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Messaggi Don Orione
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Nella foto: La contessa Spalletti e Don Orione sulle macerie del terremoto di Messina.
Autore: Antonio Lanza
Pubblicato in: Messaggi di Don Orione 32(2000), n. 100, p. 51-57.

La Contessa fu elemento di spicco della vita sociale e culturale del primo Novecento. Ebbe grande stima e molta collaborazione con Don Orione.

DON ORIONE E LA CONTESSA SPALLETTI RASPONI

Di Antonio Lanza


Fra le persone per le quali l’incontro con Don Orione segnò una svolta nell’indirizzo della loro vita, il primo biografo del Beato, don Sparpaglione, cita anche “una grande dama, pronipote di Gioacchino Murat,[1] che ebbe in Italia tal potenza quanto, e più, di un uomo di Stato e votò, a un Congresso, contro l’insegnamento della Religione nella scuola”[2].
Non fu difficile individuare l’anonima nobildonna nella contessa Gabriella Spalletti Rasponi che, in qualità di Presidente del Consiglio delle Donne Italiane, presiedette quel Congresso. Non fu invece facile convincere tutti che il voto era stato dato per impedire che tale “insegnamento fosse affidato ai laici e persino agli atei con grave danno della religione”[3].
Nell’interpretazione comune il fatto venne giudicato come uno dei tanti “colpi di mano” anticlericali contro la Chiesa e, conseguentemente, la Contessa, che aveva pilotato le scelte del Congresso, non godeva certo di buona fama nell’ambiente cattolico.
Prova ne sia che quando, in seguito al terremoto di Messina e Reggio Calabria, fu nominata Presidente anche del Patronato titolato alla Regina Elena per la raccolta degli orfani del catastrofico sisma, Pio X, preoccupato per l’educazione di tanti poveri fanciulli, consegnati in tali mani, affidò a Don Orione l’incarico di provvedere ad una loro più sicura sistemazione, non usando diplomazia nelle forti e decise parole: “Ti farai due volte il segno della croce, e poi va dalla Spalletti e vedi di portarle via tutti gli orfani”[4].

Don Orione non aveva mai incontrato la Contessa; ne aveva solo sentito parlare come di persona “poco favorevole alla Religione”[5]. Il giorno dopo era già da lei ad esporre la precaria situazione dei sinistrati a Messina. La Spalletti dovette rimanere impressionata dalla chiara visione che l’oscuro sacerdote mostrava di avere dei fatti e pensò che poteva diventare un valido collaboratore per la sistemazione degli orfani, che era l’interesse primario del Patronato. Così Don Orione, appena tornato a Messina, fu raggiunto da un impensabile telegramma: “Patronato Regina Elena ha affidato V. S. incarico costituzione Sottocomitato Messina e compito ricercare, raccogliere, identificare orfani terremoto che ancora possono trovarsi costà”[6]. Un sacerdote invitato a collaborare, con mansioni di responsabilità, in un Ente governativo notoriamente anticlericale!

Egli non si sentì per nulla intimidito negli inusitati panni di Delegato del Patronato, e la prima relazione spedita a Roma fu uno specchio di coraggiosa sincerità: “Nobilissima Signora Contessa, non fo complimenti; entro in argomento perché né Vostra Signoria né io abbiamo tempo da perdere. Non ho trovato il comm. Marchionni[7]. Sono stato anche questa sera ad ora tarda, ma si vede che non debb’essere a Messina... Il Comitato locale del Patronato qui non è stato riunito e neanche tutti i membri avvertiti... Che ne dice, Signora Contessa? Io veramente non sono nervoso, ma mi pare che così non vada. Domani, se si sapesse mai che il Patronato, dopo circa due mesi che è stato incaricato, non ha ancora provvisto qui, nel luogo del maggiore disastro, che si direbbe?... Domani comincio baracca per baracca...”[8].

Incominciava così il suo impegno triennale, assolto con eroica dedizione e ampiamente riconosciuto dai beneficati e dall’Autorità governativa, che gli conferiva la medaglia d’argento con pubblica menzione sulla Gazzetta Ufficiale del 5 giugno 1910. Non ci fu onorificenza più meritata, ma Don Orione sentiva di dover riconoscere che non poche delle sue provvidenziali realizzazioni andava al sostegno avuto dalla Contessa. Nonostante gli inevitabili momenti di difficoltà nel proporre e sostenere delle soluzioni, inizialmente non condivise, aveva sempre finito con l’ottenere libertà di azione e appoggio. Questo gli consentì di collocare tutti gli orfani, assistiti dal Patronato, in Istituti di educazione sicuri, assolvendo con insperato esito il difficile compito che gli era stato assegnato con tanta apprensione…

Dopo i frequenti rapporti durante il periodo messinese, seguì un triennio di incontri più diradati. Don Orione accennò a qualcuno di essi:[9]. Anche la relazione epistolare ebbe un più modesto seguito: lettere sia di ufficio, relative a pratiche di orfani messinesi ospiti dei suoi Istituti e per i quali il Patronato continuava a corrispondere una modesta retta[10], sia di carattere personale in toni che diventano più confidenziali: “Ho anch’io qualche dispiacere; oggi poi, che è la Mater dolorosa, la Madonna ha disposto che mi si trapassasse l’anima. Ringrazio Dio della forza che mi dà; oggi mi sento più cristiano e più sacerdote” (50, 185), e che riflettono la solita sincerità, anche nei confronti di membri del clero. “Sarà ottima cosa che l’insegnamento religioso sia impartito dal Parroco del Villaggio Regina Elena, che è ottimo Sacerdote. Avverto che non parlo del Parroco dell’Annunziata, che è appena al di là del Padiglione; il prete che è all’Annunziata è ben altra cosa” (50, 185). A riportare le relazioni alla primitiva intensità, intervenne il funesto terremoto del 13 gennaio 1915, che sconvolse la zona di Avezzano e delle altre località della Marsica . Don Orione, anche questa volta, accorse sui luoghi devastati dal sisma con generosa tempestività[11], cui faceva riscontro, con altrettanta tempestività, un telegramma della Spalletti che, a nome del Patronato, lo incaricava “di recarsi nei luoghi devastati dal terremoto per la ricerca di minorenni abbandonati” (71, 75), con la precisazione di qualche giorno dopo, che lui era “ il solo rappresentante del Patronato Regina Elena sui luoghi devastati dal terremoto” (71,76). Don Orione sentì il bisogno di esternare la sua gratitudine per quel rinnovato atto di fiducia: “La ringrazio, sig.ra Contessa, di avermi chiamato a lavorare per gli orfani anche in questo terremoto” (50, 181), ricevendo, in risposta, l’espressione della “più viva riconoscenza e gratitudine” da parte della Spalletti (71, 76).

Ad Avezzano la diffidenza da parte di qualche Autorità locale, proprio per la collaborazione di Don Orione col Patronato Regina Elena, ne stava mettendo in pericolo la permanenza sul posto, tanto che la Spalletti, per non perdere un così valido collaboratore, era disposta a rivolgersi alle Autorità superiori. “La Contessa pare voglia fare passi a Roma per la nostra situazione ad Avezzano -scriveva Don Orione ad un suo sacerdote -. Fa di insinuarle di andare con molta prudenza, perché temo che avremo da fare con persone violente contro di noi e doppie, e ci faranno più male che bene” (25, 157). La subdola guerra non cessò, e Don Orione, piuttosto che inacerbire la polemica, lasciati sul campo due suoi religiosi a continuarne l’attività iniziata, preferì tornare a Tortona, promettendo il suo aiuto anche da lontano: “Ella, signora Contessa - assicurava -, stia tranquilla che io non abbandonerò gli orfani, e l’aiuterò con amore come di un figlio”(66, 473)..
La delicata espressione di continuare l’aiuto “con l’amore come di un figlio”, che potrebbe trovare una ragione anche nella più matura età della nobildonna, già sappiamo di poterla attribuire unicamente al sentimento di rispetto e di stima con i quali era vista ora la persona, un tempo sospetta.
“Da anni - scriveva di lei - va facendo dei passi verso di noi, e il S. Padre Pio X me la raccomandò, come pure sempre me ne ha parlato Benedetto XV, ai cui piedi essa andò, benché secreto pede” (50, 257). Anche se permaneva la distanza rappresentata dal ruolo burocratico - lei, Presidente, e lui, solo delegato del Patronato - questa era stata superata dall’emergere dei valori personali: Don Orione. vedeva in lei un’anima in cammino, bisognosa dell’aiuto di una guida spirituale; e la Contessa, voce ascoltata nelle alte sfere, sentiva che poteva aiutare il povero sacerdote nel campo della carità, settore allora ignorato, se non contrastato, dalla politica ufficiale.

Lo stesso mese nel quale Don Orione lasciava Avezzano (maggio 1915), l’Italia entrava in guerra. La stragrande maggioranza dei sacerdoti della Congregazione era ancora in età di essere richiamata sotto le armi e, per il Fondatore, si profilava un gravissimo problema: per non dover chiudere alcuni Istituti, era necessario ottenere, per i loro direttori, l’esonero militare o la commutazione col servizio civile. Fortunatamente ora sapeva a quale porta bussare, e scriveva a don Sterpi: “Ho appuntamento domani con la Spalletti e vorrei presentarle i dati dei Direttori di Istituto, che potrebbero essere comandati presso gli Istituti stessi, invece che essere chiamati sotto le armi” (12, 127). E alcuni giorni dopo: “Vengo ora dalla Spalletti. Domani la Contessa andrà da Salandra e vedrà di ottenere che, per quattro dei nostri Istituti, i Direttori siano salvi” ( 12, 128). Non fu cosa facile, ma: “La Spalletti mi aiuta assai” (12, 214) continuava le sue confidenze Don Orione e, o con esoneri definitivi, o con ripetuti rinvii della chiamata alle armi, non si dovette ricorrere alla chiusura di Istituti.

Il 1916 fu un anno pesante per la Contessa: problemi di salute e preoccupazioni per il figlio partito per il fronte. A metà aprile Don Orione scriveva: “La Spalletti è grave per insulto di cuore” (12, 229) e, mentre si accingeva a partire per visitarla, con delicato pensiero sollecitava l’invio di un ricordo anche da parte del Confratello che lo aveva sostituito ad Avezzano: “La Spalletti è malata, e lo fu piuttosto grave. Per Pasqua scrivile due buone parole” (25, 165). Mentre la ripresa tardava a venire, arrivavano allarmanti notizie dal fronte: “La contessa non va bene, e ha anche un figlio gravemente ferito, che neanche poterono trasportarlo. Può darsi che essa si ritiri, e che io mi ritiri” (12, 232). Viene spontaneo dedurre che la permanenza di Don Orione nel Patronato era ormai legata alla presenza della Contessa, con la quale era maturato un cordiale affiatamento, che sarebbe stato illusorio sperare di poterlo instaurare con altri esponeenti dell’Ente. Invece la Contessa, ristabilitasi, tornò al suo posto e D. Orione rinnovò i suoi ricorsi, sottolineandone l’esito, sempre favorevole[12].

La corrispondenza continuò fino al 1925 quando, a dieci anni dal terremoto, gli orfanelli di allora, raggiunta una certa sistemazione nel lavoro o negli studi, non avevano più assistenza dal Patronato. Tre di questi, entrati in Congregazione come aspiranti, in quell’anno avevano coronato gli studi, con una onorevole laurea. Don Orione stese, per loro, la minuta del biglietto da inviare alla Contessa. Nell’interpretazione di quanto scritto a nome dei neolaureati, possiamo leggere la sincera espressione del suo personale profondo senso di riconoscenza: ”Piccinini Gaetano, Del Rosso Domenico, Di Pietro Francesco, orfani terremoto abruzzese, ultimamente laureati Lettere Regia Università Torino, profondamente grati, ringraziano Patronato Regina Elena, particolarmente Vossignoria, cure materne, conforti avuti per aprirci una via onorata nella vita. La memoria di Lei, Signora Contessa, rimarrà eternamente benedetta nei nostri cuori” (77, 179). Questa aperta dichiarazione di gratitudine chiude, almeno da quanto risulta dal nostro archivio, la corrispondenza di Don Orione con la contessa Spalletti.

Ma le relazioni personali furono coronate da un incontro, che sottolinea il grado di profonda venerazione, tenuto vivo nel cuore della Contessa. Il 22 aprile 1931 Don Orione scriveva: “Oggi ho passato tutta la mattinata presso la contessa Spalletti, che non vedevo più da anni. Le venne un colpo, e, richiesta chi dovevano chiamare di sacerdoti, fece il mio nome” (5, 496). Nello scritto non si accenna alle circostanze, alquanto misteriose, che lo portarono al capezzale dell’inferma. Al suo silenzio supplisce la testimonianza del figlio, Giambattista Spalletti: “Ammalatasi gravemente, Mamma chiedeva di Don Orione, ma non si riusciva rintracciarlo. Giunse di sua iniziativa, inaspettato, e rimase con l’inferma circa due ore” [13].
La Contessa sopravvisse ancora qualche mese e Don Orione non mancò all’ultimo incontro: “Ho avuto la consolazione di amministrare i conforti religiosi, venerdì a Roma, alla contessa Spalletti, che poi morì cristianamente” (45, 299). Si spense il 29 settembre 1931. Dopo la comunicazione telegrafica del decesso, il figlio Giambattista scriveva: “Una delle sue ultime gioie su questa terra fu di vedere Lei, carissimo Don Orione, a cui Mamma voleva tanto bene”[14].

La quasi trentennale vicenda si chiudeva con intima soddisfazione anche per il nostro Fondatore: oltre aver messo al sicuro le pecorelle raccomandategli da Pio X, vedeva tornata all’ovile anche la persona sospettata, all’inizio, come il loro lupo rapace.



N O T E
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[1] G. Murat (1767 - 1815), fu braccio destro di Napoleone Bonaparte, del quale sposò la sorella Carolina. Fu re di Napoli dal 1808 al 1815.

[2] Domenico Sparpaglione: Il Beato Luigi Orione, S. Paolo, IX edizione, 1998, pag. 213.

[3] Ibidem, nota 1.

[4] Processo Apostolico Pio X, XVIII, pag. 648.

[5] Ibidem.

[6] Archivio Generale, Roma: Posizione Spalletti, F. I. 6d, pag. 4.

[7] Era il funzionario che avrebbe dovuto organizzare il Sottocomitato a Messina.

[8] Scritti di D. Luigi Orione, Archivio Generale, Roma, Vol.. 89, pag. 112. Le successive citazioni dagli Scritti di D. Orione saranno inserite nel testo con richiamo al numero del volume e della pagina.

[9] “Vado a Venezia per incontrarmi con la Spalletti” ( 11, 199). “Ora devo andare a Frascati con la Spalletti” (12, 1).

[10] Scritti di D. Orione, vol. 50, 187 e vol. 66, 422.

[11] L’immediato intervento nelle dolorose circostanze dei due terremoti suggerì il titolo ad una pubblicazione comparsa qualche anno fa: Don Luigi dei terremoti di Enzo Tramontani:, Stampa offset, Ragazzini e C., Faenza, 1987.

[12] “Sono stato ieri dalla Spalletti. Bene” (13, 23). “Sono stato a Rocca di Papa dalla Spalletti. Tutto bene” (13, 61). “Oggi vidi di sfuggita la Spalletti, a casa sua; la vedrò presto di nuovo” (13, 157) “Buone cose con la Spalletti; la vedrò a Frascati” (13, 234).

[13] Don Luigi Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, Borgonovo V.T., 1995, vol. V, pag. 76.

[14] Ibidem, pag. 77.
 

 

 

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