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Messaggi Don Orione
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Nella foto: Tortona, Casa Madre, 13 maggio 1939. Probandi di Voghera e di Tortona, chierici, sacerdoti e amici con Don Orione e Don Sterpi.

Era il 13 maggio 1929. Ci fu grande festa al Paterno, vennero anche i Probandi dalla nuova casa di Voghera. Don Orione guidò tutti a vedere alcuni luoghi significativi delle origini della Congregazione. Una foto ricorda l'evento.

Il 13 maggio 1929 fu una giornata di grande consolazione di padre per Don Orione. Venne da Voghera una grande numero di piccoli Probandi, da quel convento ove egli entrò ragazzo per farsi frate e che, dall’anno precedente, era stato acquistato e divenuto seminario per i tanti aspiranti che stavano affluendo dopo la questua delle vocazioni. Convennero anche i probandi di Tortona, i chierici, confratelli e anche amici laici. Fu una festa di famiglia.
In quella giornata, Don Orione si sciolse di commozione e di affetto, stette insieme a loro e condusse tutti in quello che fu il primo “itinerario carismatico” ante litteram.
La visita iniziò in Cappella, ove celebrò la Messa e qui parlò loro.

 

Vi manifesto tutta la mia gioia nel vedervi, nel vedere la vostra improvvisata. Non potevano pensare una cosa migliore per il mio cuore il vostro Direttore e i vostri Superiori. Sinceramente vi ringrazio, dal profondo dell’anima, di questa consolazione che mi date.
Questa giornata rimarrà indimenticabile per me e per la Casa. È la prima volta che compite un fatto simile, da quando come tralci cresciuti sulla comune vite, siete stati trapiantati a Voghera.

Tutto cambia, tutto passa. Vedete l’anno scorso, non si pensava nemmeno a Voghera. Tutti voi coi vostri compagni eravamo insieme qui, in questa Casa. Ora voi siete passati altrove. I vostri posti sono stati occupati da altri che fanno quello che facevate voi e Voi troverete qui anche dei volti nuovi. Sono vocazioni che la mano della Provvidenza ha mandato qui si può dire da tutte le regioni d’Italia. Anche questi un giorno passeranno per dare il posto ad altri. Anche parte dei Superiori è cambiata. Tutto cambia, tutto passa, vedete.
Una sola cosa non muta qui dentro e non muterà, perché è questa una volontà che spero sarà rispettata e tenuta sacra anche per l’avvenire: l’immagine della nostra cara Madonna della Divina Provvidenza. Voi la vedete la nostra cara Madonna. Questa vecchia statua regalataci dall’Avvocato di Novi e che noi siamo andati a prelevare da una soffitta, è la prima Madre della Divina Provvidenza. È rimasta sempre così.

Era una Addolorata. Ma i nostri giovani, ancora nei primi tempi, ai quali faceva male vedere la Vergine, la nostra buona Madre trafitta, risolsero di toglierle la spada; la bruciarono e al posto appesero un cuore d’argento, quello che ora vedete.

Da allora in poi non ho consentito che si portasse alcuna modificazione. Una volta, vedete, un Sacerdote si offerse a farla dorare. Voleva ringraziare la Madonna, la Madonna della Divina Provvidenza, di una grazia, di essersi, cioè ravveduto e tornato al fervore dei primi anni del ministero. Quel Sacerdote mi disse: Voglio, Don Orione, darle un segno della mia riconoscenza alla Madre di Dio, alla Sua Madonna. Farò venire da Milano un doratore apposta, o porteremo la statua a Milano, e la faremo dorare. La farò ricoprire tutta di fogli di puro oro.
Io ho avuto piacere di questo, ma non gliel’ho permesso. Egli allora comprò una serie di candelieri, e questi candelieri che voi vedete, amici, su questo altare, sono appunto stati regalati da quel Sacerdote.
 

Dopo il pranzo, nel cortile, fu fatta una delle più belle foto della vita al Paterno. Ci sono centinaia di probandi, di Voghera e di Tortona, chierici più grandi, sacerdoti e un certo numero di laici. Don Orione, in questa foto, appare con una pecora sulle spalle. Don Sterpi è a lato, a destra.

Nel pomeriggio, Don Orione andò con tutta quella compagnia, a piedi, fino a San Bernardino, parlando del voto e del santuario, che allora era solo alle fondamenta.


“Voi siete venuti a vedere e a pregare sulle fondamenta della Madonna… E qui sorgerà un giorno la Casa Generale della Piccola Opera della Divina Provvidenza… Qui un giorno dovrà sorgere un paese, una città, la città della carità, vale a dire un grande ospizio, con tutte le opere di cura moderne, tutti i conforti civili nel quale troveranno ricovero, assistenza, medicina, almeno per lo spazio di  tre giorni, chiunque qui capiti, di qualunque fede sia, a qualunque religione appartenga, sia turco, sia scismatico, sia cattolico, sia italiano, sia tedesco, eccetera.


            Chi trascrisse quanto detto da Don Orione annota: “Raggiante in volto, con la gioia intima, di uno che parla e dei cuori cui vuole bene, da cui è amato e riamato, e parla e dice le cose più belle, o certo più care del suo cuore”.
           
Poi li condusse nella Casetta delle 400 lire, ove aprì il primo Collegetto.


“Questa, vedete, è la prima Casa che la Divina Provvidenza si è presa in affitto per accogliervi i primi giovani. Io allora ero Chierico in seminario – ero sacrista del Duomo. 

Un giorno andai dal Vescovo a chiedergli che mi permettesse di comprare un locale ove poter mettere i giovani. Il Vescovo esitava, poi acconsentì. Mi ha benedetto. Io gli ho chiesto un’altra benedizione, due benedizioni.


Don Orione continua poi il racconto con molti particolari dell’incontro con il signor Stassano, quello con Angiolina Poggi che gli diede le 400 lire, il ritorno dallo Stassano meravigliato di vedere già i soldi, infine il colloquio in episcopio con il Vescovo.

  • Ti sospendo subito il permesso di comprare quella casa e continuare a tenere dei giovani. Io lo vedo già, tu mi caricherai di debiti. E poi dovrò risponderne io. Ti tolgo tutte le facoltà che ti ho dato.
  • Ma, Eccellenza, ormai ho già comprato e già ho dato i soldi e fatto il contratto. Come si fa!
  • Ah, hai già comprato. E adesso come fai a pagare.
  • Ma, Eccellenza, è già anche stato pagato.
  • Ah, hai anche già pagato? Bene bene, allora va pure, ti ridono tutte le facoltà. Ti do un’altra benedizione”.
     

Infine, Don Orione conduce quei visitatori per lui speciali nella Cappella di quel primo Collegetto, divenuto Casa Madre delle Piccole Suore Missionarie della Carità.

Qui, vedete, in questa Cappella, più tardi, c’erano i socialisti; c’era la Camera Rossa. Era la Camera del Lavoro. E appena han saputo che dovevano venire i preti, prima di lasciarla, hanno coperto i muri di scritte, di frasi di odio, di figure, così i poveretti, accecati dalla passione politica, non capiscono, vedete. Hanno gli occhi bendati da pregiudizi.

E qui stemmo. E da questa Casa sono usciti dei buoni, degli ottimi Sacerdoti, dei buoni padri di famiglia esemplari”.


Fonte: Parola IV, 178ss

 

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