Sotto quale egemonia viviamo? Ce ne sono di buone e di cattive. La peggiore è l'egemonia dell'io.
QUALE EGEMONIA?
“Libertà è il potere di scegliere le proprie catene” (Rousseau)
Flavio Peloso
Al vertice dei valori della cultura individualistica oggi dominante è senza dubbio la libertà. È al vertice anche della cultura cristiana. La libertà, però, deve fare i conti con le varie egemonie che la condizionano, salvandola o affossandola.
Libertà ed egemonia
L'egemonia (ἡγεμονία in greco) indica il primato, la preminenza o supremazia di una persona (o gruppo) su altra o altre persone. Il termine egemonia è oggi piuttosto antipatico, perché sa di prevaricazione, di dittatura.
Infatti, può esserci un’egemonia imposta, a volte con coercizione, e subìta. Può avvenire nelle relazioni personali, tra amici, nel lavoro, tra marito e moglie. Nelle relazioni sociali possono essere imposte egemonie politiche, culturali, economiche. Papa Francesco parla dell’egemonia del pensiero unico, dell’egemonia tecnocratica, della dittatura dell’idolo del denaro.
Però, può esserci un’egemonia riconosciuta e accettata liberamente, volontariamente, come una chance di crescita, una condizione di sviluppo, di libertà. Per esempio, scelgo per i figli una scuola piuttosto che in un’altra; vado a vivere in una città o nazione che dia migliori condizioni di vita. In questi casi, la scelta è basata su criteri di credibilità e di affidabilità per il bene della persona.
Egemonia chance o prevaricazione?
Il termine "egemonia" deriva dal verbo greco ἡγέομαι e significa sostanzialmente "condurre, portare avanti". L’egumeno (ἡγούμενος) è la persona che esercita l’egemonia, cioè il primato, la guida. Può essere buono e può essere cattivo. Oggi è di moda (illusoria) prendere il proprio io come unica guida, però “Qui coepit se ductorem, coepit seductorem”.
Nell’oriente cristiano, l’egumeno è l’abate del monastero, il superiore della comunità religiosa. In Ucraina, ascoltai con sorpresa il mio nome nel canone della liturgia cattolica di rito bizantino con l’epiteto di protoegumeno in quanto guida di molte comunità.
Nel Vangelo, Gesù si presenta come il “buon pastore” (buon egumeno) che invita ad entrare nel suo gregge, tra i suoi discepoli, nella sua egemonia, come scelta felice e salvifica; è affidabile perché egli “conosce le sue pecore”, “sa condurre a ricchi pascoli”, “ha parole di vita eterna” e, soprattutto, “dà la vita per le sue pecore”. Anche la Chiesa, che di Cristo è Corpo storico, è una “compagnia affidabile” (pur semper reformanda), secondo l’espressione di Papa Benedetto XVI; è “Mater et magistra” (Giovanni XXIII).
Il nostro Don Orione fu un buon egumeno; la sua egemonia era basata sul carisma ricevuto dal Signore e incarnato nella sua vita, riconosciuto come evangelico dalla Chiesa.
A quale egemonia ci affidiamo?
Fatte queste premesse, cari lettori, chiediamoci: sto vivendo effettivamente nell’egemonia di Gesù, con Don Orione? A determinare la mia libertà sono altre egemonie? “Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro” (Mt 6, 24). Quella di Gesù è una egemonia di salvezza: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime” (Mt 11, 29-30). “Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12).
Volendo comprare in internet delle magliette, ne ho trovato una con questa frase (foto accanto) “Libertà è poter scegliere le proprie catene”. Questa frase di Rousseau fu importante nella mia giovinezza quando scelsi il giogo di Dio con i Voti. Mi risuonavano molto anche le parole di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6, 68).
A quale egemonia ci affidiamo? Ricordiamo cosa disse Giosuè al suo popolo in un momento cruciale della storia di Israele: “Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dei vostri padri oltre il fiume oppure gli dei degli Amorrei… Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore. Allora il popolo rispose e disse: «Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dei! Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù… Perciò anche noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio” (Giosuè 24, 14-17).
Cristiani conformisti, light o mistici?
Nel mondo attuale sono ormai scomparsi i cristiani per conformismo. Ora stanno scomparendo i cristiani light (leggeri) o like (mi piace), cioè quelli che si dicono “cristiani ma non praticanti”, un’illusione che non dura.
“Il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà”, affermava già 50 anni fa il teologo Karl Rahner, perché in un mondo di confusione e non di realismo, di opinioni e non di verità, in questa “notte nera dove tutte le vacche sono nere, tutto è indistinto” (Hegel), chi non vive l’esperienza e la frequentazione di Dio (mistico), non resiste, viene spazzato via.
Dobbiamo essere cristiani mistici, cioè in relazione con Dio.
Gesù esercita ancora oggi la sua pastoralità, la sua egemonia salvifica su di noi con la Grazia diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo e mediante la sua Parola?
La Grazia viene data con i Sacramenti e si tratta di assecondarla, di “vivere nello Spirito”, di non soffocarla. La Parola di Dio bisogna mangiarla, assimilarla, viverla.
Nell’egemonia della Parola di Dio
Quel grande maestro di vita spirituale che fu Giuseppe Dossetti diceva che per il cristiano e per la Chiesa «Il problema è nella proporzione che deve far salva una certa ege-monia reale, quantitativa e qualitativa, nel rapporto con la Scrittura».
La Parola di Dio, soprattutto nella liturgia, ha un valore sacramentale che con-forma a Cristo (cfr Francesco, Aperuit illis 2). Insomma, affermava ancora Dossetti: “O c’è una reale egemonia della Parola di Dio nella vita del cristiano e della Chiesa (un’egemonia quantitativa, qualitativa e di proporzione) o la vita della Chiesa s’infiacchisce e perde il senso dell’orientamento e la parresìa dell’annuncio”.
Al riguardo, non posso non ricordare il nostro Don Orione quando, a Montebello nel 1934, si presentò alla riunione dei confratelli, che reclamavano per avere una vera Regola, portando un pacco di vangeli, li mise loro davanti esclamando: "Questa è la nostra regola!". A tale gesto simbolico, aggiunse: "Nostra prima Regola e vita sia, o miei cari fratelli e figli in Gesù Cristo, di osservare in umiltà grande e amore dolcissimo e affocato di Dio, il Santo Vangelo, seguendo i consigli della perfezione datici dal Signore" (Lettere II, 278).
Se noi guardiamo tanto a Don Orione è perché lui è stato un grande “esperto” del Vangelo. Lui e altri santi, canonizzati o della porta accanto, hanno fatto esegesi vitale del Vangelo. La didattica di Don Orione è semplice, comprensibile a tutti: è la didattica dell’esempio, dei fatti umili, dell’evidenza spirituale. Don Orione mostra il Vangelo accessibile, amabile, vivibile.
Prendiamo Don Orione come egumeno e stiamo nell’egemonia del Vangelo, l’unica che salva.