetto di venire pel Rosario, e farò un discorso al popolo, se lo crederete, sull’educazione cristiana e civile dei figli. Sarà in armonia con l’apertura dell’asilo. Prima che vengano le suore, manderei, se lo credete, la sig.ra marchesa Valdettaro, che è la loro Superiora, oppure la sostituta... Quanto allo scegliere più una Casa che l’altra, noi ci rimettiamo alla saggezza del sindaco e vostra: fate voi due. Certo se fosse possibile avere un locale bel adatto, sarebbe meglio; così qualunque visita di ispettore venga, si è in regola, e i bambini, se l’ambiente è sano e ampio e hanno sfogo per divertirsi, stanno volentieri e in buona salute. Si potrebbe col tempo aprire anche una scuola di cucito, ma non quest’anno”.[22]
Assicura anche don Lovazzano che “L’asilo è ben visto dalla popolazione e anche dal Municipio, e, col tempo potrà unirvisi una scuola di cucito, e ciò mi pare sarà un grande bene per la gioventù”.[23]
L’apertura a San Sebastiano fece decidere il giovane fondatore a dare l’abito di suore alle prime tre giovani. Era il 4 ottobre 1917 ed ebbero per nome Maria Fede, Maria Speranza e Maria Carità.[24] Il 13 ottobre 1917, suor M. Fede, suor M. Carità e la giovanissima Caterina Baiardi di 15 anni (poi suor M. Rosaria) raggiunsero San Sebastiano per dimorare nella casa per loro affittata lungo il Torrente Museglia, sul Viale Anselmi, prima di arrivare al ponte. Il 15 ottobre seguente, già iniziarono l’attività dell’Asilo. La casa risultò insufficiente per i 30 bambini che la frequentavano. Lungo l’anno si aggiunsero alla comunità Angelina Iona, non vedente, maestra di canto e suor M. Vittoria. L’avvio fu faticoso ma confortante. Le suore si presero cura della formazione e istruzione catechistica delle ragazze più grandi.
Era il tempo in cui imperversava la terribile influenza “spagnola” con tante morti. Le suore chiesero a Don Orione il permesso di curare gli ammalati a domicilio. Don Orione rispose loro: “Fate pure le infermiere: sono più che contento: fate anche le spazzine della strada, basta fare opere di carità e amare voi il Signore e farlo amare dagli altri. Vi benedico, e servite nostro Signore nei malati. Oh come sarò mai contento se saprò che avete fatto tanto bene, con spirito di umiltà e di abnegazione e di sacrificio, facendovi come le serve delle malate e come figlie delle malate più vecchie di voi”.[25]
I bisogni erano tanti e le iniziative si moltiplicarono. Il 29 ottobre 1918 iniziò regolarmente il Ricreatorio femminile sotto il titolo di “Santa Cecilia”.
Nuove attività nella "Casa del Principe"
Siccome la casetta del Ponte risultava del tutto insufficiente, l’8 febbraio 1919 Don Orione acquistò da Elena Calligaris l’antica dimora dei Doria, detta la “Casa del Principe” sulla via Malacalza. Don Orione informò: “La Casa di S. Sebastiano C. l’ho fatta intestare a don Perduca, e ieri ne benedissi la cappella e vi celebrai la Messa”[26] “La Casa fu consacrata Madonna delle Grazie”.[27]
Le suore ne presero possesso il 16 agosto 1919. Siccome però la casa era molto signorile, Don Orione volle che le Suore vi entrassero in umiltà. Scrisse a Don Perduca: “Quando codeste straccione andranno nella nuova casa, desidero che ci vadano, dopo tre giorni di digiuno a pane e acqua, e io pure digiunerò a pane e acqua per quattro giorni; e poi desidero che ci vadano scalze, cantando il Miserere… e che si prendano il posto più angusto e più umile, per lasciare ai bambini, alle fanciulle e ai poveri la parte più bella, più arieggiata, più comoda. E se ci sono poveri in paese, quel giorno li aiutino e diano loro un buon pranzetto, e si mettano in gran divisa, con su le scarpe, a servire Gesù Cristo nei poveri, che devono sempre essere, i nostri più cari fratelli. E questo facciamo in spirito di amore di Gesù Signore nostro, e di umiliazione di sé, ed anche per ottenermi da Dio misericordia per i miei peccati e ottenere dal Signore benedizioni sul paese di San Sebastiano”.[28]
Sul luogo delle antiche prigioni fu allestita la Cappella e la non vedente Angelina Iona, il 6 novembre 1919, ricevette l’abito e il nome di suor M. Sebastiana.[29]
La presenza delle suore fece sognare nuovi sviluppi e moltiplicare le iniziative a favore del popolo, favorite dalla generosità di benefattori grandi e piccoli. La casa “Madonna delle Grazie” fu adibita a ricovero e ad infermeria; ospitava anche le attività giovanili, con il Teatrino, la Sala di musica, Ricreatorio, Biblioteca, Laboratorio femminile.
Con l’arrivo di due probande (Tersigni Assunta, poi Maria Pazienza, e Teresa Poglietti), l’8 novembre 1919 si diede avvio al Laboratorio di cucito e ricamo con una trentina di iscritte.[30] Don Orione guardava sempre avanti: “Prepariamo altro personale, così le suore potranno insegnare anche a fare le maglie a macchina, le calze, e sarà un vero laboratorio di lavori femminili che potrà rendere per San Sebastiano”.[31]
A gonfie vele
Ma la Divina Provvidenza faceva aprire nuove porte. Il 16 novembre 1919, giunse a chiedere l’ospitalità il vecchio Giacomo Casaccia. Consegnò alla suora il suo bastone dicendole: “Adesso voglio rimanere qui con loro: loro sono buone, io sarò buono; ma non mi mandino via”. Il vecchio Giacomo e la Dolinda, una povera inferma paralitica in casa dall’8 febbraio 1919, furono il germe di un Ricovero.[32] Don Orione si mise in moto e, il 19 febbraio 1920, annuncia: “Spero che potremo acquistare la Casa per i vecchi”.[33] Il progetto si concretizzò rapidamente e, venti giorni dopo, il Fondatore scrive alle Suore: “Per la festa di S. Giuseppe consacrerò al Santo codesta Casa, che la Divina Provvidenza ci ha mandato, e dove trasferirete già, per la vigilia della festa, qualche vecchio o vecchierella. Andrete a piedi scalzi, recitando le litanie della Madonna, il Te Deum, tre Pater Ave e Gloria e tre Requiem per tutti i poveri morti, specialmente per quelli di S. Sebastiano. E state allegre in Domino.”.[34] In questa stessa casa, nel novembre successivo, fu allestita una stanza per infermeria e un’altra sala chirurgica nella quale il dott. Nassano di Voghera faceva alcuni interventi chirurgici.
L’intesa tra Don Orione, Suore, Parroco e Autorità del Comune di San Sebastiano Curone fecero crescere le opere a favore della popolazione.
“Gradirei conoscere se il Comune è disposto a fare sì che l’Asilo San Sebastiano sia riconosciuto quale Asilo comunale”.[35]
Si giunse anche all’apertura di un Educandato femminile. Don Orione scrisse suor Maria Vittoria, il 21 gennaio 1921: “L’accettazione delle due orfanelle significherebbe iniziare l’Orfanotrofio femminile, non è quindi cosa cui possa rispondere con facilità. C’è il posto? Cosa pagherebbero mensilmente? Occorrerebbe altro personale?”.[36] L’iniziativa prese consistenza e il Fondatore manifestò il suo compiacimento: “Sono lieto che Ella abbia trovato che la casa della maestra Nava si presti. Nel resto, la Madonna SS. ci aiuterà. E così a San Sebastiano comincerete a fare, in piccolo, l’esperimento di un Educandato”.[37]
Le opere a San Sebastiano Curone, pur tra mille difficoltà, andavano a gonfie vele: le vele della Carità, Provvidenza e Beneficenza.
In una “Nota dattiloscritta” leggiamo il quadro complessivo di quello che il Fondatore chiamò “Il Piccolo Cottolengo di San Sebastiano Curone”.
“Dalla prima paralitica accettata l’otto febbraio 1919 ad oggi il numero dei cari poverelli ha raggiunto un numero consolantissimo di ricoverati, distribuiti in parecchie Case:
1. - Casa Madonna delle Grazie con ospedaletto, sala di operazione, opera assistenziale maternità e infanzia;
2. - Casa San Giuseppe: ricovero per vecchie paralitiche e per deficienti;
3. - Casa del Principe Doria: asilo, ricreatorio, scuola di cucito, doposcuola;
4. - Casa Franceschelli: ricovero per vecchi, uomini invalidi al lavoro, paralitici, deficienti, con Azienda Agricola”.[38]
È da avere presente che tutti questi sviluppi si ebbero in quattro soli anni, dal 1917 al 1921. E non terminarono. Il 7 ottobre 1921, la Confraternita dell’Assunta affidò alle Suore l’oratorio detto dei “Bianchi”, nel quale stava una bella Via Crucis e la statua della Madonna della Guardia. Proprio qui, Don Orione, nel 1927, diede inizio al ramo delle Suore della Madonna della Guardia, con suor M. Pasqua, suor M. Emilia e suor M. Gabriella.[39] “Ho pensato in Domino, di cominciare la famiglia religiosa della Madonna della Guardia nella Casa di San Sebastiano Curone, dove c'è appunto la Madonna della Guardia, nella chiesetta della Casa… Così la Casa di San Sebastiano, poco per volta, sarà poi tutta per quelle della Guardia”.[40]
Il 21 ottobre 1922 è stipulato l’atto per la compera della casetta sotto la collina, quasi attigua al “San Giuseppe”, per fabbricarvi un Ricovero più decente. Anni dopo, però, anche questa casa risulta insufficiente. Il 15 febbraio 1930 viene inviata come responsabile suor Maria Francesca Cecchetti.
Un giorno, Don Orione andò a visitare la casa e, alla superiora suor Maria Francesca Cecchetti, disse: “Mi sento stringere il cuore in vedere poveri vecchietti così ristretti”. E, così dicendo, diede alla Superiora un biglietto da mille perché cominciasse a comperare la casa di Costa Eugenio, per mettervi le vecchiette. In tal modo furono separate dagli uomini, con più comodità per entrambi. Il 24 giugno 1932 le anziane entravano nella nuova sede.
Don Orione stava per partire per l’America Latina (1934-1937) quando, nel settembre del 1934, ricevette il lascito di Maria Bertolazzi, vedova Franceschelli, che comprendeva la Villa con giardino, vicino all’Oratorio dei Rossi (chiesa della SS. Trinità), e la cascina nei campi.[41] La Villa divenne la “Casa di riposo per vecchi” benedetta da Mons. Melchiori, l’8 maggio 1935.[42] Da segnalare che negli anni 1938-1945 le Suore allestirono un Asilo nido per i figli delle mondariso della Val Curone durante il periodo della monda.
Durante la guerra
Nel tempo della guerra (1940-1945), il Diario della casa tace per prudenza molti fatti di rilievo. Certo è che in questo periodo si aggiunse un’altra opera di carità: salvare le vite in pericolo nel turbinìo della guerra e degli scontri armati. Si hanno notizie di questo tempo dal Diario di Don Domenico Sparpaglione che risiedette a San Sebastiano nel 1944-1945.[43]
“Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, furono mesi veramente duri per San Sebastiano Curone, come per tanti altri paesi - Racconta Don Sparpaglione -. Di notte ronzava quel maledetto Pippo, un caccia che non dava tregua a nessun centro abitato, a nessuna frazione, a nessun casolare dove comparisse una luce accesa”.
Da parte di fascisti e tedeschi ci furono razzie, rastrellamenti a caccia di persone sospette. “Il 28 giugno 1944 fecero irruzione a San Sebastiano i ribelli di Val Borbera con agire violento; alcuni di essi bruciano il tricolore e vi sostituiscono un drappo rosso”.
Il 1944 fu un anno terribile. “Il 16 agosto di quell’anno, si diedero convegno a San Sebastiano i partigiani della Val Borbera e della Val Curone. Dopo il pranzo d’improvviso si fa un silenzio di morte, rotto solo da spari di fucileria e da deflagrazioni di bombe. Viene annunciato e confermato che quattro tedeschi sono stati uccisi lungo il viale d’ingresso al paese. Il terrore della rappresaglia s’impossessa di tutti. A frotte uomini, donne e ragazzi partivano dal paese verso i monti. Fu una notte di ansietà per tutti, ma la rappresaglia sul paese non ci fu”.
Scontri armati e bombardamenti si susseguirono sempre più violenti con morti e feriti. Soldati tedeschi e partigiani si alternavano per le strade del paese.
Come era in contrasto la serenità paziente degli ospiti delle case orionine da quel mondo dove gli uni sono contro gli altri armati, dimentichi di morale, di coscienza, di ragione e di buon senso. Don Sparpaglione ricorda che “un anziano ebreo intelligentissimo, rimase nascosto nella sua stanza la bellezza di circa due anni, senza che nessuno ne sapesse l’esistenza. Si chiamava Arturo Sacerdote”. Più volte furono requisite le stanze degli ospizi dei vecchi per improvvisare un ricovero notturno ai militanti o per ospitarvi feriti.
Ma finalmente la bufera finì e tornò a regnare la ragionevolezza e la volontà di ricostruzione.
Fino ad oggi
Nel dopoguerra, per iniziativa del canonico Perduca e di Madre Maria Francesca, fu costituito nella Villa Franceschelli, il piccolo Aspirantato della Madonna delle Grazie affidato a suor Maria Fiorina Mariani. Fino alla fine degli anni sessanta accolse ragazze con inclinazione alla vocazione religiosa.
Con il 30 giugno 1978, cessò l’attività l’Asilo infantile e fu abbandonata la storica Casa del Principe. La presenza delle Suore si è sempre più concentrata nell’accoglienza e cura delle persone anziane. Con opportuni interventi, la Villa Franceschelli di Via Cavour 1 fu ampliata e trasformata in accogliente Casa di Riposo, inaugurata il 21 settembre 1969, cui seguì un ulteriore ammodernamento nel 1998.
A San Sebastiano, operarono tante buone e benemerite Piccole Suore Missionarie della Carità[44] e prestarono servizio anche vari sacerdoti orionini.[45] Sono ricordati anche i chierici che dal Teologico di Tortona andavano a lavorare nella Colonia Agricola ricavandovi preziosi frutti per il sostentamento delle case.
La ricostruzione della storia dell’amore di Don Orione per la gente di San Sebastiano Curone ci fa vedere come il motivo spirituale – l’amore al Gesù Cristo Re, venerato sul monte Giarolo – ha mosso Don Orione alla solidarietà verso il popolo della Valle Curone molto provato dalla povertà e dalla guerra, bisognoso di aiuto spirituale e materiale per risollevarsi.
Risulta poi evidente che Don Orione, uomo di Dio con la “dinamite della carità”, operò tanto efficacemente perché non era solo, era anima di un corpo, di una congregazione, formata da preti e suore. Furono soprattutto le suore le protagoniste umili e creative delle varie case e delle attività educative, assistenziali e pastorali in favore del paese e della valle.
Infine, la narrazione degli sviluppi conferma che fu la Divina Provvidenza che venne a colmare lo scarto, molto grande soprattutto agli inizi, tra generosi progetti di bene e povere risorse umane. Si sperimentò che, come diceva Don Orione, “la Divina Provvidenza si serve del cuore dei buoni e della borsa dei benefattori”. Fu sorprendente la generosità attorno alle opere orionine di San Sebastiano Curone.
La storia di bene che legò strettamente Don Orione, le Piccole suore Missionarie della Carità e San Sebastiano Curone fu possibile perché la Fede, professata ai piedi del monumento di Cristo Re sul Giarolo, operò con la Carità di tutti i protagonisti umani delle vicende. È questa la principale lezione civile e religiosa data dall’epopea orionina della carità a San Sebastiano Curone, valida anche per il futuro.
[1] Parola XI, 261.
[2] Nota del 18 aprile 1938; ADO, Cart. Rota 5. I; DOPO II, 183.
[3] Alle PSMC, 12 settembre 1919.
[4] DOPO II, 460.
[5] DOPO II, 632.
[6] Scritti 70, 323.
[7] In realtà, la ferrovia arrivava da Tortona fino a Monleale e fu in funzione dal 1889 al 1934.
[8] Discorso a Villa Moffa del 5 ottobre 1930; Parola IV, 257.
[9] Discorso del 20 agosto 1933; Parola Vb, 76.
[10] Parola 20 agosto 1933; Scritti 13.189.
[11] Scritti 114, 257.
[12] Lettera del 7 giugno 1919; Scritti 13, 189.
[13] Parola VI, 141.
[14] In Italia, circa il 40% della popolazione italiana era sotto la soglia della povertà. Tra il 1861 e il 1940 il numero complessivo degli espatri fu di 20 milioni circa, un dato alto dal momento che nel 1901 la penisola italiana contava 33 milioni di abitanti. L'emigrazione dal Piemonte, tra il 1876 e il 1927, fu di quasi due milioni di persone, soprattutto dalle campagne e dalle basse valli, con le province di Cuneo e Alessandria in testa. Donato Bosca, La Merica che non c’era, L’utopia della terra promessa nelle storie degli emigranti piemontesi in Argentina, Priuli & Verlucca, Ivrea, 2002. L’emigrazione nella storia d’Italia 1868/1975 storia e documenti, Vol. I, Vallecchi, Firenze, 1-13, 164-181, 446-493.
[15] Si veda il Numero unico pubblicato dalla Parrocchia di San Sebastiano Curone, in occasione della beatificazione di Don Luigi Orione (26 ottobre 1980), Scuola Tipografica “San Giuseppe”, Tortona, p.11ss.
[16] Cfr Flavio Peloso, L’ambiente di Tortona nella formazione giovanile di Luigi Orione, “Iulia Dertona”, Percorsi tortonesi tra fine ‘800 e primo ‘900, 2001, p. 7-26.
[17] Cfr la voce Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia, “Dizionario storico del Movimento Cattolico in Italia”, vol. 1/2, pp.336-347.
[18] Cfr Flavio Peloso, Il Proclama alle mondine e la carità sociale di Don Orione, “Iulia Dertona”, 2022, fasc. 122, 87-101.
[19] A Mons. Bandi, minuta del 1917; Scritti 45, 118.
[20] Lettera del 14 agosto 1917; Riunioni 2, 137.
[21] Scritti 68, 32.
[22] Scritti 31, 10.
[23] Lettera del 27 settembre 1917; Scritti 43, 163.
[24] Don Orione alle Piccole Suore Missionarie della Carità, p. 77 ss.
[25] Lettera del 30 dicembre 1918; Scritti 31,24 e 101, 209.
[26] Lettera del 7 novembre 1919 a don Adaglio; Scritti 4, 172.
[27] Scritti 39, 73.
[28] Lettera a don Perduca dell’8 luglio 1919; Scritti 312, 32 e 67, 178.
[29] Nel 1927, sarà la prima superiora delle Suore Sacramentine non vedenti con il nome Suor Maria Tarcisia dell’Incarnazione. Si veda Andrea Gemma, Luce nelle tenebre. Suor Maria Tarcisia dell’Incarnazione, Ed. Piccole Suore Missionarie della Carità, Roma, 1972; Elvira Rocca, Madre Maria Tarcisia dell’Incarnazione, Sacramentina non vedente, Ed. Don Orione, Tortona, 1979.
[30] Il giorno precedente aveva dato disposizioni a Don Perduca. “«Scuola di taglio, di ago cucito e di ricamo». a) Domani, sabato, mandate a prendere una Macchina a cucire. b) Domani verrà su Suor Assunta Tersigni e un’altra molto molto abile nel cucito e nel ricamo in seta e in oro, e abile anche per Asilo. c) Voi domenica (9 corr.) dovete subito avvertire in Chiesa (a Messa), quando ci siano anche gente di paesi vicini, e fare avvertire all’altra Messa che «si è aperta in S. Sebastiano per le giovani della borgata e per le giovani anche dei paesi vicini, la scuola, ecc. Bisogna fare subito subito subito!”; Scritti 31, 43.
[31] Lettera a Don Perduca; Scritti 59, 105.
[32] Cfr Cenni di cronaca ricavati dal Diario di suor Maria Vittoria, “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, ottobre 1967, 35ss.
[33] Scritti 39, 43; Scritti 39, 45
[34] Lettera del 10 marzo 1920; Scritti 39, 77.
[35] Lettera del 20 novembre 1922; Scritti 31, 64.
[36] Lettera alla Superiora del 21 gennaio 1921; Scritti 101, 139.
[37] Scritti 98, 109; cf Scritti 94, 321.
[38] La nota è inserita in Scritti 114, 287.
[39] In quell’anno, Don Orione costituì a Tortona anche il ramo delle Sacramentine Adoratrici non vedenti.
[40] Lettera a Don Montagna del 22 marzo 197; Scritti 21, 140.
[41] Factotum della cascina fu il signor Antonini.
[42] Domenico Sparpaglione ha lasciato una circostanziata memoria delle opere e dell’ambiente umano nel suo articolo Tre ore a San Sebastiano, “La Piccola Opera della Divina Provvidenza”, novembre 1934, 4-9.
[43] Domenico Sparpaglione, La miniera dei ricordi, ADO, soprattutto il Quaderno VI, capitolo 12.
[44] Oltre alle già ricordate suor M. Vittoria Risso e suor M. Francesca Cecchetti furono presenti nella Casa “Madonna delle Grazie” suor M. Voluntas Dei Crespan, suor M. Chiara Nicoletto, suor M. Monica Rebora, suor Ave Maria Fortugno e suor M. Charitas Zanni; superiore della Casa di Riposo “San Giuseppe” furono suor M. Emidia Motta, suor M. Salvatorina Deidda, suor M. Rosina Guercio, suor M. Elvidia de Murtas, suor Maria Franca Colombo, suor M. Luigina Tononi, suor M. Ortensia Turati, suor M. Weronika Prokopiuk, suor Bernarda Cieślik, fino all’attuale suor Maria Grazia Scaramuzza. .
[45] Sono ricordati don Merlo, don Scordo, don Scarsoglio, don Mussa, il polacco don Alessandro Chiłowicz, don Comba, don Vanin, don Ceccato, don Sparpaglione e tanti altri fino ai nostri giorni.